Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 13 gennaio 2021, n. 27

Presidente: De Nictolis - Estensore: Gaviano

FATTO E DIRITTO

1. La s.r.l. Magico con ricorso al T.A.R. per la Sicilia notificato il 2 ottobre 2017 e ritualmente depositato impugnava il provvedimento n. 52976 del 18 luglio 2017 dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente - Dipartimento regionale dell'ambiente - Area 2 - Coordinamento U.T.A., che aveva respinto la sua istanza del 26 novembre 2014 di concessione demaniale marittima.

La ricorrente premetteva di essere stata autorizzata con provvedimento dell'11 ottobre 2012 al subingresso nella concessione demaniale n. 388 del 2007, avente a oggetto un'area di mq. 100 in località Torre Conca del Comune di Pollina da adibire a servizi per la balneazione, concessione rinnovata il 27 marzo 2015 e prorogata poi ope legis al 31 dicembre 2020.

Successivamente, la stessa società con l'istanza del 26 novembre 2014 aveva chiesto, ai sensi dell'art. 24 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, di essere autorizzata ad adeguare la concessione alle norme igienico-sanitarie e al decreto dell'Assessorato del territorio e dell'ambiente del 4 luglio 2011, e, soprattutto, ad ampliare l'area concessa di mq. 2.552,23 (successivamente ridotti a mq. 1.997,00) per la sistemazione di sedie a sdraio e ombrelloni.

L'Assessorato regionale, previo preavviso di rigetto del 25 maggio 2017, con il provvedimento del 18 luglio 2017 aveva però rigettato tale istanza.

A fondamento dell'impugnativa l'istante deduceva motivi così rubricati:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del codice della navigazione approvato con r.d. n. 327 del 1942; degli artt. 18 e 24 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione approvato con d.P.R. n. 328 del 15 febbraio 1952; dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990; dell'art. 3 della l.r. n. 10 del 1991; dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere sotto i profili dell'erroneità dei presupposti; del difetto di motivazione e di istruttoria; della carenza dei presupposti; dell'illogicità; dello sviamento della causa tipica.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 6, 7, 10 e 10-bis della l. 241 del 1990; degli artt. 3, 6, 8, 9, 10, 11 e 11-bis della l.r. n. 10 del 1991. Violazione dei diritti partecipativi; del dovere di leale collaborazione con il privato; dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, non aggravamento e giusto procedimento.

In estrema sintesi, la ricorrente si doleva di una carenza d'istruttoria e di motivazione, nonché di una violazione delle garanzie procedimentali.

Resisteva all'impugnativa l'Assessorato regionale, la cui difesa ne chiedeva il rigetto in quanto infondata.

Analoga posizione veniva assunta dal Comune di Pollina, intervenuto ad opponendum.

La società con successivo atto di motivi aggiunti, notificato il 18 luglio 2018, impugnava anche il provvedimento dello stesso Assessorato regionale di cui al D.R.S. n. 290 del 22 maggio 2018, che sulla base della nota del Comune di Pollina n. 9659 del 15 febbraio 2018 l'aveva dichiarata decaduta dalla concessione demaniale n. 399/2012 ai sensi delle clausole nn. 15 e 17 della concessione n. 388/2006 e dell'art. 47, lett. a, b ed f, del codice della navigazione, con la motivazione che il titolo non era mai stato attivato, e comunque non erano mai state rilasciate le autorizzazioni necessarie per la gestione dello stabilimento balneare.

Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 12 ottobre 2018, la soc. Magico impugnava, infine, il decreto n. 538 del 14 agosto 2018 col quale l'Assessorato aveva rilasciato al medesimo Comune di Pollina, ai sensi dell'art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, la concessione demaniale marittima per un'area estesa complessivamente mq. 3.000 di superficie (dei quali mq. 1.725,00 di area scoperta e mq. 1.275,00 di area coperta con opere di facile rimozione) sulla spiaggia a ovest di capo Raisi Gerbi del Comune.

A base di quest'ultimo atto la ricorrente formulava motivi d'impugnativa così schematizzabili:

1) Invalidità derivata.

2) Violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili: in particolare, si deduceva che la nuova concessione non avrebbe potuto essere rilasciata, in quanto incompatibile con quella della ricorrente; e che il richiamato art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione non era applicabile agli enti locali, e comunque richiedeva la destinazione temporanea ad altri usi pubblici, laddove il Comune intendeva affidare l'area in gestione a privati;

3) Violazione di legge ed eccesso di potere sotto altri profili, allegando che avrebbe dovuto essere valutata anche la domanda di ampliamento presentata per le medesime aree dalla ricorrente.

Il Comune di Pollina domandava il rigetto anche dei motivi aggiunti avversari, insistendo per la loro infondatezza.

2. All'esito del giudizio di primo grado il Tribunale adìto, con la sentenza n. 903/2020 in epigrafe, accoglieva il ricorso e i motivi aggiunti e annullava gli atti impugnati.

