Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 20 dicembre 2019, n. 12324
Presidente: Boni - Estensore: Magi
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza resa in data 16 maggio 2019 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo ha applicato nei confronti di P. Salvatore la misura alternativa della detenzione domiciliare, al contempo rigettando la domanda del più ampio affidamento in prova al servizio sociale.
1.1. P. Salvatore è ultraottantenne e risulta condannato alla pena di anni due di reclusione per condotte di bancarotta risalenti al 2012.
La distrazione è stata quantificata in oltre 750.000 euro.
In motivazione il Tribunale rileva che pur in assenza di elementi negativi sulla personalità (non vi sono altri procedimenti pendenti, è in corso attività di volontariato, è in corso attività di collaborazione aziendale) non risulta una attivazione del condannato a fini risarcitori.
Pur considerando l'avvenuta conversione di un sequestro in pignoramento, l'entità del passivo avrebbe reso necessaria simile condotta e la sua assenza viene ritenuta indicativa della mancata revisione critica da parte del condannato.
Si reputa, pertanto, non accoglibile la domanda di affidamento in prova al servizio sociale, dovendosi escludere che le «blande prescrizioni» correlate a tale misura siano adeguate a conseguire l'obiettivo di rieducazione, oltre quello di prevenzione.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - P. Salvatore, deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice e vizio di motivazione.
2.1. Il ricorrente evidenzia che, pure a fronte di una evidente assenza di pericolosità sociale, il Tribunale ha basato la negazione dell'affidamento in prova sulla assenza di iniziative risarcitorie.
Ciò determina violazione di legge, atteso che l'avvenuto risarcimento del danno non rientra tra i presupposti della misura alternativa, trattandosi di uno degli adempimenti che è possibile porre a carico del condannato nel corso della sua esecuzione.
Si citano, a sostegno, alcune decisioni emesse da questa Corte di legittimità, evidenziando il costante orientamento giurisprudenziale teso ad escludere la natura di presupposto per l'accesso all'affidamento delle condotte risarcitorie.
Si sostiene, inoltre, che il danno cagionato ai creditori non superava - in ogni caso - il valore dei beni già in sequestro e liquidati a titolo di provvisionale, né è stata operata verifica alcuna sulla esistenza della concreta capacità economica del P. di adottare iniziative ulteriori.
3. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.
3.1. L'assenza di indicatori di attuale pericolosità sociale del P. è attestata dal Tribunale e rappresenta - unitamente alla funzionalità della misura a contribuire alla rieducazione del reo - il presupposto di ammissione alla misura alternativa.
La valutazione negativa sulle iniziative risarcitorie operata dal Tribunale è inidonea a sostenere il diniego perché - al di là dei profili relativi alla esatta quantificazione del danno residuo e della assenza di verifica alcuna sulla effettiva possibilità di adempiere da parte del P. -, tende a valorizzare in sede di decisione sulla meritevolezza o meno del beneficio un aspetto che può venire in rilievo nella fase di avvenuta ammissione, trattandosi di sperimentare - anche attraverso la mostrata sensibilità verso le vittime del reato - l'effettiva adesione del soggetto al percorso risocializzante intrapreso.
È stata, in tal senso, più volte affermata da questa Corte di legittimità la non conformità alle disposizioni di legge di decisioni di merito di rigetto della misura alternativa basate esclusivamente sulla constatazione della assenza di iniziative risarcitorie, posto che per espressa volontà legislativa (ai sensi del comma 7 dell'art. 47 l. n. 354 del 1975) la riparazione del danno è ricompresa tra le prescrizioni applicabili al soggetto nei cui confronti l'affidamento è stato disposto, peraltro nei limiti della possibilità di sostenere l'adempimento medesimo (v. Sez. I, n. 5981 del 21 settembre 2016, Rv. 269033; Sez. I, n. 23047 del 19 maggio 2009, Rv. 244070 ed altre).
Dalla collocazione della attività risarcitoria nella fase di esperimento è logico, in altre parole, desumere che la voluntas legis non sia quella di richiedere che simile condotta concorra a determinare le condizioni «per» l'affidamento.
Un più risalente orientamento interpretativo, che riteneva possibile l'inserimento di tale indicatore nella complessiva valutazione preliminare sulla meritevolezza del beneficio (Sez. I, n. 39474 del 25 settembre 2007, Rv. 237740 ed altre antecedenti) risulta di recente riaffermato da Sez. I, n. 39266 del 15 giugno 2017, Rv. 271226, pronunzia che il Collegio non ignora ma che non può essere condivisa nei suoi contenuti, per le ragioni sopra esposte, ragioni che non risultano concretamente apprezzate nel precedente in parola.
Va pertanto disposto l'annullamento della decisione impugnata, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Palermo per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Palermo.
Depositata il 16 aprile 2020.