Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 5 ottobre 2020, n. 5864

Presidente: Greco - Estensore: Guarracino

FATTO E DIRITTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, notificato il 26 maggio 1999, i sigg. Viviella L. e Vittorio C., comproprietari e gestori dell'Hotel Pierina sito nel comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole, impugnavano la concessione edilizia in deroga n. 29 del 3 luglio 1998 rilasciata dall'Amministrazione comunale in favore della società SA.PA. di B. Giuseppe & C. S.a.s. per «opere di risanamento conservativo di tipo B e ristrutturazione urbanistica - 2° stralcio comparto 11 - di un immobile sito in viale Marconi, angolo via Dante - Via Guccerelli, ad uno Bar Pasticceria e Negozio», unitamente alla deliberazione del Consiglio comunale del 26 settembre 1997, n. 62, di approvazione del piano particolareggiato d'iniziativa privata relativo al comparto 11.

Esponevano i ricorrenti che l'area frontistante l'ingresso del loro albergo, composta da due mappali rispettivamente di proprietà pubblica e privata e compresi nel suddetto comparto 11, dall'inizio del 1999 era stata interessata da interventi edilizi che, facendo temer loro conseguenze disastrose per l'albergo in ragione delle modifiche alla viabilità e della perdita della preesistente libera visuale del medesimo, li avrebbero indotti a chiedere ed ottenere dal Comune, in data 22 maggio 2009, l'accesso agli atti; in quella sede sarebbe stata rilasciata loro copia della concessione edilizia susseguentemente impugnata, che, secondo quanto dedotto con cinque motivi di censura, sarebbe stata illegittima per violazione di plurime disposizioni di legge e delle N.T.A. del P.R.G., nonché per eccesso di potere.

Con sentenza n. 4880 del 20 maggio 2010 il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Il giudice di primo grado, sulla premessa che tutte le censure dedotte nel ricorso attenevano a scelte effettuate in sede di approvazione del piano particolareggiato, essendosi la concessione edilizia limitata a dare attuazione a quanto previsto dalla delibera n. 62/1997 e dalla convenzione allegata, ha ritenuto che l'impugnazione del piano, avvenuta contestualmente all'impugnativa della concessione edilizia, fosse tardiva, con conseguente inammissibilità dell'impugnativa della concessione edilizia siccome affetta soltanto da illegittimità derivata, e ha quindi concluso che il ricorso, per questi motivi, dovesse essere dichiarato interamente inammissibile.

In particolare, secondo il T.A.R. il termine d'impugnazione del piano particolareggiato sarebbe decorso dal giorno di scadenza del termine di pubblicazione della delibera di approvazione all'albo pretorio comunale (avvenuta dal 1° ottobre al 15 ottobre 1997) e, comunque, «almeno un ricorrente, C. Vittorio, era anche specificamente a conoscenza del piano particolareggiato in parola di cui ne aveva percepito la lesività, tanto è vero che proprio per "ovviare a tali disagi" aveva proposto al comune, in data 1° aprile 1998, l'acquisto di un frustolo di terreno ed il rifacimento di una recinzione nonché la permuta di una porzione di terreno in proprietà» (cfr. sentenza appellata, punto 4.2).

Avverso la decisione di primo grado hanno interposto appello i sigg. L. e C. per contestare la tardività e l'inammissibilità del ricorso di primo grado e chiedere che, in riforma della sentenza appellata, ne vengano accolti i motivi di censura, espressamente riproposti, e la connessa domanda di risarcimento del danno.

Il Comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole si è costituito in giudizio per resistere all'appello.

Con atto di intervento notificato il 14 novembre e depositato il 28 novembre 2011, la società SA.PA. ha rappresentato che l'atto di appello non le sarebbe mai stato notificato (il plico contenente l'appello sarebbe stato erroneamente spedito alla società stessa all'indirizzo eletto in giudizio e perciò rispedito al mittente, non avendo il portalettere reperito la società SA.PA. a quell'indirizzo; una successiva busta, questa volta correttamente indirizzata, sarebbe stata inviata quando il termine per l'appello era ormai spirato) ed eccepito, di conseguenza, la formazione del giudicato sulla sentenza con la connessa inammissibilità dell'appello.

A seguito del decesso dell'appellante sig. Vittorio C. il giudizio è stato proseguito, in proprio e quali suoi eredi, nonché in qualità di legali rappresentanti della Società Hotel Pierina S.n.c., dalla sig.ra Viviella L. (già appellante in proprio) e dal sig. Paolo C.

Nel corso del giudizio è variato il patrocinio della società SA.PA., a seguito della rinuncia all'incarico del suo precedente difensore.

