Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione I
Sentenza 11 settembre 2020, n. 610

Presidente: Morbelli - Estensore: Felleti

FATTO

Con ricorso notificato nelle date del 30 dicembre 2016 e del 2 gennaio 2017 e depositato il 23 gennaio 2017, l'Autorità portuale di La Spezia (oggi Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Orientale) ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui la Regione Liguria le ha assegnato un termine di 60 giorni per avviare nell'area della ex fonderia Pertusola (nel comune di Lerici) gli interventi di messa in sicurezza delle acque di falda contaminate e per presentare i progetti di bonifica delle acque di falda, dei suoli e dei sedimenti dell'area marina antistante. Ha altresì impugnato il decreto direttoriale 4 giugno 2012 con il quale il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, all'esito di conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Pitelli (ricomprendente l'area ex Pertusola), aveva già richiesto all'Autorità portuale (oltre che a Navalmare s.r.l.) di intraprendere le citate azioni.

L'ente ricorrente ha dedotto un unico articolato motivo, così sinteticamente riassumibile:

- le misure di ripristino non potrebbero essere imposte all'amministrazione portuale, che non ha causato la contaminazione del sito, spettando la legittimazione passiva unicamente alla società Navalmare s.r.l. in qualità di responsabile dell'inquinamento delle aree terrestri e marine;

- in caso di inadempimento di quest'ultima, gli eventuali obblighi graverebbero sullo Stato proprietario e, quindi, sull'Agenzia del Demanio, ma non sull'ente costiero, cui compete unicamente la gestione delle aree demaniali marittime (con il relativo potere concessorio) ai sensi della l. n. 84/1994;

- la Regione Liguria avrebbe erroneamente ritenuto di non potersi discostare dal D.D. 4 giugno 2012;

- il suddetto D.D. 4 giugno 2012, ove munito di portata precettiva, sarebbe affetto dai medesimi vizi sopra indicati.

Si sono costituiti in giudizio sia il Ministero dell'Ambiente e l'Agenzia del Demanio, eccependo l'irricevibilità del ricorso avverso il decreto statale; sia la Regione Liguria e il Comune di Lerici, deducendo l'inammissibilità e l'improcedibilità dell'impugnazione dell'atto regionale, nonché chiedendo la reiezione del ricorso nel merito.

Si è altresì costituita la controinteressata Gruppo Antonini s.p.a. (che ha incorporato Baia Di Pertusola s.r.l., già Navalmare s.r.l.), sostenendo sia l'improcedibilità del ricorso, sia l'infondatezza dello stesso. In particolare, ha negato di essere responsabile dell'inquinamento, che sarebbe imputabile esclusivamente alla propria dante causa Mineraria e Metallurgica Pertusola s.p.a., dalla quale ha rilevato il compendio immobiliare con la relativa fonderia nel 1979.

Ha infine spiegato intervento ad adiuvandum la onlus Associazione Verdi Ambiente e Società, ribadendo la responsabilità di Navalmare s.r.l. nella contaminazione del sito e istando per l'accoglimento del gravame.

Le parti hanno ribadito le proprie argomentazioni con successive memorie, insistendo nelle rispettive conclusioni.

La causa è stata assunta in decisione in data 8 luglio 2020, ai sensi dell'art. 84, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in l. 24 aprile 2020, n. 27.

DIRITTO

1. Preliminarmente, in accoglimento dell'eccezione sollevata dal Ministero dell'Ambiente, deve essere dichiarata l'irricevibilità per tardività della domanda di annullamento del D.D. 4 giugno 2012.

Il Collegio non ritiene tuttavia necessario pronunciarsi sull'istanza di rimessione in termini formulata dalla parte ricorrente, in quanto, come si dirà subito infra, nel § 2, il decreto in questione non si configura come atto presupposto rispetto al provvedimento regionale gravato e, pertanto, non sussiste l'interesse dell'Autorità portuale alla relativa impugnativa.

2. Va invece respinta l'eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione e dal Comune in ragione della mancata tempestiva impugnazione del succitato decreto direttoriale e dell'asserito carattere interlocutorio della nota regionale.

Dopo l'adozione dell'atto ministeriale, con d.m. 11 gennaio 2013 l'area Pitelli è stata eliminata dall'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale ex art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 e, di conseguenza, la competenza per le operazioni di verifica e di eventuale bonifica è stata trasferita alla Regione, che è subentrata nella titolarità del relativo procedimento (doc. 2 ricorrente).

