Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 2 dicembre 2020, n. 7640

Presidente ed Estensore: Santoro

FATTO E DIRITTO

1. Gli appellanti sono genitori di minori iscritti presso l'Istituto resistente, scuola primaria avente un modello scolastico a tempo prolungato di 30 ore, cui si aggiungono quattro rientri pomeridiani obbligatori (lunedì, martedì, giovedì e venerdì) agevolati dall'istituzione di un servizio mensa e trasporto scuolabus offerti dai Comuni interessati, come indicato nel piano triennale dell'offerta formativa.

Gli stessi avevano impugnato in primo grado le deliberazioni del Consiglio di istituto n. 18 del 28 maggio 2019 e n. 28 del 29 giugno 2019, con richiesta di accertamento del diritto dei figli dei ricorrenti a consumare alimenti di preparazione domestica nel locale adibito a refettorio, senza divisioni e discriminazioni, sotto la vigilanza e con l'assistenza educativa dei docenti, per condividere i contenuti educativi connessi al tempo mensa.

L'Istituto resistente, scuola primaria del Comune cit., aveva adottato un orario prolungato di 30 ore, con quattro rientri pomeridiani obbligatori e un servizio mensa e trasporto scuolabus.

Gli appellanti avevano però rifiutato di aderire al servizio di ristorazione collettiva fornito dal Comune presso l'edificio polifunzionale comunale di cui disponeva.

Con i provvedimenti impugnati tuttavia l'Istituto ha vietato l'esercizio dell'autorefezione nei confronti dei soli figli dei richiedenti della scuola primaria.

Di qui il ricorso al TAR Brescia, per accertare il diritto dei minori figli dei ricorrenti ad essere ammessi a consumare alimenti di preparazione domestica nel locale adibito a refettorio, unitamente e contemporaneamente ai compagni di classe, sotto la vigilanza e con l'assistenza educativa dei docenti, e per la conseguente condanna dell'Istituto scolastico.

A seguito della sentenza di rigetto del TAR, qui appellata, i ricorrenti hanno reiterato in questo grado le medesime doglianze, deducendo in sintesi che la posizione giuridica azionata avrebbe consistenza di diritto soggettivo e che, anche se tale situazione giuridica soggettiva dovesse ritenersi di interesse legittimo, l'Amministrazione potrebbe solo organizzare l'autorefezione ma non vietarla.

Con l'appello sono riproposti, in quattro gruppi di censure, tutti i motivi già svolti in primo grado. Le parti intimate si sono costituite ed hanno controdedotto puntualmente al gravame chiedendone il rigetto.

2. L'appello merita accoglimento.

La posizione giuridica soggettiva azionata dagli odierni appellanti deve qualificarsi di interesse legittimo, secondo quanto ritenuto dalla Sezione nelle sentenze nn. 5792 e 5839 del 5 ottobre 2020, dovendosi conseguentemente riconoscere in capo a ciascun Istituto scolastico una vera e propria potestà organizzativa, nell'ambito delle disposizioni vigenti, in merito al servizio prestato nei confronti degli allievi e delle loro famiglie, implicante motivate valutazioni discrezionali in ordine, tra l'altro, alle modalità della relativa prestazione, che possano renderne sicuro ed efficiente lo svolgimento, nel bilanciamento dei contrapposti interessi ed all'esito di un'adeguata istruttoria.

Ed è appena il caso di rilevare che, nella specie, l'emergenza epidemiologica in atto ormai dall'inizio dell'anno, imporrà di adeguare attentamente, sotto il profilo igienico-sanitario, e attrezzare l'organizzazione scolastica in relazione all'eccezionale situazione, anche e soprattutto con particolare attenzione al servizio di mensa per gli alunni, che in ipotesi potrebbe in questa contingenza risultare addirittura avvantaggiato dalla soluzione proposta dagli appellanti, dato che il pasto da casa passa evidentemente per le mani dei soli genitori.

3. Il Legislatore è intervenuto più volte, dal 1999, a disciplinare il servizio delle mense scolastiche: ad es. con la l. 23 dicembre 1999, n. 488, che all'art. 59 raccomanda di utilizzare nelle mense scolastiche prodotti biologici, tipici e tradizionali e a denominazione protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell'Istituto nazionale della nutrizione; oppure la l. 27 dicembre 2002, n. 289, il cui art. 35 affida ai collaboratori scolastici l'accoglienza e la sorveglianza degli alunni e l'ordinaria vigilanza e assistenza agli alunni durante la consumazione del pasto nelle mense scolastiche; o la l. 18 agosto 2015, n. 141, il cui art. 6 impone alle istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche di procedere alla relativa gestione mediante "appalti verdi"; o l'art. 13 l. 1° dicembre 2015, n. 194 e l'art. 10 l. 19 agosto 2016, n. 166, che rispettivamente attribuiscono alle mense scolastiche un ruolo nella tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare e nella lotta agli sprechi di cibo, o col promuovere, a decorrere dall'anno scolastico 2017/2018, il consumo di prodotti biologici e sostenibili per l'ambiente, nell'ambito dei servizi di refezione scolastica; o l'art. 62, comma 5-bis, del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, che impone ancora una volta il consumo di prodotti biologici e sostenibili per l'ambiente, nell'ambito dei servizi di refezione scolastica.

