Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione II
Sentenza 20 febbraio 2020, n. 321

Presidente: Durante - Estensore: Serra

FATTO E DIRITTO

1. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso avverso la deliberazione di Giunta Municipale n. 34 del 29 agosto 2019 di approvazione del progetto definitivo "Miglioramento accessibilità arenili pubblici nel tratto compreso tra Riviera Azzurra e Canale Acchio. Imposizione servitù di passaggio", con la quale era stata dichiarata la pubblica utilità delle aree di loro proprietà al fine di realizzare uno (di sette, gli altri sei ricadenti su aree demaniali) accessi pubblici al mare, da assoggettare, per l'effetto, a servitù pubblica di passaggio; avverso il decreto di occupazione d'urgenza ex art. 22-bis d.P.R. 327/2001 (t.u.e.) n. 1/2019 del 17 settembre 2019 delle predette aree e avverso l'avviso di immissione in possesso del 28 ottobre 2019.

2. Hanno dedotto violazione di legge per contrasto con gli artt. 1 e 2 t.u.e. ed eccesso di potere, lamentando la sussistenza di una motivazione carente e contraddittoria e un difetto di ponderazione tra l'interesse pubblico e quello dei privati, con particolare riferimento all'inutilità dell'accesso rispetto alla finalità dichiarata (accesso al promontorio di "Cirella") e alla possibilità di utilizzare una area demaniale per il predetto accesso in luogo di quella dei privati; la violazione di legge con riferimento all'art. 16 t.u.e. per la mancata comunicazione di avvio del procedimento relativo all'approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità; violazione degli artt. 142 e 146 d.lgs. 42/2004, per mancata acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica e violazione dell'art. 19 t.u.e., per mancata trasmissione del progetto definitivo alla Regione ai fini della formazione dell'assenso ex art. 19, 4° comma, t.u.e.; inoltre, solo con riferimento al decreto di occupazione ex art. 22-bis t.u.e., hanno lamentato la violazione di legge per difetto di motivazione circa l'urgenza dell'occupazione e l'omessa indicazione delle specifiche particelle assoggettate ad esproprio.

3. L'amministrazione si è costituita, eccependo l'irricevibilità del ricorso per tardività, essendo applicabile il rito accelerato ex art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., la sua inammissibilità per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, nonché comunque la sua infondatezza.

4. All'udienza pubblica del 18 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Principiando dalle questioni in rito, l'eccezione di irricevibilità del ricorso è infondata, non trovando applicazione nella presente fattispecie, la disciplina di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., in quanto avente ad oggetto la costituzione di una servitù pubblica.

Sul punto, come evidenziato dai ricorrenti, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che, nella materia dell'espropriazione di diritti reali parziari, se «vero è che, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001 (e delle omologhe previsioni recate dalla l.r. n. 11 del 2 luglio 2004), l'espropriazione di "diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità" è disciplinata in maniera analoga a quella dei "beni" e che, ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, si considera "opera pubblica o di pubblica utilità anche la realizzazione degli interventi necessari per l'utilizzazione da parte della collettività di beni o di terreni, o di un loro insieme, di cui non è prevista la materiale modificazione o trasformazione"», ciò nonostante tale equiparazione riguarda la materia sostanziale, non anche quella processuale, rispetto alla quale, evidenzia il Supremo Collegio, «(...) l'interpretazione sistematica non può considerarsi dirimente. // Le norme sul rito abbreviato delineano infatti "un sistema derogatorio della disciplina processuale, finalizzato a realizzare [...] precisi obiettivi di accelerazione della definizione delle controversie in materia di opere pubbliche o di pubblica utilità e di attività e procedure connesse" (Corte costituzionale, sentenza n. 427 del 10 novembre 1999). // Ed è proprio in ragione della peculiarità della materia relativa all'esecuzione delle opere pubbliche che, secondo la Corte, si giustifica la deroga al regime ordinario del processo amministrativo. // Un'interpretazione costituzionalmente orientata induce perciò ad un'esegesi dell'art. 119 del c.p.a. rigorosamente limitata al dato letterale» (C.d.S., Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2114).

