Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 6 luglio 2020, n. 4335

Presidente: Poli - Estensore: Conforti

FATTO E DIRITTO

1. La presente vicenda contenziosa concerne l'attuazione della sentenza n. 823 del 17 agosto 2017, pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna, nel contenzioso intercorso fra l'odierno appellante e la intimata Agenzia delle dogane.

1.1. L'appellante ha premesso di essere un dirigente di seconda fascia dell'Agenzia e di essere stato sottoposto a valutazione da parte del suo datore di lavoro, culminata in un giudizio negativo sull'attività da lui svolta durante l'anno 2012.

Tale valutazione negativa (di cui alla determinazione in data 3 luglio 2014) è stata prontamente impugnato dall'interessato, innanzi al competente giudice del lavoro.

Nel relativo processo, l'interessato ha domandato "l'annullamento della valutazione negativa dell'attività dirigenziale prestata nel 2012, con contestuale dichiarazione del diritto ad una valutazione positiva".

1.2. Il Tribunale di Bologna ha "dichiarato illegittima la valutazione negativa" espressa nei confronti dell'interessato, ravvisando tutta una serie di violazioni di norme procedurali e, al contempo, ha statuito che "non può per altro essere espressa da questo giudice alcun riferimento alla valutazione da dare all'attività del ricorrente (che nel ricorso ha richiesto la valutazione positiva) ma solo evidenziare il mancato rispetto della procedura di valutazione".

1.3. La Corte d'Appello, pronunciando sull'appello dell'Agenzia delle Dogane e sull'impugnazione incidentale dell'interessato - con sentenza irrevocabile n. 827 del 17 agosto 2017 - ha sostanzialmente confermato la sentenza del Tribunale, dichiarando la nullità del provvedimento, in luogo della più generica illegittimità, statuita in primo grado, e confermando, nuovamente, la statuizione con la quale il primo giudice aveva respinto la condanna dell'Amministrazione a emanare una valutazione positiva per l'anno 2012.

2. In data 6 novembre 2017, il direttore dell'Agenzia delle dogane ha dunque riavviato la procedura di valutazione per l'anno 2012 e, conseguentemente, l'interessato è stato sottoposto ad una nuova valutazione, in applicazione delle nuove norme entrate in vigore nelle more del giudizio.

2.1. Questa nuova procedura valutativa è stata definita dalla determinazione del 27 febbraio 2018, recante un nuovo giudizio di insufficiente rendimento.

3. Il signor [omissis] ha, perciò, instaurato giudizio di ottemperanza davanti al T.a.r. per l'Emilia Romagna chiedendo, nella sostanza, di essere valutato positivamente in relazione all'anno 2012.

3.1. Segnatamente, con il ricorso di primo grado, l'[omissis] lamenta che "Attraverso la procedura rinnovata ora per allora l'Agenzia ha replicato con la scheda di valutazione di I istanza notificata al dott. [omissis] in data 6 dicembre 2017, la medesima valutazione, non solo in termini di punteggio, dichiarata nulla dalla Corte d'Appello di Bologna".

Per il ricorrente, la valutazione nuovamente emesse è incorsa nelle medesime violazioni già censurate innanzi al giudice del lavoro, sicché vi sarebbe stata una palese violazione di quel giudicato.

Nelle conclusioni del ricorso di primo grado, l'interessato ha domandato al Tribunale amministrativo regionale:

"Ordinare all'Amministrazione resistente l'adozione di una valutazione positiva dell'attività dirigenziale del dott. [omissis] facendo riferimento alle precedenti valutazioni positive ottenute, eccettuata quella relativa al 2011 influenzata dall'indagine ispettiva.

Ordinare all'Amministrazione resistente la conseguente reintegrazione retributiva discendente dalla valutazione positiva per l'anno 2012 disposta in sede di giudizio di ottemperanza.

In caso di persistente inadempimento, e, comunque, ove occorra, nominare un commissario ad acta, che provveda ai medesimi adempimenti in via sostitutiva entro il termine che l'Ecc.mo TAR vorrà fissare".

3.2. Si è costituita in giudizio l'Amministrazione delle Dogane che ha resistito al ricorso, evidenziandone, in via pregiudiziale, l'inammissibilità.

4. Il Tribunale amministrativo regionale - con sentenza n. [omissis] -:

a) in accoglimento della suesposta eccezione, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, dopo aver assodato che il giudicato non aveva assicurato al ricorrente il bene della vita richiesto;

b) ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

5. L'interessato ha impugnato la sentenza di primo grado, con un unico articolato motivo di censura, nel quale ha lamentato che, malgrado le conclusioni formulate in primo grado, il Giudice dell'ottemperanza dispone di poteri così ampi che gli avrebbero consentito di accertare l'inadempimento del giudicato e di adottare, nel merito, la soluzione più consona alla vicenda contenziosa.

5.1. Con le conclusioni dell'atto di appello, l'interessato ha domandato a questo Consiglio di:

"- annullare la sentenza n. [omissis] del TAR Emilia Romagna, sez. II;

- pronunciarsi sul ricorso per l'ottemperanza della sentenza della Corte d'Appello di Bologna n. 823/2017;

- dichiarare nulla la "nuova" valutazione per l'anno 2012 in quanto emessa in violazione ed elusione del giudicato;

- in accoglimento del ricorso avanzato in primo grado, di assumere i provvedimenti più utili ad assicurare l'ottemperanza del giudicato, valutando anche le misure proposte nel primo grado di giudizio".

