Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 26 maggio 2020, n. 3345

Presidente: Severini - Estensore: Di Matteo

FATTO E DIRITTO

1. Gli odierni appellanti sono consiglieri regionali della Regione Molise appartenenti al gruppo consiliare di minoranza del Movimento 5 Stelle.

1.1. Con istanza 16 novembre 2018 l'intero gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle presentava richiesta di autorizzazione all'accesso dell'area "Contabilità e Patrimonio" del sistema Urbi Smart (Sistema informativo integrato per la Pubblica amministrazione), sistema informativo integrato per la protocollazione degli atti e la conservazione della documentazione amministrativa, in uso alla Regione Molise per la gestione di tutte le pratiche relative ai diversi settori dell'amministrazione.

Precisavano gli istanti di aver avuto libero accesso nella precedente consiliatura ed anche successivamente all'insediamento della nuova Giunta regionale dall'aprile 2018 fino all'autunno 2018, quando l'accesso era stato disabilitato solamente per l'area "Contabilità e patrimonio".

1.2. Il Presidente del Consiglio regionale riscontrava l'istanza, rappresentando la necessità di rivolgere la richiesta ai competenti uffici della Giunta regionale. Il capogruppo dei consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, pertanto, con istanza 12 febbraio 2019 rivolgeva la richiesta a nome di tutti i componenti del gruppo al Presidente della Giunta regionale del Molise, nonché al direttore del Servizio risorse finanziarie, bilancio e ragioneria generale.

Seguiva un primo diniego del 1° marzo 2019 del Presidente della Giunta della Regione Molise "per ovvi motivi legati alla sicurezza dei dati", nonché, in seguito ad istanza di riesame, il suo provvedimento 5 aprile 2019, prot. n. 43683/2019 con il quale il diniego era così motivato: "la concessione della richiesta abilitazione equivarrebbe ad un accesso indiscriminato e generale su non ben definiti atti d'ufficio, poiché deve sempre sussistere un legame diretto tra la richiesta di accesso stessa e lo specifico atto d'interesse".

2. Quattro dei sei indicati consiglieri regionali impugnavano al Tribunale amministrativo regionale per il Molise il provvedimento di diniego, domandando anche l'accertamento del loro diritto ad ottenere le credenziali di accesso al sistema Urbi Smart o, in subordine, altra modalità di accesso tale da consentire l'immediata verifica dei singoli capitoli del bilancio regionale e delle singole voci di spesa.

Si costituiva in giudizio la Regione Molise che concludeva per il rigetto del ricorso.

Il giudizio era concluso dalla sentenza sez. I, 3 settembre 2019, n. 285, di reiezione del ricorso e compensazione delle spese di lite.

2.1. La sentenza, qui appellata, riteneva giustificato il diniego di rilascio delle credenziali di accesso al sistema Urbi Smart poiché la progressiva digitalizzazione dell'attività degli uffici pubblici, per la quale l'accesso avviene attualmente mediante sistemi informatici, non determina elusione dei principi di fondo che conformano l'esercizio del diritto fissati dagli artt. 22 e ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241 e, segnatamente, ai fini che interessano, la regola per la quale presupposto dell'accesso è la presentazione di una richiesta specifica e puntuale, riferita a documenti preesistenti e già formati. Nel caso di specie, per la sentenza ricorre la violazione perché il rilascio delle credenziali di accesso all'area "Contabilità e patrimonio" consentirebbe ai consiglieri regionali di accedere alla generalità indiscriminata dei documenti relativi alla contabilità dell'ente e in mancanza di apposita istanza, così dando luogo ad un "monitoraggio assoluto e permanente sull'attività degli uffici" in violazione della ratio dell'istituto che è conoscitiva e di controllo di una determinata informazione o di uno specifico atto dell'ente, siccome ritenuti strumentali al mandato politico, e non essenzialmente esplorativa, e così eccedente dal perimetro delle prerogative attribuite ai consiglieri regionali.

3. Propongono appello i consiglieri regionali. Si è costituita la Regione Molise. Gli appellanti hanno depositato memoria.

Alla camera di consiglio del 7 maggio 2020 la causa è stata assunta in decisione.

4. Con unico articolato motivo di appello la sentenza è contestata per: "Error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma II Tuel, 2 comma 1 d.lgs. n. 82/2005 Codice dell'amministrazione digitale; violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 97 Cost., nonché della legge n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art. 103 del regolamento interno del consiglio regionale. Art. 19 comma IV statuto della Regione Molise".

