Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 24 novembre 2020, n. 7355

Presidente: Poli - Estensore: Carluccio

FATTO E DIRITTO

1. Oggetto del giudizio è l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di appello di Roma n. 1520 del 18 marzo 2013, confermata dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1379 del 26 gennaio 2016.

1.1. Per la parte di interesse, la Corte di appello - nel pronunciare sull'opposizione alla stima della indennità di espropriazione - ha dichiarato il Comune di Guidonia Montecelio tenuto a depositare presso il Ministero dell'economia e delle finanze - servizio gestione depositi, la somma di euro 4.318.957,92 a titolo di indennità di esproprio in favore della Santarelli Costruzioni s.p.a. (poi Saco s.p.a., poi Fallimento SACO), detratte le somme eventualmente depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti per le medesime causali, oltre interessi legali dal 29 dicembre 2008 sino al saldo effettivo.

2. Risulta dagli atti di causa e non è contestato tra le parti:

a) che la società Santarelli ha percepito, in data 29 febbraio 2012, euro 2.072.643,65, di cui 95.939,25 a titolo di interessi, per l'indennità provvisoria di esproprio;

b) che nel marzo 2016 la società Santarelli ha chiesto al Comune con quali modalità intendesse dare spontaneo adempimento alla sentenza della Corte di appello di Roma, divenuta definitiva;

c) che il 24 gennaio 2017 è stata notificata al Comune la cessione pro solvendo del credito della società Santarelli - per complessivi euro 3.578.482,88, oltre interessi legali dal 1° giugno 2016 - in favore della cessionaria Inergia s.p.a.; cessione risultante da scrittura notarile del 23 dicembre 2016, registrata;

d) che nei mesi di maggio e giugno del 2018, il responsabile del Comune intrattenne contatti e corrispondenza con la cessionaria società Inergia ai fini del pagamento dell'importo derivante dalla sentenza passata in giudicato, dai quali emerge anche che - una volta riscontrato con il cessionario l'esatto importo da versare - il dirigente comunale preposto, oltre a richiamare i tempi tecnici per il mandato di pagamento, ha aggiunto "fermo restando l'esito positivo delle verifiche equitalia";

e) che nel settembre 2018 la Inergia ha promosso espropriazione presso terzi nei confronti del Monte dei Paschi di Siena, istituto di tesoreria del Comune, ricevendo dichiarazione negativa.

3. Il ricorso per l'ottemperanza promosso dalla società Saco (succeduta alla società Santarelli, società cedente) e dalla società Inergia (società cessionaria) è stato rigettato dal T.a.r. per il Lazio, con la sentenza n. 12589 del 4 novembre 2019.

4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto appello, affidato a due motivi, la società Inergia, cessionaria del credito. Ha chiesto, in totale riforma della sentenza gravata:

a) di ordinare al Comune di ottemperare alla sentenza della Corte di appello, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l'emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione, disponendo il pagamento di complessivi euro 3.601.041,22, oltre interessi sino al soddisfo, previo compimento di tutti gli atti necessari ad assicurare il pagamento in favore delle società ricorrenti;

b) di nominare un commissario ad acta, per il caso di ulteriore inadempimento;

c) di fissare, ai sensi dell'art. 114 c.p.a., la somma di denaro dovuta dal Comune per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato.

4.1. Il fallimento della società Saco si è costituito in giudizio per aderire all'appello.

4.2. Il Comune si è costituito, chiedendo il rigetto dell'appello e riproponendo tutte le difese ed eccezioni proposte nel primo grado.