Alla luce di tali condivisibili assunti ermeneutici, l'eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività deve essere rigettata.

6. Del pari, deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, in quanto, nel caso di specie, non si rinvengono controinteressati in senso tecnico.

Come noto infatti, "la nozione di controinteressato rispetto al ricorso si fonda sulla simultanea sussistenza di due necessari elementi: quello formale, rappresentato dalla contemplazione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato, tale da consentirne alla parte ricorrente l'agevole individuazione; e quello sostanziale, derivante dall'esistenza in capo a tale soggetto di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l'azione impugnatoria, e cioè di un interesse al mantenimento della situazione esistente - messa in forse dal ricorso avversario - fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa" (così, ex multis, C.d.S., Sez. V, 24 ottobre 2018, n. 6044).

Orbene, nel caso di specie, dai provvedimenti impugnati non risultano soggetti titolari di un interesse uguale e contrario a quello degli odierni ricorrenti, anche alla luce della circostanza per cui il procedimento espropriativo è rivolto alla costituzione di una servitù pubblica di accesso al mare, non riferibile a soggetti, privati o pubblici, precisi e determinati, bensì a favore della collettività nel suo complesso.

7. Venendo al merito del ricorso, coglie nel senso la censura inerente alla violazione dell'art. 16 del t.u.e., che, con riferimento alla fase dell'approvazione del progetto definitivo dell'opera, al comma 4, dispone che "al proprietario dell'area ove è prevista la realizzazione dell'opera è inviato l'avviso dell'avvio del procedimento e del deposito degli atti di cui al comma 1, con l'indicazione del nominativo del responsabile del procedimento".

Nel caso di specie, è pacifico in causa che la delibera di Giunta Comunale impugnata n. 34 del 29 agosto 2019 di approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità delle aree da sottoporre ad espropriazione per costituzione di servitù pubblica, non sia stata preceduta da apposita comunicazione di avvio del procedimento.

L'amministrazione resistente ha argomentato che, tuttavia, il procedimento era egualmente conosciuto dagli odierni ricorrenti, in quanto destinatari di comunicazioni di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 11 t.u.e., tutte notificate in data 5 novembre 2018 (doc. 4 Comune), relative alla prodromica fase di adozione di variante al piano regolatore generale e di apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, conclusasi con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 46 del 21 dicembre 2018 e che, conseguentemente, alcuna altra comunicazione di avvio del procedimento sarebbe dovuta essere trasmessa agli odierni ricorrenti.

Detta tesi non convince.

La comunicazione di avvio del procedimento relativamente alla fase dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio è espressamente contemplata da altra disposizione del medesimo t.u., in quanto è l'art. 11, comma 2, a prevederla, e la stessa non può essere considerata fungibile rispetto a quella prevista dal successivo art. 16 per la fase, assai rilevante, dell'approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.

Detta pretesa fungibilità, renderebbe sostanzialmente privo di portata applicativa il citato art. 16 t.u.e., che il legislatore ha ritenuto, al contrario, di approntare proprio al fine di consentire al privato di interloquire con l'amministrazione nella fase dell'approvazione del progetto definitivo, attraverso la quale viene altresì dichiarata la pubblica utilità dell'opera e dato avvio al procedimento espropriativo.

La centralità della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 16 t.u.e. è assolutamente rimarcata in giurisprudenza, la quale, nel ricordare che la preventiva comunicazione di avvio del procedimento rappresenta un principio generale dell'agere amministrativo, ha chiarito che "la materia relativa alle procedure di espropriazione per pubblica utilità non costituisce certo eccezione a detto approdo della giurisprudenza: ed anzi, come è noto, un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato (cfr. Ad. plen. 20 dicembre 2002, n. 8; 24 gennaio 2000, n. 2; 15 settembre 1999, n. 14), dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, ha affermato il principio, generale ed inderogabile, per cui al privato proprietario di un'area destinata all'espropriazione, siccome interessata dalla realizzazione di un'opera pubblica, dev'essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo" (così, ex multis, C.d.S., Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525).

