Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione I
Sentenza 25 maggio 2020, n. 1966

Presidente: Veneziano - Estensore: Di Vita

Premesso che:

- parte ricorrente insorge avverso il provvedimento in epigrafe con cui il Presidente della Prima Municipalità, Chiaia - Posillipo - San Ferdinando, del Comune di Napoli ha proceduto alla revoca dell'incarico di assessore precedentemente conferito in data 23 marzo 2018 e contestuale nomina della controinteressata;

- affida il gravame ai seguenti profili di illegittimità: violazione degli artt. 3, 7, 8 della l. n. 241/1990, eccesso di potere, violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell'azione amministrativa;

- conclude con le richieste di accoglimento del ricorso, di conseguente annullamento del provvedimento impugnato e, altresì, di condanna dell'amministrazione al risarcimento dei danni rapportati alla perdita dell'indennità percepita e al danno all'immagine;

- costituitasi in giudizio, l'amministrazione si è opposta all'accoglimento del ricorso e ha controdedotto nel merito;

- non si è costituita la controinteressata, sebbene ritualmente evocata mediante notifica del ricorso effettuata con modalità tradizionali;

- all'odierna udienza camerale la causa è stata trattenuta per la decisione del merito, sussistendo i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 e 74 c.p.a., non occorrendo peraltro alcun avviso alle parti ai sensi dell'art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, secondo cui, riguardo alle udienze fissate per la trattazione tra il 15 aprile 2020 e il 31 luglio 2020, in deroga alle previsioni del c.p.a., "tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell'articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso".

Ritenuto che coglie nel segno il profilo di illegittimità che attiene al difetto di motivazione:

- è pacifico in giurisprudenza il principio in base al quale la legge non pone vincoli contenutistici all'esercizio del potere di revoca dell'incarico di assessore; spetta al vertice dell'organo giuntale il potere di effettuare le più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa da porre a base della decisione, che possono consistere nella prospettazione sia di esigenze di carattere generale, quali ad esempio rapporti con l'opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell'amministrazione locale sia di valutazione afferenti all'affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell'amministrazione e il singolo assessore (C.d.S., Sez. V, n. 209/2007; T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, n. 111/2014);

- nonostante il carattere ampiamente discrezionale che connota il provvedimento di revoca dell'incarico di assessore, in ogni caso l'amministrazione non può tuttavia omettere qualsivoglia riferimento alle ragioni logico-giuridiche del provvedimento di secondo grado, ostando alla diversa ermeneutica la natura del medesimo, siccome ascrivibile alla categoria degli atti amministrativi (e non degli atti politici), quindi soggetta all'obbligo di motivazione ex art. 3 della l. n. 241/1990;

- viceversa, nel caso in questione l'ente non ha assolto all'obbligo di legge in quanto il provvedimento non dà conto del percorso motivazionale della revoca, limitandosi a riportare una elencazione di articoli (35 e 52) del Regolamento delle Municipalità la cui concreta pertinenza nel caso di specie è stata contestata dalla difesa di parte ricorrente;

- a tale ultimo riguardo, posto che all'esito di una competizione elettorale, la istante è stata proclamata consigliere comunale di altro ente locale, si assume nel ricorso che l'atto di revoca non possa legittimamente fondarsi sulla causa di incompatibilità di cui all'art. 35 del Regolamento della Municipalità, richiamato nel provvedimento impugnato, secondo cui "La carica di assessore è incompatibile con quella di consigliere";

- a sostegno di tale argomentazione, si richiama infatti il parere n. 3376 del 22 ottobre 2008 della Prima Sezione consultiva del Consiglio di Stato secondo cui il quadro normativo di riferimento (art. 64 del d.lgs. n. 267/2000) non prevede espressamente l'incompatibilità tra consigliere comunale ed assessore esterno di altro Comune, limitandosi a sancire quella tra le due cariche nell'ambito della medesima giunta;

- tale deduzione non è stata confutata in giudizio dalla difesa dell'amministrazione che, anzi, ha fornito una diversa ragione della revoca, non emergente dall'esame del provvedimento impugnato, fondata sul venir meno del rapporto fiduciario per le ragioni riportate in una relazione a firma del Presidente della Municipalità allegata agli scritti difensivi;

- la nota in questione non può integrare il tessuto motivazionale dell'atto impugnato attesa la portata precettiva del divieto di integrazione postuma della motivazione mediante atti processuali o scritti difensivi (ex multis, T.A.R. Lazio, n. 1572/2020).

Ritenuto, in conclusione, che:

- per le ragioni illustrate va accolta la censura relativa al difetto di motivazione, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato;

- la portata caducatoria della pronuncia conduce alla reintegrazione della istante nell'incarico precedentemente ricoperto, quindi al bene della vita cui aspira; pertanto, la decisione si rivela integralmente satisfattiva dell'interesse dedotto in giudizio, con conseguente reiezione della domanda risarcitoria per danni patrimoniali discendenti dall'avversata azione amministrativa;

- quanto al danno all'immagine denunciato dalla ricorrente, esclusa la sua sussistenza in re ipsa (Cass. civ., Sez. III, n. 4005/2020), non è stata fornita adeguata prova e, peraltro, tale pregiudizio non può discendere dalla mera adozione dell'atto impugnato che, per la genericità evidenziata, si appalesa di fatto inidoneo a cagionare la deprecata diminuzione della considerazione da parte dei consociati;

- le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (C.d.S., Sez. IV, n. 3225/2017; n. 3229/2017; Cass. civ., Sez. V, n. 7663/2012); gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso;

- la regolazione delle spese processuali ed accessori segue la soccombenza e viene liquidata in dispositivo con distrazione al procuratore antistatario che ha avanzato apposita istanza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese processuali in favore di R. Angela che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge e al rimborso del contributo unificato, con distrazione al procuratore antistatario.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.