Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II
Sentenza 30 aprile 2020, n. 4529

Presidente: Riccio - Estensore: Iera

FATTO

1. Con bando di gara pubblicato sulla GUUE in data 19 dicembre 2014, Consip S.p.A. ha indetto una procedura aperta, ai sensi dell'allora vigente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per l'affidamento "dei servizi di pulizia, di sanificazione ed altri servizi per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, stabilendo la data del 2 marzo 2015 quale termine ultimo per la presentazione delle offerte. Il bando prevedeva la suddivisione della gara in 14 lotti geografici. La ricorrente partecipava al lotto 8 (ordinario) riguardante parte del territorio della Regione Campania per il quale era previsto come base d'asta l'importo di Euro 135.000.000,00. La stazione appaltante, dopo l'esclusione dell'operatore che si era originariamente aggiudicato il lotto oggetto dell'appalto, provvedeva all'aggiudicazione provvisoria del lotto 8 in favore della ricorrente.

La stazione appaltante verificava nei confronti della nuova aggiudicataria la sussistenza dei requisiti generali e speciali di partecipazione ai sensi degli artt. 38 e 48 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. In data 13 marzo 2019 provvedeva ad accertare mediante il portale dell'Inps "durc-on line" la posizione previdenziale e assistenziale dell'operatore economico aggiudicatario al fine di verificare il requisito generale previsto nella lett. i) del comma 1 dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (non avere commesso "violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti"). In data 5 aprile 2019, la stazione appaltante riceveva comunicazione che l'esito della verifica era negativa "per irregolarità nel versamento di contributi e accessori" per un importo di Euro 126.742,93 in relazione ad un'impresa ausiliaria di una delle due delle mandanti di cui si componeva il raggruppamento aggiudicatario.

Quindi in data 12 aprile 2019 provvedeva a verificare la sussistenza dei requisiti speciali di partecipazione previsti del successivo art. 48.

La stazione appaltante con nota del 12 luglio 2019 avviava quindi il contraddittorio con le imprese interessate chiedendo di produrre "idonei documenti giustificativi delle risultanze emerse" a seguito dei controlli. Nel corso del contraddittorio veniva fornita in data 17 luglio 2019 l'attestazione di regolarità contributiva e previdenziale alla data del 5 aprile 2019 (data della richiesta dell'impresa, coincidente con la data di emissione del "durc-on line").

Consip quindi provvedeva in data 29 agosto 2019 a richiede all'Inps di verificare la posizione dell'impresa ausiliaria nel periodo tra il 13 marzo 2019 (data della richiesta Consip) e il 5 aprile 2019 (data dell'emissione dell'esito da parte dell'Inps). L'Inps riscontrava la predetta istanza in data 30 agosto 2019 confermando che l'impresa si trovava in una posizione non regolare alla data del 13 marzo 2019, mentre era in posizione regolare alla data del 5 aprile 2019 a seguito dei pagamenti effettuati dall'impresa (in adesione all'invito alla regolarizzazione del 18 marzo 2019).

Con il provvedimento del 3 ottobre 2019, la stazione appaltante dava atto che la documentazione trasmessa dal raggruppamento aggiudicatario non era idonea a dimostrare la regolarità contributiva dell'impresa sia alla data del 13 marzo 2019 che nell'arco temporale dal 13 marzo 2019 al 5 aprile 2019 e quindi non era possibile "verificare, basandosi sulla documentazione ricevuta, la permanenza della regolarità contributiva lungo tutto il periodo di svolgimento della procedura". Pertanto, risultando accertata in capo all'ausiliaria di un'impresa mandante un'irregolarità contributiva durante lo svolgimento della procedura di gara, "alla luce di quanto previsto all'art. 38, comma 1, lett. i), e comma 2, e all'art. 49, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, e nel Disciplinare di gara", la stazione appaltante disponeva "l'esclusione del concorrente RTI costituendo Pellegrini S.p.A. (mandataria) - Papalini S.p.A. (mandante) - Eporlux S.r.l. (mandante) dalla gara in oggetto per il Lotto 8".

2. Con ricorso del 20 novembre 2019 (giudizio rg. 12754/2019) la ricorrente impugna l'esclusione dalla gara disposta dalla stazione appaltante con il provvedimento del 3 ottobre 2019 affidando il gravame ad un articolato motivo in cui si evidenzia sostanzialmente che l'esclusione sarebbe illegittima perché adottata sulla base del d.u.r.c. richiesto da Consip in data 13 marzo 2019 ed emesso in data 5 aprile 2019 a sua volta del tutto "erroneo".

Con motivi aggiunti del 30 marzo 2019, ritualmente notificati, la ricorrente impugna nuovamente l'esclusione facendo valere quattro motivi, il primo dei quali è ripetitivo del motivo contenuto nel ricorso introduttivo. Con il secondo motivo si contesta che la stazione appaltante alla data del 13 marzo 2019 avrebbe potuto pretendere la continuità contributiva non nei suoi confronti ma soltanto in capo all'operatore aggiudicatario, status che la ricorrente acquisiva soltanto in data 12 aprile 2019. Con il terzo motivo fa valere l'illegittimità dell'operato della stazione appaltante nella parte in cui, avendo riscontrato una causa di esclusione, non avrebbe consentito al raggruppamento di sostituire l'ausiliaria violando così l'art. 49 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che "pur non contemplando espressamente l'istituto della sostituzione dell'ausiliaria" non vieterebbe comunque la possibilità di ricorrervi.

Nel costituirsi in giudizio, la stazione appaltante e la controinteressata evidenziano l'infondatezza del ricorso; l'impresa ausiliaria - in qualità di interventore ad adiuvandum - e la società che ha rilasciato la cauzione chiedono l'accoglimento del gravame della ricorrente.

3. La controinteressata in data 20 novembre 2019 propone altresì ricorso incidentale contro l'atto di esclusione della gara, impugnato dalla ricorrente, "nella misura in cui dovesse ritenersi che il concorrente non è stato escluso dalla gara anche per mancata risposta alla richiesta di chiarimenti del 12 luglio 2019 [...], a seguito dell'acquisizione del durc irregolare del 13 marzo 2019".

In replica al ricorso incidentale, la ricorrente con memoria del 2 marzo 2020 eccepisce l'inammissibilità del ricorso mancando nel soggetto che lo propone la qualità di "controinteressato" ai sensi dell'art. 42 c.p.a. e nel merito ne chiede il rigetto.