4. Tutte queste disposizioni, soprattutto quelle di fonte primaria, dimostrano in modo univoco che l'interesse pubblico connesso all'esercizio delle mense scolastiche trascende quello dei singoli utenti, allievi delle varie istituzioni scolastiche che le ospitano, per interessare il più vasto ambito della salute e dell'economia nazionali. In altri provvedimenti, del resto, gli affidamenti dell'esercizio delle mense scolastiche sono esattamente definiti concessioni di servizi pubblici locali di rilevanza economica, e i relativi capitolati contratti di servizio (così p. es. nella Conferenza unificata, Accordo 26 settembre 2013, n. 94/CU, pubblicato nella G.U. 29 ottobre 2013, n. 254, sulle "Linee guida relative ai criteri da applicare per individuare i principi e gli elementi minimi da inserire nei contratti di servizio e nelle carte di qualità dei servizi pubblici locali ... ai sensi dell'art. 2, comma 461, della legge 24 dicembre 2007, n. 244").

Secondo le linee guida stabilite in tali provvedimenti, la ristorazione scolastica non è soltanto semplice soddisfacimento dei fabbisogni nutrizionali, ma anche educazione e promozione della salute dei bambini, coinvolgente anche i docenti e i genitori attraverso la promozione di abitudini alimentari corrette, mentre la relativa vigilanza compete alle ASL (Servizi igiene alimenti e nutrizione), e agli enti locali e agli istituti scolastici spetta organizzare il servizio secondo le rispettive necessità. Al gestore invece è fatto carico di svolgere il servizio nel rispetto della normativa vigente e degli impegni contrattuali circa gli standard qualitativi previsti.

Inoltre, in varie circolari degli Uffici scolastici regionali, e segnatamente nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 3 marzo 2017, prot. n. 348, si accenna alla possibilità di "autorefezione", senza però chiarirne esattamente, entro un quadro compiuto ed esauriente, limiti e condizioni.

5. Con riferimento all'oggetto dell'impugnativa avanzata nel giudizio, si rileva che la deliberazione n. 18 del Consiglio di istituto del 28 maggio 2019, pur accogliendo le richieste di pasto domestico presso la scuola secondaria di primo grado, ha respinto quelle degli appellanti, sui seguenti rilievi:

a) il modello scolastico "modulare", diverso dal tempo pieno, di 30 ore settimanali, escluderebbe il tempo mensa; b) non vi sarebbe personale A.T.A. per le mansioni di preparazione e pulizia del locale mensa; c) negli edifici dell'Istituto non vi sarebbero locali mensa/refettori, né luoghi diversi ed idonei da destinare all'autorefezione, privi di frigoriferi e forni; d) vi sarebbero quindi rischi igienico-sanitari, allergie, e/o di contaminazione alimentare, con possibili conseguenze sulla salute degli alunni in mancanza di linee guida ministeriali sulla consumazione del pasto domestico.

Con la successiva deliberazione 29 giugno 2019, n. 28, il Consiglio di istituto aveva poi stabilito che, se il Comune avesse accolto le richieste di riunire in unico locale gli alunni aderenti alla mensa comunale e quelli con il pasto da casa, non sarebbe stata assicurata la vigilanza degli allievi non aderenti al servizio mensa.

6. Contro queste delibere sono state avanzate censure essenzialmente incentrate sulla ingiustificata limitazione delle libertà individuali, in assenza di dimostrate e proporzionate ragioni ostative, anche con riferimento alle caratteristiche del locale nella specie adibito alla refezione (spazio polifunzionale messo a disposizione dal Comune e destinato al "tempo mensa"), ritenuto dai genitori appellanti idoneo per tutte le tipologie di pasti, compresi quelli da casa.