6. Si è costituita l'intimata Amministrazione concludendo per il rigetto del gravame.

7. La causa è stata trattenuta in decisione.

8. L'appello è manifestamente infondato.

9. In limine il collegio rileva l'inammissibile parziale del gravame in quanto:

a) l'art. 104, comma 1, c.p.a. prescrive, al suo primo periodo, che "Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio";

b) come messo in rilievo in precedenza, l'appello proposto contiene, tuttavia, delle richieste parzialmente differenti da quelle formulate in prime cure.

10. Scendendo all'esame del merito dell'appello il Collegio rileva quanto segue.

10.1. Il giudice del lavoro, in primo e in secondo grado, non ha mai riconosciuto all'interessato il bene della vita domandato in questo giudizio di ottemperanza, ossia non ha mai riconosciuto che egli avesse diritto ad una valutazione positiva, per l'attività dirigenziale svolta nell'anno 2012.

L'unico bene della vita assicurato dal giudicato di cui si discorre è, infatti, la nullità della prima valutazione negativa, con obbligo dell'Agenzia di rinnovare la procedura valutativa applicando le nuove regole legali, in coerenza col giudicato.

A fronte di un'espressa domanda formulata per conseguire in sede giudiziaria la valutazione positiva per l'anno 2012, il giudice del lavoro ha espressamente rigettato la richiesta, evidenziando che una simile valutazione era rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione.

A fronte di un petitum come quello articolato nelle conclusioni del ricorso di ottemperanza di primo grado, volto al conseguimento di una specifica e ben individuata utilità - l'emanazione di un giudizio positivo, per l'attività lavorativa svolta nell'anno 2012 - la quale però esulava dal contenuto dal giudicato formatosi innanzi al giudice del lavoro, il Tribunale amministrativo regionale ha correttamente respinto la domanda, non potendo certamente accordare al ricorrente un bene delle vita non riconosciuto nel giudizio di prime cure.

10.2. Non meritano accoglimento, del resto, quelle doglianze che evidenziano la particolare ampiezza dei poteri cognitori e decisori, dei quali dispone il Giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza.

Pur essendo vera l'affermazione da cui muove l'appellante, sono tuttavia errate le conclusioni che se ne traggono.

Va evidenziato, infatti, che il processo amministrativo, in ogni sua manifestazione e, dunque, anche per il processo di ottemperanza, è retto dal principio della domanda e da quel suo corollario costituito dalla regola della necessaria corrispondenza fra chiesto e pronunciato.

L'ampiezza dei poteri, cui fa riferimento l'appellante, pur essendo effettivamente connaturata al giudizio di ottemperanza, deve comunque muoversi nell'ambito dei principi e delle regole che disciplinano il processo, e, tra queste, vi è quella fondamentale della domanda, posta a presidio, peraltro, della stessa imparzialità del Giudice.

Questo principio basilare della funzione giurisdizionale verrebbe violato, infatti, laddove si consentisse al Giudice di attribuire utilità non domandate o diverse da quelle domandate, "correggendo" o alterando, se del caso, il petitum concretamente formulato dalle parti.

Questa conclusione risulta ancor più vera quando al giudice amministrativo è richiesta la esecuzione di un giudicato del giudice civile: in tale caso infatti, la consolidata giurisprudenza nega la possibilità di integrare in via esegetica tali giudicati.

Secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza:

a) le pronunce integrative del giudicato possono essere emesse dal giudice amministrativo adito in sede di ottemperanza solo ove si tratti di dare esecuzione a sentenze del giudice amministrativo e non anche quando la controversia riguardi sentenze di giudici appartenenti ad altre giurisdizioni;

b) i momenti di cognizione ammessi, pertanto, possono essere solo quelli strettamente consequenziali o connessi al giudicato, non essendo concepibili momenti di cognizione autonomi, in relazione a sopravvenienze o spazi lasciati bianchi dal giudicato, perché diversamente ragionando si altererebbero le regole sul riparto di giurisdizione e l'ottemperanza diventerebbe la sede per attribuire al giudice amministrativo spazi di cognizione riservati ad altre giurisdizioni;

c) il potere interpretativo del giudicato, che è consustanziale al giudizio di ottemperanza in quanto giudizio d'esecuzione e quindi può incidere anche su diritti soggettivi, quando concerne pronunce di un ordine giudiziario diverso dal giudice dell'ottemperanza, si deve però esercitare solo sugli elementi interni del giudicato stesso e non su questioni, domande o vicende esterne al giudicato, la cui valutazione spetta alla cognizione del giudice munito di giurisdizione; in sede interpretativa, quindi, la potestas iudicandi del giudice amministrativo è limitata alla sola interpretazione del contenuto del giudicato con esclusione di un sindacato integrativo basato su elementi esterni e sopravvenuti (cfr. ex plurimis C.d.S., sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4977. Si vedano, inoltre, C.d.S., sez. V, 11 febbraio 2014, n. 657; sez. III, 14 gennaio 2014, n. 106; ad. plen., 15 gennaio 2013, n. 2; sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2757; sez. VI, 18 ottobre 2010, n. 7563; Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2016, n. 25625; sez. un., 1° agosto 2012, n. 13798; sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28812; sez. un., 19 dicembre 2011, n. 27277; sez. un., 2 dicembre 2009, n. 25344).

Il Collegio ritiene dunque di non poter accogliere la prospettazione di parte appellante.

10.3. Il motivo di gravame va respinto.

11. In conclusione, l'appello è infondato, e, per l'effetto, va confermata la sentenza gravata.

12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del giudizio di appello in favore dell'Agenzia dei Monopoli e delle Dogane, che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori (I.V.A., C.P.A. e spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.

M. Bencini e al. (curr.)

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