Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
Sentenza 19 giugno 2020, n. 180

Presidente: Silvestri - Estensore: Busico

I ricorrenti hanno concorso alle elezioni del 22 aprile 2018 per il rinnovo del Presidente e del Consiglio della Regione Molise, rispettivamente con le liste "Popolari per l'Italia" e "Forza Italia", ed hanno assunto la carica di Consiglieri regionali, in virtù delle Delibere consiliari nn. 35 e 38 del 21 maggio 2018, nella qualità di supplenti, in conseguenza della intervenuta sospensione di Nicola Cavaliere e Vincenzo Niro, nominati assessori con Decreto del Presidente della Giunta n. 53/2018 e, pertanto, cessati dalle funzioni di Consigliere regionale in quanto incompatibili ai sensi dell'art. 15 della l.r. 20/2017, all'epoca vigente.

Con nota prot. n. 2701/2020 del 17 aprile 2020, il Presidente del Consiglio Regionale del Molise ha comunicato ai ricorrenti la cessazione della loro supplenza del loro mandato elettivo di Consiglieri regionali, estromettendoli dalla carica di consiglieri già a partire dalla seduta consiliare del giorno lunedì 20 aprile 2020, ai sensi del comma 4 dell'art. 15 della l.r. n. 20/2017, per l'intervenuta revoca di tutti i componenti della Giunta Regionale e, pertanto, anche degli Assessori sostituiti Cavaliere e Niro, disposta dal Presidente della Regione con Decreto n. 35 del 16 aprile 2020.

Con ricorso depositato il 20 aprile 2020 la parte ricorrente, invocando la tutela cautelare anche monocratica, ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo, in via generale, un unico articolato motivo: violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della l. 241/1990, difetto di motivazione e di istruttoria; difetto dei presupposti di fatto e di diritto; errore di fatto e di diritto; violazione dell'art. 21-nonies della l. 241/1990: difetto assoluto di attribuzione, nullità; incompetenza; violazione ed errata applicazione dell'art. 15 della l.r. 20/2017; violazione ed errata applicazione degli artt. 123 e ss. della Costituzione; violazione ed errata applicazione degli artt. 14, 34, 35, 36 statuto regionale legge regionale 18 aprile 2014, n. 10; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dell'atto e dal fine pubblico perseguito.

In estrema sintesi, le censure dedotte da parte ricorrente sono relative alla violazione del c.d. principio di prorogatio della carica assessorile, in assenza di una contestuale sostituzione nella carica e alla nullità e, comunque, all'illegittimità dell'atto impugnato perché avrebbe dovuto essere il Consiglio regionale, nella prima seduta, a disporre la revoca dei consiglieri supplenti e non il Presidente del Consiglio Regionale.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 21 aprile 2020, la parte ricorrente, impugnando gli ulteriori atti indicati in epigrafe, ha dedotto la violazione ed errata applicazione dell'art. 3 della l. 241/1990: difetto di motivazione e di istruttoria; difetto dei presupposti di fatto e di diritto; errore di fatto e di diritto; violazione dell'art. 21-nonies della l. 241/1990: difetto assoluto di attribuzione, nullità; incompetenza; violazione ed errata applicazione dell'art. 15 della l.r. 20/2017; violazione ed errata applicazione degli artt. 123 e ss. della Costituzione; violazione ed errata applicazione degli artt. 14, 34, 35, 36 Statuto regionale legge regionale 18 aprile 2014, n. 10; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dell'atto e dal fine pubblico perseguito, illegittimità derivata.

In estrema sintesi, ribadendo le tesi già esposte col ricorso introduttivo, i ricorrenti hanno inteso impugnare le delibere assunte dal Consiglio regionale nella seduta del 20 aprile 2020 di presa d'atto della revoca dalla carica di assessori di Cavaliere Nicola, Vincenzo Cotugno, Roberto Di Baggio e Vincenzo Niro, nonché della conseguente revoca della supplenza, svolta ai sensi dell'art. 15 della l.r. 20/2017, per l'esercizio delle funzioni di consigliere regionale dei ricorrenti, lamentando l'illegittima pretermissione disposta nei loro confronti dalla partecipazione all'assemblea.

Si sono costituite le Amministrazioni intimate per eccepire il difetto di giurisdizione, l'inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse a ricorrere, per omessa evocazione in giudizio di tutti i controinteressati nonché del Consiglio regionale, per carenza di specificità dei motivi e la sua infondatezza nel merito.

È intervenuto ad opponendum Donato Toma, quale Presidente della Giunta regionale, deducendo l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse e la sua infondatezza nel merito.

Si sono costituiti Nicola Cavaliere, Roberto Di Baggio e Vincenzo Niro, in qualità di controinteressati, per resistere al ricorso.

Respinta l'istanza cautelare monocratica, avvisate le parti della possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 60 c.p.a., giusta ordinanza collegiale n. 160 del 27 maggio 2020, all'udienza del 10 giugno 2020, la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Sul tema è pacifica la giurisprudenza che afferma che, in base al criterio cardine del petitum sostanziale, non sussistendo giurisdizione esclusiva del g.a. nell'ambito materiale qui in esame, spetta al giudice ordinario la cognizione delle controversie concernenti la decadenza, l'ineleggibilità e l'incompatibilità, in quanto si tratta di questioni inerenti l'elettorato passivo che, come tali, concernono la tutela di posizioni di diritto soggettivo perfetto.