È stata inoltre vibratamente contestata la determinazione dell'Istituto resistente di non farsi carico della vigilanza degli allievi non aderenti al servizio mensa, deducendosi la violazione sia dell'art. 7, quarto comma, del d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, secondo cui, "allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, ... nonché l'assistenza educativa da parte del personale docente nel tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa (...) è costituito l'organico di istituto", sia della circolare n. 29/2004 che aggiunge all'orario riservato alla didattica vera e propria, quello dedicato al servizio mensa e dopo mensa; sia dell'art. 131, settimo comma, del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (t.u. dell'istruzione), secondo cui "nell'orario di insegnamento ... è compresa l'assistenza educativa svolta nel tempo dedicato alla mensa", oltre che dell'art. 26, comma 10, del CCNL, secondo il quale il servizio di mensa rientra a tutti gli effetti nell'orario di attività didattica.

7. Tali censure sono fondate.

Da quanto riportato nelle citate disposizioni, si ricava che la vigilanza, durante il tempo mensa, deve essere affidata in ogni caso al personale insegnante, dato che nell'orario obbligatorio è compreso anche quello dedicato alla refezione.

Il servizio di mensa scolastica è definibile, in base alle disposizioni vigenti, non soltanto "facoltativo a domanda individuale" (così il d.m. 31 dicembre 1983 del Ministero dell'interno, recante "Individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale", pubblicato nella G.U. 17 gennaio 1984, n. 16, che al n. 10 definisce tali le mense, comprese quelle ad uso scolastico), ma anche come strumentale all'attività scolastica e tuttavia strettamente collegato al diritto all'istruzione (il d.lgs. 13 aprile 2017, n. 63, all'art. 6 dispone infatti per i servizi di mensa, che "... laddove il tempo scuola lo renda necessario, alle alunne e agli alunni delle scuole pubbliche dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado sono erogati, nelle modalità di cui all'articolo 3, servizi di mensa, attivabili a richiesta degli interessati ... nei limiti dell'organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati").

La richiesta di consumare individualmente il proprio pasto in linea di principio deve dunque ammettersi e può essere accolta, seppure secondo modalità che favoriscano la socializzazione degli alunni, ma soprattutto ne azzerino i rischi in materia di salute e sicurezza, in applicazione analogica dell'art. 26, quinto comma, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (su tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), ed in ogni caso sotto la vigilanza del corpo docente.

8. I provvedimenti impugnati in primo grado debbono quindi essere annullati, poiché non colgono esattamente questa necessità motivazionale, muovendo da erronee premesse opposte ai richiedenti l'esonero come aprioristicamente preclusive, riassunte nei quattro gruppi di argomenti sopra ricordati ([a)] il modello scolastico "modulare", diverso dal tempo pieno, di 30 ore settimanali, escluderebbe il tempo mensa; b) non vi sarebbe personale A.T.A. per le mansioni di preparazione e pulizia del locale mensa; c) negli edifici dell'Istituto non vi sarebbero locali mensa/refettori, né luoghi diversi ed idonei da destinare all'autorefezione, privi di frigoriferi e forni; d) vi sarebbero quindi rischi igienico-sanitari, allergie, e/o di contaminazione alimentare, con possibili conseguenze sulla salute).

Nessuno di questi argomenti è fondato o rilevante.

Difatti, quanto al punto a), va ricordato che nella specie l'orario in questione prevedeva quattro rientri; quanto ai punti b) e c), è ovvio ritenere che il personale ATA e gli spazi per la mensa, se sono sufficienti per coloro che ne utilizzano i servizi, lo saranno anche per chi fa autorefezione; quanto al punto d), sui rischi igienico-sanitari, si è già detto che l'argomento non è decisivo.

Quanto all'altro provvedimento, la intimazione di escludere dalla vigilanza chi sceglie l'autorefezione è viziata per relationem ed oltretutto gravemente illogica.

La sentenza appellata deve pertanto essere integralmente riformata.

Le spese di giudizio debbono tuttavia essere compensate, in ragione sia delle oscillazioni della pur recente giurisprudenza in materia dei Giudici ordinari ed amministrativi (v. p. es. Corte di appello di Torino, n. 1059 del 21 giugno 2016; Cass., Sez. un., n. 20504 del 30 luglio 2019; T.A.R. Lazio, n. 6918 del 25 ottobre 2019; C.d.S., Sez. V, n. 5156 del 3 settembre 2018, e Sez. VI, nn. 5792 e 5839 del 5 ottobre 2020), sia della rilevata lacuna normativa e regolatoria sull'argomento.

Tutte le censure e le contrapposte controdeduzioni non espressamente esaminate sono state dal Collegio ritenute non rilevanti ai fini della decisione e sono comunque inidonee a supportare una conclusione di tipo diverso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.

Spese compensate di entrambi i gradi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1, 2 e 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 6, § 1, lett. f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in caso di riproduzione in qualsiasi forma, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare il medesimo interessato riportato nella sentenza o nel provvedimento.

L. Di Paola (cur.)

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