Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 9 luglio 2020, n. 4405

Presidente ed Estensore: Anastasi

FATTO E DIRITTO

La società oggi appellante ha ottenuto nel gennaio del 2011 l'autorizzazione unica regionale per la costruzione ed esercizio di un impianto di produzione energia elettrica da fonte solare in località Paticchi Vigna.

A seguito di controlli successivi, la Regione ha riscontrato l'inadeguatezza delle polizze fideiussorie presentate dalla società (a garanzia degli obblighi di ripristino ambientale alla dismissione dell'impianto) ed ha pertanto chiesto la presentazione di nuove garanzie conformi ai requisiti legali.

Non avendo la società provveduto all'incombente, con provvedimento del giugno 2014 la Regione dichiarò la decadenza dell'autorizzazione per mancata presentazione di regolare polizza fideiussoria.

A sostegno del provvedimento sanzionatorio la Regione osservava altresì che l'impianto fotovoltaico in controversia risultava condividere il punto di connessione con altro impianto adiacente e gestito da società appartenente allo stesso gruppo dell'appellante, con la conseguenza che - sommando la potenza degli impianti contermini - sarebbe stato necessario sottoporre l'iniziativa a V.I.A., invece non effettuata.

La società non ha impugnato il provvedimento di decadenza ma ha intentato un giudizio risarcitorio, lamentando il ritardo con il quale la Regione aveva concluso l'originario procedimento: la domanda è stata respinta dallo stesso TAR Lecce con la sentenza n. 575 del 2016 avverso la quale pende al Consiglio di Stato l'appello RG 5292/2016.

Nel prosieguo la società ha più volte richiesto alla Regione di annullare in autotutela il provvedimento di decadenza, ricevendo però risposte negative.

Da ultimo nel gennaio del 2019 la società ha nuovamente richiesto un provvedimento di autotutela, rilevando da un lato che il TAR Bari con sentenza n. 910 del 2018 aveva annullato un provvedimento di decadenza del tutto sovrapponibile a quello adottato nei suoi confronti, dall'altro che la Regione si era uniformata al nuovo orientamento del Tribunale pugliese e aveva dato esecuzione alla sentenza stessa senza impugnarla.

Avendo la Regione, anche in questo caso, riscontrato negativamente l'istanza, la società ha proposto un ricorso avanti al TAR Lecce lamentando l'inadempimento dell'Amministrazione all'obbligo di provvedere, sul presupposto del carattere meramente soprassessorio delle note di risposta ricevute.

Con la sentenza in epigrafe indicata l'adito Tribunale salentino ha però nella sostanza respinto il gravame, rilevando da un lato che la Regione aveva comunque provveduto sull'istanza e dall'altro che non sussiste obbligo di provvedere a fronte della richiesta di provvedimenti di autotutela.

La sentenza è stata impugnata dalla soccombente che ne ha chiesto l'integrale riforma, deducendo vari motivi di impugnazione e reiterando la richiesta di condanna dell'Amministrazione a provvedere.

Si è costituita in resistenza la Regione, la quale ha poi depositato memoria insistendo per il rigetto del gravame.

L'appellante ha depositato memoria di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

Si è costituito erroneamente nel giudizio l'Ufficio Territoriale del Governo di Torino, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Infine alla camera di consiglio del 18 giugno 2020 l'appello è stato trattenuto in decisione.

L'appello è infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della gravata sentenza.

In via preliminare va estromesso dal giudizio l'Ufficio Territoriale del Governo di Torino, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale risulta costituito solo per errore materiale nel deposito del relativo atto.

Ciò premesso, con il primo motivo l'appellante sostiene che nel caso all'esame l'Amministrazione era obbligata ad intervenire in autotutela, rimuovendo il provvedimento di decadenza e prorogando l'efficacia della originaria autorizzazione.

Tale obbligo nasceva infatti da ragioni generali di equità e trasparenza nonché, in particolare, dal favore che informa l'ordinamento nazionale e comunitario in tema di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Peraltro riscontrando negativamente le prime istanze presentate dalla società la Regione si era riservata di riaprire il procedimento in caso di emergenze giuridiche o fattuali rilevanti: di talché non si comprende come - una volta intervenuta la decisiva sentenza del TAR Bari n. 910 del 2018 sopra citata - la Regione stessa possa aver disatteso un auto vincolo liberamente assunto.