4.3. Tutte le parti hanno depositato memorie.

4.4. Alla camera di consiglio dell'8 ottobre 2020, la causa è stata assunta dal Collegio in decisione.

5. Con la sentenza gravata dall'appello, il primo giudice - dichiarando espressamente di poter prescindere dalle eccezioni sollevate dal Comune, essendo pervenuto al convincimento di rigettare il ricorso - ha fondato la decisione su un percorso argomentativo che si può così sintetizzare:

a) dalla sentenza passata in giudicato discende per il Comune solo un obbligo di fare, consistente nel deposito nelle forme previste dalla legge della somma dovuta, e non un obbligo di pagare;

a1) infatti, l'art. 28 del t.u. espr., relativo al pagamento, prevede l'autorizzazione al pagamento da parte dell'autorità espropriante della somma depositata, qualora sia divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell'indennità, ovvero non sia stata tempestivamente notificata l'opposizione al pagamento o sia stato concluso tra tutte le parti interessate l'accordo per la distribuzione dell'indennità; l'autorizzazione al pagamento è disposta su istanza di parte, su proposta del responsabile del procedimento successiva alla audizione delle parti, da cui risulti anche la mancata notifica di opposizione di terzi;

a2) pertanto, il credito della Saco non è certo, liquido ed esigibile e, quindi, non può essere oggetto di cessione da far valere nei confronti del Comune;

b) il Comune ha eccepito la compensazione di un controcredito maggiore verso la Santarelli (ora Saco), derivante da mancati pagamenti di imposte comunali con avvisi di accertamento notificati successivamente al titolo giudiziale per il quale il creditore (Saco) agisce per l'esecuzione, e, sulla base della giurisprudenza consolidata della Cassazione civile, tale eccezione vale come opposizione alla esecuzione forzata;

b1) in atti risultano avvisi di accertamento per crediti fiscali vantati dal Comune per un importo superiore a quello della cui ottemperanza si discute e, in esito alla disposta ordinanza istruttoria, è stata depositata dalla ricorrente documentazione in ordine alla prova della impugnazione solo parziale degli stessi;

b2) l'8 ottobre 2019, il Comune ha depositato la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 4259 del 12 luglio 2019, di conferma della sentenza di primo grado favorevole al Comune, concernente un controcredito per oltre 7 milioni di euro; tale giudizio risulta definito e i crediti portati dai relativi avvisi di accertamento sono divenuti certi, con la conseguenza che, in ogni caso, da tale maggior credito del Comune deriva l'estinzione, per compensazione, del minor credito delle ricorrenti.

6. L'appello è solo parzialmente fondato e, in tali limiti, va accolto.

7. La tesi dell'appellante Inergia, sostenuta con due motivi di appello, si articola attraverso i punti essenziali che seguono:

a) erra il primo giudice quanto alla cessione del credito, perché:

a1) dalla sussistenza di un obbligo di fare, riconosciuto dalla sentenza ottemperanda in capo al Comune, desume che il credito vantato manca dei caratteri di certezza, liquidità ed esigibilità, necessari per la cessione dello stesso, in violazione del principio proprio che governa la cessione dei crediti, che è quello della libera cedibilità;

a2) salvo poi, e contraddittoriamente, ritenere possibile la compensazione giudiziale tra crediti assunti come non omogenei;

b) erra il primo giudice nel ritenere che dalla sentenza passata in giudicato discende solo l'obbligo di deposito della somma ivi riconosciuta, perché:

b1) si è fermato al dato letterale del dispositivo della stessa, mentre nel caso di determinazione giudiziale dell'indennità di esproprio, il deposito della somma o il pagamento individuano modalità alternative dell'obbligo di pagare;

b2) è pacifico nella giurisprudenza che all'obbligo di pagamento, previo deposito, corrisponde una posizione di diritto soggettivo del creditore;

c) erra il primo giudice nel riconoscere la compensazione giudiziale con il controcredito vantato dall'amministrazione perché:

c1) ha operato la compensazione con il controcredito derivante dalla sentenza della Commissione tributaria regionale n. 4259 del 12 luglio 2019, concernente un controcredito per oltre 7 milioni di euro, ritenendo tale giudizio definito, mentre era ancora pendente il termine per il ricorso per cassazione, poi effettivamente proposto (n.r.g. 6243 del 2020); con conseguente mancanza del requisito indispensabile della certezza del controcredito.

