Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II-ter
Sentenza 11 marzo 2020, n. 3179

Presidente: Morabito - Estensore: Gatto Costantino

FATTO

L'odierna ricorrente è titolare di una autorizzazione all'esercizio di commercio su area pubblica c.d. "anomala" concessa in data 28 settembre 1992 con autorizzazione n. 200490 a carattere permanente per la rivendita di giocattoli, articoli da regalo, bigiotteria, oggetti ricordo da esercitare presso le cinque postazioni ivi indicate (Pincio; Villa Borghese; E.U.R.; Viale Marconi; S. Maria Maggiore).

Espone che, in data 28 marzo 2018, con deliberazione n. 29/2018, l'Assemblea Capitolina approvava modifiche al Regolamento del Commercio su area pubblica, precedentemente adottato con deliberazione dell'Assemblea Capitolina n. 30 del 1° giugno 2017.

La deliberazione n. 29/2018 veniva pubblicata all'Albo Pretorio per giorni 15, a decorrere dal 17 aprile 2018 (e quindi fino al 1° maggio 2018).

L'art. 52 del Regolamento, per come risultante dalle modifiche di cui alla delibera 29/2018, prevede: "Le Autorizzazioni amministrative per il commercio su aree pubbliche che sono risultate incompatibili sia con la Legge n. 112/91, sia con il D.Lgs. n. 114/98, comunemente definite "anomale", sono convertite, previa riconsegna del titolo originario, in altrettanti posteggi fissi, mediante l'applicazione dei criteri e delle modalità previste dalle deliberazioni della Giunta Comunale n. 103/2003 e n. 175/2003, ad eccezione di quanto di seguito ridefinito. Entro 30 giorni dall'approvazione della presente deliberazione i titolari dovranno presentare le domande nel Municipio ove essi intendano esercitare l'attività scegliendo tra i luoghi indicati nel titolo posseduto. Tale Municipio, di concerto con il Dipartimento Sviluppo Economico Attività Produttive, che svolge la funzione di coordinamento, indice un'apposita Conferenza dei Servizi che si dovrà concludere con l'emissione di Determinazione Dirigenziale d'accoglimento o di rigetto della domanda. In caso di accoglimento della domanda, il Municipio competente rilascia il titolo autorizzativo e la correlata concessione per l'occupazione di suolo pubblico; in caso di rigetto, qualora il titolare rifiuti una collocazione limitrofa, avrà luogo la decadenza del titolo. Tale procedura dovrà terminare entro e non oltre 90 giorni dall'approvazione del presente Regolamento. // Le autorizzazioni di cui al presente articolo decadranno alla data del 31 dicembre 2018".

La CIVAS presentava la propria domanda per la conversione dell'autorizzazione al commercio su area pubblica c.d. anomala ai sensi del menzionato art. 52 Reg. 30/2017, come modificato dalla DAC 29/2018 in data 29 maggio 2018; tale domanda riceveva il n. CA/100592 di protocollo ed eleggeva quale posto fisso per l'esercizio della propria attività quello di Piazza di Santa Maria Maggiore.

Il 6 dicembre 2018, nell'assenza di qualsiasi comunicazione da parte del Municipio, la CIVAS presentava un sollecito (prot. CA 235415); nello stesso giorno, le venivano comunicati i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza con nota prot. CA/235420 del 6 dicembre 2018.

In tale comunicazione, il Municipio riferiva che nella conferenza dei servizi tenutasi il 4 luglio 2018 (prot. CA/ 127690) era stato concordato di ritenere che il termine di trenta giorni di cui al menzionato art. 52 Reg. "non decorra dalla data di approvazione della citata deliberazione ma dalla data di entrata in vigore della stessa (27 aprile 2018). Conseguentemente sono state ritenute accoglibili tutte le domande prodotte entro il 28 maggio 2018, atteso che il termine del 26 maggio coincide con la giornata di sabato non lavorativa".

Il 14 dicembre 2018, con prot. CA/0243909/2018, la CIVAS presentava le proprie osservazioni, senza ottenere risposta; faceva ricorso ai poteri sostitutivi del dirigente preposto con nota dell'8 gennaio 2019; riceveva quindi la nota prot. CA/012752 del 21 gennaio 2019 con la quale veniva comunicato da parte dell'Amministrazione che erano stati disposti ulteriori accertamenti sull'esatta decorrenza del termine per la presentazione delle domande di conversione delle licenze "anomale", successivamente interrompendo il termine per provvedere, allo scopo di completare gli approfondimenti istruttori (nota CA/026675 del 7 febbraio 2019).