Il mezzo non è fondato.

Come è noto, il giudizio avverso il silenzio della P.A. (ora disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a. e in precedenza dall'art. 21-bis legge TAR) ha in primo luogo un contenuto necessario di accertamento circa l'obbligo dell'amministrazione di provvedere a fronte di una istanza.

Come è altresì noto, secondo un orientamento giurisprudenziale restrittivo tale obbligo è configurabile solo in presenza di espresse disposizioni, primarie o secondarie, che impongano la conclusione di un procedimento comunque attivato.

Secondo altro indirizzo, invece, l'obbligo di provvedere non deve necessariamente derivare da una disposizione puntuale e specifica, ma può in sintesi desumersi anche dai principi generali regolatori dell'azione amministrativa, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) di quest'ultima.

E tuttavia - pur a fronte di tali diversificate impostazioni - la giurisprudenza è assolutamente concorde e consolidata nel ritenere l'insussistenza di tale obbligo provvedimentale a fronte di istanze volte a sollecitare l'esercizio da parte della P.A. dei suoi poteri di autotutela e in particolare del potere di annullamento d'ufficio di un precedente provvedimento (art. 21-novies l. n. 241/1990).

In estrema sintesi, la inconfigurabilità di un obbligo della P.A. di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati, discende da un lato dalla natura officiosa e ampiamente discrezionale (soprattutto nell'an) del potere di autotutela; dall'altro dal fatto che rispetto all'esercizio di tale potere il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente.

In tal senso è stato chiarito dalla giurisprudenza che non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto; il potere di autotutela si esercita discrezionalmente d'ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell'Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere (ex multis V Sez. n. 7655 del 2019).

A quanto sopra è da aggiungere che, per consolidata giurisprudenza, non è consentito al privato di eludere il prescritto termine decadenziale introducendo le censure attraverso il meccanismo dell'impugnazione del diniego di provvedere su una istanza di autotutela riferita ad un atto inoppugnabile, aggirando così i prescritti termini in violazione del principio di certezza delle situazioni giuridiche.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame deve confermarsi che la Regione non aveva nella specie alcun obbligo di provvedere in ordine all'annullamento d'ufficio del precedente provvedimento sanzionatorio, né in base a ragioni di ordine generale né in base alle specificità della fattispecie controversa.

In tal senso sembra decisivo evidenziare che la società non ha nemmeno impugnato il provvedimento di decadenza, così divenuto inoppugnabile: di talché - come si è detto sopra - la richiesta di autotutela finiva per configurare un sostanziale aggiramento dei termini decadenziali di impugnazione.

Quanto all'autovincolo che la Regione avrebbe assunto trattasi con evidenza di una tesi difensiva non condivisibile: infatti, a giudizio del Collegio, la Regione con le note dell'aprile 2018 spedite a riscontro della prima richiesta di revisione si è limitata a riservarsi di provvedere in autotutela ove si fossero verificate sopravvenienze fattuali o giuridiche atte a fondare l'esercizio del potere.

Ma ovviamente la riserva di valutazione circa il esercizio del potere (del resto insita nell'ordinamento amministrativo secondo i principi e ora giusta l'espresso dettato dell'art. 21-novies) non comporta in alcun modo, ai fini che qui interessano, un qualsivoglia obbligo di provvedere effettivamente in autotutela e tanto meno la coercibilità dello stesso, come sopra illustrato.

Le considerazioni ora esposte sono sufficienti a determinare il rigetto dell'appello, con assorbimento dei motivi di impugnazione volti a dimostrare il carattere soprassessorio o meramente formale dei successivi dinieghi di provvedere comunque espressamente formulati dalla Regione.

È naturalmente da respingere, di conseguenza a quanto sopra detto, il motivo col quale l'appellante deduce la fondatezza sostanziale della sua domanda, trattandosi di profilo irrilevante una volta stabilita l'insussistenza dell'obbligo di attivare e concludere il procedimento di riesame.

Il giudice infatti nel rito del silenzio può pronunciare sulla fondatezza della pretesa solo una volta previamente accertato l'obbligo di provvedere (cfr. art. 31, commi 1 e 3, c.p.a.).

Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Renewable Energy Sources s.r.l. e il suo legale rappresentante in solido al pagamento in favore della Regione Puglia di euro 2000,00 (duemila/0) oltre spese generali IVA e CPA per le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.