8. Argomentazioni sostanzialmente analoghe sono state sviluppate dal Fallimento Saco.

9. Il Comune, riprendendo le tesi esposte dinanzi al primo giudice, ha sostenuto essenzialmente:

a) che l'unico obbligo nascente dal giudicato è un obbligo di fare e non di effettuare il pagamento;

b) che, pertanto, il credito non era cedibile in mancanza del requisito della liquidità, con conseguente difetto di legittimazione e/o di agire della società Inergia;

c) che la cessione del credito era nulla anche sotto altri profili, per essere privo di copertura contabile al momento della cessione e perché era stata ceduta anche l'IVA;

d) che il Comune, con la determinazione dirigenziale dell'Area IV, n. 28 del 20 maggio 2019, pubblicata sull'Albo pretorio il 21 maggio 2019, aveva motivato le ragioni del mancato pagamento sulla base dei maggiori crediti vantati dall'Ente nei confronti della società Saco, con conseguente compensazione degli stessi;

e) che, secondo la giurisprudenza costante, la compensazione, quale fatto estintivo dell'obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all'esecuzione forzata - anche qualora l'esecuzione avvenga mediante giudizio di ottemperanza - fondata su un titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, qualora il credito fatto valere in compensazione rispetto a quello per cui si procede sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo.

10. Logicamente preliminari sono i profili di censura attinenti alla cessione del credito.

10.1. Il primo giudice, aderendo alla tesi del Comune, ha erroneamente ritenuto non cedibile l'obbligo di effettuare il deposito della somma dovuta e, quindi, ha implicitamente ritenuto tamquam non esset la cessione nei confronti del Comune, con conseguente, seppure non esplicitato, difetto di legittimazione ad agire e di interesse a ricorrere in capo alla cessionaria Inergia.

10.2. A tal fine, è sufficiente rilevare - richiamando principi pacifici in tema di cessione del credito - che:

a) la cessione del credito costituisce l'oggetto di un contratto traslativo di diritti, retta dal principio consensualistico (art. 1260 c.c.); oggetto della cessione può essere anche un credito futuro; dalla cessione sono esclusi solo i crediti a carattere personale e i crediti alimentari, salve le espresse eccezioni previste rispetto ad alcuni soggetti (art. 1261 c.c.);

b) la conseguenza è che, per essere oggetto di cessione non è richiesto che un credito abbia i requisiti della certezza, della liquidità, della esigibilità;

c) la cessione ha effetti dal momento della stipulazione del contratto; ma, nei confronti del debitore ceduto, esplica effetti solo dal momento in cui è stata notificata o accettata;

c1) con la conseguenza che essa ha efficacia nei confronti del Comune dal 24 gennaio 2017, data della notifica;

d) in presenza di un credito ceduto pro solvendo, correttamente agiscono per l'esecuzione sia il cedente che il cessionario, avendo il cedente garantito la solvenza del debitore ceduto.

10.3. Su tale profilo, va pertanto accolto l'appello.

11. L'appello va, invece, rigettato laddove si sostiene che dal giudicato discende direttamente l'obbligo di pagamento.

11.1. Secondo la giurisprudenza costante, anche della Corte di cassazione civile, sin dall'epoca antecedente al t.u. espr., il contenuto del provvedimento del giudice civile:

a) non può essere quello di condanna dell'amministrazione al pagamento di una somma, perché, una volta determinata definitivamente l'indennità di esproprio, potrebbero residuare diritti di terzi su di essa;

b) può essere solo quello di condanna al deposito della maggiore somma risultante dall'accertamento giurisdizionale, con conseguente esclusione dell'ingiunzione del pagamento diretto a favore dell'espropriato. Si configura, quindi, un obbligo di facere, consistente nel deposito, rientrante nei limiti della cognizione del giudice ordinario.

12. L'appello va pure accolto, ma nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, rispetto al profilo di censura con il quale l'appellante si sofferma sull'atto conclusivo del pagamento e mette in rilievo la posizione di diritto soggettivo del creditore, per sostenere che il giudice dell'ottemperanza possa ordinare, anche attraverso un commissario ad acta, il pagamento.

