Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 2 novembre 2020, n. 1003

Presidente: Contessa - Estensore: Bufardeci

FATTO E DIRITTO

1. La signora Donatella M. ha impugnato in appello la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione prima, n. 2685/2015 con la quale ha respinto il ricorso proposto per l'annullamento del diniego n. 17902 del 27 novembre 2006 di rilascio di concessione in sanatoria, ai sensi dell'art. 32 della l. 326/2003, per l'immobile ubicato in San Vito lo Capo, contrada Zarbo di Mare, in catasto al foglio 21, particella 239.

2. Il Tribunale ha disatteso le censure della ricorrente incentrate sulla violazione dell'art. 10-bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, sulla errata applicazione dell'art. 15 della l.r. n. 78/1976, sulla mancanza dei necessari presupposti di fatto e di diritto posti a base del provvedimento di diniego e sul difetto di motivazione.

Il Giudice di prime cure ha, infatti, affermato che: va esclusa la rilevanza dell'omesso preavviso di rigetto per la natura vincolata delle relative determinazioni che non avrebbero potuto essere diverse da quelle in concreto adottate; manca la prova che l'ultimazione dell'edificio abusivo sia avvenuta anteriormente al 31 dicembre 1976 il cui relativo onere incombe al privato che ha commesso l'abuso edilizio ovvero che ha richiesto la concessione in sanatoria.

3. La ricorrente, dopo avere riprodotto nel ricorso in appello il contenuto del gravame di primo grado, ha sostanzialmente riproposto, sia pure in maniera critica rispetto alla sentenza impugnata, gli stessi motivi già articolati con il ricorso introduttivo del giudizio.

In particolare l'appellante ha messo in rilievo l'erroneità della pronuncia di primo grado deducendo: a) l'errata e falsa applicazione delle norme di legge che regolano il procedimento amministrativo e nella specie dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990, introdotto dall'art. 6 della l. n. 15/2005; b) l'errata valutazione dei mezzi di prova prodotti, con particolare riferimento alla sentenza del Pretore di Erice n. 133/81.

In buona sostanza ha lamentato che il T.a.r. non avrebbe tenuto nel debito conto che il Comune resistente ha impedito alla M. di partecipare pienamente al procedimento, impedendole quindi di fornire gli apporti collaborativi utili ai fini della positiva definizione della pratica, e in modo parimenti erroneo non avrebbe ritenuto idoneo mezzo di prova la sentenza del Pretore di Erice n. 133/1981 che ha assolto la ricorrente dal resto ascrittole "perché il fatto non sussiste".

4. Il Comune di San Vito Lo Capo non si è costituito in giudizio.

5. All'udienza del 16 giugno 2020 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

6. Il Collegio ritiene che l'appello sia infondato.

La doglianza relativa alla violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990 è infondata in quanto la mancata comunicazione del preavviso di rigetto, a fronte di attività vincolata (come nella fattispecie di diniego della sanatoria per la carenza dei relativi presupposti), non produce effetti caducanti ai sensi dell'art. 21-octies della stessa suindicata legge. A tal riguardo il Tribunale ha, correttamente, richiamato copiosa giurisprudenza confermativa del superiore assunto.

Ai sensi dell'art. 64 del c.p.a., l'onere della prova afferente alla data di realizzazione dell'abuso spetta alla parte privata che contesta le misure demolitorie ovvero richieda la concessione in sanatoria. Nel caso che occupa, come condivisibilmente affermato dal primo Giudice, la ricorrente non ha fornito dimostrazioni "obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto" ed il riferimento alla sentenza del Pretore di Erice n. 133/1981 non sembra affatto idonea a dimostrare quanto affermato dall'appellante.

Il Tribunale ha ben evidenziato che quest'ultima, infatti, non ha prodotto alcuna documentazione (ad es. atto di acquisto, planimetrie, fotografie aeree precedenti al 1° settembre 1967, fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all'esecuzione dei lavori e/o all'acquisto dei materiali, sopralluoghi, e così via) utile a dimostrare l'effettiva data di ultimazione del manufatto abusivo, al fine di superare l'accertamento presupposto dell'impugnato diniego.

Anzi appare provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'immobile è stato costruito dopo il 1976 in area soggetta ad inedificabilità assoluta e cioè a meno di 150 mt dalla linea di costa ex art. 15, lett. a), della l.r. n. 78/1976.

La aereo-fotogrammetria del giugno 1978, in atti, attesta in modo difficilmente confutabile che l'immobile per cui è causa a quella data era inesistente.

È pertanto evidente che, sebbene la procedura per le fotogrammetrie sia stata disciplinata in dettaglio solo con la l.r. n. 37/1985, quella foto rappresenti pur sempre un indice difficilmente contestabile, vieppiù nell'ambito della particolare distribuzione dell'onere della prova che vige nella materia dell'abusivismo ed in mancanza di adeguate, concrete e certe prove fornite dalla ricorrente.

La circostanza poi che la M. sia stata assolta nel 1981 dal reato di edificazione abusiva in area vincolata "perché il fatto non sussiste" non elimina la ragione della reiezione che è fondata sul fatto che l'edificazione abusiva ricade comunque entro i 150 mt dalla linea di costa, con tutte le note e insuperabili conseguenze di legge.

Peraltro, differentemente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza penale del Pretore di Erice del 1981 non conferma affatto che l'edificazione in questione sia stata definita prima del 1976. Al contrario, quella sentenza afferma in modo espresso che: "quanto al reato di costruzione senza concessione, deve osservarsi che l'assunto difensivo secondo cui la costruzione era stata ultimata nell'estate del 1976 non trova nel processo alcuna smentita; in realtà non trova neppure precisa conferma...".

La suindicata sentenza del Pretore non è pertanto in alcun modo in grado di influire sull'accertamento compiuto dal Comune resistente e non incide sulla statuizione reiettiva che - per le ragioni già esposte - resiste alle censure articolate.

È, altresì, principio pacifico quello secondo cui (salve le ipotesi di cui agli artt. 652 e 654 c.p.p., che qui non ricorrono) il Giudice Amministrativo non subisce alcun vincolo di giudicato penale e può valutare autonomamente la questione che nella fattispecie conferma la piena legittimità degli atti impugnati, in ragione sia della assoluta mancanza di prova da parte della ricorrente di avere definito la costruzione entro il 31 dicembre 1976 e sia per la indiretta incontrovertibile valenza "indiziaria" dell'aereo fotogrammetria del giugno 1978 che assevera l'inesistenza a quella data della costruzione in questione.

Alla luce delle suindicate considerazioni il Collegio ritiene quindi che meriti conferma la sentenza qui in esame dal momento che tutte le doglianze mosse in appello non sono in grado di mettere in dubbio la condivisibilità delle statuizioni rese dal giudice di prime cure e pertanto il ricorso in appello va respinto.

Non vi è da statuire in ordine alle spese di lite, stante la mancata costituzione in appello da parte dell'amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese della presente fase di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.