Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 17 novembre 2020, n. 9943
Presidente: Aceto - Estensore: Gentili
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 20 settembre 2019, il Tribunale di Brescia ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M. Giovanni Angelo in ordine ai reati a suo carico contestati, si trattava della violazione dell'art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere omesso, in qualità di titolare di ditta individuale, di presentare la dichiarazione dei redditi relativamente all'anno di imposta 2008, e della violazione dell'art. 10 del medesimo decreto legislativo, per avere, nella citata qualità, occultato o distrutto le scritture contabili e la documentazione la cui conservazione è, invece, obbligatoria, relativamente agli anni di imposta 2008 e 2009, in quanto gli stessi erano estinti per prescrizione.
Ha interposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia, il quale ha dedotto la violazione di legge in cui sarebbe incorso il Tribunale di Brescia, il quale non avrebbe considerato che, a mente di quanto previsto dagli artt. 159, ultimo comma, e 161, secondo comma, c.p., il termine prescrizionale dei reati contestati era rimasto sospeso per effetto della ordinanza di sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. per un termine tale da non far maturare, alla data di pronunzia della sentenza impugnata, la prescrizione dei delitti contestati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è risultato infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Deve, onde meglio precisare i termini della vicenda, darsi atto della circostanza che nella motivazione della sentenza impugnata il Tribunale di Brescia ha riferito che il processo a carico del M., chiamato alla udienza del 14 dicembre 2016, era stato in quella data sospeso, ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p., stante la irreperibilità dell'imputato.
Tale sua condizione era stata confermata, dato l'infruttuoso svolgimento di nuove ricerche dello stesso disposte con cadenza annuale, e per tale motivo era stata confermata la sospensione del processo, sino alla data del 20 settembre 2019, data in cui, su conforme richiesta anche della pubblica accusa, era stata emessa la sentenza ora impugnata.
Le ragioni del ricorso proposto dalla locale Procura generale possono essere compendiate nella questione interpretativa del combinato disposto degli artt. 159, ultimo comma, 161, secondo comma, c.p. e 420-quater c.p.p.
Infatti, mentre il Tribunale ha espressamente ritenuto che l'art. 159, ultimo comma, c.p. debba essere inteso, laddove esso prevede che, in caso di sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p., il termine prescrizionale, soggetto a differimento non oltre i termini di cui al comma secondo dell'art. 161 c.p. (la sentenza, per un evidente quanto non rilevante, poiché palesemente emendabile, refuso redazionale, richiama a tale proposito il codice di rito e non quello sostanziale), possa essere prolungato solo di un ulteriore quarto del tempo ordinariamente necessario per la prescrizione del reato o, comunque, solo nelle diverse misure additive previste dalla citata disposizione in funzione o della tipologia del reato o del fatto che a carico dell'imputato sia stata ritenuta la recidiva aggravata, l'impugnante Procura generale ha invece optato, esponendola nel proprio ricorso, per la diversa interpretazione secondo la quale, allorché l'art. 159, secondo comma, c.p. prevede che, in caso di sospensione del processo ex art. 420-quater c.p.p., la durata della sospensione della prescrizione non può superare i termini di cui al secondo comma dell'art. 161 c.p., questi ultimi devono intendersi riferiti all'intero periodo massimo di prescrizione del reato, cioè il periodo ordinario maggiorato di un quarto in presenza di uno dei fattori interruttivi elencati dall'art. 160 c.p. ovvero nella diversa misura a cagione del reato contestato o della qualifica di recidivo attribuita all'imputato.
Posto che, per effetto di tale interpretazione, il differimento massimo della prescrizione, in caso di sospensione del processo ex art. 420-quater c.p.p., sarebbe, in caso di delitto del tipo di quelli contestati al M., non recidivo, pari due volte anni 7 e mesi 6, al momento della celebrazione del giudizio di fronte al Tribunale di Brescia detto termine ancora non era integralmente spirato.
Siffatta interpretazione non è, tuttavia, accettabile, dovendosi, invece, ritenere corretta quella operata dal Tribunale di Brescia.
Essa è, infatti, quella che più pianamente corrisponde al senso letterale delle espressioni usate dal legislatore.
Ed infatti, si osserva che l'art. 159, ultimo comma, c.p. introdotto a seguito della entrata in vigore della l. n. 67 del 2014, che, all'art. 12, comma 2, lo ha inserito a mo' di novella, prevede espressamente che: "Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale (... id est: in caso di sospensione del processo per assenza dell'imputato nei confronti del quale non sia possibile procedere al rinnovo della notificazione dell'avviso di udienza ai sensi dell'art. 420-quater, comma 1, c.p.p. ...) la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 del presente codice".
Ove si vada a verificare il contenuto della norma richiamata, cioè il secondo comma dell'art. 161 c.p., si rileva che tale disposizione prevede esclusivamente i limiti temporali massimi di differimento cui possa essere sottoposto, ricorrendo circostanze particolari, il termine ordinario di prescrizione in caso di fattori interruttivi della medesima, mentre il termine di questa, cioè il termine prescrizionale ordinario, è stabilito in via generale da altra disposizione codicistica, vale a dire, come è noto, l'art. 157, comma 1, c.p. che, per effetto della riforma entrata in vigore con la l. n. 251 del 2005, lo parametra, salva la soglia minima dei 4 anni per le contravvenzioni e dei 6 anni per i delitti, alla massima pena detentiva edittale prevista per ogni singolo reato.
La circostanza che il legislatore abbia inteso fare riferimento ai soli "termini previsti dal secondo comma dell'art. 161" c.p., senza alcun riferimento al "tempo" necessario per la prescrizione indicato, invece, all'art. 157, comma 1, c.p., induce a ritenere non giustificata la interpretazione dilatatrice, invece propugnata dalla ricorrente Procura generale.
Oltre al dato letterale, induce a ritenere più corretta la interpretazione sostenuta dal Tribunale di Brescia anche un dato di tipo logico.
Ove, infatti, si ritenesse corretta la interpretazione seguita [d]alla ricorrente Procura generale si otterrebbe il risultato di differire in misura macroscopica (raddoppiandone letteralmente la durata) il termine prescrizionale applicabile ai singoli reati solo in funzione della circostanza - non determinata da una condotta ascrivibile ad una libera scelta dell'imputato, posto che, diversamente, si sarebbe potuto procedere in sua assenza ai sensi dell'art. 420-bis, comma 2, c.p.p. - che questi non era stato in condizione di partecipare al processo a suo carico, rendendo, in tal modo, la sua posizione ingiustificatamente deteriore rispetto a quella del prevenuto che abbia assicurato la sua presenza ovvero si sia deliberatamente disinteressato di partecipare al giudizio.
Peraltro, al medesimo risultato dianzi esposto è già, in passato, pervenuta questa Corte allorché ha lapidariamente sostenuto che all'aumento del termine ordinario di prescrizione dovuto alla presenza di fattori interruttivi deve essere sommato, ex art. 420-quater c.p.p., un ulteriore termine "in misura non superiore, anche in questo caso, al quarto del termine ordinario" (Corte di cassazione, Sezione II penale, 17 aprile 2020, n. 12413).
Non essendo, pertanto, ravvisabile alcuna violazione di legge nell'operato del Tribunale di Brescia, il ricorso proposto deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Depositata il 15 marzo 2021.