12.1. La censura dell'appellante pone all'attenzione del Collegio il quesito di diritto che segue: "se, a fronte di una sentenza passata in giudicato in ordine alla determinazione definitiva della indennità di esproprio, che, legittimamente, contiene solo l'obbligo di deposito della somma, il giudice adito per l'ottemperanza possa o meno ordinare all'amministrazione, oltre che di effettuare il deposito della somma, anche di procedere al pagamento, una volta effettuate le "verifiche" cui fa riferimento il comma 2 dell'art. 28 del t.u. espr.".

12.1.1. Come risulterà chiaro nel prosieguo, l'accoglimento dell'appello, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, trova spiegazione nella particolarità della fattispecie caratterizzata: a) dal giudicato interno sulla giurisdizione del giudice amministrativo dell'ottemperanza; b) dalla proposizione di una opposizione all'esecuzione mediante l'eccezione di compensazione con un controcredito dell'Amministrazione.

13. Preliminarmente, è utile richiamare i principi affermati in riferimento alle disposizioni in argomento.

13.1. In generale, nella giurisprudenza di questo Consiglio, costituisce principio consolidato, quello secondo il quale l'ordine di deposito è funzionale alla creazione a beneficio del creditore di un'apposita provvista monetaria presso l'ufficio pubblico preposto.

13.1.1. A questo principio se ne accompagna un altro in riferimento all'atto conclusivo dell'adempimento, costituito dal pagamento all'avente diritto. Ci si riferisce al c.d. "svincolo", meglio all'"autorizzazione", secondo la terminologia utilizzata dall'art. 28 t.u. espr.

Tale articolo, così recita testualmente: "L'autorità espropriante autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario o agli aventi diritto, qualora sia divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell'indennità di espropriazione, ovvero non sia stata tempestivamente notificata l'opposizione al pagamento o sia stato concluso tra tutte le parti interessate l'accordo per la distribuzione dell'indennità.

L'autorizzazione è disposta su istanza delle parti interessate, su proposta del responsabile del procedimento successiva alla audizione delle parti, da cui risulti anche la mancata notifica di opposizioni di terzi".

13.1.2. L'art. 28 cit. si collega con il successivo art. 29, secondo il quale: "Qualora esistano diritti reali sul fondo espropriato o vi siano opposizioni al pagamento, ovvero le parti non si siano accordate sulla distribuzione, il pagamento delle indennità agli aventi diritto è disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di chi ne abbia interesse".

13.2. Pacificamente (su entrambi i principi, da ultimo C.d.S., Sez. IV, n. 3620 del 2020; in precedenza, Sez. IV, n. 913 del 1999), si ritiene che la ratio dell'art. 28 sia quella di evitare che l'amministrazione, dopo il pagamento, sia esposta a ripetizioni di indebito, così richiedendo che il pagamento non sia effettuato sino a che ci siano contestazioni.

13.3. Chiaramente, ai sensi dell'art. 28 in argomento, il provvedimento finale della procedura di pagamento è attribuito all'autorità amministrativa, sul presupposto che non sono insorte questioni nel corso della procedura; mentre, nell'ipotesi dell'art. 29 cit., l'ordine di pagamento è emesso dal giudice - quello ordinario - per essere insorte questioni in ordine agli aventi diritto o alla ripartizione, e, quindi in presenza di opposizioni di terzi che vantino diritti sul bene espropriato.

13.4. Parallelamente, è il giudice ordinario quello cui la giurisdizione è attribuita quando, come nel caso di specie, il contenzioso sia sorto sulla stima dell'indennità, e quindi ancora prima del pagamento (art. 54 t.u. espr.) e, come si è già detto, il giudice dispone legittimamente solo il deposito dell'importo nelle forme di legge, essendo previsto che il pagamento intervenga all'esito di un procedimento amministrativo.

13.4.1. La giurisdizione del giudice ordinario resta ferma anche quando l'indennità sia stata determinata ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, mediante la c.d. acquisizione sanante in sede di giudizio di ottemperanza ad una sentenza del giudice amministrativo, mediante provvedimento del commissario ad acta, oggetto di reclamo ai sensi dell'art. 114, comma 6, c.p.a.

