Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 27 aprile 2020, n. 8190

Presidente: Petitti - Relatore: Bellini

FATTO E DIRITTO

Con ricorso ex art. 22 della l. n. 689/1981, depositato in data 29 giugno 2015, l'Avv. Luigi B. impugnava l'ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Pavia del 9 aprile 2015 avanti al Giudice di Pace di Vigevano, chiedendo - previa sospensione della medesima ordinanza-ingiunzione - accertare e dichiarare la nullità e/o illegittimità della medesima per i motivi indicati in premessa.

Si costituiva in giudizio il Prefetto di Pavia, chiedendo il rigetto del ricorso e producendo verbale di accertamento, ricorso e relative controdeduzioni, oltre a ordinanza-ingiunzione.

Con sentenza n. 429/2015, resa inter partes in data 17 novembre 2015 e depositata in cancelleria in data 24 novembre 2015, il Giudice di Pace di Vigevano rigettava il ricorso confermando l'ordinanza-ingiunzione e compensando le spese di lite.

Avverso la sentenza proponeva appello l'Avv. B.

L'atto di appello, notificato presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, è stato proposto nei confronti del Ministero dell'interno, il quale si è costituito eccependone l'inammissibilità per essere l'impugnazione stata promossa nei confronti di soggetto passivamente non legittimato, e comunque l'infondatezza.

Con sentenza n. 1528/2016, resa ex art. 281-sexies c.p.c., in data 8 novembre 2016, il Tribunale di Pavia dichiarava inammissibile l'appello proposto dal B. nei confronti del Ministero dell'interno e lo condannava alle spese di lite.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'avv. Luigi B. sulla base di un motivo. L'intimato Ministero dell'interno non ha svolto difese.

1. Con l'unico motivo, il ricorrente lamenta la «Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 della l. n. 260/1958, dell'art. 111, comma 2 Cost. e dell'art. 24, comma 1 Cost.», giacché il Tribunale ha erroneamente escluso la sanatoria prevista dall'art. 4 della l. n. 260/1958, ponendosi in contrasto con il costante orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte a Sezioni unite, secondo il quale la norma citata deve ritenersi applicabile anche quando l'errore di identificazione riguardi distinte e autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (Cass., Sez. un., n. 8516 del 2012). Invece, il Tribunale di Pavia ha ritenuto fondata l'eccezione di inammissibilità sollevata dal Ministero, affermando che, in materia di sanzioni amministrative, nel giudizio di opposizione è passivamente legittimata la sola autorità amministrativa che abbia emesso l'ordinanza-ingiunzione, che è anche l'unica legittimata all'impugnazione della sentenza conclusiva del giudizio.

1.1. Il motivo non è fondato.

1.2. Costitu[i]sce principio consolidato che, nel giudizio di opposizione all'ordinanza con cui viene irrogata una sanzione amministrativa, ai sensi dell'art. 23 della l. 24 novembre 1981, n. 689, legittimata passiva è l'autorità che ha emesso l'ordinanza, anche quando si tratti di organo periferico dell'amministrazione statale, il quale agisce in virtù di una specifica autonomia funzionale che comporta deroga a quanto stabilito dall'art. 11, primo comma, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (come sostituito dall'art. 1 della l. 25 marzo 1958, n. 260), in tema di rappresentanza in giudizio dello Stato, e alla speciale sanatoria prevista dall'art. 4 della citata l. n. 260 del 1958; tale legittimazione resta ferma anche nella successiva fase di impugnazione davanti alla Corte di cassazione, giacché nella disciplina dell'art. 23 cit. non si rinviene alcun elemento da cui possa desumersi che alla legittimazione in primo grado dell'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio subentri, nella fase di impugnazione, la legittimazione (secondo la regola ordinaria) del Ministro; con la conseguenza che il ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministro, anziché nei confronti dell'autorità che ha emesso l'ordinanza, è inammissibile (Cass. n. 15596 del 2006).

Ancora recentemente tali affermazioni sono state ribadite da questa Corte che ha affermato che nel giudizio di opposizione è passivamente legittimata la sola autorità amministrativa che abbia emesso l'ordinanza ingiunzione, la quale è pure l'unica attivamente legittimata all'impugnazione della sentenza conclusiva del giudizio (Cass. n. 21511 del 2008; Cass. n. 12742 del 2007).

1.3. Non vale dunque il richiamo a quanto affermato dalle Sezioni unite (Cass., Sez. un., n. 8516 del 2012), secondo cui l'art. 4 della l. 25 marzo 1958, n. 260 deve ritenersi applicabile anche quando l'errore d'identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (nella specie, Agenzia delle entrate e Ministero della giustizia); ma, nel contempo, in forza dell'ineludibile principio dell'effettività del contraddittorio, la sua operatività è circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilità di "stabilizzazione" nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio (conf. Cass. n. 5314 del 2018; Cass. 358 del 2015).

Pertanto, correttamente il Giudice d'appello ha ribadito che unico soggetto legittimato a resistere alle domande dell'opponente - in questo giudizio come in primo grado - non possa essere che l'autorità emittente; e che trattandosi di impugnazione promossa nei confronti di soggetto non legittimato, non sia possibile dichiarare la nullità della notifica (erroneamente eseguita presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato) e autorizzarne la rinnovazione presso il Prefetto (sentenza impugnata, pagina 3). Laddove il giudice medesimo ha esattamente ritenuto che la sanatoria operi solo per il primo grado, nel quale invero l'autorità resistente era stata correttamente individuata; a tale proposito citando la sentenza di questa Corte (Cass. n. 2144 del 2001) secondo cui, in tema di legittimazione attiva e passiva nei giudizi in cui siano parti amministrazioni dello Stato, pur essendo indubbia l'unicità del soggetto al quale si riferisce l'azione di dette amministrazioni, al suo interno si distinguono i vari settori e sfere di azione e le rispettive competenze, che danno luogo a distinti centri di interesse, con la conseguenza che la legittimazione a stare in giudizio spetta agli organi delle amministrazioni di volta in volta istituzionalmente preposte a svolgere la singola attività di cui si tratta, senza che assuma rilievo in contrario la circostanza che l'art. 4 della l. 25 marzo 1958, n. 260 abbia previsto, nella ipotesi di procedimenti promossi da privati nei confronti di amministrazioni statali, che l'erronea indicazione dell'organo competente a stare in giudizio, comporta una nullità relativa sanabile, peraltro tuttavia limitatamente al solo momento della instaurazione del giudizio.

1.4. Trattandosi di questione riguardante la legittimazione a stare in giudizio di una parte individuata erroneamente dalla controparte, non si ravvisano - con riferimento all'ambito ed alla latitudine della applicazione dei principi giurisprudenziali evocati - le denunciate v[i]olazioni del principio costituzionale del "giusto processo", ovvero di effettività della tutela giurisdizionale, ulteriormente rafforzati dal nuovo testo dell'art. 111 Cost. nonché dall'art. 24 Cost., che non appaiono nella specie ravvisabili, proprio in quanto l'errore circa la applicazione della regola processuale deriva direttamente dallo sviamento procedimentale conseguente alla condotta (negligente quanto alla scelta ed alla operatività dell'istituto) del soggetto che, poi, richiede la tutela rispetto alle conseguenze negative della scelta errata.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese in quanto l'intimato Ministero del'interno non ha svolto difese. Va emessa altresì la dichiarazione di cui all'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ex comma 1-bis dell'art. 13.