Gli appellanti:

- ricordano che la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni ribadito che i consiglieri possono accedere a tutti gli atti, anche di tipo contabile, la cui conoscenza si riveli utile per l'espletamento del loro mandato elettorale, così assumendo una connotazione ulteriore e più ampia rispetto al diritto di accesso del singolo cittadino poiché ai consiglieri è consentito richiedere anche semplici informazioni, non contenute in documenti già formati od anche dalla natura riservata;

- ribadiscono le peculiarità del sistema informativo Urbi Smart utilizzato per la protocollazione degli atti e la conservazione in forma digitale di tutta la documentazione amministrativa, lo svolgimento delle fasi del procedimento amministrativo in modalità informatica, con conseguente rapida individuazione del funzionario che ha espletato la singola attività e reperimento delle informazioni sullo stato di avanzamento delle pratiche;

- contestano la sentenza perché in contrasto con il Codice dell'amministrazione digitale (segnatamente: l'art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, nella parte in cui impone «l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale») dalle cui disposizioni questa V Sezione (sentenza 8 giugno 2018, n. 3486) avrebbe già ricavato l'obbligo per le amministrazioni di consentire la fruibilità dei dati e delle informazioni in modalità digitale che sia adeguata (alla precipua finalità informativa) ed appropriata (alla tecnologia disponibile): tale non sarebbe, per l'appello, quella immaginata dalla sentenza, che si concretizzerebbe in un'ingente mole di istanze di visione ed estrazione di copie per il singolo atto;

- osservano che la richiesta delle credenziali è finalizzata al proficuo esercizio del mandato democratico di proposta, verifica e controllo dei componenti delle assemblee elettive, e non recherebbe paralisi all'attività amministrativa né sarebbe espressione di una strategia ostruzionistica.

5. Il motivo di appello è infondato.

5.1. Preliminarmente occorre precisare che solo in apparenza l'odierno giudizio è un giudizio sull'accesso a atti o documenti: è piuttosto un giudizio sull'accessibilità indistinta al sistema informativo integrato, gestionale e direzionale, dell'amministrazione regionale.

L'oggetto della contestazione in giudizio infatti è non un diniego all'accesso ad un singolo documento amministrativo (ovvero a più, determinati, provvedimenti amministrativi), come è nelle controversie in siffatta materia (art. 116 c.p.a.); ma è, in termini sostanziali, il diniego di un'innovazione organizzativa radicale, che prescinde da singoli atti o documenti, e che consiste nella disponibilità da parte del consigliere regionale delle credenziali di accesso alla documentazione digitale o digitalizzata di tutta l'attività amministrativa regionale: tale da metterlo in condizione di avere immediato ingresso, a discrezione e senza una ragione particolare, a qualsivoglia - anche se allo stato indeterminato e indeterminabile - passato, presente o futuro atto o documento amministrativo contemplato dal sistema in discorso.

In pratica, si domanda al giudice non di ordinare - rendendo inefficace ex art. 116 c.p.a. il diniego amministrativo - la disponibilità cognitiva di uno o più atti già esistenti, cioè di un determinato procedimento o comunque di un determinato affare o vicenda amministrativa; ma un nuovo atto organizzativo generale dell'amministrazione regionale, il cui effetto reale si esaurisce nell'attribuire, d'ora in avanti, al consigliere regionale la successiva possibilità di, una volta avute queste chiavi, acquisire incondizionatamente, anche per fini meramente esplorativi, un patrimonio conoscitivo che potenzialmente è pari alla latitudine dell'intera amministrazione regionale (inclusi, evidentemente, i rapporti con terzi, pubblici o privati che siano), dunque eguale al più diretto degli uffici dell'esecutivo regionale: e indipendentemente da ogni relazione effettiva con i ricordati poteri di sindacato propri, nella forma di governo regionale, del consigliere regionale.

Questa considerazione ne implica un'altra: qui non è in contesa la facoltà di accesso del consigliere regionale ad atti dell'amministrazione regionale - facoltà ampiamente evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa (sin da C.d.S., V, 17 settembre 2010, n. 6963; V, 5 settembre 2014, n. 4525) - ma l'ingresso senza più forma, riscontro e vaglio in una strumentazione digitale che continuativamente permetta l'accesso a tutti - nei sensi detti - gli atti dell'amministrazione regionale.

5.2. Anche a porre in disparte tale fondamentale questione circa l'oggetto del giudizio (che di suo lascia seriamente dubitare della praticabilità dell'azione in materia di accesso ex art. 116 cit.), va comunque ricordato che le regole legali dell'accesso espressamente o implicitamente commisurano una ragionevole proporzione e un equilibrio tra gli opposti e meritevoli interessi coinvolti dall'accesso a documenti amministrativi.