Sul punto è sufficiente richiamare (ex plurimis e da ultimo, Cass. civ., Sez. un., n. 22374 del 2020) la decisione secondo cui, anche in sede di ottemperanza, resta «... tuttavia fermo il limite esterno della giurisdizione propria del giudice amministrativo, con la conseguenza che, quando la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell'esatto adempimento dell'amministrazione obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al riguardo. La domanda avente ad oggetto la determinazione dell'indennità ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (per la c.d. acquisizione sanante) è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, anche qualora detta indennità sia stata determinata, in sede di giudizio di ottemperanza ad una sentenza del giudice amministrativo, mediante provvedimento del commissario ad acta, oggetto di reclamo ai sensi dell'art. 114, comma 6, c.p.a.».

14. Come correttamente messo in luce dall'appellante, secondo alcune pronunce di questo Consiglio (C.d.S., Sez. IV, n. 4984 del 2019; n. 741 del 2008), ed anche secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione civile (Sez. un., n. 29527 del 2008), il procedimento di autorizzazione di cui all'art. 28 cit. è fonte, nella sussistenza dei presupposti di legge, di un diritto soggettivo del privato richiedente, avente ad oggetto il pagamento dell'indennità di espropriazione. Infatti, l'insussistenza di poteri discrezionali nell'emanazione dell'atto denominato "autorizzazione" e la sua prevalente finalizzazione alla tutela degli interessi privati degli aventi titolo, discende con evidenza dal contenuto dell'atto, volto all'accertamento della definitività della determinazione indennitaria e dell'assenza di diritti o opposizioni di altri soggetti.

14.1. Deve aggiungersi che le suddette pronunce del giudice amministrativo hanno deciso fattispecie in cui veniva in questione - direttamente nella prima, indirettamente nella seconda - il silenzio-inadempimento dell'amministrazione, assunto come formatosi sull'istanza di svincolo dell'indennità espropriativa, nonché sul successivo atto di diffida e di messa in mora. Nel primo caso (sentenza del 2008 cit.), si è confermata la pronuncia di inammissibilità della proposizione dell'azione avverso il silenzio, per l'esistenza di una pretesa che esula dalla giurisdizione amministrativa, venendo in questione la determinazione e corresponsione dell'indennità, atteso che l'amministrazione aveva sospeso il procedimento in attesa del definitivo accertamento delle somme dovute e/o da recuperare dagli espropriati. Nel secondo caso (sentenza del 2019 cit.), sul presupposto del giudicato formatosi sulla questione di giurisdizione, si è confermata la decisione di rigetto della domanda di risarcimento da ritardo nell'emanazione dell'autorizzazione allo svincolo, mettendo in rilievo che la posizione di diritto soggettivo non è tutelabile attraverso l'azione avverso il silenzio, risultando tale rimedio inutile a fronte di un petitum che ha per oggetto l'accertamento del diritto al riconoscimento di spettanze economiche, la cui tutela si esplica attraverso la pronuncia di accertamento ed eventualmente di condanna al pagamento (in coerenza con i principi elaborati, sul punto, sin dalla Plenaria n. 1 del 2002; successivamente fra le tante nel senso di escludere la proponibilità del rito sul silenzio in vista della tutela di diritti di credito, Sez. IV, n. 358 del 2019).

15. Rispetto al quesito posto (cfr. § 12.1.), alla luce dei principi che si sono esaminati, può trarsi la conclusione che:

a) così come il provvedimento finale della procedura di pagamento è attribuito all'autorità amministrativa quando non siano insorte questioni nel corso della procedura di svincolo e, quindi, sostanzialmente non emergano opposizioni di terzi che vantino diritti sul bene espropriato, allo stesso modo, in tale ipotesi la procedura di svincolo entra nel processo di ottemperanza al giudicato, con possibile ricorso al commissario ad acta anche per disporre l'ordine di pagamento;

b) qualora, invece, tali questioni inerenti opposizioni di terzi emergano, il giudizio di ottemperanza del giudice amministrativo si arresta, venendo in rilievo l'applicazione dell'art. 29 cit. e la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia non inerente l'esercizio del potere amministrativo ma "questioni patrimoniali" ad esso connesse, sostanziate dalla pretesa del riconoscimento e del pagamento dell'indennità all'espropriato o a soggetto terzo; pretese azionabili con azioni di accertamento e eventuale condanna davanti al giudice ordinario.

