Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 9 dicembre 2020, n. 7795

Presidente: Santoro - Estensore: Gambato Spisani

FATTO E DIRITTO

1. Esiste a Siurgus Donigala, in via Roma 169, un immobile, distinto in catasto al foglio 18 mappale 576, composto da un blocchetto a due piani, che comprende un locale commerciale al piano terra ed un'abitazione al piano superiore, e da un garage adiacente.

2. L'allora marito della ricorrente appellante, il Sebastiano L. citato come controinteressato, ha a suo tempo ottenuto una concessione edilizia, atto 10 maggio 1988, n. 18, per trasformare il tetto del garage, in origine spiovente, in un lastrico solare, che si è venuto a trovare al livello del pavimento dell'abitazione al primo piano, ed è stato utilizzato come terrazzo a servizio di quest'ultima, aprendovi una porta di comunicazione (doc. 5 in I grado ricorrente appellante, concessione citata; la conformazione dei luoghi è descritta nel ricorso di I grado ed è incontestata come fatto storico).

3. Poiché successivamente i coniugi si sono separati, la ricorrente appellante è rimasta assegnataria dell'abitazione, come casa coniugale, e subito dopo ha incominciato a subire una serie di contestazioni da Adriana L., anch'ella citata come controinteressata e verosimilmente sorella dell'ex marito, la quale le ha contestato il diritto di accedere alla terrazza (fatti storici pacifici, v. ricorso di I grado).

4. Di conseguenza, la ricorrente appellante ha presentato il giorno 2 agosto 2012 al prot. n. 2614 del Comune intimato appellato una domanda di accertamento di conformità relativa a lavori eseguiti nel fabbricato in questione, e consistenti nella chiusura di una veranda, nella creazione di un nuovo locale adibito a lavatoio, in diverse bucature esterne e, in particolare per quanto qui interessa, nell'apertura della porta di accesso di cui si è detto.

5. Con il provvedimento 17 ottobre 2012, la ricorrente appellante ha però ricevuto un diniego, che in motivazione osserva anzitutto come ella non avrebbe titolo all'apertura della porta, dato che "la terrazza in argomento risulta essere di proprietà della signora L. Adriana, giusto atto pubblico di donazione accettata rep. n. 38498/10889 del 20 dicembre 2006 a rogito del notaio dott. Alberto Luciano". Ciò premesso, il provvedimento ritiene non concedibile una sanatoria parziale, relativa ai lavori diversi dall'apertura della porta, perché il progetto presentato sarebbe unitario e quindi "nella considerazione unitaria e globale della costruzione l'accertamento di conformità deve riguardare l'opera nella sua interezza" (doc. 1 in I grado ricorrente appellante, diniego).

6. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso proposto dall'interessata contro tale provvedimento, osservando che l'apertura della porta, come non contestato, interessa un muro di sua proprietà, a nulla rilevando, sotto il profilo urbanistico edilizio, che essa possa consentire l'accesso ad una proprietà altrui.

7. Contro questa sentenza, il Comune ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico motivo di travisamento del fatto: la sentenza impugnata avrebbe errato nel non considerare che l'apertura della porta non solo dà accesso ad una proprietà altrui, ma realizzerebbe anche un abuso edilizio, consistente nel cambio di destinazione d'uso da lastrico solare a terrazza del tetto del garage in questione.

8. La ricorrente appellata ha resistito, con memoria 2 ottobre 2014, e chiesto che l'appello sia dichiarato inammissibile, perché la questione relativa al cambio di destinazione del lastrico sarebbe nuova, e comunque respinto nel merito.

9. Con memoria 23 ottobre 2020, il Comune ha ribadito le proprie difese, osservando che nel corso di questo processo è intervenuta la sentenza T. Cagliari 10 gennaio 2020, n. 1072, da cui risulta che proprietaria della terrazza non è la ricorrente appellata.

10. All'udienza del 27 novembre 2020, fissata su rinvio della precedente del 13 marzo 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.

11. In via preliminare, va respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello proposta dalla ricorrente appellata, perché in effetti la difesa del Comune non ha dedotto alcuna questione nuova. L'affermazione per cui l'opera per cui è causa, ovvero l'apertura della porta, realizzerebbe un "cambio di destinazione d'uso" della copertura del garage appare svolta solo per meglio argomentare la propria tesi. Da un lato, è certo che un'operazione di questo tipo non realizza un cambio d'uso in senso tecnico, come previsto dall'art. 23-ter del t.u. 6 giugno 2001, n. 380, che per essere tale deve interessare, a parte ogni altra considerazione, un intero immobile o per lo meno una unità immobiliare. Dall'altro, la questione che rileva ai fini del decidere non cambia, trattandosi di stabilire se sia possibile o no aprire una porta sull'altrui proprietà senza il consenso del proprietario interessato.

12. Ad avviso del Collegio, la risposta è negativa, e ciò comporta che l'appello sia fondato nel merito.

12.1. Ai sensi dell'art. 11 del t.u. 380/2001, il permesso di costruire "è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo", e quest'ultima ipotesi copre sia il caso di chi intende costruire sul terreno sul quale abbia un diritto reale minore, che lo consenta, sia il caso che qui interessa, di costruzione che interessa l'immobile altrui. In tal caso, per ottenere il titolo non è necessario un diritto reale sulla cosa altrui, essendo sufficiente un diritto anche di natura obbligatoria, fermo però che un diritto di qualche natura ci deve essere. Questa conclusione non cambia di fronte ad un intervento come quello per cui è causa, in cui ci si limita ad aprire un varco che consente di accedere al bene altrui: il fatto che esso non sia materialmente interessato dalla costruzione non rileva, nel momento in cui si consente l'accesso indebito ad un terzo.

12.2. In una situazione di questo tipo, come correttamente sostiene l'appellante, il Comune ha il potere e il dovere di verificare se esista l'assenso alle opere da parte del terzo interessato, e in caso negativo di denegare il rilascio del titolo edilizio, in questo caso del titolo in sanatoria, perché diversamente concorrerebbe, in definitiva, a realizzare un illecito civile, nelle forme della molestia all'altrui diritto: sul principio, per tutte C.d.S., Sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6529, pronunciata su un caso analogo, di lavori che interessavano un bene in comproprietà senza il consenso di uno dei contitolari.

13. In conclusione, l'appello va accolto e la sentenza di I grado va riformata, con reiezione del ricorso di I grado, come in dispositivo.

14. La particolarità del caso deciso è giusto motivo per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 5520/2014), lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di I grado (TAR Sardegna n. 76/2013).

Spese dell'intero giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.