4. Nel giudizio rg. 12992/2019 la mandante del raggruppamento escluso, ausiliata dall'operatore non in regola con il durc, impugnava l'atto di esclusione del raggruppamento affidando il ricorso a due motivi con i quali si contesta l'operato della stazione appaltante che avrebbe escluso il concorrente in violazione dell'art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 in combinato disposto con l'art. 63 della Direttiva 2014/24 e per violazione dell'art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2003, attesa l'insussistenza alla data di esclusione dell'irregolarità contributiva.

La controinteressata propone intervento ad opponendum con il quale chiede il rigetto del ricorso relativo al giudizio rg. 12992/2019.

In vista dell'udienza pubblica del 22 aprile 2020, rinviata ai sensi dell'art. 84 del d.l. 17 marzo 2019, n. 18, tutte le parti si sono scambiate articolate memorie e repliche, sicché la causa è passata in decisione secondo quanto prevede l'art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.

DIRITTO

1. In via preliminare, il Collegio dispone, ai sensi dell'art. 70 c.p.a., la riunione dei ricorsi incardinati ai numeri di registro generale 12754/2019 e 12992/2019, attesa la connessione tra gli stessi sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

Si procederà ad esaminare, nelle forme e nei termini previsti per il rito c.d. appalti (art. 120, comma 5, c.p.a.), dapprima l'impugnativa proposta nei confronti dell'esclusione dalla gara, poi quella riguardante l'escussione della cauzione provvisoria ed infine quella concernente la segnalazione all'Anac.

2. La stazione appaltante ha disposto, ai sensi delle disposizioni dell'art. 38, comma 1, lett. i), e comma 2, dell'art. 49, comma 2, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e della disciplinare di gara, l'esclusione dalla gara della RTI con mandataria Pellegrini S.p.a., dal momento che un'impresa ausiliaria di una delle mandanti del raggruppamento non era in regola, nel corso della procedura di gara, con un requisito generale di partecipazione previsto a pena di esclusione, rappresentato, nella specie, dalla regolarità dei contributi previdenziali.

In relazione all'impugnativa del provvedimento di esclusione dalla gara, attesa la stretta connessione tra le censure proposte, vanno esaminati congiuntamente il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo dei motivi aggiunti, quanto al giudizio rg. 12754/2019, ed il secondo motivo del ricorso rg. 12992/2019.

Con queste censure si sostiene sostanzialmente l'illegittimità dell'operato della stazione appaltante che avrebbe disposto l'esclusione dalla gara basandosi sul durc rilasciato in data 5 aprile 2019 "erroneo" poiché, sia alla data della richiesta del durc (13 marzo 2019) che a quella del rilascio (5 aprile 2019), l'impresa ausiliare sarebbe stata in regola con i contributi previdenziali e quindi avrebbe rispettato il principio di continuità nel possesso dei requisiti generali di partecipazione alla gara.

Le censure non sono fondate.

Secondo un principio consolidato "nelle gare di appalto per l'aggiudicazione di contratti pubblici i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all'aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell'esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità" (C.d.S., Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8).

Con riferimento al possesso del requisito generale della regolarità contributiva si è affermato che "l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma. L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura" (C.d.S., Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8). Si è precisato che "non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva" (C.d.S., Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e n. 6, in relazione al c.d. invito alla regolarizzazione o preavviso di durc negativo introdotto dall'art. 31, comma 8, del d.l. n. 69 del 2013 e regolato dal d.m. 30 gennaio 2015; nello stesso senso, C.d.S., Ad. plen., 25 maggio 2016, n. 10).

Il principio del possesso continuativo dei requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara non soffre deroghe neppure in caso di ricorso all'avvalimento. La finalità dell'avvalimento (plurimo o frazionato) è di fornire all'operatore economico che intende partecipare alla gara la possibilità di ricorrere ai requisiti speciali di partecipazione di altri soggetti, di cui è privo. Ciò ovviamente a condizione che tali operatori debbano autonomamente possedere i requisiti speciali e non debbano essere a loro volta esclusi dalla competizione per l'assenza di requisiti generali di partecipazione, poiché, diversamente, si realizzerebbe una facile elusione della disciplina di diritto pubblico sui contratti. Ne deriva allora che non possono ritenersi sussistere i requisiti di ordine generale (di cui all'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006) in capo ad un concorrente se un'impresa ausiliaria del concorrente ovverosia di un operatore facente parte del raggruppamento concorrente non ha parimenti detti requisiti (art. 49 d.lgs. n. 163 del 2006).

Con riferimento alla posizione del concorrente che si avvale di un'impresa priva dei requisiti di partecipazione alla gara, si è pertanto stabilito che "sul piano dell'accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici" vi è "una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti in via diretta e gli operatori economici in rapporto di avvalimento e dunque, in definitiva, fra i primi e l'imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara. Va pertanto escluso chi si avvale di soggetto ausiliario a sua volta privo del titolo (C.d.S., IV, 19 marzo 2015, n. 1425)" (C.d.S., Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8).

La Sezione intende dare continuità al consolidato orientamento sul principio del possesso ininterrotto dei requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara nei confronti dell'impresa ausiliaria, principio che oggi è stato codificato nel comma 6 dell'art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ai sensi del quale "Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5" (che indicano i motivi di esclusione).

Il Collegio ritiene "risolutivo" ai fini della decisione della controversia l'accertamento compiuto dall'Inps, e fatto proprio dalla stazione appaltante, in relazione al mancato versamento dei contributi previdenziali e accessori oggetto del durc rilasciato alla stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti generali, in data 5 aprile 2019.

A tale fine assume valore dirimente il mancato versamento dei contributi previdenziali per l'importo complessivo di Euro 20.000,25 che l'impresa ausiliaria ha corrisposto soltanto in data 26 marzo 2019 ossia entro il termine di 15 giorni decorrente dall'invito a regolarizzare la posizione inoltrato dall'Inps in data 18 marzo 2019 (c.d. preavviso di durc negativo). La definitività dell'accertamento dell'irregolarità del durc, nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica, non viene meno in caso di regolarizzazione postuma a seguito della comunicazione del c.d. preavviso di durc negativo in quanto la regolarizzazione postuma riguarda esclusivamente la posizione debito/credito del rapporto interno tra l'impresa e l'Inps. Ne deriva che la condotta posta in essere dall'operatore economico, da un lato, attesta la regolarizzazione postuma del requisito generale di partecipazione alla gara avvenuta nel corso della procedura e, dall'altro lato, attribuisce carattere di definitività al mancato possesso del requisito generale di partecipazione al momento della partecipazione alla gara. Risulta quindi incontrovertibile che l'impresa ausiliaria alla data del 26 marzo 2019 non era in regola con i contributi previdenziali ossia non lo era durante il periodo in cui avrebbe dovuto esserlo a pena di esclusa dalla procedura ad evidenza pubblica.

