Corte di cassazione
Sezione IV penale
Sentenza 23 luglio 2020, n. 26154

Presidente: Ciampi - Estensore: Ranaldi

RITENUTO IN FATTO

1. Il GUP del Tribunale di Trento, all'udienza preliminare del 4 ottobre 2019, ha emesso sentenza ex art. 444 c.p.p. nei confronti degli imputati indicati in epigrafe per i reati loro ascritti, fatto salvo il contestato reato associativo di cui all'art. 74 d.P.R. 309/1990, per il quale lo stesso giudice ha pronunciato sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Per quanto è dato evincere dalla prefata sentenza, in sede di udienza preliminare gli imputati hanno formulato istanza di applicazione pena, con il consenso del PM.

Per la fattispecie associativa il giudice ha prosciolto gli imputati con la formula "per non aver commesso il fatto", con la seguente motivazione: «posta la sussistenza dell'associazione, non emergono elementi da cui desumere la qualifica di promotore o associato nelle singole posizioni esaminate».

Per i reati-fine il GUP, non ritenendo sussistenti i presupposti per un proscioglimento, ha accolto le varie istanze di patteggiamento formulate dagli imputati, con il consenso del PM.

2. Avverso la detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trento e gli imputati A. Petrit, A. Arber e B. Afrim.

3. Il Procuratore generale territoriale impugna la sentenza nella parte in cui, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ha disposto il proscioglimento degli imputati dal reato associativo.

3.1. Con il primo motivo, denuncia mancanza di motivazione, lamentando che il ragionamento espresso dal giudicante a sostegno della decisione adottata si palesa soltanto fittizio e, conseguentemente, inesistente, stante l'assenza di qualsivoglia ricostruzione logico-giuridica dei fatti concernenti il delitto associativo.

3.2. Con il secondo motivo, denuncia contraddittorietà e illogicità della motivazione, atteso che, da un lato, il giudice afferma la sussistenza dell'associazione, e quindi dei soggetti che ricoprono i ruoli di promotore e associati della consorteria criminale; dall'altro lato, nega la sussistenza dei soggetti che, ricoprendo i ruoli di promotori o associati, compongono l'associazione stessa, negandone quindi l'esistenza. Il giudizio assolutorio, inoltre, risulta logicamente incompatibile con le ragioni poste a fondamento del rinvio a giudizio del coimputato S. Florenc per il delitto associativo.

4. Il difensore degli imputati A. Petrit, A. Arber e B. Afrim, con unico motivo, deduce la mancata osservanza della norma processuale che stabilisce l'obbligo di traduzione della sentenza in lingua comprensibile agli imputati.

5. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta ha chiesto l'accoglimento del ricorso del Procuratore generale di Trento e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dai suddetti imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore generale territoriale è fondato.

2. Va premesso che si tratta di ricorso avverso sentenza emessa - in relazione al capo di cui all'art. 74 cit. - ex art. 129 c.p.p. nell'ambito del procedimento speciale di cui all'art. 444 c.p.p.

Il ricorso per cassazione di un simile provvedimento deve ritenersi ammissibile, alla luce del recente orientamento che ha affermato l'inappellabilità del proscioglimento disposto in sede di patteggiamento, affermandone l'esclusiva impugnabilità in sede di legittimità, posto che il detto esito è strettamente correlato alla fisionomia tipica del rito, e deve ritenersi ricompreso negli "altri casi" di inappellabilità indicati dall'art. 448, comma secondo, c.p.p. (Sez. 6, n. 14580 del 2 febbraio 2017, P.G., P.M. in proc. Narduzzi, Rv. 26953501; Sez. 1, n. 37575 del 18 marzo 2014, P.M. in proc. Yordanov, Rv. 26080301). Inoltre, è stato condivisibilmente osservato che tale sentenza, anche dopo l'introduzione dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. ad opera della l. 23 giugno 2017, n. 103, è impugnabile con ricorso per cassazione per tutti i vizi previsti dall'art. 606 c.p.p., non essendo applicabili i limiti alla denuncia dei motivi previsti dalla norma citata soltanto per l'impugnazione della sentenza ex art. 444 c.p.p. (Sez. 3, n. 36221 del 6 giugno 2019, Muzzolini, Rv. 27761201).

