Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 22 giugno 2020, n. 3969

Presidente: Barra Caracciolo - Estensore: Prosperi

FATTO E DIRITTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo per l'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, il Comune di Loreto Aprutino, socio della società Vestina Gas a r.l. con una partecipazione pari al 23%, impugnava la decisione del Comune di Penne di alienare parte della propria partecipazione societaria, pari al 40%, e quella del Comune di Collecorvino di alienare l'intera partecipazione societaria, pari all'11%.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Penne eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla dismissione delle partecipazioni societarie degli enti locali nelle società a partecipazione pubblica.

Con la sentenza 22 luglio 2019, n. 196 il Tribunale amministrativo riteneva fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L'avviso di asta pubblica e le deliberazioni impugnate costituivano atti del procedimento di dismissione delle quote di partecipazione societaria adottati dai Comuni resistenti nella loro veste di soci di una società pubblica e dunque nell'esercizio di poteri privatistici e non pubblicistici: si trattava quindi di una situazione soggettiva consistente nel mantenere il diritto soggettivo perfetto derivante dall'esecuzione del contratto di società.

Quindi il giudice di primo grado dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario con la precisazione, ai sensi dell'art. 11, comma 2, del c.p.a., della conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda nel caso di riproposizione del giudizio dinanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

Con appello in Consiglio di Stato notificato l'11 ottobre 2019 il Comune di Loreto Aprutino impugnava la sentenza in questione e deduceva i seguenti mezzi:

1. Violazione degli artt. 2, 7, 8, 9, 73 c.p.a. in combinato disposto con l'art. 2909 c.c.; art. 111 Cost.; eccezione di giudicato. Il passaggio in giudicato di una statuizione espressa o implicita sulla giurisdizione costituisce un limite all'eccezione e al rilievo di ufficio del difetto di giurisdizione ed essendo stata accolto un'istanza di rinvio proposta dalla ricorrente, si doveva ritenere intervenuta tra le parti una pronuncia non appellata di rigetto dell'eccezione di giurisdizione e ciò in relazione ad istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a. sollevata dalla ricorrente.

2. Violazione degli artt. 2, 7, 8, 105, 119, comma 1, lett. c), c.p.a.; difetto di motivazione. L'art. 119, com[m]a 1, lett. a), c.p.a. disciplina il rito delle controversie afferenti la "costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali" con la conseguente attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle fattispecie ivi menzionate.

Il Comune di Loreto Aprutino svolgeva poi una critica sulla non adattabilità alla fattispecie dei precedenti giurisprudenziali di questa Sezione e concludeva per l'accoglimento del proprio appello con ogni effetto ai sensi dell'art. 105 del codice del processo amministrativo.

I Comuni di Penne e di Collecorvino si sono costituiti in giudizio, ribadendo l'inammissibilità dei motivi aggiunti proposti in primo grado e sostenendo l'infondatezza dell'appello.

Alla camera di consiglio del 18 giugno 2020 la causa è passata in decisione.

Si deve dapprima ritenere l'irrilevanza in questa sede dell'eccezione di tardività dei motivi aggiunti: il Collegio è infatti chiamato a pronunciarsi sulla sola questione della giurisdizione e tale eccezione concerne il merito della causa. Va comunque aggiunto che l'eccezione, proposta ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., è tardiva, perché il rito della giurisdizione - art. 87, comma 3, e 105, comma 2, c.p.a. - stabilisce il dimezzamento dei termini processuali e la costituzione dei Comuni resistenti è avvenuta il 14 novembre 2019, oltre i trenta giorni dalla notifica dell'appello.

Con il primo motivo il Comune appellante sosteneva che nel caso in esame la giurisdizione del g.a. non era più sindacabile, poiché in costanza dell'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle amministrazioni resistenti in vista della prima udienza pubblica del 13 luglio 2018, il giudice di prime cure aveva accolto l'istanza di rinvio proposta dalla ricorrente ritenendo sussistente "l'interesse alla trattazione congiunta delle impugnazioni avverso il provvedimento originario e nei confronti degli atti sopravvenuti". Una volta pronunciato tale primo accertamento, sussisteva di già il precedente logico dell'affermazione della propria giurisdizione che era ormai irretrattabile.

Il motivo è infondato, poiché la determinazione di rinviare la trattazione della causa ai fini della riunione con altri giudizi costituisce una mera determinazione all'interno dell'ordinario potere di fissazione delle cause o del loro rinvio e non assurge a pronuncia sui contenuti di un ricorso, nemmeno di natura cautelare o istruttoria, o tanto meno sull'ammissibilità o il merito di una domanda giudiziale.