Nel frattempo, l'affittuario dell'azienda della CIVAS, sig. Mia Md Tara, presentava istanza di rinnovo dell'autorizzazione per l'attività di commercio su area pubblica di tipo A (nota del 29 gennaio 2019, prot. CA/18918), che veniva accolta dal Municipio, salva la precisazione che l'autorizzazione si intendeva valida solo fino alla conclusione del procedimento amministrativo di conversione del titolo anomalo e, comunque, non oltre il 31 gennaio 2020.

Con successive note (del 18 marzo 2019 e del 16 aprile 2019) veniva posticipato ulteriormente dalla P.A. il termine per provvedere, fino a quando, in data 30 ottobre 2019, con nota prot. CA/205956 (a firma di un responsabile ed un dirigente differenti da quelli assegnati ab origine al procedimento), la P.A. notificava alla CIVAS il rigetto dell'istanza di conversione perché asseritamente presentata oltre i termini.

Avverso tale determinazione, con il ricorso introduttivo vengono dedotti i seguenti motivi di doglianza.

I) Violazione dell'art. 10 disp. prel. c.c. e degli artt. 124 e 134 del d.lgs. 267/2000.

La DAC n. 29/2018 del 28 marzo 2018 (di approvazione del "Nuovo Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche di Roma Capitale") è stata approvata il 28 marzo 2018, posta in pubblicazione all'Albo dal 17 aprile 2018 per 15 giorni successivi sino al 1° maggio 2018; le domande di conversione avrebbero dovuto essere proposte, ai sensi dell'art. 52, "entro trenta giorni dall'approvazione dello stesso regolamento". Nella Conferenza dei Servizi appositamente tenutasi, si è individuata la data di decorrenza del termine di trenta giorni non già dall'approvazione (28 marzo 2018), che avrebbe comportato una violazione del principio di trasparenza e conoscibilità degli adempimenti, bensì dall'entrata in vigore del regolamento, ovvero il decimo giorno della pubblicazione all'Albo della delibera (27 aprile 2018).

Essendo presentata la domanda della CIVAS il 29 maggio 2018, tale istanza è stata considerata tardiva rispetto al termine di trenta giorni dal decimo giorno di pubblicazione (attesto che il 26 maggio 2018 era sabato).

Secondo la ricorrente, l'istanza era invece tempestiva: l'art. 10 delle preleggi individua quale termine iniziale di obbligatorietà dei regolamenti il giorno decimoquinto successivo alla loro pubblicazione; l'art. 124 t.u.e.l. dispone che tutte le deliberazioni comunali sono pubblicate nell'albo per quindici giorni successivi; l'art. 134 del t.u.e.l. prevede che le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione. È da tale ultima disposizione che Roma Capitale ha desunto che l'entrata in vigore della deliberazione contenente il regolamento novellato - dalla quale fare decorrere i trenta giorni di tempo per presentare le istanze di conversione - sia avvenuta il 27 aprile 2018, ovvero dieci giorni dopo la sua pubblicazione (iniziata il 17 aprile 2018). Invece, secondo parte ricorrente, trova applicazione il regime di cui all'art. 10 delle disp. prel. al c.c. e quindi il Regolamento ha acquisito efficacia solo quindici giorni dopo l'esecutività della deliberazione (ovvero il 2 maggio 2018) con termine ultimo per la presentazione delle istanze venerdì 1° giugno 2018. L'art. 134, comma 2, del t.u.e.l., applicabile solo alle delibere non soggette a controllo preventivo, non troverebbe applicazione alla categoria dei regolamenti anche secondo la giurisprudenza che parte ricorrente richiama (T.A.R. Toscana, sent. n. 57/2014; T.A.R. Lazio, Roma, 7998/2002; C.d.S., 2195/2017).

II) Violazione dell'art. 124 e 134 t.u.e.l.