16. La fattispecie all'esame del Collegio è peculiare e non può dirsi riconducibile a nessuna delle due ipotesi generali esaminate.

16.1. Il Comune, già nella fase degli scambi di informazioni con la società cessionaria ai fini del deposito della somma e del successivo pagamento, aveva fatto salve le verifiche di Equitalia rispetto a controcrediti erariali; dopo la proposizione del ricorso per l'ottemperanza al giudicato, con la determinazione dirigenziale dell'Area IV, n. 28 del 20 maggio 2019, pubblicata sull'Albo pretorio il 21 maggio 2019, ha motivato le ragioni del mancato deposito e pagamento sulla base dei maggiori crediti erariali vantati dall'Ente nei confronti della società Saco e, costituendosi nel giudizio di ottemperanza, ha eccepito la compensazione del debito con il controcredito vantato.

16.2. Più precisamente, la fattispecie concreta è caratterizzata dalle circostanze che seguono:

a) la sospensione del pagamento (nella fase antecedente al giudizio per l'ottemperanza) ai sensi dell'art. 48-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, che sospende i pagamenti delle amministrazioni ai fini delle verifiche presso l'agente della riscossione;

b) gli avvisi di accertamento di molti crediti erariali del Comune, impugnati dall'avente diritto all'indennità di espropriazione determinata giudizialmente;

c) l'eccezione di compensazione del controcredito erariale sollevata dal Comune nel giudizio di ottemperanza;

d) il giudicato formatosi su ogni profilo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 9 c.p.a., posto che, altrimenti, ogni decisione sarebbe spettata de plano al giudice ordinario a mente del combinato disposto degli artt. 29 e 53 t.u. espr. e 133, comma 1, lett. g), c.p.a. (come interpretati dalla giurisprudenza dianzi richiamata);

e) la circostanza che, in ogni caso, secondo quanto emerge dalla sentenza della Corte di appello, confermata dalla Cassazione, l'indennità di espropriazione appare definitivamente accertata nei confronti di tutti i destinatari; né dagli atti emergono opposizioni di terzi che vantino diritti, con conseguente esclusione della operatività dell'art. 29 cit. in riferimento alla autorizzazione al pagamento di cui all'art. 28 cit.

16.3. Può dirsi che, a fronte di tale fattispecie, non è invocabile, come fa l'appellante, un diritto al pagamento discendente direttamente dal giudicato che ha determinato giudizialmente l'indennità di espropriazione perché, pur non venendo in questione diritti di terzi che sarebbero stati attratti dalla disciplina dell'art. 29 cit., viene in rilievo una opposizione all'esecuzione e, quindi al pagamento, da parte dello stesso debitore esecutato.

17. Traendo le conclusioni rispetto ai profili dei motivi di appello sin qui esaminati, alla luce della peculiarità della fattispecie, il Collegio ravvisa la mancata ottemperanza all'ordine di deposito della somma, non potendo la stessa trovare giustificazione e fondamento nell'art. 48-bis cit., stante il carattere di temporaneità dello sbarramento ivi previsto, espressamente collegato all'attività di pagamento della somma (di una attività, dunque, da esplicarsi doverosamente a monte del deposito della somma medesima).

17.1. Quanto alla possibilità o meno di un ordine di pagamento da parte di questo giudice dell'ottemperanza, diviene centrale lo scrutinio dell'eccezione di compensazione del controcredito erariale sollevata dal Comune.

18. Sull'eccezione di compensazione, va in primo luogo messo in rilievo che, come correttamente rilevato dal primo giudice, l'eccezione di compensazione di un controcredito maggiore, derivante da mancati pagamenti di imposte comunali con avvisi di accertamento notificati successivamente al titolo giudiziale per la cui esecuzione si agisce, vale come opposizione alla esecuzione forzata.