Il raggruppamento ricorrente non era quindi in possesso dei requisiti generali di partecipazione che devono essere posseduti, anche dalle imprese ausiliare, fin dal momento della partecipazione alla gara e mantenuti per tutta la durata del rapporto contrattuale, a pena di esclusione. Il mancato possesso del requisito nel corso della procedura di gara comporta l'esclusione dal concorrente dalla procedura ad evidenza pubblica.

Ove dovesse accedersi alla tesi sostenuta nei ricorsi, ammettendo quindi la regolarizzazione postuma, verrebbero avallati comportamenti opportunistici, consentendo all'operatore che ha perso (o che non aveva mai avuto) il requisito di riacquistarlo in corso di gara al fine di conseguire l'aggiudicazione, in palese violazione con i principi di trasparenza, certezza e par condicio che dominano le procedure delle gare pubbliche, oltre che secondo quanto affermato dalla giurisprudenza consolidata negli orientamenti sopra richiamati.

Non è fondata la tesi secondo nel caso di specie opererebbe la compensazione amministrativa o legale tra l'impresa ausiliaria e l'Inps con riferimento al rapporto di debito/credito intercorrente tra i due soggetti. Più in particolare, si sostiene che: a) in virtù della presenza di un credito vantato verso l'ente previdenziale la posizione dell'ausiliaria doveva considerarsi comunque regolare sicché il pagamento effettuato in data 26 marzo 2019 aveva soltanto natura "prudenziale" e non poteva considerarsi "tecnicamente" come una regolarizzazione postuma; b) troverebbe applicazione l'art. 3, comma 2, lett. c), d.m. 30 gennaio 2015 secondo cui "la regolarità [contributiva] sussiste comunque in caso di (...) crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la quale sia stato verificato il credito"; c) in ogni caso si applicherebbe la disciplina generale sulla compensazione degli artt. 1241 e 1242 c.c., che prevedono, rispettivamente, che "quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti" e che "la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza".

Tali assunti non sono fondati.

a-c) La compensazione, che può essere legale e giudiziale al ricorrere di presupposti diversi tra loro, è disciplinata dal libro quarto, capo IV, sezione III, del codice civile, e rientra tra i modi di estinzione dell'obbligazione diversi dell'adempimento. Affinché operi la compensazione legale occorre che i due debiti siano omonei, certi (titolo dell'obbligazione), liquidi oppure di facile e pronta liquidazione (oggetto dell'obbligazione) ed esigibili (Cass., Sez. un., 15 novembre 2016, n. 13225). La compensazione è nella disponibilità della parte rientrando nella sua facoltà poterne disporre e difatti l'art. 1242, comma 1, c.c., stabilisce che il giudice "non può rilevarla d'ufficio". Finché la parte non attiva in concreto l'istituto della compensazione, la sussistenza in astratto dei presupposti di legge per la sua operatività non assume giuridica rilevanza quale modo di estinzione dell'obbligazione. Ciò comporta che l'astratta sussistenza - al momento dell'esclusione dalla gara - dei requisiti dell'omogeneità, della certezza, della liquidità e dell'esigibilità, non attribuisce di per sé il crisma di regolarità al requisito generale del versamento dei contributi previdenziali che l'impresa è tenuta ad avere e mantenere per tutto il tempo della procedura di gara, a pena di esclusione.

La compensazione non può operare neppure in concreto. L'impresa ausiliaria ha effettuato in data 26 marzo 2019 il versamento dei contributi previdenziali omessi a seguito dell'invito alla regolarizzazione inoltrato dell'ente previdenziale. Ha così estinto in modo satisfattivo l'obbligazione seppure in ritardo. Ora la ricorrente, andando contra factum proprium, intende avvalersi della compensazione tra il credito vantato verso l'Inps e il debito oggetto della compensazione al fine di dimostrare che, al momento dell'esclusione dalla gara, era in regola con i pagamenti contributivi e quindi non poteva essere esclusa. In realtà, l'avvenuto pagamento in ritardo dimostra come la ricorrente si sia trovata in un dato momento della procedura della gara non in regola con la posizione previdenziale. La ricorrente ha infatti deciso pagare il debito piuttosto che opporre in compensazione, prima del pagamento, un contro-credito come pure avrebbe potuto fare, salvo poi contestarne la mancata compensazione, se del caso, in giudizio. Ne deriva che al momento dell'esclusione della gara, non ricorrevano in concreto i presupposti di legge per operare la compensazione essendosi estinto, per volontà della parte, il rapporto obbligatorio con l'ente previdenziale e quindi non essendo più la ricorrente, a quella data, titolare dal lato passivo di un rapporto obbligatorio da opporre in compensazione; fermo restando che l'avvenuto pagamento - nei termini della regolarizzazione postuma - non vale a sanare, come detto, l'irregolarità già verificatasi.

b) Il meccanismo della compensazione amministrativa previsto dall'art. 3, comma 2, lett. c), d.m. 30 gennaio 2015 fa riferimento al c.d. durc interno ossia alla procedura che riguarda i rapporti contributivi tra l'impresa e l'Inps; tale istituto e i sui esiti non sono estensibili alla diversa fattispecie della verifica della posizione contributiva che la stazione appaltante è tenuta ad effettuare d'ufficio nell'ambito della procedure ad evidenza pubblica in cui occorre accertare il regolare e continuativo possesso dei requisiti genali di partecipazione. In quest'ambito la stazione appaltante è tenuta innanzitutto a svolgere d'ufficio le verifiche di competenza avvalendosi dell'ente previdenziale, unico soggetto istituzionalmente deputato a verificare la regolarità della posizione previdenziale dell'impresa. Quindi è tenuta a recepire l'accertamento trasmesso dall'Inps contenuto nel durc che costituisce una "dichiarazioni di scienza" assistita da fede pubblica privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c., facente piena prova fino a querela di falso (C.d.S., Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8), salvo che venga accertata dal giudice amministrativo in via incidentale, ai sensi dell'art. 8 c.p.a., l'irregolarità del durc (C.d.S., Ad. plen., 25 maggio 2016, n. 10). Ai tali fini, tuttavia, non risulta che il durc negativo sia stato rilasciato dall'Inps in violazione della legge. Né del resto ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione assume rilievo di per sé la compensazione amministrativa che è confinata, come detto, ai rapporti interni tra l'impresa e l'ente previdenziale. Rientra infatti nella disponibilità delle parti valutare la sussistenza dei presupposti della compensazione amministrativa e l'Inps, a quanto costa, non ha applicato il meccanismo della compensazione e lo stesso meccanismo non è stato attivato dall'impresa interessata. Soltanto ora, invece, si invoca la compensazione amministrativa ma lo si fa per una finalità che non le è propria, ossia per evitare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'esclusione dalla gara, a cui si dovrebbe pervenire per giunta mediante un inammissibile sindacato sostituivo del giudice amministrativo in relazione a poteri non ancora esercitati ai sensi dell'art. 31, comma 2, c.p.a.