In estrema sintesi, il T.A.R. riteneva che:

- la decadenza della ricorrente dalla propria concessione demaniale era stata arbitrariamente disposta in violazione delle garanzie procedimentali e senza adeguata istruttoria;

- il rigetto dell'istanza di ampliamento proposta dalla stessa società era viziato da carenza istruttoria e di motivazione: tale istanza andava intesa quale domanda nuova e autonoma, sulla quale l'Assessorato regionale avrebbe dovuto determinarsi;

- il Comune avrebbe potuto ottenere l'assegnazione della concessione demaniale solo per destinare l'area in questione ad altri usi pubblici e non già per disporne a favore di privati terzi, nel qual caso avrebbe dovuto indire un'apposita procedura comparativa.

3. Seguiva avverso tale sentenza annullatoria la proposizione del presente appello da parte del Comune di Pollina, che riproponeva le proprie difese e sottoponeva a critica gli argomenti con cui il Tribunale aveva accolto l'impugnativa avversaria.

Contro la sentenza insorgeva anche l'Amministrazione regionale, che proponeva un appello incidentale.

Nella stessa direzione veniva spiegata, infine, anche un'opposizione di terzo mediante intervento ad adiuvandum da parte della s.p.a. Aeroviaggi, partner del Comune nell'iniziativa sull'area demaniale sulla base di un accordo tra loro concluso il 22 febbraio 2019.

L'originaria ricorrente resisteva agli appelli e all'opposizione, deducendone con separate memorie l'inammissibilità e l'infondatezza, e concludendo per la conferma della sentenza di prime cure. Essa riproponeva anche il terzo mezzo del secondo atto di motivi aggiunti, che il T.A.R. aveva assorbito.

Questo Consiglio con ordinanza 17-22 giugno 2020 accoglieva per quanto di ragione l'istanza cautelare proposta dal Comune di Pollina e dalla soc. Aeroviaggi, per l'effetto sospendendo interinalmente l'efficacia della sentenza appellata nella parte in cui aveva annullato il titolo concessorio rilasciato al primo, con la seguente motivazione:

"Rilevato che la complessità della controversia, che vede l'articolata sentenza in epigrafe sottoposta a contestazione da parte di tre soggetti distinti, rende chiaro come la sede naturale di trattazione dei suoi molteplici aspetti problematici - sostanziali e processuali, questi secondi soprattutto di legittimazione ad appellare - sia quella del giudizio di merito, la cui udienza pubblica conviene pertanto sin d'ora fissare nei termini di cui al seguente dispositivo;

Considerato, con riferimento all'assetto interinale della materia del contendere, che la ricorrente vittoriosa in prime cure non dispone, almeno allo stato, di un titolo amministrativo idoneo a permetterle un accesso al godimento dell'area demaniale in contesa, dovendo/potendo l'Amministrazione regionale ancora rideterminarsi sui temi oggetto del primitivo ricorso e del primo atto di motivi aggiunti, e per l'ulteriore ragione che alla stregua della sentenza di prime cure occorrerebbe, in sostanza, svolgere una procedura di valutazione comparativa tra gli aspiranti in lite;

Osservato, per contro, che le ragioni a base delle domande cautelari proposte dal Comune appellante nonché dalla soc. Aeroviaggi, le quali appaiono sorrette da una sufficiente prospettazione di periculum in mora e fumus boni iuris (anche grazie alle convergenti censure rivolte alla sentenza in epigrafe dall'Amministrazione regionale), sono invece suscettibili di una misura cautelare autoesecutiva, la quale pertanto può essere accordata nei limiti necessari a permettere, nelle more del giudizio, la prosecuzione delle attività di godimento dell'area sulla base del titolo a suo tempo rilasciato dalla Regione al Comune".

Nel prosieguo le parti appellanti ribadivano le loro conclusioni con successive note.

All'udienza del 17 dicembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. L'opposizione di terzo della soc. Aeroviaggi è inammissibile mentre gli appelli delle Amministrazioni comunale e regionale sono infondati.

5.a. Il Collegio deve preliminarmente pronunciarsi sull'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dall'originaria ricorrente avverso l'opposizione di terzo della soc. Aeroviaggi.

L'eccezione è fondata.

5.a.1. La società opponente radica la propria legittimazione esponendo:

- di aver partecipato alla procedura indetta dal Comune di Pollina mediante avviso pubblico, nell'anno 2017, per acquisire la disponibilità di operatori interessati all'attivazione di un partenariato pubblico/privato per la gestione delle attività connesse a una concessione demaniale marittima nella località Capo Rais Gerbi (titolo che sarebbe stato poi rilasciato al Comune mediante il già citato decreto regionale n. 538 del 2018);

- di avere stipulato con lo stesso Comune il relativo accordo di partenariato il successivo 22 febbraio 2019.

