Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 13 maggio 2020, n. 3037

Presidente: Frattini - Estensore: Pescatore

FATTO E DIRITTO

1. È controverso il provvedimento Questore di Viterbo del 10 dicembre 2013, con il quale è stata respinta l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro avanzata da [omissis], cittadino turco, a cagione del mancato versamento dell'intero contributo di 100 euro previsto dall'art. 5, comma 2-ter, del d.lgs. n. 286/1998, corrisposto nel minore importo di 27,50 euro.

2. Nel respingere il ricorso di primo grado, il Tar Lazio, pronunciandosi con la sentenza qui appellata n. [omissis]/2019, ha evidenziato: a) il carattere pacifico del mancato integrale versamento del contributo, riscontrabile dal bollettino di pagamento depositato in allegato al ricorso del 28 maggio 2015, due giorni dopo la notifica del provvedimento di rigetto; b) l'assenza di elementi comprovanti la scusabilità della omissione, stanti i reiterati solleciti con i quali la Questura, nel corso del 2013, aveva invitato l'istante ad effettuare il pagamento depositando la documentazione di riscontro; c) l'ininfluenza del pagamento del bollettino effettuato, per l'intera somma richiesta, solo successivamente alla notifica del provvedimento di diniego, trattandosi di fatto sopravvenuto, irrilevante ai fini della valutazione di legittimità dell'atto gravato.

Il primo giudice ha aggiunto che anche applicando l'importo dei contributi come riparametrati dall'Amministrazione statale con il d.m. del 5 maggio 2017, in ottemperanza al principio stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2015, C-309/14, la somma originariamente versata dal ricorrente (nell'importo di 27,50 euro) risulterebbe inidonea a determinare il rilascio del titolo richiesto.

3. Nella presente sede di appello viene svolta la tesi secondo cui - in conseguenza della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2015, C-309/14 - la richiesta di pagamento del contributo nel periodo compreso tra il mese di gennaio 2013 (data di entrata in vigore del precedente regolamento) e il nuovo decreto del 2017, è del tutto indebita, non essendo sorretta da una normativa nazionale vigente e applicabile.

In ogni caso, si aggiunge, l'omesso pagamento è qualificabile come irregolarità amministrativa sanabile ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998.

4. Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio, istando per la reiezione del ricorso avversario.

L'istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. [omissis] del 30 agosto 2019.

La causa è stata posta in decisione all'udienza del 7 maggio 2020.

5. L'appello è fondato.

Con la pronuncia del 2 settembre 2015, C-309/14, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2011, ostativa ad una normativa nazionale che imponga ai cittadini di paesi terzi, che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato, di pagare un contributo di importo variabile tra euro 80 ed euro 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all'esercizio dei diritti conferiti da quest'ultima.

Più in dettaglio, la Corte di Lussemburgo ha in tale occasione ribadito quanto già affermato nella sentenza resa il 26 aprile 2012 in causa C-508/10, ossia: a) che obiettivo principale della predetta Direttiva è l'integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri; b) che, pur potendo gli Stati membri subordinare il rilascio di permessi e titoli di soggiorno alla riscossione di contributi, il livello cui questi ultimi sono fissati non deve avere, in osservanza del principio di proporzionalità, l'effetto di creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo; c) che la sproporzione discende dalla comparazione tra gli oneri richiesti per il rilascio della carta d'identità nazionale e quelli richiesti per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, là dove i secondi variano all'interno di una forbice il cui valore più basso è all'incirca sette volte superiore all'importo dovuto per ottenere la prima.

A seguito di questa sentenza il Tar Lazio, sede di Roma, sez. II-quater, con sentenza n. 6095/2016 ha annullato le parti del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 ottobre 2011, concernenti il "Contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno" (art. 1, comma 1; art. 2, commi 1 e 2, nella sola parte in cui si riferiscono al contributo di cui al precedente art. 1; art. 3).

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 26 ottobre 2016, n. 4487, ha confermato la pronuncia n. 6095 del 24 marzo 2016 del Tar Lazio, statuendo che, per effetto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14, deve essere disapplicata la disposizione del comma 2-ter dell'art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella misura in cui fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di euro 80,00 ad un massimo di euro 200,00, con conseguente illegittimità del decreto ministeriale del 6 ottobre 2011, nelle parti già annullate dal Tar.

6. Dunque, in un caso, come quello di specie, in cui la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato l'incompatibilità del diritto nazionale con i Trattati e la "legislazione eurounitaria", vige l'obbligo per il giudice statale di disapplicare o, meglio, non applicare il diritto interno (v. Corte di giustizia 19 aprile 2016, C-441/14).

7. Facendo applicazione dei principi enucleati dalla richiamata giurisprudenza, deve essere disapplicata la disposizione del comma 2-ter dell'art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella misura in cui essa fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di euro 80,00 ad un massimo di euro 200,00 (v. Tar Abruzzo, sez. I, n. 224/2017).

8. L'impugnato rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, fondato unicamente sulla mancata produzione della ricevuta di pagamento del contributo previsto dall'art. 5, comma 2-ter, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, è quindi illegittimo e deve essere annullato.

9. Nel descritto contesto, appare inoltre proporzionata e ragionevole l'applicazione dell'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, in quanto destinata a colmare una lacuna procedimentale riconducibile ad un mutato quadro normativo non imputabile alla parte, tanto più che l'integrazione di versamento risulta del tutto in linea con i nuovi parametri fissati dal d.m. 5 maggio 2017.

10. Tenuto conto della natura e peculiarità delle questioni trattate, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l'atto con esso gravato.

Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 9, par. 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.