Il provvedimento di rigetto sarebbe comunque viziato anche nel caso in cui si dovesse osservare la tesi del Comune circa l'applicabilità dell'art. 134 t.u.e.l.: invero, secondo quanto già chiarito da tempo dal Ministero dell'Interno, il procedimento di pubblicazione può considerarsi perfezionato solo al termine di quindici giorni previsti dall'art. 124 t.u.e.l. ed è da tale termine finale che decorrono i dieci giorni previsti dall'art. 134 t.u.e.l. (parere Ministero Interno del 13 settembre 2006).

Tale orientamento si fonda sull'interpretazione dell'allora art. 47 l. 142/1990, in sostanza coincidente con gli artt. 124 e 134 dell'odierno t.u.e.l., resa dalla Corte di cassazione, sez. I, 3 maggio 1999, n. 4397, condivisa anche dal T.A.R. Sardegna (sent. 709 del 17 giugno 2002). Non si comprenderebbe altrimenti quale altra funzione possa essere riconosciuta alla pubblicazione se, come pare potersi desumere dalla motivazione dell'amministrazione, il provvedimento può dirsi efficace prima del completamento del termine minimo fissato dalla legge a tutela della conoscibilità pubblica dello stesso.

III) Violazione degli artt. 1, 2, 3, 4 e 35 della Costituzione ed ingiustizia manifesta.

Il provvedimento di rigetto non terrebbe conto delle condizioni personali dei soci della società richiedente, sulle quali si sofferma, evidenziando che la predetta società è composta da soli due soci interamente dipendenti dai proventi dell'attività commerciale di cui si discute.

IV) Violazione del principio del legittimo affidamento.

L'incertezza ingenerata dal termine indicato dalla delibera n. 29/2018 approvata in data 28 marzo 2018 e pubblicata solo in data 17 aprile 2018 ha determinato comprensibili dubbi nei diretti interessati, che hanno comportato l'indugio nella presentazione della domanda conseguente alla necessità di acquisire informazioni esatte circa la relativa disciplina, che illustra diffusamente.

V) Violazione degli artt. 4, 7, 8, 10 e 14 della l. 241/1990 e dell'art. 5 del Regolamento del procedimento amministrativo di Roma Capitale adottato con delibera n. 125/1996.

Lamenta la violazione dell'interesse alla partecipazione, la carenza di qualunque tipo di informazioni al diretto interessato e la violazione dei termini del procedimento.

Anche ai fini cautelari evidenzia poi la ricorrente che il Presidente del T.A.R. ha respinto in data 6 novembre 2019 la domanda cautelare ante causam ex art. 61 c.p.a., perché non sussistevano ragioni di gravità ed urgenza atteso che la temuta decadenza della licenza era subordinata non solo al rigetto della domanda di conversione del titolo, ma anche al rifiuto della collocazione limitrofa proposta dall'amministrazione al titolare della licenza. Eventualità che nel caso di specie non si era ancora verificata e che pertanto impediva la decadenza temuta e faceva venir meno i presupposti di urgenza per l'adozione delle misure interinali e provvisorie indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito.

Nonostante tale chiara indicazione, la determina impugnata con il ricorso preannunciava la decadenza della licenza anomala, senza aver effettuato alcuna proposta di collocazione limitrofa al titolare di tale autorizzazione.

Nelle more della trattazione della domanda cautelare e fissata già la camera di consiglio al 4 febbraio 2020, l'Amministrazione notificava con comunicazione Prot. n. CH/9207 la Determinazione Dirigenziale n. 81 prot. CH/7303/2020 del 15 gennaio 2020 (all. 029), con la quale "DETERMINA per i motivi di cui alle premesse, a carico della Civas di Langella Francesco & C. S.a.s. e p.e. Langella Francesco la decadenza dell'Autorizzazione Amministrativa n. 5 del 9.01.2017 c.d. "anomala", per reintestazione, per l'esercizio del commercio ambulante, settore non alimentare, per le zone di Santa Maria Maggiore, Eur, Viale Marconi, Pincio, Villa Borghese".

Evidenziando che tale determinazione implica non solamente la violazione delle norme già indicate nel ricorso introduttivo, ma anche le chiare indicazioni espresse nel decreto monocratico presidenziale n. 7176/2019 del 6 novembre 2019, la parte ricorrente propone motivi aggiunti avverso il nuovo provvedimento adottato (specificando che l'autorizzazione n. 5 del 9 gennaio 2017 è la reintestazione dell'autorizzazione originaria, che assume la numerazione della determinazione dirigenziale che autorizza la reintestazione ex art. 45 l.r. Lazio n. 33/1999), riproponendo le medesime censure già dedotte con il ricorso e la violazione del decreto monocratico cautelare n. 7176/2019.