18.1. Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione civile, la compensazione, quale fatto estintivo dell'obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all'esecuzione forzata, fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, qualora il credito fatto valere in compensazione, rispetto a quello per cui si procede, sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, mentre in caso contrario resta preclusa dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi od impeditivi ad essa contrari (Sez. I, sentenza n. 9912 del 2007; Sez. III, sentenza n. 2822 del 1999).

18.2. Nella fattispecie, dalla documentazione in atti risultano avvisi di accertamento anche per controcrediti successivi al 2013, anno del titolo esecutivo giudiziale coperto dal giudicato.

18.3. Va aggiunto che - al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, il quale non ha affrontato il profilo sul presupposto preliminare che il credito del quale si chiedeva l'ottemperanza non poteva essere oggetto di cessione - tale eccezione è opponibile, oltre che al creditore cedente (Santarelli Costruzioni s.p.a., poi Saco s.p.a., poi Fallimento SACO) trattandosi di cessione pro solvendo, anche al cessionario (società Inergia).

Infatti, il credito ceduto è acquistato dal cessionario a titolo derivativo, con la conseguenza che il cessionario resta esposto alle stesse eccezioni che il debitore ceduto avrebbe potuto opporre al cedente. Sempre che il debitore ceduto, cui la cessione sia stata notificata, sia titolare di un controcredito antecedente alla cessione, atteso che - in mancanza di accettazione della cessione - è impedita la compensazione per i crediti sorti dopo la notifica della cessione (art. 1248 c.c.).

18.3.1. Nella fattispecie, la notifica della cessione è avvenuta il 24 gennaio 2017 e - secondo quanto risulta dagli atti - gli avvisi di accertamento, notificati successivamente al deposito della sentenza di cui si chiede l'ottemperanza, si fermano al settembre 2016; sono, pertanto tutti antecedenti alla notifica della cessione del credito al Comune e, quindi, opponibili anche al cessionario.

19. Come correttamente ha rilevato l'appellante con il secondo motivo, non vi sono le condizioni per dichiarare estinto per compensazione giudiziale il credito nascente dalla sentenza della cui esecuzione si tratta. Manca, infatti, l'indispensabile requisito della certezza del controcredito opposto al cedente e al cessionario.

19.1. Tanto sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione civile, secondo la quale la compensazione, legale o giudiziale, rimane impedita tutte le volte in cui il credito opposto in compensazione sia stato ritualmente contestato in diverso giudizio non ancora definito, risultando a tal fine irrilevante l'eventuale sentenza di merito o provvedimento di condanna, anche se immediatamente esecutivi, emessi in quel giudizio, perché non consentono di ritenere integrato il requisito della definitività dell'accertamento, e dunque della certezza del controcredito (Sez. III, sentenza n. 4313 del 2019; Sez. III, ordinanza n. 31359 del 2018; Sez. un., sentenza n. 23225 del 2016).

19.2. Nella fattispecie in esame, invece, il T.a.r. ha fatto operare la compensazione giudiziale a fronte della sentenza della Commissione tributaria regionale n. 4259 del 12 luglio 2019, di conferma della sentenza di primo grado favorevole al Comune, concernente un controcredito per oltre 7 milioni di euro, ritenendo tale giudizio definito, mentre era ancora pendente il termine per il ricorso per cassazione, poi effettivamente proposto (n.r.g. 6243 del 2020). Evidente è, pertanto, la mancanza del requisito indispensabile della definitività dell'accertamento e, dunque, della certezza del controcredito.

19.3. L'appello, quindi, merita accoglimento nella parte in cui il T.a.r. ha rigettato il ricorso per l'ottemperanza ritenendo estinto il minor credito del ricorrente per effetto della compensazione giudiziale con il maggiore controcredito erariale del Comune, nonostante la mancanza del requisito della certezza di quest'ultimo.

