Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione I
Sentenza 7 dicembre 2020, n. 1183

Presidente: Filippi - Estensore: Bardino

FATTO E DIRITTO

1. La ricorrente impugna gli atti, di cui in epigrafe, relativi alla gara bandita dalla Città Metropolitana di Venezia per l'aggiudicazione del servizio di pulizia dei locali del Comune di Dolo, per la durata di ventiquattro mesi, rinnovabili per un eguale periodo.

Graduatasi in seconda posizione, alle spalle della controinteressata, contesta la mancata esclusione di quest'ultima per aver presentato un'offerta inattendibile perché da considerare in perdita (1° motivo di ricorso), nonché l'operato dell'Amministrazione resistente che, pur in presenza di macroscopici indicatori di incongruità dell'offerta avversaria, non avrebbe attivato il subprocedimento di verifica dell'anomalia (2° motivo).

2. Si sono costituite in giudizio entrambe le Amministrazioni intimate - Città Metropolitana di Venezia e Comune di Dolo - nonché l'aggiudicataria Cooperativa Sociale Libertà Onlus, le quali hanno resistito nel merito.

Chiamata all'udienza pubblica del 17 giugno 2020, la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è infondato in relazione ad entrambi i motivi dedotti.

4.1. Con il primo profilo di doglianza, la ricorrente, precedente affidataria del servizio (che svolge tuttora, in seguito alla proroga nel frattempo disposta dall'Amministrazione comunale), spiega che il prezzo offerto dalla controinteressata, detratti gli oneri per la sicurezza e il costo della manodopera, presenterebbe un margine residuo di appena euro 5.830,34, importo che ritiene inadeguato per coprire i restanti costi, connessi agli obblighi contrattualmente assunti (quali in particolare i costi fissi pari ad euro 4.735,00), nonché l'utile d'impresa.

Osserva, scendendo ancor più nel dettaglio, che al netto dei costi fissi specificati dal disciplinare, l'ulteriore differenza, pari ad euro 1.095,34, risulterebbe del tutto incapiente per dare copertura (oltreché all'eventuale utile) ai costi della formazione in aula del personale, che la cooperativa controinteressata avrebbe offerto di somministrare per un non irrilevante numero di ore. Quest'ultimo dato, moltiplicato per il costo orario per addetto, darebbe luogo ad un esborso pari ad euro 3.594,80 che, sommato ai costi della formazione in e-learning (euro 571,90), determinerebbe un onere complessivo di euro 4.166,70 superiore (di euro 3.071,36) alla limitata disponibilità residua.

L'incapienza dell'offerta sarebbe inoltre aggravata dalla necessità di sostenere le spese funzionali all'erogazione del servizio, come quelle per l'acquisto dei materiali e dei macchinari, e le spese riferibili agli imprevisti.

Non vi sarebbe neppure lo spazio per la realizzazione di un pur minimo utile, circostanza che paleserebbe l'antieconomicità dell'offerta.

4.2. La censura appare innanzitutto inammissibile (come in parte dedotto dalla controinteressata), essendo stato richiesto al giudice amministrativo di dare corso ad un sindacato di anomalia dell'offerta ovvero, in via subordinata, di ordinarne l'attivazione, ciò che indiscutibilmente comporterebbe l'irrituale invasione della sfera di discrezionalità tecnica pertinente ai poteri esercitati dalla stazione appaltante (vd. T.A.R. Veneto, Sez. I, n. 47 del 2020).

Nondimeno il motivo è infondato nel merito.

Osserva infatti il Collegio come le poste passive, segnalate dalla ricorrente allo scopo di veder ancor più eroso il pur esiguo margine che residua dalla copertura dei costi del personale e degli oneri di sicurezza (entro i quali non possono però essere conteggiati i costi interni della sicurezza, inclusi nel costo del lavoro), si rivelino in realtà del tutto ipotetiche, sia nell'an che nel quantum, così da privare la censura, fondata in definitiva sulla reclamata evidenza di un dato economico del tutto incerto e indimostrato, della necessaria attendibilità.

Tale conclusione si rafforza ulteriormente quando si passino a considerare i costi della formazione, la cui effettiva e ben minore incidenza va rapportata alla presenza in servizio di personale esperto, riassorbito dalla precedente gestione, il cui bisogno formativo può dunque essere ridotto al mero apprendimento delle procedure introdotte dal nuovo datore di lavoro, apprendimento suscettibile di essere somministrato sul campo, durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, con la notevole riduzione se non l'azzeramento degli oneri conseguenti.

Analoghi rilievi possono esseri ripetuti in riferimento alle spese per i materiali e per i macchinari, il cui impatto, in sé modesto, può essere agevolmente compensato dal reimpiego di beni strumentali già presenti nel compendio aziendale.