In vista dell'udienza il Comune ha prodotto memoria di discussione e successive note di udienza, dal contenuto meramente ripetitivo, con richiesta di passaggio in decisione del ricorso senza discussione.

Alla pubblica udienza del 15 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

In via preliminare occorre scrutinare l'eccezione d'inammissibilità dell'appello sollevata dalla società SA.PA.

L'eccezione è infondata.

L'omessa tempestiva notifica dell'appello alla controinteressata (o, che è lo stesso, la nullità di detta notifica) non determina né la radicale inammissibilità dell'appello né tanto meno la formazione del giudicato nei confronti della controinteressata medesima, in quanto il contraddittorio deve intendersi legittimamente instaurato con la notifica ad almeno una delle parti interessate a contraddire, secondo la regola oggi esplicitata dall'art. 95, comma 2, c.p.a. ma enunciata già dalla giurisprudenza anteriore (cfr. C.d.S., ad. plen., 24 marzo 2004, n. 7, e giurisprudenza successiva).

Nel merito, gli appellanti censurano la statuizione di tardività del ricorso di primo grado con tre motivi di impugnazione.

Con un primo motivo sostengono che nei loro confronti, quali proprietari confinanti rispetto all'area interessata dalla pianificazione, il piano particolareggiato, in sé considerato, non avrebbe avuto alcuna lesività, avendola acquisita solo per effetto del rilascio del permesso di costruire, rispetto al quale, pertanto, è stato impugnato come atto presupposto; inoltre il T.A.R. avrebbe omesso di esplicitare per qual motivo le proposte di acquisto e permuta, formulate dal sig. Vittorio C. nell'aprile del 1998, avrebbero dimostrato che già allora questi avrebbe avuto consapevolezza della portata lesiva del piano particolareggiato.

Con un secondo motivo di appello richiamano gli indirizzi giurisprudenziali in materia di decorso del termine d'impugnazione dei titoli edilizi per dedurne che nel caso in esame, nel quale la concessione edilizia in deroga impugnata in primo grado avrebbe posseduto natura di atto complesso a formazione progressiva (costituito dal piano particolareggiato d'iniziativa privata e dalla successiva concessione in deroga), il termine d'impugnazione avrebbe iniziato a decorrere solo dal momento in cui poteva dirsi che le opere avessero raggiunto uno stadio e una consistenza tali da renderne chiara l'illegittimità e la lesività per le posizioni soggettive del confinante.

Con un terzo motivo argomentano nel senso che il piano particolareggiato dovesse essere notificato individualmente anche ai proprietari delle aree limitrofe, perché, incidendo sul regime di vicinato e sul diritto alle distanze e ai distacchi, avrebbe imposto su di esse un vincolo di natura ablatoria, ragion per cui, in difetto di quella notifica, il ricorso di primo grado doveva considerarsi tempestivo.

In ragione della loro stretta connessione, i tre motivi si prestano ad un esame congiunto e, nel merito, si rivelano infondati.

Nella sua proposta di acquisto, acquisita al protocollo comunale il 1° aprile 1998 al n. 3590 (doc. 2 della produzione di primo grado della società controinteressata, depositato il 6 luglio 1999), il sig. Vittorio C., all'epoca socio ed amministratore dell'Hotel Pierina di C. Vittorio & C. S.n.c., scriveva: «... facendo seguito alla mia raccomandata del 10.11.97, relativa alla nuova sistemazione riguardante il piano particolareggiato di iniziativa privata comparto 11, visto che le nuove opere procurerebbero gravi danni al complesso alberghiero HOTEL PIERINA, di mia proprietà, onde ovviare in parte a tali disagi sono a richiedere...».

Quale fosse il contenuto di quella raccomandata del 10 novembre 1997 lo si apprende dalla relazione dell'Ufficio Tecnico comunale di cui fu data lettura in Consiglio comunale nella seduta nella quale fu adottata la deliberazione del 30 giugno 1998, n. 58, di approvazione della predetta proposta di acquisto (doc. 4 prod. cit.: «la proprietà Hotel Pierina, del Sig. C. Vittorio, con raccomandata del 10.11.1997 ha evidenziato i gravi danni che la nuova sistemazione planimetrica del Comparto provoca al Complesso Alberghiero sopracitato per quanto riguarda il restringimento dell'accesso, non più praticabile con autocarri; e non più visibile dalla carreggiata stradale, oltre alla notevole riduzione del parcheggio interno»).

