Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 7 ottobre 2020, n. 29546

Presidente: Petruzzellis - Estensore: Aprile

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Ancona confermava la pronuncia di primo grado del 20 settembre 2016 con la quale il Tribunale di Ascoli Piceno aveva condannato [omissis] in relazione al reato di cui agli artt. 81 e 570 c.p., per essersi sottratto - in epoca precedente al gennaio 2014 - serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale della famiglia, agli obblighi di assistenza inerenti alla sua responsabilità genitoriale, in particolare disinteressandosi delle due figlie minori, trascurando di essere parte attiva nel loro percorso [d]i crescita, di educazione e formazione, e privandole della sua vicinanza affettiva disertando incontri e visite.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso [omissis], con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale, con un unico motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione agli artt. 120, 124 e 570 c.p., 336 c.p.p., per avere la Corte di appello erroneamente sostenuto che il reato fosse procedibile per avere la moglie [omissis] formalizzato la richiesta di punizione in occasione della sua costituzione come parte civile nel giudizio e, comunque, per essere il reato per il quale vi era stata condanna connesso ad altro reato per il quale la predetta aveva presentato tempestiva querela.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto.

2. Per comprendere esattamente i termini della questione oggetto dell'impugnazione oggi in esame, occorre premettere che nei confronti di [omissis] venne sporta dalla moglie separata [omissis] una prima querela, poi integrata, con la quale la predetta aveva chiesto la punizione del coniuge per avere lo stesso fatto mancare alle figlie minori i mezzi di sostentamento necessari per il loro mantenimento; che, in relazione alla sola ipotesi di reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p. - dalla quale l'[omissis] sarebbe stato poi mandato assolto - il pubblico ministero aveva inizialmente esercitato l'azione penale; e che, invece, nel corso del giudizio dibattimentale il p.m. aveva ritenuto di "integrare l'imputazione" contestando in via suppletiva anche il reato di cui all'art. 570, comma 1, c.p. per il quale il prevenuto era stato, all'esito di quel giudizio, condannato.

Ciò detto in punto di fatto, è di tutta evidenza come sia errata l'affermazione contenuta nella sentenza gravata secondo cui l'azione penale poteva considerarsi procedibile anche in relazione al secondo degli indicati delitti, in quanto, con riferimento allo stesso, la madre delle due figlie minori si era costituita parte civile in giudizio, così facendo valere implicitamente le sue ragioni basate sull'affermazione della responsabilità dell'imputato.

Ed infatti, secondo il pacifico orientamento interpretativo di questa Corte, l'estensione della già avvenuta costituzione di parte civile alle imputazioni oggetto di contestazione suppletiva deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela, esprimendo tale atto la volontà della persona offesa di punizione del reo (Sez. 5, n. 29205 del 16 febbraio 2016, Jetrenda, Rv. 267619): tuttavia, per garantire una coerenza di sistema, tale regola esegetica non può essere intesa nel senso di permettere sine die alla parte civile di esprimere quella volontà di punizione in relazione al nuovo reato oggetto di addebito, dovendo ragionevolmente ritenere che l'esercizio del diritto di querela debba avvenire nel termine generale previsto dall'art. 124, primo comma, c.p.

Da tanto si desume che, nel caso di specie, la formalizzazione della querela nei riguardi dell'odierno ricorrente fu tardiva in quanto la estensione della già avvenuta costituzione della parte civile avvenne il 21 luglio 2016 rispetto alla formulazione della contestazione suppletiva da parte del pubblico ministero verificatasi il 9 maggio 2015.

3. D'altro canto è significativo come la Corte distrettuale, per rafforzare le ragioni della propria decisione di ritenere la sussistenza di una valida querela in relazione al reato contestato in via suppletiva per il quale vi era stata poi la condanna dell'imputato, abbia sostenuto nella sentenza impugnata che, in ogni caso, a tale secondo reato - rubricato con la lett. b) nel testo delle imputazioni - si fossero estesi gli effetti della querela presentata nella fase delle indagini con riferimento al primo reato, quello della lett. a) della rubrica, in ragione della "connessione investigativa" esistente tra i due illeciti.

Tale soluzione non è condivisibile.

Nel caso di specie l'originaria querela e le due successive integrazioni vennero presentate con riferimento al prospettato mancato sostegno economico da parte del padre in favore delle figlie minori, cui sarebbero stati fatti mancare i mezzi di sostentamento: sicché è solo con riferimento alla condotta contestata nel capo d'imputazione a) - dal quale l'imputato sarebbe stato in seguito prosciolto - che la querela deve considerarsi validamente proposta.

Non vi è nel codice penale alcuna norma che autorizzi a ritenere che gli effetti della querela si estendano anche a reati diversi ed ulteriori rispetto a quello o a quelli per i quali la stessa è stata formalmente proposta, anche se tra i più delitti sia eventualmente ipotizzabile un collegamento di natura probatoria ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p.

L'unica ipotesi, dunque, nella quale è possibile riconoscere un effetto estensivo oggettivo degli effetti della querela (dunque, diverso dall'effetto estensivo soggettivo espressamente previsto dall'art. 122 c.p.) è quella in cui la persona offesa formuli una richiesta di punizione in relazione ad una condotta idonea ad integrare una pluralità di fatti di reato, cioè nell'ipotesi di un concorso formale (in questo senso, ad esempio, Sez. 5, n. 46311 del 10 novembre 2003, Marsico, Rv. 227473). Situazione, questa, ben diversa da quella verificatasi nel caso oggi in esame, nel quale la contestazione suppletiva non è stata formulata dal p.m. ai sensi dell'art. 517 c.p., in relazione ad un reato concorrente, bensì a mente dell'art. 516 c.p.p., in relazione ad un fatto diverso da quello originariamente ascritto all'imputato.

4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio perché l'azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l'azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela.

Depositata il 23 ottobre 2020.