4.3. Quanto infine alla contestata assenza di un utile di impresa si deve osservare come la qualificazione di organizzazione non lucrativa di utilità sociale, propria della controinteressata, oltre a produrre favorevoli ricadute fiscali e previdenziali, originate dall'esenzione dal pagamento dell'IRAP sul reddito d'impresa e da importanti sgravi contributivi (fattori che incrementano dunque l'ammontare netto dell'utile), consente di prescindere dall'orientamento giurisprudenziale, evocato dalla ricorrente, "che considera inattendibili le offerte prive di un margine di utile", orientamento che non può essere ritenuto "estensibile, per mancanza della ratio che lo spiega e lo giustifica, all'ipotesi in cui la proposta economica sia formulata da soggetti costituzionalmente non animati da uno scopo di lucro, quali le Onlus e le cooperative sociali", ossia da soggetti che non operano sul mercato in una logica strettamente economica. Per tali soggetti, "l'obbligatoria indicazione di un utile d'impresa si tradurrebbe in una prescrizione incoerente con la relativa vocazione non lucrativa, con l'imposizione di un'artificiosa componente di onerosità della proposta. Ne deriva che, diversamente da quanto accade per gli enti a scopo di lucro, l'offerta senza utile presentata da un soggetto che tale utile non persegue non è, solo per questo, anomala o inaffidabile in quanto non impedisce il perseguimento efficiente di finalità istituzionali che prescindono da tale vantaggio stricto sensu economico" (così testualmente C.d.S., Sez. V, n. 84 del 2015).

Alla luce dell'insegnamento richiamato, la possibile (ma a ben vedere non provata) assenza di un margine adeguato, specie allorché debbano ritenersi esclusi fenomeni di deflazione salariale o di dumping sociale (dei quali la ricorrente non fa, invero, alcuna menzione), non può dunque dare luogo ad alcuna conseguenza espulsiva né costituire il presupposto per l'attivazione di un giudizio di anomalia, essendo connaturale alla costruzione giuridica dell'ente non lucrativo, afferente alla cooperativa controinteressata, il perseguimento di finalità sociali, quali l'avviamento al lavoro di soggetti svantaggiati, che non sono necessariamente collegate alla realizzazione di un utile d'impresa (o che, piuttosto, incrementano l'utile in senso lato, permettendo di raggiungere quegli obiettivi solidaristici che costituiscono l'oggetto lecito e, come tale, meritevole di apprezzamento giuridico, degli enti appartenenti al c.d. "Terzo settore").

5.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, pur dando atto che l'offerta della controinteressata non può essere ritenuta di per sé anomala, ma rilevando che essa è assai prossima alla soglia, raggiunta la quale l'art. 97, 3° comma, d.lgs. n. 50 del 2016, impone la verifica di anomalia (il che alimenterebbe ulteriormente i dubbi sollevati sulla sua congruità), ne reclama la sottoposizione alla procedura di verifica facoltativa, ai sensi del successivo 6° comma.

5.2. La censura è infondata.

Non si ravvisano infatti i presupposti per la valutazione della congruità dell'offerta ai sensi del comma 6 dell'art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, "in quanto la facoltà di procedere comunque alla valutazione della congruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica riconosciuta dalla legge alle Amministrazioni aggiudicatrici, sindacabile esclusivamente in presenza di macroscopica illogicità, irragionevolezza, inadeguatezza dell'istruttoria, o travisamento del dato fattuale" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, n. 1510 del 2020).

La scelta di sottoporre l'offerta a verifica facoltativa di anomalia è infatti rimessa all'ampia discrezionalità della stazione appaltante, che la dispone soltanto laddove, in base ad elementi specifici, l'offerta appare anormalmente bassa.

Si configura, pertanto, una valutazione ampiamente discrezionale, che non richiede un'espressa motivazione e che risulta sindacabile soltanto laddove emergano palesi vizi di irragionevolezza o di illogicità (cfr., fra le altre, C.d.S., Sez. III, n. 3329 del 2015, nonché T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, n. 6248 del 2020); vizi che, nella fattispecie, non possono essere ricondotti, come ritiene erroneamente l'impresa ricorrente, né ad una ipotizzata (e come visto poc'anzi indimostrata) sottovalutazione della componenti di costo, immanenti all'assunzione del servizio, né alla prossimità dell'importo offerto, quale corrispettivo del servizio, alla soglia di anomalia, la quale, indiscutibilmente, non risulta superata.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono regolate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite (nell'ammontare totale di euro 5.000,00) rispettivamente a favore della Cooperativa Sociale Libertà Onlus, nella misura di euro 2.500,00, nonché della Città Metropolitana di Venezia e del Comune di Dolo, nel complessivo importo di euro 2.500,00, oltre ad oneri previdenziali ed Iva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.