È quindi seguita una lunga istruttoria regionale, nell'ambito della quale si sono svolte varie conferenze di servizi e sono state adottate diverse delibere giuntali, tra cui: la D.G.R. 19 aprile 2013, n. 451, con cui la Regione Liguria ha convocato una prima conferenza, tra l'altro, per "procedere... alla valutazione dei regimi normativi applicabili, al fine di individuare le migliori azioni da intraprendere" (doc. 5 ricorrente); la D.G.R. 26 luglio 2013, n. 908, con cui l'ente ha classificato l'ex SIN di Pitelli quale sito di interesse regionale, ai sensi dell'art. 3 della l.r. n. 10/2009, affidando all'ARPAL le istruttorie tecniche connesse ai procedimenti per gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle aree; la D.G.R. 31 ottobre 2014, n. 1364, con la quale è stata stabilita la destinazione delle risorse economiche messe a disposizione dal Ministero per la bonifica dell'ex SIN di Pitelli, dando contestualmente atto che era in corso di definizione un'ipotesi di accordo di programma che prevedeva la compartecipazione alla spesa dell'Autorità portuale (doc. 24 controinteressata).

Pertanto, come puntualmente rilevato dall'Avvocatura dello Stato, l'originario decreto statale è stato superato dalla nuova istruttoria condotta dalla Regione e sfociata nell'emanazione dell'atto gravato (cfr. sul punto T.A.R. Liguria, sez. I, 23 ottobre 2019, n. 818, che ha dichiarato il sopravvenuto difetto di interesse dell'odierna controinteressata in relazione all'impugnazione di un decreto ministeriale del 2008, con cui le era già stato imposto l'obbligo di riparazione del sito inquinato, proprio in conseguenza del declassamento del sito Pitelli e del passaggio delle competenze amministrative in capo alla Regione Liguria).

Si osserva inoltre che la nota regionale impugnata, lungi dall'essere soltanto una comunicazione di avvio del procedimento, contiene un ordine di bonifica e ripristino ambientale, con conseguente immediata lesività per l'Autorità deducente.

3. Va infine respinta l'eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse avanzata dalla Regione e dalla società controinteressata, motivata in relazione alla mancata impugnazione dei successivi atti regionali concernenti il progetto di risanamento ambientale proposto da Gruppo Antonini s.p.a.

Occorre premettere che il sito contaminato ex Pertusola appartiene per una parte in proprietà privata alla controinteressata, mentre è dalla stessa detenuto in concessione per circa 70.972 mq., comprensivi di suoli, fabbricati, banchine e specchio acqueo (cfr. l'atto di concessione relativo a 38.348,75 mq. originariamente concessionati per lo svolgimento di attività cantieristica, doc. 25 controinteressata, nonché gli atti aventi ad oggetto ulteriori aree di 32.623,10 mq. successivamente assentite in concessione per la conduzione di un centro nautico, docc. 34 e 42 controinteressata).

Come risulta dalla documentazione versata in atti (docc. 26, 32 e 43 controinteressata) e come dedotto dalla stessa Gruppo Antonini s.p.a., il progetto di bonifica, approvato con decreto dirigenziale della Regione Liguria del 10 ottobre 2017 n. 4974 (doc. 33 controinteressata), riguarda solo i luoghi ove insistono i manufatti denominati bag house, condotta fumi e fabbricati elettrofiltri, vale a dire la parte del sito appartenente in proprietà privata alla società.

Il provvedimento regionale impositivo delle misure ripristinatorie concerne invece anche le aree demaniali marittime inquinate facenti parte del compendio detenuto in concessione da Gruppo Antonini s.p.a., nonché i sedimenti marini delle acque prospicenti la terraferma. Tant'è vero che il piano di caratterizzazione predisposto dalla controinteressata su richiesta della Regione, inizialmente avente ad oggetto i soli spazi privati interessati dal progetto di bonifica, è stato successivamente integrato per ricomprendere la c.d. area mare, in vista del risanamento dell'intero sito (cfr. il verbale della conferenza di servizi decisoria in data 8 maggio 2019, doc. 39 controinteressata, nel quale il dott. B., consulente di Gruppo Antonini s.p.a., ha acconsentito ad estendere le indagini di caratterizzazione alle aree demaniali della colmata a mare, ma ha contestualmente dichiarato che "il Gruppo Antonini non potrà farsi carico della bonifica dell'intero sito"; nonché il decreto dirigenziale della Regione Liguria in data 9 agosto 2019, n. 4769 di adozione delle determinazioni della conferenza, doc. 7 ricorrente depositato il 26 maggio 2020).