3. Tanto premesso, si osserva che il ricorso della parte pubblica coglie nel segno, là dove evidenzia la palese carenza e contraddittorietà della motivazione stilata dal giudice di merito, il quale si è limitato, con poche righe ed in maniera apodittica, a rilevare l'inconsistenza delle prove a carico dei prevenuti in merito al rispettivo ruolo di promotore o partecipe dell'associazione criminosa in contestazione, senza alcuna specifica elaborazione critica dei dati probatori offerti dalla pubblica accusa.

4. Sotto altro profilo, si deve sottolineare che il giudice dell'udienza preliminare, sia pure con motivazione apparente, ha fondato il proscioglimento degli imputati dal reato associativo facendo leva su una lettura di sostanziale "insufficienza" delle relative prove a carico, in tal modo emettendo, per tale capo, una sentenza ex art. 129 c.p.p. non consentita dal nostro sistema processuale.

Difatti, la giurisprudenza della Corte regolatrice è costante nel ritenere che, in sede di patteggiamento, il giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili dagli atti, non rientrando tale possibilità tra quelle esplicitamente indicate dall'art. 129, comma primo, c.p.p. (cfr. Sez. 4, n. 27952 del 7 giugno 2012, Zilli, Rv. 25358801; v. anche Sez. 6, n. 15700 del 25 marzo 2009, Cedeno Zambrano, Rv. 24307101; Sez. 2, n. 2076 del 28 ottobre 2003, dep. 2004, Rallo, Rv. 22814801).

Con specifico riferimento alla fase dell'udienza preliminare che qui interessa, la suprema Corte ha ribadito che, in caso di proscioglimento all'esito di sentenza di patteggiamento, non può essere invocata la regola di giudizio prevista dall'art. 425, comma 3, c.p.p., giacché l'art. 444 c.p.p. rinvia solo alle cause di proscioglimento espressamente indicate dall'art. 129 c.p.p., tra le quali non è annoverata quella per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova (Sez. 2, n. 1390 del 12 dicembre 2014, dep. 2015, Molina, Rv. 26185701). Al riguardo, la Corte ha ribadito che si tratta di situazioni processuali non assimilabili. È solo al termine dell'udienza preliminare che la mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova sono equiparate dal legislatore, attraverso la disposizione dell'art. 425 c.p.p. (o quella dell'art. 530 c.p.p. all'esito del dibattimento), alla prova negativa della sussistenza del fatto o della responsabilità dell'imputato. È stato, inoltre, sottolineato che il procedimento speciale governato dall'art. 444 c.p.p. è senza dibattimento, ragion per cui il giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di assoluzione per mancanza (non irreversibile), insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili dagli atti del fascicolo del p.m. proprio perché, altrimenti, la rinuncia all'istruzione dibattimentale manifestata dal p.m. con l'accordo ex art. 444 c.p.p. verrebbe strumentalizzata per un fine diverso da quello proprio della norma, il tutto con indebita elusione della regola dell'obbligatorio esercizio dell'azione penale (così, in motivazione, Sez. 1, n. 32482 del 23 aprile 2015, Yordanov, non massimata).

5. Il motivo di ricorso avanzato dagli imputati dianzi indicati è privo di pregio.

Trattasi di censura che non allega alcuna specifica lesione del diritto di difesa, posto che, in tema di traduzione degli atti, nella giurisprudenza di legittimità è incontroverso il principio per cui, in mancanza di elementi specifici indicativi di un pregiudizio in ordine alla completa esplicazione del diritto di difesa, l'omessa traduzione della sentenza di patteggiamento in lingua nota all'imputato alloglotta non integra di per sé causa di nullità della stessa, atteso che, dopo la modifica dell'art. 613 c.p.p., ad opera della l. 23 giugno 2017, n. 103, l'imputato non ha più facoltà di proporre personalmente ricorso per cassazione (cfr. Sez. 5, n. 32878 del 5 febbraio 2019, Molla Amarildo, Rv. 27711102).

6. In definitiva, in accoglimento del ricorso del Procuratore generale, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio limitatamente al proscioglimento ex art. 129 c.p.p. dal reato associativo; vanno, invece, rigettati i ricorsi proposti da A. Petrit, A. Arber e B. Afrim, con conseguente condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al disposto proscioglimento ex art. 129 c.p.p. dal reato associativo e rinvia al GUP del Tribunale di Trento per nuovo giudizio su tale capo.

Rigetta i ricorsi di A. Petrit, A. Arber e B. Afrim, che condanna al pagamento delle spese processuali.

Depositata il 17 settembre 2020.