3. Sebbene l'irregolarità nella posizione previdenziale qui evidenziata sia di per sé idonea a giustificare l'esclusione, il Collegio ritiene comunque di esaminare, nel rispetto del canone di sinteticità degli atti processuali, anche gli altri profili dei gravami.

Con riferimento all'esposizione debitoria dell'ausiliaria relativa alla somma di Euro 4.085,95 indicata nel durc del 13 marzo 2019, è stato in effetti dimostrato che tale esposizione non sussisteva dal momento che in data 26 luglio 2018 era stata versato l'importo dovuto.

Il pagamento effettuato in data 26 luglio 2018 non è tuttavia idoneo ad escludere la violazione del principio di continuità dei requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara sopra richiamato. Difatti, il pagamento è avvenuto nel corso della procedura di gara il che dimostra che al momento della presentazione della domanda di partecipazione ed anche nel corso della procedura di gara l'impresa non era in regola con la propria posizione previdenziale.

Considerazioni analoghe valgono con riferimento alla tesi secondo cui l'esposizione debitoria dell'ausiliaria relativa alla somma di Euro 101.958,60. Si afferma che i debiti verso l'Inps siano stati "giudizialmente contestati" con due ricorsi presentati al Tribunale di Bergamo in data 19 marzo 2019 e in data 5 aprile 2019 e che il Tribunale abbia, rispettivamente, in data 2 aprile 2019 e 29 aprile 2019, emesso due provvedimento con cui ha sospeso l'efficacia degli avvisi di addebito in questione. Tanto dovrebbe dimostrare, nell'economia della tesi difensiva, la violazione del durc del 13 marzo 2019 sia rispetto all'art. 3, comma 2, lett. e), del d.m. 30 gennaio 2015, ai sensi del qual "la regolarità sussiste comunque in caso di (...) crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario fino al passaggio in giudicato della sentenza", sia rispetto all'art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 163 del 2006, a mente del quale l'esclusione dalla gara per carenza del requisito in questione va disposta solamente nei confronti dei soggetti che abbiano "commesso violazioni (...) definitivamente accertate".

Anche in tal caso la condotta posta in essere dall'ausiliaria mediante la proposizione dell'azione giudiziaria innanzi al Tribunale di Bergamo non è idonea a far ritenere "non definitivamente accertate", ai sensi della lett. i) del comma 1 dell'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2016, le violazioni commesse. Le violazioni si intendono "non definitivamente accertate" soltanto ove le stesse siano state giudizialmente contestate in epoca precedente la data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Soltanto la pendenza, al momento della presentazione della domanda, del giudizio volto a mettere in discussione l'an e/o il quantum della contribuzione esclude la sussistenza del requisito di definitività dell'accertamento della violazione. Diversamente ragionando la disposizione in parola si presterebbe ad una facile elusione. Ritenere che le violazioni possano intendersi "non definitivamente accertate" anche qualora, dopo la partecipazione alla gara, l'impresa, "scoperta" non in regola con la contribuzione, provveda a neutralizzare la mancanza del requisito mediante la proposizione di un'azione giudiziaria, significherebbe disapplicare di fatto la previsione normativa che vuole che l'impresa sia in regola con i requisiti generali di partecipazione già al momento della presentazione della domanda. Si tratta di un'interpretazione in linea con la giurisprudenza europea (Corte di giustizia, 9 febbraio 2006, cause C-226/04 e C-228/08, § 31).

4. Con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti (giudizio rg. 12754/2019) la ricorrente contesta che la stazione appaltante non avrebbe potuto adottare nei suoi confronti l'esclusione dal momento che alla data del 13 marzo 2019-5 aprile 2019 la stessa non "avrebbe potuto giammai pretendere alcuna continuità dei requisiti" per tre ragioni: d) a seguito della precedente aggiudicazione provvisoria disposta a favore di altro concorrente (poi escluso) le ditte classificatesi in posizione deteriore rispetto a quest'impresa (tra cui la ricorrente) "erano dispensate dal mantenimento del possesso dei requisiti generali"; e) "in quello specifico e determinato lasso temporale" la ricorrente non risultava aggiudicatario, nemmeno provvisorio, della procedura; f) la stazione appaltante avrebbe violato il principio comunitario c.d. "estoppel", che vieta all'amministrazione di opporre al destinatario dell'atto le conseguenze di un proprio inadempimento (principio positivizzato nell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990), nella specie rappresentato dalla "durata del procedimento di gara".

Il motivo di ricorso, con le cesure così articolate, non è fondato.

d-e) Si richiama in proposito quanto già detto con riferimento alla necessità del possesso, senza soluzione di continuità, ossia in modo ininterrotto, dei requisiti generali e speciali di partecipazione da parte di ogni operatore. L'ordinamento non consente alcuna dispensa o deroga al principio di continuità dei requisiti di partecipazione in favore dei concorrenti non aggiudicatari della gara, in quanto il possesso dei requisiti è richiesto al concorrente in quanto tale e non in quanto aggiudicatario in via provvisoria o in via definitiva. Nel caso di specie, la legge di gara (art. 14 del bando e art. 2 del disciplinare) ha previsto in via espressa il rilascio della cauzione provvisoria nei confronti di ogni partecipante alla gara precisando anche le ipotesi in cui avviene l'escussione (art. 38, comma 2-bis, art. 48, art. 75, d.lgs. n. 163 del 2006). Non giova alla ricorrente richiamare il meccanismo del c.d. interpello disciplinato dall'art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 che ricorre nei casi in cui, a seguito dell'aggiudicazione della gara, il secondo in graduatoria viene chiamato a sostituire il concorrente aggiudicatario che è stato successivamente escluso. Applicando alla fattispecie di causa il meccanismo previsto dal c.d. interpello, ad avviso della ricorrente il secondo graduato dovrebbe essere dispensato dal mantenere i requisiti di partecipazione e ciò in deroga al principio di continuità. In realtà, ove correttamente inteso, l'orientamento cui fa cenno la ricorrente dispensa il secondo in graduatoria dall'obbligo di mantenere i requisiti di partecipazione soltanto nella fase successiva alla conclusione alla gara, ma non lo esonera dal possesso dei requisiti per tutta la fase precedente. Diventa quindi irrilevante la data in cui la ricorrente è stata destinatario dell'aggiudicazione provvisoria poiché la mancanza del requisito di partecipazione si è verificato nella fase antecedente a questa.

f) La censura relativa alla violazione del principio dell'"estoppel" è inammissibile per carenza di interesse, oltre che infondata. L'esclusione dalla procedura di gara del precedente concorrente non esonerava certo gli altri concorrenti rimasti in gara dal (continuare a) mantenere i requisiti di partecipazione. Ad ogni modo, gli episodi che hanno comportato il rallentamento della procedura non sono comunque imputabili alla stazione appaltante poiché sono dovuti al comportamento del precedente aggiudicatario che ha comportato la sua esclusione dalla gara e il conseguente contenzioso che ne è derivato.