Costituitasi, resiste al ricorso Roma Capitale che deposita i documenti del procedimento insieme ad una relazione dell'Ufficio datata 17 dicembre 2019, prot. 237705, con allegata la memoria del Municipio Roma I Centro prot. 17108 del 22 gennaio 2020; documenti nei quali si insiste nella correttezza del computo dell'entrata in vigore del Regolamento e della individuazione del termine di scadenza per la presentazione delle istanze di conversione alla data del 28 maggio 2018.

Secondo le difese di Roma Capitale, l'art. 10 delle disp. prel. c.c. non troverebbe applicazione al caso di specie, in quanto l'art. 3 delle medesime fonti prevedono che i Regolamenti degli enti diversi dallo Stato soggiacciono alle relative disposizioni delle legislazioni speciali; in ogni caso, gli artt. 124 e 134 t.u.e.l. costituirebbero un sistema chiuso e compiuto, spettando alla sola autonomia statutaria degli enti locali disciplinare, se del caso, differenti termini di pubblicazione o entrata in vigore dei regolamenti; nel caso di specie, a differenza di quelli presi in esame nella giurisprudenza richiamata da parte ricorrente con riguardo alla sentenza T.A.R. Toscana n. 57/2014, nessuna disposizione è contenuta nello Statuto di Roma Capitale. In ordine alla determina oggetto di motivi aggiunti, nella relazione del 22 gennaio 2020 l'Ufficio riconosce che la motivazione della decadenza avrebbe dovuto essere riferita all'ultimo comma e non al secondo comma dell'art. 52, ovvero perché l'istanza è stata ritenuta irricevibile dal Municipio in quanto presentata fuori termine; rileva, comunque che essendo l'attività vincolata, dovrebbe riconoscersi un vizio non invalidante ai sensi dell'art. 21-octies della l. 241/1990.

Parte ricorrente ha replicato con propria memoria, avvalendosi anche di contributi della dottrina specialistica.

Nella camera di consiglio del 4 febbraio 2020, la causa, chiamata per l'esame della domanda cautelare, nel consenso delle parti è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito, con sentenza breve, previa conversione del rito in udienza pubblica e rinuncia delle parti ai termini a difesa.

DIRITTO

Nell'odierno giudizio, le parti controvertono in ordine alla legittimità dei provvedimenti con i quali è stata dichiarata tardiva la presentazione della istanza di parte ricorrente volta alla riconversione della licenza anomala di cui è titolare in una licenza a posto fisso per il commercio su area pubblica ed è stata, conseguentemente, dichiarata la decadenza del titolo (per approfondimenti in ordine alle c.d. "licenze anomale" nel territorio di Roma Capitale e relativi istituti di conversione in licenze a posto fisso, v. T.A.R. Lazio, II-ter, n. 2576/2018 del 6 marzo 2018; 8177/2019 del 21 giugno 2019)

La risoluzione della controversia, ai fini dell'odierno giudizio, dipende dalla individuazione del corretto regime di pubblicazione ed entrata in vigore dei regolamenti degli enti locali e, più precisamente, dalla applicazione o meno a tali fonti della disposizione di cui all'art. 10 disp. prel. c.c.

Secondo Roma Capitale, il regime di pubblicazione delle delibere aventi ad oggetto l'approvazione del regolamento è interamente ed esaustivamente assorbita nelle regole generali di cui agli artt. 124 e 134 del t.u.e.l. (affissione per quindici giorni all'Albo Pretorio ed entrata in vigore dopo il decimo giorno dall'inizio della pubblicazione); oppone parte ricorrente che anche la pubblicazione dei regolamenti degli enti locali è disciplinata dall'art. 10 delle disp. prel. c.c. e pertanto essi acquistano efficacia decorsi quindici giorni dalla loro pubblicazione.