La definizione di tali regole corrisponde alla natura fondamentale di interessi che possono esservi antagonisti, come quello al rispetto della vita privata (cfr. Corte cost., 21 febbraio 2019, n. 20), all'ordine e alla sicurezza pubblica, al mantenimento del segreto d'ufficio (cfr. art. 326 c.p.), ai dati riservati commerciali o industriali di terzi (cfr. art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016), o comunque al rispetto dell'immanente principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) che eleva a principio costituzionale la congruenza, l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione amministrativa: ciò che, per la realtà delle cose, non è dato presumere sempre e comunque compatibile con l'indiscriminata accessibilità qui in questione.

È così ragionevole, adeguato e corrispondente al generale principio di proporzionalità che per ciascuna delle varie tipologie di accesso previste dall'ordinamento (da quella dell'interessato dall'azione amministrativa ex art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241 a quella del cives nel caso del diritto di accesso civico di cui al d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33) siano stabiliti presupposti e modalità specifiche, poiché diversi sono gli interessi di volta in volta in contrapposizione e diversa è la ragione dell'accesso.

Qui poi, quanto al soggetto, si invoca una fattispecie di accesso sui generis (distinta dall'accesso documentale ex artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990; dall'accesso civico concesso a «chiunque» circa «documenti, informazioni o dati» di cui non sia stata effettuata la pubblicazione ex art. 5, comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013; dall'accesso civico generalizzato in relazione a documenti non assoggettati all'obbligo di pubblicazione, ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013): l'accesso proprio del consigliere regionale, che non concretizza una prerogativa personale ma uno strumento per l'esercizio delle funzioni consiliari, di sindacato politico o legislative. Questa utilità definisce il limite intrinseco di questo particolare tipo di accesso.

5.3. Così, la disciplina dell'accesso dei consiglieri regionali agli atti dell'amministrazione regionale va in primis rapportata all'analoga regola generale dell'art. 43 (Diritti dei consiglieri) d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali): che si riferisce all'accesso dei consiglieri comunali e provinciali. Ma va soprattutto rapportata alla configurazione della forma di governo regionale prevista dalla Costituzione e a quanto, in sua attuazione è definito dagli statuti regionali (in ipotesi anche in parziale deroga, ex art. 122 Cost.: ma non è il caso della Regione Molise).

Il detto art. 43, comma 2, TUEL prevede: «I consiglieri comunale e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato».

L'art. 19 (I consiglieri regionali), comma 4, dello Statuto della Regione Molise prevede: «I consiglieri hanno diritto di ottenere sollecitamente dagli uffici della Regione e dagli enti, agenzie ed aziende istituiti dalla Regione, nonché dalle società partecipate, documenti, anche preparatori e interni ai procedimenti, notizie e informazioni utili all'espletamento del loro mandato, nei limiti consentiti dalla legge».

L'art. 103 (Richiesta di notizie e informazioni) del Regolamento interno del Consiglio regionale della Regione Molise stabilisce: «I Consiglieri possono richiedere agli Uffici della Regione e degli Enti dipendenti notizie ed informazioni utili all'espletamento del mandato. A tal fine, i funzionari della Regione o di Enti o Aziende da esse dipendenti, che abbiano anche di fatto la responsabilità di un servizio, su richiesta, anche verbale, di un Consigliere Regionale sono tenuti a fornire notizie o informazioni ai sensi e per gli effetti del comma precedente. Il Consigliere ha diritto di libero accesso agli Uffici e può prendere liberamente visione degli atti cui è interessato. A tal fine provvedono i coordinatori dei settori o i responsabili degli Uffici dei relativi servizi, debitamente delegati dal Presidente del Consiglio, dal Presi dente della Giunta o dagli Assessori. In esenzione di spese il Consigliere ha diritto di ottenere, con la massima sollecitudine, copia degli atti amministrativi ed anche di quelli intermedi e preparatori. Ogni copia deve contenere l'attestazione che la stessa viene rilasciata ad un Consigliere Regionale, indicandone il nome».

Dalle queste previsioni si ricava che: a) il fondamento del diritto di accesso del consigliere regionale ha ragione e limite nell'utile esercizio della funzione di componente dell'organo di cui è parte, sicché accede all'esplicazione, individuale o collegiale, delle funzioni proprie di quell'organo e non è un attribuzione personale del consigliere regionale; b) oggetto dell'accesso possono essere non solo provvedimenti o documenti amministrativi ma anche ogni «informazione» o «notizia» relativa all'organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche; c) l'accesso non è condizionato alla dimostrazione di un personale interesse (alla conoscenza dell'atto o all'acquisizione dell'informazione) o alla presentazione di una giustificazione (è in questi sensi che esso è «libero» e «liberamente» è consentita, al consigliere regionale, la visione degli atti).

