Corte di cassazione
Sezione V penale
Sentenza 14 luglio 2020, n. 25247

Presidente: De Gregorio - Estensore: Tudino

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 dicembre 2019, il Tribunale di Foggia ha convalidato l'arresto in flagranza di Antonio D.N. in ordine al reato di furto aggravato.

2. Avverso l'ordinanza, ha proposto ricorso l'indagato, per mezzo del difensore, Avv. Giacomo Lattanzio, affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge ex art. 606, lett. c), c.p.p., in riferimento allo stato di flagranza, insussistente alla stregua delle concrete circostanze dell'arresto, disposto all'esito della denuncia della persona offesa, successiva all'identificazione del D.N.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Alla disamina della censura va premesso come sul tema dell'arresto in quasi flagranza di reato si siano di recente soffermate le Sezioni unite di questa Corte che, pronunciandosi in relazione ad una fattispecie in cui l'arresto era stato eseguito alla stregua delle indicazioni della persona offesa in ordine alle generalità dell'autore del reato, hanno affermato che è illegittimo l'arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell'immediatezza del fatto poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di "quasi flagranza", la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato (Sez. un., n. 39131 del 24 novembre 2015, dep. 2016, Ventrice, Rv. 267591).

Tale linea interpretativa è stata successivamente seguita dalla giurisprudenza di questa Corte nei casi in cui all'identificazione dell'autore del reato si sia pervenuti alla stregua delle indicazioni della persona offesa ed all'esito di successive investigazioni.

3. A diversa soluzione ermeneutica deve, invece, pervenirsi quando l'arresto sia operato dalla polizia giudiziaria sulla base della immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato (Sez. 4, n. 1797 del 18 ottobre 2018, dep. 2019, PMT c/ Avorgna, Rv. 274909, n. 23162 del 2017, Rv. 270104-01, n. 53553 del 2017, Rv. 271683-01).

Invero, l'integrazione dell'ipotesi di c.d. "quasi flagranza" costituita dalla "sorpresa" dell'indiziato "con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima" non richiede - a differenza del caso dell'inseguimento - che la polizia giudiziaria abbia diretta cognizione della commissione del reato, essendo sufficiente l'immediata percezione delle tracce del medesimo e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato (Sez. 4, n. 53553 del 26 ottobre 2017, P.M. in proc. Kukiqi, Rv. 271683).

L'art. 382 c.p.p. prevede, infatti, due ipotesi distinte di quasi flagranza e solo la prima è stata interessata dalla citata pronuncia delle Sezioni unite "Ventrice", che non si è invece occupata della diversa fattispecie in cui il reo venga sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.

4. Sotto tale ultimo profilo, del resto, è principio consolidato in giurisprudenza che, ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del "reo" con cose o tracce del reato non richiede che la P.G. abbia diretta percezione dei fatti, né che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione, da parte della stessa, soltanto degli elementi idonei a far ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato "immediatamente prima", locuzione dal significato analogo a quella ("poco prima") utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa (cfr. da ultimo Sez. 2, n. 19948 del 4 aprile 2017, Rosca, Rv. 270317, in fattispecie in cui la Corte, in riforma dell'impugnata ordinanza, ha ritenuto che legittimamente i carabinieri avessero proceduto all'arresto, nella quasi flagranza del reato di furto aggravato, di un soggetto - peraltro reo confesso - sorpreso, durante un normale controllo al confine di Stato, alla guida di un'autovettura risultata rubata poche ore prima in una città vicina). Ciò che, dunque, rileva sotto il profilo temporale è che sia riscontrabile una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso, come è reso manifesto dal senso proprio dell'avverbio utilizzato, che contiene in sé l'idea del susseguirsi degli eventi senza alcun intervallo.

5. Nel caso in esame, risulta che l'indagato sia stato identificato dalla polizia giudiziaria a breve distanza dal locus commissi delicti, in possesso di beni di cui - mentre era ancora in corso l'identificazione - è stata denunciata la sottrazione e che sono stati immediatamente riconosciuti dalla persona offesa. Donde l'intervento degli operanti che, senza un apprezzabile intervallo temporale, hanno proceduto all'identificazione dell'autore del reato, in possesso di tracce inequivocabilmente riconducibili alla sua esecuzione, integra lo status di quasi flagranza che legittima l'arresto, a nulla rilevando che la notitia criminis sia pervenuta mentre le operazioni erano in atto.

L'intervento della persona offesa, peraltro, si colloca - nella fattispecie in disamina - nel solo segmento di constatazione oggettiva del reato, e non involge in alcun modo l'identificazione dell'autore, resa invece possibile dal diretto rilievo della polizia giudiziaria.

Deve, pertanto, rilevarsi come del tutto correttamente il giudicante abbia ritenuto sussistenti i presupposti dell'arresto, in presenza dell'ipotesi prevista nella seconda parte dell'art. 382 c.p.p., secondo cui "è in stato di flagranza chi viene sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima".

Ne consegue che, nel caso di specie, l'arresto è stato legittimamente eseguito.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Depositata il 7 settembre 2020.

R. Garofoli

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