Nella stessa direzione, questo Tribunale, con riferimento agli artt. 11 e 16 t.u.e., ha già avuto modo di evidenziare che "il mancato assolvimento del duplice obbligo di comunicazione implica l'illegittimità dell'atto dichiarativo della pubblica utilità e degli altri atti successivi, a nulla rilevando che l'interessato abbia avuto comunque conoscenza del procedimento, dato che le esigenze partecipative alla base dell'obbligo di comunicazione non possono essere ritenute soddisfatte da una generica conoscenza dell'esistenza di un procedimento espropriativo, essendo necessario, per escludere la rilevanza dell'omissione della comunicazione di avvio, una precisa conoscenza dell'andamento del procedimento e dell'oggetto di esso" (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 1914).

D'altronde, detta comunicazione assume un ruolo fondamentale per la garanzia del contraddittorio del privato, in quanto è solo nella fase di approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità, che viene a formarsi, in via definitiva, la volontà espropriante dell'amministrazione (in questo senso cfr. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 50).

8. Nondimeno, alcuna rilevanza può attribuirsi in questa sede al disposto dell'art. 21-octies, 2° comma, secondo periodo, l. 241/1990.

Invero, la più recente giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che, «premesso che la comunicazione di avvio del procedimento realizza una garanzia non meramente formale "rappresentando un necessario passaggio cognitivo-dialettico funzionale sia per la parte, che può opporre fatti e/o circostanze non considerati, sia per l'amministrazione che quelle osservazioni deve esaminare e valutare prima di approvare il progetto definitivo dell'opera" (così ancora la sentenza n. 5525 del 2014), va ricordato che i provvedimenti in materia espropriativa hanno carattere ampiamente discrezionale», facendone derivare la conseguenza per cui «la "non annullabilità" del provvedimento che abbia omesso le garanzie partecipative può quindi predicarsi soltanto se l'amministrazione è in grado di dimostrare che la scelta dell'area, l'estensione temporale del vincolo, o comunque ogni altro aspetto qualificante la dichiarazione di pubblica utilità, siano soluzioni assolutamente obbligate» (così la già citata C.d.S., Sez. IV, n. 2114 del 2019).

Nel caso di specie, l'amministrazione non ha assolto al proprio onere probatorio, avendo anzi i ricorrenti allegato circostanze che certamente sarebbero potute essere oggetto di contraddittorio procedimentale e apposita motivazione da parte della pubblica amministrazione, tanto con riferimento all'effettività utilità dell'accesso al mare sui terreni oggetto di costituzione di servitù in relazione alla dichiarata funzione di "raggiungere da Via Riviera Azzurra rapidamente al percorso che porta all'itinerario denominato Panoramica di Cirella che porta al promontorio di Cirella", quanto alla allegata possibilità che detto accesso venga predisposto in area demaniale asseritamente esistente a poca distanza dall'area privata (cfr. doc. 5 parte ricorrente - relazione di consulenza tecnica di parte sullo stato dei luoghi).

Alla assenza di prova che l'amministrazione avrebbe dovuto fornire circa la superfluità del contraddittorio con i privati prima della formazione definitiva della volontà ablatoria, si accompagnano perciò elementi che, per quanto fondati su una relazione peritale di parte, costituiscono indizi rilevanti di segno contrario circa l'inutilità di una partecipazione dei ricorrenti al procedimento di approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità.

Conseguentemente, deve essere accolto il ricorso in relazione alla violazione dell'art. 16 t.u.e., in quanto il progetto definitivo e la dichiarazione di pubblica utilità dell'area non sono stati preceduti da apposita comunicazione d'avvio del procedimento, con conseguente invalidità derivata del decreto d'occupazione d'urgenza ex art. 22-bis t.u.e. e dell'avviso di immissione in possesso, anch'essi impugnati in questa sede.

9. L'accoglimento del motivo di ricorso inerente la violazione dell'art. 16 t.u.e. determina l'assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in solido, in favore dei ricorrenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Diamante a rifondere, in favore dei ricorrenti, in solido tra loro, le spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 1.500, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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