5.4. In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio regionale.

Perciò il particolare diritto di accesso del consigliere regionale non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati (d'altra parte, lo stesso Statuto regionale, come visto, rimanda alla «legge» per l'individuazione dei limiti dell'accesso; cfr. C.d.S., V, 2 gennaio 2019, n. 12 che spiega: "Del resto, la finalizzazione dell'accesso ai documenti in relazione all'espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere").

Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare: a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi regionali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il Presidente e la Giunta), e non al Consiglio regionale, l'ordinamento attribuisce, nel quadro dell'assetto costituzionale dell'ente; b) non sia in contrasto con il rammentato principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.); c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).

5.5. Se è vero, come detto (punto 5.2), che i presupposti e le modalità di accesso corrispondono al bilanciamento di opposti interessi - il che ne concretizza il limite naturale - legittima è la decisione dell'amministrazione appellata di concedere l'accesso agli atti del settore "Contabilità e patrimonio" solo in relazione alla specifica informazione o allo specifico atto di interesse.

Testualmente, l'art. 121 Cost. attribuisce al Consiglio regionale la funzione legislativa («Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalla legge») e alla Giunta regionale la funzione di governo e amministrativa («La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni»).

È degli organi con funzione di amministrazione - ad ogni livello di governo individuato dall'art. 114 Cost. - la disponibilità delle informazioni e dei documenti amministrativi, specie comportanti impegni di spesa.

L'attività amministrativa della Giunta è soggetta al controllo politico, non amministrativo, del Consiglio regionale.

Questo tipo di accesso corrisponde insomma alla funzione del consigliere regionale nella forma di governo regionale definita dalla Costituzione, improntata a replicare l'immanente principio di separazione dei poteri tra legislativo ed esecutivo. Al Consiglio regionale compete la funzione legislativa e di controllo politico ma non quella di direzione dell'amministrazione regionale, propria invece della responsabilità istituzionale della Giunta regionale e del Presidente e - in quella forma di governo, essenzialmente presidenziale - in forme più accentuate che nel modello parlamentare nazionale. Tenuta e formazione della documentazione sono proiezione e patrimonio cognitivo della funzione esecutiva, non di quella legislativa o di controllo politico: equipararle, significherebbe confondere le rispettive funzioni.

Perciò consentire ai consiglieri regionali di accedere a discrezione, in maniera costante e immediata, all'intera massa degli atti e dei documenti amministrativi comporterebbe una seria alterazione, di fatto, della forma di governo perché inciderebbe sulla funzionalità dell'amministrazione e sull'inerente responsabilità. La Costituzione non ha stabilito per le regioni una forma di governo assembleare, come sarebbe se il patrimonio cognitivo venisse condiviso con i consiglieri regionali. Da una tale condivisione verrebbe alterato il sistema dei pesi e contrappesi insito nella separazione tra i poteri e, contro il disegno costituzionale, si perverrebbe di fatto a una quasi cogestione dell'attività amministrativa. E, in una forma di governo essenzialmente presidenziale, contro la coerenza del sistema si finirebbe addirittura per dare al singolo consigliere regionale un potere che non ha il singolo parlamentare nella forma di governo parlamentare nazionale.

Va anche considerato che l'elettività dei consiglieri regionali non fa di ciascuno di loro - squilibrando il sistema dei pesi e contrappesi della separazione costituzionale dei poteri - un organo autonomo, a competenza illimitata e a conoscenza illimitata: in disparte la considerazione, pur centrale, che la prescelta forma di governo essenzialmente presidenziale si basa sull'elettività del Presidente della Giunta regionale, «eletto a suffragio universale e diretto» (artt. 123, primo comma, e 122 Cost.).

5.6. Tanto è sufficiente a ritenere infondato il gravame. In conclusione, va dunque conformata la sentenza di primo grado che ha stimato eccedenti le prerogative dei consiglieri la modalità di accesso agli atti del settore "Contabilità e patrimonio" dagli istanti richiesta e, di converso, legittima la decisione dell'amministrazione di limitare l'accesso a documenti e informazioni specificatamente individuati del settore in esame.

6. La peculiarità della questione giustifica la compensazione delle spese del presente grado del giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Dubolino, F. Costa

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