5. Il terzo motivo contento nei motivi aggiunti (giudizio rg. 12754/2019) è strettamente connesso con il primo motivo del ricorso incardinato nel giudizio rg. 12992/2019 e pertanto si procederà al loro esame contestuale.

Con questi motivi si contesta il provvedimento di esclusione per violazione dell'art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 che, interpretato alla luce della sopravvenuta disciplina euro-unitaria (art. 63, Direttiva 2014/24) e nazionale (art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016), nonché dei principi di proporzionalità, uguaglianza e favor partecipationis, avrebbe dovuto consentire alla ricorrente di sostituire l'impresa ausiliaria, per quale sussiste un motivo obbligatorio di esclusione, in luogo di subire l'esclusione dalla gara (g).

Più in particolare, si ritiene che a tale risultato si dovrebbe pervenire, quanto al ricorso per motivi aggiunti rg. 12754/2019, sulla base: i) dello stesso art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 che non escluderebbe tale risultato, ma anzi sarebbe "imposto" dalla primazia del diritto europeo; ii) della sentenza della Corte di giustizia del 14 settembre 2017, causa C-223/16, che non escluderebbe comunque tale risultato; iii) del d.lgs. 50/2016 che, benché contenga una specifica disciplina transitoria che impone l'applicazione della disciplina ivi contenuta solo alle gare bandite successivamente alla sua entrate in vigore, tuttavia non precluderebbe anch'esso di raggiungere tale risultato. E, quanto ricorso rg. 12992/2019, in virtù: iv) della sussistenza del principio del "vincolo interpretativo conformativo" del diritto nazionale a quello europeo e ciò sia perché la Direttiva 24/2014 "era stata già adottata al momento della indizione della gara" sia perché l'atto di esclusione "è stato assunto in vigenza di una normativa interna - l'art. 89 del d.lgs. 50/2016 - che ha fatto proprio tal quale quanto disposto dal predetto art. 63 della Direttiva".

I motivi di ricorso non sono fondati.

g) Le varie censure proposte devono essere esaminate sulla base del principio generale del tempus regit actum con le precisazioni che seguono in ordine alle caratteristiche del bando di gara.

Si tratta di stabilire quale sia, ratione temporis, la disciplina applicabile al bando di gara e all'atto di esclusione impugnato, ossia se la disciplina sia quella recata dall'art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 (attuativo degli artt. 44 e 48 della Direttiva 2004/18), oppure quella contenuta nell'art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 (attuativo dell'art. 63 della Direttiva 2014/14) che prevede la sostituzione dell'ausiliaria priva dei requisiti di partecipazione.

Il bando ha natura di atto amministrativo generale ed è la lex specialis di gara, "di indole imperativa", che contiene l'insieme delle regole di partecipazione dei concorrenti, di valutazione delle offerte e di conclusione della procedura, cui devono attenersi sia la stazione appaltante che i partecipanti. Il bando non si sottrae alla regola generale del tempus regit actum per cui è soggetto alla disciplina ratione temporis vigente al momento della sua pubblicazione (C.d.S., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9). Tale soluzione difatti è quella che consente di rispettare i superiori principi della par condicio, di trasparenza e di certezza del diritto, che connotano le gare di appalto pubblico e che verrebbero irragionevolmente sacrificati ove si consentisse di modificare le regola della procedura in corso di gara.

Nel caso di specie, il bando è stato pubblicato il 24 dicembre 2014, sotto il vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, sicché la procedura di gara è disciplinata da questo provvedimento normativo e non già dal successivo d.lgs. n. 50 del 2016 entrato in vigore (19 aprile 2016) dopo la pubblicazione del bando. Non è dunque invocabile l'applicazione retroattiva della disciplina recata dal d.lgs. n. 50 del 2016. La stessa sarebbe semmai applicabile ove fosse stato espressamente previsto in tal senso dal legislatore. Al contrario, con la disposizione transitoria dell'art. 216 dal d.lgs. n. 50 del 2016 il legislatore ha espressamente escluso l'applicazione retroattiva della disciplina recata del provvedimento legislatore del 2016, prevedendo, in modo chiaro, che il nuovo codice "si applica alle procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore".

È dunque alla disciplina applicabile ratione temporis che occorre fare riferimento per accertare la legittimità degli atti e delle attività compiute dalla stazione appaltante nel corso della gara, ivi compresa quella riguardante l'atto di esclusione impugnato.

La giurisprudenza comunitaria ha già valutato la legittimità europea della disciplina recata dall'art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Corte di giustizia, 14 settembre 2017, causa C-223/16). Tale valutazione è stata compiuta alla luce della Direttiva 2004/18 ritenuta (unica) disciplina applicabile ratione temporis dal momento che la successiva Direttiva 2014/24 non era invocabile quale parametro di legittimità poiché, secondo un principio generale, sono "inapplicabili le disposizioni di una direttiva il cui termine di recepimento sia scaduto dopo" la data di pubblicazione del bando (nel caso esaminato dalla Corte la Direttiva 2014/24 doveva ancora essere recepita al momento di pubblicazione del bando). La Corte ha quindi stabilito la conformità al diritto euro-unitario della disciplina contenuta nell'art. 49 che l'ordinamento interno interpreta nel senso di escludere la possibilità per l'operatore economico di sostituire un'impresa ausiliaria che ha perduto i requisiti di partecipazione, circostanza che comporta l'esclusione automatica dell'operatore.