Rileva il Collegio che la disposizione di cui all'art. 10 delle preleggi, nella sua inequivoca redazione testuale, è applicabile a tutti i regolamenti degli enti locali, essendo questi ultimi pienamente inseriti nel contesto delle fonti del diritto e non distinguendo il predetto art. 10 in ordine alla natura governativa o meno dei regolamenti.

Non osta, in contrario, il richiamo dell'Amministrazione all'art. 3, comma 2, delle preleggi, a norma del quale il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, "in conformità delle leggi particolari". Tale disposizione, che va coordinata con l'art. 10, riserva alla legislazione speciale i presupposti di esercizio del potere regolamentare (condizioni, modalità e soprattutto ambiti e materie di disciplina), ma sempre fermo restando il regime generale di entrata in vigore delle norme che è sanzionato dall'art. 10.

Peraltro, quest'ultima norma fa salva la possibilità di una diversa disciplina, da individuarsi caso per caso, essendo previsto che i regolamenti "divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto".

Ciò implica, per quanto riguarda l'odierna controversia, che è riservata all'esercizio dell'autonomia degli enti locali l'introduzione di una diversa modalità e regime di pubblicazione: così che uno Statuto potrebbe legittimamente prevedere termini maggiori o forme più incisive di pubblicità del regolamento (salvo verificarsi la possibilità di termini più brevi).

Risulta quindi del tutto capovolta la tesi difensiva di Roma Capitale, secondo cui dovrebbe essere lo Statuto a prevedere il recepimento del regime di pubblicazione del regolamento ex art. 10 delle preleggi: nel silenzio dello Statuto, non essendo prevista una speciale normativa in ordine all'entrata in vigore dei regolamenti di Roma Capitale, dovrà applicarsi la regola generale.

Alla luce di quanto sopra è del tutto superfluo soffermarsi sulle deduzioni di parte ricorrente che vorrebbe distinguere l'esecutività e l'efficacia della deliberazione e sulle relative argomentazioni difensive di Roma Capitale.

Invero, va premesso che la fase di pubblicazione di una deliberazione all'Albo è istituto diverso da quello disciplinato dall'art. 10, sebbene entrambi condividano la finalità di rendere legalmente conoscibile il contenuto di atti e provvedimenti autoritativi.

Invero, la fase di vacatio legis di cui all'art. 10 delle preleggi assolve esclusivamente alla funzione di rendere conoscibile (e far presumere conosciuto) un testo normativo che concorre ad integrare le fonti del diritto, nel suo testo già definitivo e non suscettibile di ulteriori modifiche.

Invece la fase di pubblicazione della deliberazione è un istituto di partecipazione popolare (di antichissima origine) che insieme alla necessità di apprestare un meccanismo legale di presunzione di conoscenza nei confronti dei terzi (non direttamente incisi dai provvedimenti, mentre ai destinatari l'atto va comunque notificato) è rivolto anche a rendere possibile la presentazione di osservazioni oppure opposizioni da parte di chiunque vi abbia interesse; opposizioni che, una volta presentate, generano l'obbligo per l'organo emanante di provvedere su di esse e che dunque potrebbero condurre anche ad una modifica della deliberazione stessa prima della sua entrata in vigore (per una applicazione del principio, vedasi T.A.R. Reggio Calabria, 5 aprile 2012, n. 269/2012, secondo la quale "Nell'istituzione dell'Albo Pretorio si concretizza ... quella più lata e risalente funzione partecipativa che è insita nella pubblicità degli atti e che ha costituito uno storico antesignano del sistema che poi è stato nel tempo costruito fino ad essere consacrato nella l. 241/90: essa risponde ad una delle più antiche forme di diffusione e conoscenza legale degli atti rivolti alla collettività, che, traendo le origini dalle istituzioni romane, ha trovato ininterrotta disciplina, nell'ordinamento nazionale, sin dall'articolo 62 del Testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383, poi confluito con varie modifiche di regime nell'odierno art. 124 del D.lgs. 267/2000 e che ha ricevuto nuovo vigore dall'evoluzione della tecnologia che ne ha consentito una importante riedizione ed attualizzazione nella nuova veste dell'Albo Pretorio informatico (art. 32, L. n. 69/2009). Nella prassi e nella giurisprudenza formatesi nel vigore delle normative poi susseguitesi, la pubblicazione all'Albo della deliberazione è stata sempre intesa come una fase integrativa dell'efficacia, che non incide sulla validità dell'atto, bensì solo sulla presunzione della sua conoscenza in capo ai terzi, tanto che la decorrenza dei termini dell'impugnazione dell'atto si computa a far data dalla scadenza dei termini di pubblicazione (si veda ex multis T.A.R. Lazio, II, 4 febbraio 1985, n. 141, T.A.R. Palermo, 22 dicembre 1982, n. 877, C.d.S., Sez. V, 4 febbraio 1998, n. 127), senza che rilevi l'eventuale dichiarazione di immediata esecutività, che soltanto anticipa - in via provvisoria e condizionata all'avvenuta pubblicazione - l'efficacia dell'atto").