Non vi è stata dunque alcuna espressione di potere giurisdizionale nel senso proprio del termine.

Con il secondo motivo l'appellante lamentava una serie di violazioni del codice del processo amministrativo ed in particolare dell'art. 119, comma 1, lett. c), laddove è previsto un rito speciale per le controversia sui provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali, controversi per le quali la giurisprudenza è univoca nell'attribuire al g.a. la potestas iudicandi circa gli atti che incidono sulla "struttura" di una società partecipata da enti locali, ipotesi questa da configurarsi nella fattispecie senza confondersi con la mera dismissione di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni socie.

Il motivo è fondato.

La pronuncia più recente di questa Sezione ha affermato che spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito: quindi appartengono alla giurisdizione ordinaria le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all'acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa, mentre appartengono al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché quella relativa all'affidamento della gestione del servizio (C.d.S., Sez. V, 12 dicembre 2018, n. 7030).

Va tenuto conto che oggetto principale del ricorso introduttivo erano le delibere dei consigli comunali di Penne e Collecorvino con cui le due amministrazioni comunali si erano determinate nel "procedere all'alienazione congiunta della complessiva quota del 51% mediante asta pubblica con il metodo dell'offerta segreta al rialzo rispetto al prezzo a base d'asta di euro 5.737.500,0 ai sensi dell'art. 73, comma 1, lett. c), e 76 r.d. n. 827/1924" e, segnatamente, per il 40% delle quote del Comune di Penne - che sarebbe rimasto socio con una partecipazione del 5% - e per l'11% delle quote del Comune di Collecorvino - relativamente alla Vestina Gas s.r.l., a composizione societaria allo stato in larga maggioranza pubblica - allo stato all'88%.

Non possono nutrirsi dubbi sul fatto che tale operazione implicasse una radicale modificazione della soggettività di una società pubblica e dall'altro che tali determinazioni implicavano sostanziali dismissioni in un'impresa pubblica, vista la cessione da parte del Comune di Collecorvino della totalità della propria quota, mentre la cessione da parte del Comune di Penne sfiorava il 90% della propria partecipazione.

Oltre alla lettera della legge di cui si è dato conto, non può disconoscersi che la sequela di provvedimenti impugnati hanno ad oggetto un'attività unilaterale del tutto prodromica alla vicenda societaria, di natura eminentemente pubblicistica, pari a quella di costituzione di una società pubblica.

Nel caso concreto l'oggetto della controversia era costituito dall'impugnativa di un avviso di gara e degli atti amministrativi prodromici nonché delle delibere di Consiglio e di Giunta comunale portanti l'individuazione di un nuovo socio a trattativa diretta mediante vendita delle partecipazioni di due amministrazioni socie: dunque atti amministrativi diretti e funzionali a modificare la compagine societaria e ad interferire "nella vita della stessa" e, quindi, a radicare la competenza del TAR.

La fattispecie della "alienazione delle partecipazioni" societarie deve essere letta attraverso l'intenzione dei Comuni "dismettenti" di individuare un socio privato di maggioranza al 51%, perché tale è l'entità delle quote azionarie che andrebbero cedute e detta fattispecie non può che essere intesa nei sensi indicati nell'atto di appello, ossia come manifestazione di volontà preordinata alla cura di uno specifico interesse pubblico diretto a produrre unilateralmente effetti giuridici nei rapporti con i destinatari, se non come misura di razionalizzazione di partecipazioni societarie attinenti profili di organizzazione generale delle stesse P.A., assimilabili agli atti di c.d. macro-organizzazione, oppure ancora quale un atto amministrativo di esercizio di una potestà normativa di indirizzo e di regolazione di funzioni.

La sentenza impugnata non ha colto come l'operazione posta in essere dalle amministrazioni socie fosse preordinata all'individuazione di un nuovo e diverso socio in sostituzione della precedente maggioranza e dunque alla trasformazione radicale di una società in netta maggioranza pubblica in una società con socio privato maggioritario, selezione per la quale l'ordinamento prevede una procedura ad evidenza pubblica.

Pertanto, in accoglimento dell'appello, la sentenza appellata va annullata con rinvio al medesimo Tribunale amministrativo regionale.

Quanto alle spese, in ordine alle stesse il Collegio ritiene che possano essere compensate, vista anche la rara giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla con rinvio la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.