Del resto, ha evidenziato ancora la Corte, la Direttiva 2014/24 non potrebbe neppure invocarsi quale criterio di interpretazione ponendo a raffronto la disciplina recata dagli 47 e 48 della Direttiva 2004/18 con quella recata dall'art. 63 della Direttiva 2014/24 dal momento che la Direttiva del 2014 ha introdotto un istituto nuovo nell'ordinamento comunitario (la sostituzione dell'ausiliaria), non previsto in precedenza. Più in particolare, gli artt. 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, Direttiva 2004/18, prevedono che "Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti" (c.d. avvalimento della capacità economica-finanziaria e tecnica-professionale). Si tratta di una disposizione "formulata in termini generali, e non indica espressamente le modalità con cui un operatore economico possa fare affidamento sulle capacità di altri soggetti nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico". Al contrario, con l'art. 63 della Direttiva 2014/24 è stato introdotto l'opposto principio di tutela dell'affidamento del concorrente sulle capacità degli altri soggetti. In attuazione di questo principio si è quindi prevista la sostituzione in corso di gara dell'impresa ausiliaria priva dei requisiti di partecipazione, introducendo così "nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico", che il legislatore nazionale ha in seguito definito e attuato (come evidenziato dalla giurisprudenza nazionale).

Il principio di tutela dell'affidamento del concorrente sulle capacità di altri soggetti è quindi un principio nuovo, in precedenza sconosciuto nel sistema. Ciò esclude, per ovvie ragioni di certezza del diritto, che si possano valutare e interpretare alla luce del suo lume atti ed attività posti in essere prima della sua introduzione.

Fermo quanto sopra, si può ora esaminare l'altra censura (indicata con la lett. g) sub iv) sollevata nel giudizio rg. 12992/2019.

L'approdo interpretativo (c.d. interpretazione giuridica conforme) invocato nel ricorso (che in proposito richiama i precedenti di C.d.S., Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4793, e Sez. III, 15 novembre 2015, n. 5359) poggia sui generali principi di non contraddizione, di interpretazione conforme e di leale collaborazione o dell'effetto utile del diritto europeo (art. 4, paragrafo 3, TUE). La giurisprudenza ha precisato che il meccanismo dell'interpretazione conforme non opera tuttavia "nei riguardi di previsioni della direttiva finalizzate ad introdurre negli ordinamenti nazionali istituti del tutto innovativi, che, come tali, esigono la coerente declinazione dei loro elementi costituivi e dei pertinenti presupposti di applicabilità" come nel caso, appunto, della sostituzione dell'ausiliaria (C.d.S., Sez. III, 15 novembre 2015, n. 5359, che ha giudicato il caso dell'ausiliaria priva dei requisiti speciali di partecipazione). Tanto premesso, i presupposti della c.d. interpretazione giuridica conforme sono la presenza di una normativa europea vigente al momento in cui il giudice deve applicare il diritto nazionale e la mancata scadenza del suo termine di recepimento. In presenza di questi presupposti e alla luce dei ricordati principi di origine europea, il giudice (e prima ancora il legislatore nell'ambito delle sue funzioni), quando è chiamato ad applicare una disposizione nazionale è tenuto a preferire, tra le varie opzioni possibili, l'interpretazione ermeneutica del diritto interno maggiormente conforme alle disposizioni europee da recepire al fine di non pregiudicare il conseguimento del risultato (utile) voluto dalla disciplina sovranazionale. Si è chiarito inoltre che non si tratta comunque di un vero e proprio obbligo di interpretazione conforme (similare al c.d. effetto diretto del diritto europeo), ma di un "obbligo negativo" o "attenuato" che si sostanzia nell'"obbligo di astensione da un'interpretazione difforme" se "potenzialmente pregiudizievole per i risultati che la direttiva intende conseguire", c.d. standstill (C.d.S., Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660).

Nel caso di specie non può avere ingresso la c.d. interpretazione giuridica conforme, nei termini sopra precisati, perché, da un lato, ne è esclusa l'operatività data la presenza di un istituto nuovo nell'ordinamento europeo come la sostituzione dell'impresa ausiliaria (il che evidentemente fa venire meno il pregiudizio che una diversa interpretazione recherebbe al risultato utile voluto dalla nuova disciplina europea) e, dall'altro lato, perché manca comunque uno dei suoi presupposti applicativi in quanto la Direttiva 2014/14 è stata già attuata nel nostro ordinamento (per cui a rigore non si pone una questione di interpretazione conforme, ma semmai di applicazione della disciplina europea, ipotesi che, come visto, è stata esclusa).

Tale conclusione trova conferma in un caso del tutto simile a quello che ci occupa dove il Consiglio di Stato ha affermato (confermando un precedente della Sezione) che la sostituzione dell'impresa ausiliaria è un istituto che "è stato introdotto nel nostro ordinamento solo con l'art. 89 d.lgs. n. 50/2016, mentre la procedura oggetto di contenzioso è stata bandita nel 2014 e rimane soggetta al regime di cui al d.lgs. n. 163/2006, non potendo in nessun caso trovare applicazione né l'art. 63 della Direttiva né la normativa introdotta dal d.lgs. n. 50/2016, neppure in base al principio del favor partecipationis. L'applicazione di tale principio incontra, infatti, il limite della regola, ormai consolidata nel campo degli appalti pubblici, del tempus regit actum, cui sono connesse ineliminabili esigenze di certezza del diritto" (così, C.d.S., Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6004 e, nello stesso senso, C.d.S., Sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1717; il principio "consolidato" è stato ribadito da C.d.S., Sez. III, ord. 20 marzo 2020, n. 2005, che ha rimesso alla Corte di giustizia alcune questioni interpretative derivanti dall'applicazione dell'istituto della sostituzione dell'ausiliaria introdotto dal d.lgs. n. 50 del 2016 che ha recepito la Direttiva 2014/24).

È dunque legittimo l'operato della stazione appaltante che ha disposto l'esclusione dalla gara del concorrente senza attivare l'istituto della sostituzione dell'impresa ausiliaria. Così disponendo ha rispettato il quadro normativo applicabile ratione temporis ed in particolare la disciplina speciale di gara che escludeva la possibilità di sostituire l'impresa ausiliaria priva dei requisiti di partecipazione. Un diverso comportamento non poteva essere preteso, se non a pena di violare la legge di gara, il principio di certezza del diritto e di par condicio tra i partecipanti che, alla luce delle circostanze del caso e della normativa applicabile, erano sicuramente preminenti rispetto al principio del favor partecipationis.