Ne deriva che la data di esecutività della delibera è quella dalla quale quest'ultima acquista efficacia e può essere portata ad esecuzione (decimo giorno dall'inizio della pubblicazione oppure data di adozione nel caso di delibere dichiarate immediatamente eseguibili, ex art. 134 t.u.e.l.); nel caso di una deliberazione approvativa di un regolamento, l'esecuzione della deliberazione implica l'affissione del regolamento al pubblico e la relativa decorrenza della vacatio legis di cui all'art. 10 delle preleggi perché tale adempimento scaturisce dal regime in sé dell'atto approvato di cui è parte integrante (nell'assenza di una diversa previsione dello Statuto) che va tenuto distinto dal regime dell'atto di approvazione.

Pertanto, anche laddove il regolamento stesso indichi (come nel caso di specie) decorrenze "dalla sua approvazione" o rechi altre indicazioni di tipo generico, i termini fissati per gli adempimenti disposti dal regolamento (salve norme transitorie) dovranno intendersi di norma come correlati alla sua entrata in vigore.

Non vale opporre in contrario, come deduce Roma Capitale, che in questa prospettiva di esegesi si perverrebbe ad un trattamento deteriore della fonte regolamentare comunale rispetto alla medesima fonte governativa, soggetta la prima ad una pubblicità maggiore della seconda: invero, tale effetto deriva dalla peculiarità del regime delle deliberazioni dell'ente locale e, comunque, a tale evenienza può sempre fare fronte l'autonomia statutaria alla quale è rimessa la possibilità di diversamente regolare i termini di vacatio legis applicabili alle proprie fonti (ad esempio, prevedendone la decorrenza in maniera contestuale alla pubblicazione della delibera di approvazione).

Da un punto di vista dogmatico e ricostruttivo della disciplina in generale, sarebbero necessari ulteriori approfondimenti per meglio chiarire se i quindici giorni della pubblicazione del regolamento ex art. 10 preleggi decorrano dal compimento integrale della pubblicazione della delibera all'Albo Pretorio (art. 124 t.u.e.l.) che implica la decorrenza dei termini di impugnazione (T.A.R. Potenza, sez. I, 10 luglio 2014, n. 452; T.A.R. Lecce, sez. I, 29 aprile 2014, n. 1128) oppure, come sembrerebbe più corretto, dal giorno di esecutività della stessa (dieci giorni dall'inizio della pubblicazione, ex art. 134 t.u.e.l.); ma si tratta di approfondimenti che non sono necessari ai fini dell'odierna decisione, perché in entrambi i casi l'istanza della parte ricorrente risulta tempestivamente prodotta (ed anche perché la potestà statutaria dell'ente locale può agevolmente risolvere tali problematiche mediante una disciplina ad hoc che, come si è visto, l'art. 10 delle preleggi espressamente fa salva).

Conclusivamente deve affermarsi che, nell'ambito dell'ordinamento degli enti locali e della disciplina del relativo potere regolamentare di cui al d.lgs. 267/2000, se lo Statuto dell'ente locale non prevede diversamente, vanno tenuti distinti il regime di pubblicazione della delibera di approvazione del regolamento che è regolata dagli artt. 124 e 134 ed il regime di perfezionamento del regolamento, che è disciplinato dall'art. 10 delle preleggi, che trova piena applicazione alla fattispecie.

Dalla fondatezza del primo motivo di ricorso deriva l'accoglimento del gravame con annullamento del provvedimento impugnato ai fini dell'obbligo di Roma Capitale di esaminare l'istanza di conversione della licenza anomala della parte ricorrente.