20. Da quanto sin qui argomentato discenderebbe l'accoglimento dell'appello, nei sensi e limiti precisati, e, per l'effetto, in totale riforma della sentenza del T.a.r., l'accoglimento del ricorso per l'ottemperanza, con conseguente ordine all'amministrazione comunale di Guidonia Montecelio di provvedere, in favore della cessionaria Inergia s.p.a.:

a) al deposito - secondo le modalità di legge e a titolo di indennità di esproprio - della somma di euro 4.318.957,92 oltre interessi legali dal 29 dicembre 2008 sino al saldo effettivo, detratte le somme percepite dalla Santarelli s.p.a. in data 29 febbraio 2012, entro un termine determinato;

b) alla autorizzazione del pagamento della somma depositata ex art. 28 cit.

21. Dopo il passaggio in decisione della causa è emerso un profilo di diritto - non dibattuto dalle parti nel processo - che potrebbe avere incidenza condizionante sulla possibilità di impartire tali ordini all'amministrazione comunale.

21.1. Infatti, come si è visto, questo giudice è chiamato a decidere l'opposizione all'esecuzione introdotta dal Comune, con la proposizione dell'eccezione di compensazione giudiziale del controcredito erariale, in pendenza del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, all'esito del quale è ancorata la certezza o meno del controcredito eccepito, atteso che senza tale certezza non può essere pronunziata la compensazione giudiziale (sulla base del consolidato orientamento della Corte di cassazione già richiamato nel § 19.1.).

21.2. In tale contesto è emersa la possibilità dell'applicazione, o meno, alla fattispecie dell'art. 624, primo comma, c.p.c., il quale così recita: "Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615 e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza".

21.3. Di questa disposizione questo Consiglio ha già fatto applicazione specifica nel giudizio di ottemperanza (in particolare C.d.S., Sez. V, n. 806 del 2015). Tanto, nel contesto della costante giurisprudenza (ex multis, C.d.S., Sez. IV, n. 2285 del 2018; Sez. IV, [n.] 1130 del 2016; Sez. V, n. 806 del 2015), secondo cui l'ampiezza del rinvio operato dall'art. 79, comma 1, c.p.a. alla sospensione del processo come disciplinata dal c.p.c. comporta l'applicabilità, nel processo amministrativo, dell'intera gamma delle disposizioni riguardanti la materia, dunque non solo dell'art. 295 c.p.c. (espressamente richiamato dall'art. 79, comma 3, cit.), ma anche dell'art. 624, primo comma, c.p.c. e dell'art. 337, secondo comma, c.p.c., e di ogni altra disposizione compatibile in forza del rinvio operato dall'art. 39 c.p.a., posto che non si ravvisano ostacoli logico giuridici a tale estensione (in riferimento all'art. 337 c.p.c., cfr. Sez. IV, n. 5185 del 2018).

21.4. Rispetto alla concreta fattispecie, ritiene il Collegio che nelle difese del Comune - costanti dalla fase precontenziosa alla rituale proposizione della eccezione di compensazione - possa ravvisarsi la possibilità di rinvenire l'esistenza di una sostanziale richiesta di accertamento preventivo della effettiva debenza in presenza di un controcredito erariale di notevole maggior valore, tale che possa valere quale istanza di sospensione del processo condizionato, ai sensi dell'art. 624 cit. c.p.c.

21.5. Al fine di consentire lo svolgimento del contraddittorio unicamente sul profilo di diritto suddetto, è necessario assegnare alle parti il termine di novanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se precedente, dalla notificazione della presente sentenza non definitiva, per il deposito di memorie.

22. Resta da dire che la domanda dell'appellante di fissare, ai sensi dell'art. 114 c.p.a., la somma di denaro dovuta dal Comune per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato, non merita, allo stato, accoglimento, stante la doverosa verifica da parte del Comune in ordine all'esistenza di controcrediti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1105 del 2020, di cui in epigrafe:

a) accoglie l'appello, nei sensi e limiti di cui in motivazione, riservando la pronuncia sulle conseguenti statuizioni;

b) assegna alle parti novanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se precedente, dalla notificazione della presente sentenza non definitiva, per presentare memorie vertenti sulla questione indicata nella parte motiva;

c) riservata ogni definitiva decisione, anche sulle spese processuali, fissa per il prosieguo la camera di consiglio del 15 aprile 2021.