6. Con i motivi aggiunti (giudizio rg. 12754/2019), inoltre, la ricorrente fa valere (h) la violazione del principio di retroattività in mitius ai sensi dell'art. 7 CEDU e degli artt. 49 e 52 della Carta di Nizza sull'assunto che il provvedimento di esclusione avrebbe natura penale (atteso l'importo consistente della cauzione che scaturisce dall'esclusione) per cui dovrebbe trovare applicazione la "più benevola disciplina contenuta nell'art. 89 del d.lgs. n. 50/2016" che impone la sostituzione dell'impresa priva dei requisiti di partecipazione, successivamente introdotta nell'ordinamento in luogo della precedente disciplina che la esclude.

h) Secondo il diritto europeo ha natura sostanzialmente penale la misura formalmente amministrativa laddove sussistano, anche in via alternativa, i c.d. criteri Engel rinvenienti nella sentenza della Corte Edu, 8 giugno 1976, n. 22 (l'apparenza delle disposizioni che definiscono l'illecito al settore del diritto penale; la natura dell'illecito; il grado di severità della sanzione che si rischia di subire). Più in particolare, un provvedimento amministrativo che si risolve nell'applicazione di una sanzione avente natura afflittiva oppure caratterizzata da un "grado di severità" particolarmente elevato potrebbe avere in concreto natura "penale" e quindi troverebbero applicazione le disposizioni della CEDU relative alla "materia penale" in quanto compatibili. L'orientamento è stato recepito dalla Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza 5 febbraio 2019, n. 63.

Occorre quindi verificare se il provvedimento di esclusione dalla gara, cui consegue l'escussione della cauzione nei confronti del concorrente non in regola con i requisiti di partecipazione, possa considerarsi, o meno, una sanzione amministrativa di natura penale.

L'art. 75 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede al comma 1 che l'"offerta è corredata da una garanzia, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell'offerente"; il successivo comma 6 stabilisce che la "garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo". Tale disciplina è stata inserita nella legge di gara ed è stata accettata dai partecipanti.

Secondo un orientamento consolidato, sotto il profilo della natura giuridica, "l'istituto della cauzione provvisoria debba ricondursi alla caparra confirmatoria, sia perché è finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta la più coerente con l'esigenza, rilevante contabilmente, di non vulnerare l'amministrazione costringendola a pretendere il maggior danno". Sotto il profilo funzionale, la cauzione provvisoria assolve una pluralità di funzioni: a) "funzione indennitaria" (in quanto rappresenta l'"anticipata liquidazione dei danni subiti dell'amministrazione"); b) "funzione di garanzia" (del mantenimento dell'offerta "in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la serietà dell'offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti alla gara fino al momento dell'aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all'esito della procedura, aggiudicataria"); c) funzione di responsabilizzazione dei partecipanti (in relazione "alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando") (C.d.S., Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34).

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale su riferito, il provvedimento di esclusione dalla gara che, nel caso di specie, comporta l'escussione di una cauzione pari ad Euro 1.350.000, non ha natura sostanzialmente "penale" alla luce dei c.d. criteri Engel. Più in particolare la cauzione costituisce una misura patrimoniale legittimamente inserita negli atti gara ed accettata dai concorrenti sulla base della autonomia negoziale delle parti, finalizzata a responsabilizzare i partecipanti al rispetto delle regole di gare e a garantire l'anticipata liquidazione dei danni subiti dall'amministrazione a causa del comportamento del concorrente che non rispetta tali regole (e che quindi dà luogo alla propria esclusione oppure non stipula il contratto) secondo il meccanismo da ricondursi alla caparra confirmatoria. Una simile misura quindi non ha carica afflittiva in quanto non è volta a punire l'autore per la condotta posta in essere e non ha scopo general-preventivo o special-preventivo (come avviene per le pene c.d. in senso stretto). Né l'importo rilevante in cui essa può, in ipotesi, consistere vale ad attribuirle natura "penale". L'importo non è stabilito ex post in funzione della tipologia o della gravità della condotta del concorrente, bensì è previsto ex ante in base al dato obiettivo del valore dell'appalto o dei lotti a cui si intende partecipare. L'importo è in funzione del valore della gara e varia al variare del valore di questa in quanto la cauzione è volta, come detto, a coprire i pregiudizi derivanti dalla condotta del partecipante ossia, nella specie, dalla "mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario".

In conclusione, nel provvedimento di esclusione da cui consegue l'escussione della cauzione provvisoria manca il presupposto (la natura sostanzialmente penale) per l'applicazione della disciplina prevista dagli art. 7 CEDU e dagli art. 49 e 52 della Carta di Nizza e quindi non si applica il principio di retroattività in mitius.

Atteso che alla fattispecie controversa non trova applicazione né la disciplina europea o nazionale sulla sostituzione dell'impresa ausiliaria, né trovano applicazione i principi affermati dalla Corte Edu sulla natura penale del provvedimento di esclusione, vengono meno le condizioni per sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 per contrasto con gli artt. 7 CEDU, 49 della Carta di Nizza, 117 e 3 Cost., contenuta nei motivi aggiunti.

7. Il Collegio esamina ora l'impugnativa avente ad oggetto l'escussione della cauzione.

Con i motivi aggiunti versati nel giudizio rg. 12754/2019 la ricorrente propone, in via subordinata, una quarta censura con la quale impugna il provvedimento di esclusione del 3 ottobre 2019 nella parte in cui prevede che si "procederà alla escussione della cauzione relativa, essendo il concorrente risultato aggiudicatario del menzionato lotto". La ricorrente si lamenta della condotta della stazione appaltante in quanto posta in violazione dei principi di buona fede, abuso del diritto, tutela del legittimo affidamento, nonché per assenza dei presupposti in virtù dei quali poteva escutersi la cauzione, per violazione delle disposizioni di legge che prevedono l'escussione della cauzione (artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006) dell'art. 2 del disciplinare di gara.

La censura è infondata.

In via preliminare, occorre ricordare che ai sensi dell'art. 11, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006, "L'offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell'invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine". L'amministrazione come detto si avvaleva di tale facoltà e differiva il termine di validità dell'offerta.

Inoltre, ai sensi del successivo art. 75, comma 5, la garanzia provvisoria "deve avere validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell'offerta. Il bando o l'invito possono richiedere una garanzia con termine di validità maggiore o minore, in relazione alla durata presumibile del procedimento, e possono altresì prescrivere che l'offerta sia corredata dall'impegno del garante a rinnovare la garanzia, per la durata indicata nel bando, nel caso in cui al momento della sua scadenza non sia ancora intervenuta l'aggiudicazione, su richiesta della stazione appaltante nel corso della procedura". La stazione appaltante si avvaleva anche di tale facoltà prevedendo nella legge di gara (art. 2 del disciplinare) lo svincolo della cauzione "alla data di avvenuta stipulazione del contratto" con l'aggiudicatario. Nel corso della procedura, Consip provvedeva a richiedere il differimento della validità dell'offerta fino al 30 ottobre 2019 e contestualmente richiedeva l'aggiornamento della validità della cauzione per il corrispondente periodo di validità dell'offerta.