È pertanto evidente che persiste l'interesse dell'Autorità portuale all'annullamento del provvedimento impugnato, in quanto impositivo di un obbligo di risanamento ambientale dell'intera località ex Pertusola e, quindi, anche delle aree demaniali non oggetto degli interventi riparatori programmati da Gruppo Antonini s.p.a.

4. Nel merito il ricorso è fondato, nei seguenti termini.

Secondo la disciplina contenuta nel Titolo V del d.lgs. n. 152/2006, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale (e ritenuta legittima dalla Corte di Giustizia UE con sentenza 4 marzo 2015, causa C-534/13), l'obbligazione di bonifica e ripristino ambientale del sito contaminato grava unicamente sul responsabile dell'inquinamento, in virtù del principio di matrice eurounitaria "chi inquina paga" (cfr. artt. 239 ss. del d.lgs. n. 152 cit. e, in particolare, artt. 242 e 244).

L'amministrazione non può invece imporre l'esecuzione delle misure di messa in sicurezza e di bonifica al proprietario incolpevole, il quale ha unicamente l'obbligo di attuare eventuali misure di prevenzione, mentre ha la mera facoltà di porre in essere gli interventi riparatori (art. 245), salvo in ogni caso il diritto di rivalsa, per le spese e per il maggior danno, nei confronti del responsabile dell'inquinamento (art. 253, comma 4, secondo periodo). Pertanto, ai sensi dell'art. 250 del d.lgs. n. 152/2006, qualora non provvedano né l'autore della contaminazione (perché non individuabile o inadempiente), né il proprietario non responsabile o altri interessati, le azioni di risanamento devono essere realizzate d'ufficio dal comune o, in mancanza, dalla regione, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati individuati all'esito di apposite procedure ad evidenza pubblica (in argomento cfr., ex plurimis, C.d.S., sez. V, 6 agosto 2019, n. 5580; Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 2019, n. 1573; C.d.S., sez. IV, 18 dicembre 2018, n. 7121; C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2018, n. 5604; C.d.S., sez. VI, 5 ottobre 2016, n. 4099; C.d.S., sez. V, 30 luglio 2015, n. 3756; C.d.S., ad. plen., 25 settembre 2013, n. 21; T.A.R. Veneto, sez. III, 29 giugno 2020, n. 549).

In base all'art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, gli interventi effettuati d'ufficio dall'autorità competente costituiscono onere reale sui siti inquinati e le relative spese sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle medesime aree (onere reale e privilegio che trovano giustificazione nel vantaggio economico che il proprietario ricava dalla bonifica). Pertanto, la responsabilità del proprietario incolpevole ha natura meramente sussidiaria e carattere patrimoniale, nel senso che - nel caso di mancata individuazione dell'autore dell'inquinamento o di inottemperanza di quest'ultimo - egli è tenuto soltanto a garantire, nei limiti del valore di mercato del fondo, il rimborso dei costi sostenuti dall'amministrazione che abbia eseguito direttamente le operazioni di riparazione ambientale (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2018, n. 5604, cit.; C.d.S., ad. plen., 25 settembre 2013, n. 21, cit.).

In applicazione dei richiamati principi, ritiene il Collegio che l'atto impugnato abbia illegittimamente imposto all'Autorità ricorrente di procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito in assenza dell'imprescindibile presupposto della responsabilità nella causazione dell'inquinamento.

Rimane invece impregiudicata, in quanto non rilevante ai fini della presente impugnativa, la differente questione relativa all'individuazione del soggetto pubblico sul quale può rivalersi l'amministrazione che, nell'ipotesi di mancato intervento dell'autore dell'inquinamento in aree demaniali, abbia eseguito d'ufficio le opere di recupero ambientale, vale a dire se la responsabilità sussidiaria con i relativi oneri economici faccia capo allo Stato proprietario e, per esso, all'Agenzia del Demanio (come sostengono la ricorrente e l'interveniente ad adiuvandum), o gravi invece sull'Autorità portuale, nella sua qualità di ente gestore e titolare del potere concessorio (come affermano l'ente statale e la Regione resistenti).

5. In relazione a quanto precede, il ricorso va dichiarato irricevibile con riferimento all'impugnazione del D.D. 4 giugno 2012, mentre va accolto in relazione alla domanda di annullamento del provvedimento regionale gravato.

6. In ragione della natura della controversia, sussistono giustificati motivi per disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara irricevibile la domanda di annullamento del decreto direttoriale 4 giugno 2012 del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

- per il resto lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento regionale impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.