In ogni caso, per completezza di giudizio, il Collegio deve esaminare anche i motivi aggiunti, che sono fondati per le ragioni già succintamente anticipate nel decreto monocratico n. 7176/2019 che al Collegio appare sufficiente richiamare nell'odierna sede.

Più precisamente, l'art. 52, comma 2, del Reg. approvato con la DAC 29/2018 subordina la decadenza del titolo posseduto dall'istante alla duplice condizione che: a) sia respinta la domanda di conversione in posteggio fisso; e b) il titolare rifiuti una collocazione limitrofa.

Nel caso di specie, come del resto la stessa Amministrazione riconosce, la determinazione impugnata con i motivi aggiunti si limita a disporre la decadenza del titolo sulla base della sola tardività della domanda di conversione (che, peraltro, come si è visto non sussisteva); avrebbe, invece, dovuto curarsi la seconda fase procedimentale prevista da parte della disposizione, che obbliga l'Amministrazione per qualsiasi ipotesi di reiezione della domanda di conversione (inclusa quindi la tardività della presentazione) di proporre una collocazione "limitrofa", ossia una collocazione alternativa prossima a quella di norma occupata con la licenza anomala.

Non vale in contrario sostenere, come deduce Roma Capitale, che per le domande presentate fuori termine opererebbe l'ultimo comma dell'art. 52 (a norma del quale "Le autorizzazioni di cui al presente articolo decadranno alla data del 31.12.2018").

In sostanza, secondo l'ente, la domanda tardiva equivale ad una domanda mai presentata.

Tale impostazione non trova la condivisione del Collegio.

In primo luogo, l'ultimo comma dell'art. 52 del Regolamento, pur se avente un carattere generale, non può che correlarsi con la disciplina del comma precedente, che prevede la proposizione di un sito alternativo per (tutti) i casi in cui una domanda di conversione sia "respinta" ed in quanto tale va considerato come una sorta di limite temporale finale per lo svolgimento della procedura di conversione (limite peraltro prorogabile, come di fatto accaduto nell'odierna fattispecie nella quale il titolo da convertire era stato rinnovato sino al 31 dicembre 2020).

Sotto altro conseguente profilo, potrà discutersi della eventuale possibilità di rilevare decadenze dal titolo per licenze anomale alla data del 31 dicembre 2018 solo laddove entro tale termine nessuna domanda di conversione sia mai stata presentata dai relativi titolari e non anche quando, [come] nel caso di specie, la domanda sussista e sia stata respinta (sia pure per tardività): invero, nell'assenza di una chiara ed esplicita previsione regolamentare, non sussistono indicatori atti a sostenere l'equiparazione tra una domanda tardiva ed una licenza anomala per la quale la conversione non sia proprio stata richiesta, laddove, invece, intuibili principi di ragionevolezza e tutela dell'affidamento (specie in rapporto all'incertezza sull'effettiva entrata in vigore della disposizione regolamentare e l'apprezzamento in concreto della sua conoscibilità, aspetti largamente trattati nel corpo del ricorso ed ai quali è sufficiente rinviare) inducono a dover tenere distinte le due ipotesi.

Chiaramente, l'eventuale tardività di una istanza di conversione (che dovrà essere esaminata laddove questa sia presentata comunque entro i termini di validità del titolo) non sarà priva di effetti, potendo l'Amministrazione valutare di preferire, in tutti i casi di potenziale conflitto tra più aventi interesse alle medesime postazioni, le istanze tempestive; scontando il richiedente eventuali mutamenti sopravvenuti della disciplina giuridica di riferimento o dei luoghi nei quali espletare l'attività e così via.

Ulteriori approfondimenti non sono comunque necessari, essendo, come si è visto, fondato il primo motivo del ricorso introduttivo.

Per le ragioni esposte, dunque, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno accolti, sancendosi l'obbligo di Roma Capitale di esaminare l'istanza di conversione della società ricorrente, mantenendo efficacia alla voltura del titolo fino alla definizione del procedimento, con salvezza di ogni altro provvedimento dell'Amministrazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li accoglie ai fini di cui in parte motiva, con salvezza di ogni altro provvedimento della P.A., da adottarsi nel rispetto delle prerogative di partecipazione al procedimento delle parti interessate.

Condanna l'Amministrazione alle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.