Tanto premesso, era evidente che per gli episodi che erano occorsi durante la gara, non imputabili alla stazione appaltante in quanto dovuti all'esclusione del precedente aggiudicatario ed al conseguente contenzioso giudiziario da questi innescato, era indispensabile un differimento della gara a cui doveva accompagnarsi necessariamente quello della validità dell'offerta e della cauzione. Più in particolare, alla data del 24 giugno 2019, quando la stazione appaltante chiese l'estensione della validità dell'offerta e della cauzione, era in corso la verifica dei requisiti di partecipazione. Consip con nota del 12 luglio 2019 avviava il contraddittorio con le imprese interessate chiedendo di produrre "idonei documenti giustificativi delle risultanze emerse" a seguito dei controlli. La ricorrente in data 17 luglio 2019 forniva l'attestazione di regolarità contributiva e previdenziale. Consip provvedeva quindi in data 29 agosto 2019 a richiede all'Inps la verifica sulla posizione dell'impresa nel periodo tra il 13 marzo 2019 e il 5 aprile 2019. L'Inps riscontrava la richiesta in data 30 agosto 2019 e soltanto dopo la stazione appaltante decretava l'esclusione.

Non si ravvisa nella condotta della stazione appaltante che ha chiesto l'estensione della validità dell'offerta e della cauzione la violazione dei principi di buona fede, dell'abuso del diritto e del legittimo affidamento. La stazione appaltante ha agito in modo corretto chiedendo l'estensione della validità dell'offerta e della cauzione per il periodo di tempo necessario per la conclusione della procedura di gara nel rispetto della normativa di gara.

D'altronde non sono fondate neppure le altre violazioni denunciate. Si richiamano in proposito le considerazioni su esposte sul principio di continuità dei requisiti di partecipazione e sull'estensione soggettiva dell'obbligo di rilasciare la cauzione a garanzia posto in capo, non solo dell'aggiudicatario, ma altresì di tutti i partecipanti alla gara. Da quest'obbligo non era esclusa la ricorrente in quanto concorrente della procedura ad evidenza pubblica. Infine, la previsione della cauzione rispettava la disciplina contenuta nell'art. 75 del d.lgs. n. 163 del 2006 come si evince dal provvedimento impugnato in cui si specifica che l'escussione della cauzione avverrà nei confronti del "concorrente risultato aggiudicatario" sia dallo stesso contratto di "polizza fideiussoria per la cauzione provvisoria" del 24 marzo 2015 versato in giudizio.

Nel ricorso relativo al giudizio rg. 12992/2019 è stato gravato, inoltre, il provvedimento di escussione della cauzione del 18 ottobre 2019.

Tuttavia, in questo gravame non sono state sollevate nei confronti dell'atto impugnato specifiche censure. Ad ogni modo, attesa la stretta connessione tra l'esclusione dalla gara e l'escussione della cauzione, l'accertata legittimità dell'atto presupposto rappresentato dall'esclusione comporta l'infondatezza dell'impugnativa proposta nei confronti dell'atto presupponente costituito dall'escussione della cauzione.

8. In ultimo occorre esaminare l'impugnativa avente ad oggetto la segnalazione all'Anac.

Nell'ambito di entrambi i giudizi riuniti, oltre al provvedimento di esclusione, viene impugnata anche la segnalazione all'Anac dell'11 ottobre 2019, avente ad oggetto "Comunicazione ai sensi dell'art. 8, lett. r) e s), del d.P.R. n. 207/2010 ai fini dell'inserimento nel casellario informatico, delle esclusioni dalle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture per mancanza dei requisiti di cui all'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 e ss.mm. e delle altre notizie ritenute utili emerse in fase di gara".

L'impugnativa è inammissibile per carenza di interesse ad agire.

La segnalazione all'Anac costituisce un atto prodromico al procedimento amministrativo di iscrizione della notizia relativa all'esclusione dalla gara nel Casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l'Osservatorio. Il Casellario è gestito dall'Anac (come oggi prevede il comma 10 dell'art. 213 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) che ha altresì la competenza del procedimento di iscrizione che esercita sulla base di un apposto regolamento al ricorrere dei presupposti normativi (attualmente il procedimento è disciplinato dal Regolamento del 2 ottobre 2019). Tutte le stazioni appaltanti sono tenute alla segnalazione delle notizie di competenza al ricorrere dei presupposti e nei termini previsti dalla legge. Rispetto al procedimento ad evidenza pubblica dove emerge l'esclusione dalla gara, la segnalazione all'Anac si pone quale atto dovuto di natura endo-procedimentale. Rispetto al procedimento amministrativo di iscrizione di competenza dell'Anac, la segnalazione della stazione appaltante costituisce atto eso-procedimentale e pre-istruttorio. In considerazione della sua natura non provvedimentale, la segnalazione non è lesiva per la posizione dei ricorrenti.

9. Occorre, infine, esaminare l'intervento ad adiuvandum "a valere anche quale ricorso" spiegato dall'impresa ausiliaria nei riguardi della quale si è verificata l'irregolarità contributiva.

I motivi di ricorso che sostengono l'intervento sono stati già tutti scrutinati e ritenuti infondati in quanto coincidenti con quelli contenuti nei gravami principali. Di qui l'infondatezza dell'intervento "a valere quale ricorso".

10. In conclusione, i ricorsi riuniti e i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti; conseguentemente, va dichiarato improcedibile il ricorso incidentale e va rigettata la domanda risarcitoria e quella di inefficacia del contratto medio tempore stipulato attesa la legittimità degli provvedimenti impugnati.

Il Collegio, nel rispetto delle disposizioni sulla sinteticità degli atti processuali (artt. 3, comma 2, e 120, comma 10, c.p.a.) e dei principi della domanda (art. 34, comma 1, c.p.a. e art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.), ha esaminato tutte le questioni e le censure evocate nel gravame ritenendo che eventuali profili non scrutinati in modo espresso siano comunque da respingere alla luce della motivazione complessivamente resa oppure che non siano rilevanti per la soluzione della controversia (C.d.S., Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

La molteplicità e la complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione in via integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, così dispone:

- dichiara inammissibile la domanda di annullamento della segnalazione all'Anac indicata in epigrafe;

- rigetta i ricorsi, i motivi aggiunti e l'atto di intervento ad adiuvandum proposto quale ricorso;

- dichiara improcedibile il ricorso incidentale;

- dispone l'integrale compensazione delle spese di giudizio fra tutte le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.