Nel caso di specie, vertendosi in materia di decadenza dalla carica di consigliere dei ricorrenti che lamentano la loro illegittima pretermissione dall'Assemblea regionale, la situazione giuridica dedotta in giudizio ha la consistenza di diritto soggettivo, insuscettibile di affievolimento da parte di provvedimenti amministrativi.

Occorre infatti precisare che la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo non possa essere fondata sulla mera presenza di un provvedimento di una pubblica amministrazione, atteso che, in alcuni casi, «l'azione amministrativa intercetta» una «situazione del privato destinatario del provvedimento amministrativo» che «rimane, pur dinanzi alla pubblica amministrazione, di diritto soggettivo» (C.d.S., sez. V, 11 febbraio 2019, n. 990).

La parte ricorrente sostiene che l'oggetto del ricorso non sarebbe stato ricondotto alla situazione giuridica soggettiva del singolo assessore e/o del singolo consigliere, entrante e/o uscente, ovvero all'accertamento sulla sussistenza, in capo allo stesso, dei requisiti soggettivi prescritti per l'assunzione della predetta qualifica (il cui esame è demandato al G.O. in quanto pertinenti a diritti, soggettivi, di elettorato attivo e/o passivo), ma a profili oggettivi connessi, invece, direttamente, alla funzionalità dell'organo collegiale, ovvero all'applicazione del regime giudico della prorogatio alla giunta uscente in attesa che le nuove nomine assessorili si configurino in termini sufficienti a perfezionare l'insediamento e la funzionalità del nuovo organo, in assenza delle quali sarebbero da ritenersi, a tutti gli effetti di legge, prorogati i poteri dell'organo esecutivo e degli assessori uscenti.

La prospettazione non sposta la giurisdizione, dovendosi comunque pervenire alla sua declinatoria in ragione del criterio del petitum sostanziale.

Occorre infatti premettere che al fine di verificare la ricorrenza di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo «non rileva la prospettazione della situazione giuridica soggettiva fatta dalla parte che propone la domanda in giudizio, ma l'effettiva natura di siffatta situazione soggettiva ovvero la sua reale consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo, quale emerge dai fatti allegati che danno luogo al rapporto giuridico dedotto in giudizio; il criterio di riparto della giurisdizione è, per questo, comunemente individuato nel c.d. petitum sostanziale» (cfr., ex multis, C.d.S., sez. V, 11 febbraio 2019, n. 990, con ampi richiami giurisprudenziali).

Appare a questo punto opportuno richiamare il testo della norma di riferimento, ratione temporis applicabile (art. 15, comma 4, l.r. 20/2017, rubricato «Incompatibilità della carica di assessore con le funzioni di consigliere»): «1. La carica di assessore regionale è incompatibile con le funzioni di consigliere regionale. 2. La nomina di un consigliere regionale alla carica di assessore nella relativa Giunta determina, per la durata dell'incarico, la sospensione dalle funzioni di consigliere. 3. Il Consiglio regionale, nella prima adunanza successiva alla comunicazione del provvedimento di nomina, preso atto della intervenuta sospensione delle funzioni di consigliere, dispone la sostituzione del consigliere nominato assessore affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni al primo candidato non eletto secondo i criteri previsti dalla presente legge elettorale per la surrogazione. 4. Qualora il consigliere sostituito cessi dalla carica di assessore, il Consiglio regionale dispone la revoca della supplenza nella prima adunanza successiva alla relativa comunicazione».

Dall'esame della norma emerge che l'attività dell'amministrazione, qualora il consigliere sostituito cessi dalla carica di assessore, consiste in un mero accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, al quale è estraneo l'esercizio di poteri discrezionali. In disparte la questione, pur discussa dalle parti, della natura dell'atto che «dispone» la revoca della supplenza (se di natura costitutiva o di mera presa d'atto di effetti automatici già prodottisi ex lege), la disposizione in esame va intesa secondo il senso reso palese dell'espressione letterale utilizzata e, dunque, come «comando», per il consueto uso legislativo del verbo al modo indicativo e tempo presente. Cosicché trova ulteriore conferma la circostanza che la posizione incisa va configurata come diritto soggettivo.

Più in generale infatti, in caso di cariche elettive, come nel caso di specie, l'attività espletabile dall'Amministrazione è vincolata al mero riscontro delle eventuali condizioni di ineleggibilità o incandidabilità o decadenza fissate dalla legge, senza che residui alcuno spazio di valutazione discrezionale suscettibile di affievolire o comprimere quel diritto; di conseguenza, in base al criterio cardine del petitum sostanziale, spetta al giudice ordinario la cognizione delle controversie concernenti la decadenza, l'ineleggibilità e l'incompatibilità, in quanto si tratta di questioni inerenti l'elettorato passivo che, come tali, concernono la tutela di posizioni di diritto soggettivo perfetto.

Per queste ragioni, l'azione proposta nella odierna sede giurisdizionale deve dichiararsi inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che va declinata in favore del giudice ordinario, presso il quale i ricorrenti potranno riassumere il giudizio, ex art. 11 del c.p.a.

La complessità della materia induce a ritenere sussistenti i motivi per disporre la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara il difetto di giurisdizione in favore del g.o. con conseguente tra[n]slatio iudicii, secondo le disposizioni di cui all'art. 11 c.p.a.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.