Le evidenze documentali, dunque, sorreggono quanto asserito dal T.A.R., per nulla immotivatamente, sulla pregressa conoscenza del piano particolareggiato e sulla percezione della sua lesività da parte del sig. C., né in questa sede è stato sostenuto che quella conoscenza e quella percezione non fossero riferibili alla società alberghiera ed agli altri suoi amministratori, così lasciando questo tema fuori dal presente giudizio.

La lesività ancora potenziale della nuova sistemazione urbanistica dell'area frontistante l'albergo, di cui la proprietà era da molti mesi a conoscenza, si è attualizzata con l'avvio dei lavori, pacificamente cominciati all'inizio del 1999 (pag. 2 ricorso di primo grado).

Alla luce di queste circostanze, nonché del fatto che nei confronti della concessione edilizia censurata in primo grado erano stati dedotti esclusivamente vizi di illegittimità derivata, può concludersi che la consapevolezza della prospettata lesività dell'opera e dell'asserita violazione dei limiti entro cui la deroga alle prescrizioni dello strumento urbanistico generale era consentita dall'art. 37 delle N.T.A. (condizionando, in ultima istanza, la possibilità di rilascio del titolo edilizio) coincide col momento in cui era stato dato inizio a quei lavori, nel gennaio 1999.

I ricorrenti non potevano limitarsi ad esercitare solo in un secondo momento il diritto di accesso alla documentazione, poiché, quando l'attività edilizia in atto appare immediatamente illegittima, il vicino ha l'obbligo di attivarsi prontamente con l'istituto dell'accesso agli atti (C.G.A.R.S. in s.g., 17 marzo 2020, n. 175, in fattispecie analoga alla presente).

In questo genere di casi, il tardivo esercizio del diritto di accesso è inidoneo a procrastinare il dies a quo di decorrenza del termine d'impugnativa, in quanto lesivo del principio di stabilità dei rapporti giuridici e dell'affidamento dei soggetti titolari dell'autorizzazione (C.d.S., sez. VI, 13 agosto 2020, n. 5034).

Per condiviso indirizzo anche di questa Sezione, infatti, «il principio di trasparenza sostanzia e rende effettiva la tutela del terzo attraverso il diritto alla piena conoscenza della documentazione amministrativa, ma tale diritto rimane uno strumento che il terzo ha l'onere di attivare non appena abbia contezza od anche il ragionevole sospetto che l'attività materiale pregiudizievole, che si compie sotto i suoi occhi, sia sorretta da un titolo amministrativo abilitante, non conosciuto o non conosciuto sufficientemente» (tra altre, C.d.S., sez. II, 23 marzo 2020, n. 2011; id., 18 novembre 2019, n. 7857; id., 11 novembre 2019, n. 7692; come pure si è affermato, «la tutela dell'amministrato non può ritenersi operante ogni oltre limite temporale ed in base ad elementi puramente esteriori e formali o atti d'iniziativa di parte (quali richieste d'accesso, istanze, segnalazioni) di modo che l'attività dell'amministrazione e le iniziative dei controinteressati siano soggette indefinitivamente o per tempi dilatati alla possibilità di impugnazione, anche quando l'interessato non si renda parte diligente nel far valere la pretesa entro i limiti temporali assicuratigli dalla legge»: tra molte, C.G.A.R.S. in s.g., 15 aprile 2016, n. 109; C.d.S., sez. V, 16 febbraio 2016, n. 777; sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3730).

Per le concrete circostanze del caso, in definitiva, l'avvio dei lavori, la cui realizzabilità è contestata in radice, corrispondeva alla percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo esecutivo di quel piano attuativo, già noto nelle sue linee essenziali, rendendo attuale e riconoscibile l'interesse ad agire contro di esso, cosicché la successiva conoscenza di ulteriori atti (già esistenti al momento dell'introduzione del giudizio, ma ignoti) ovvero la conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti avrebbe al più consentito la proposizione di motivi aggiunti.

Ne resta escluso, diversamente da quanto sostenuto nell'appello, che solo con la presentazione della istanza di accesso, inspiegabilmente effettuata oltre quattro mesi più tardi, i ricorrenti avessero potuto effettivamente percepire l'attualità della lesione.

Infine, per quanto concerne la pretesa necessità che il piano particolareggiato fosse individualmente notificato ai proprietari finitimi, il motivo di appello risulta formulato in termini generici ed apodittici, senza far riferimento ad alcuna specifica prescrizione, riguardo alle presunte ragioni della supposta valenza espropriativa, e non semplicemente conformativa, del regime della proprietà fondiaria tanto delle aree direttamente normate che di quelle confinanti.

Per queste ragioni l'appello dev'essere, in conclusione, respinto.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate in ragione della peculiarità della vicenda esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.