5.a.2. L'appellata fa correttamente notare, però, che la giurisprudenza, ai fini dell'accesso all'opposizione di terzo, esige la titolarità di una posizione soggettiva autonoma giuridicamente qualificata rispetto al thema decidendum, ed esclude pertanto la legittimazione di coloro che versino in una posizione collegata da un nesso di dipendenza o derivazione (o comunque meramente secondaria e accessoria) rispetto a quella di una delle parti in causa.

5.a.3. E invero questo Consiglio non può che ribadire, in relazione alla legittimazione a proporre l'opposizione di terzo, le analoghe considerazioni svolte in occasione della recente decisione 20 dicembre 2019, n. 1076.

"L'art. 108 c.p.a., che disciplina la figura dell'opposizione c.d. ordinaria (introdotta nell'ordinamento per effetto della sentenza della Corte costituzionale 17 maggio 1995, n. 177), stabilisce che 'un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi'.

Ciò posto, secondo la corrente giurisprudenza (C.d.S., Sez. III, 4 febbraio 2019, n. 861; 11 marzo 2019, n. 1619), come è noto, 'la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti della decisione del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va ... riconosciuta: a) ai controinteressati pretermessi; b) ai controinteressati sopravvenuti; c) ai controinteressati non facilmente identificabili; d) in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione, con esclusione, di conseguenza, dei titolari di un diritto dipendente, ovvero di soggetti interessati di riflesso (C.d.S., Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451; Ad. plen., n. 2 dell'11 gennaio 2007)'".

Più articolatamente, la giurisprudenza ha sviluppato in materia le seguenti puntualizzazioni.

"La proposizione dell'opposizione di terzo ordinaria contro una sentenza del giudice amministrativo, ancorché non passata in giudicato, è subordinata alla sussistenza di un pregiudizio, determinato dalla pronunzia impugnata, ai diritti o agli interessi legittimi del ricorrente. Il rimedio ha, infatti, il fine di tutelare il litisconsorte necessario pretermesso, ovvero il titolare di una situazione soggettiva autonoma e incompatibile con quella accertata nella sentenza e rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della pronunzia opposta (C.d.S., Ad. plen., 11 gennaio 2007, n. 2; C.d.S., IV, 31 marzo 2010, n. 1833; VI, 30 luglio 2008, n. 3812).

La legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo resa inter alios va, dunque, riconosciuta ai controinteressati pretermessi, nonché a quelli occulti (perché non facilmente identificabili) o sopravvenuti, non intervenuti nel processo, allorquando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un'omissione dovuta alla controparte, alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o a vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancanza di una corretta individuazione o di una espressa evocazione nella formalità degli atti. Tali soggetti, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, sono nondimeno portatori di un interesse qualificato al mantenimento dell'atto impugnato: interesse che, di conseguenza, risulta travolto direttamente dall'annullamento dell'atto stesso; sicché l'attuazione del comando contenuto nella sentenza sarebbe ontologicamente incompatibile rispetto ad una coesistenza, sul piano sostanziale, dei due ordini di interessi propri del ricorrente e dell'opponente (in tal senso cfr. C.d.S., III, 16 dicembre 2013, n. 6014; V, 23 maggio 2013, n. 2390). Si deve invece escludere la legittimazione attiva all'opposizione di terzo ordinaria di coloro la cui situazione giuridica sia collegata da un rapporto di dipendenza o di derivazione con quella di altri soggetti parti in causa; allo stesso modo va esclusa la legittimazione ad agire dei soggetti interessati solo di riflesso: rispetto a tali categorie difetta, infatti, il requisito dell'autonomia della posizione soggettiva stessa (C.d.S., VI, 29 gennaio 2008, n. 230). Pertanto, a differenza della parte necessaria pretermessa, il titolare della posizione secondaria, accessoria e riflessa, pur potendo intervenire nel giudizio, non è legittimato ad impugnare con opposizione di terzo ordinaria la sentenza lesiva per il titolare della posizione principale (cfr., ex plurimis, C.d.S., V, 28 luglio 2014, n. 4014)" (in termini, C.d.S., Sez. V, 17 settembre 2018, n. 5440; in senso analogo v. anche V, 23 agosto 2019, n. 5817).

In sintesi, quindi, ai fini dell'accesso all'opposizione di terzo la giurisprudenza esige la titolarità di una posizione soggettiva autonoma giuridicamente qualificata rispetto al thema decidendum; e, per converso, esclude la legittimazione di coloro che versino in una posizione collegata da un nesso di dipendenza o derivazione (o comunque meramente secondaria e accessoria) rispetto a quella di una delle parti in causa, o che siano interessati solo di riflesso.

5.a.4. Tanto premesso, il Collegio deve convenire con la primitiva ricorrente che la posizione della soc. Aeroviaggi si ricollega appunto solo in via derivata e riflessa, ossia per il tramite del concluso accordo di partenariato, alla concessione demaniale rilasciata dalla Regione, col decreto impugnato dalla soc. Magico, al (solo) Comune di Pollina.

Il provvedimento concessorio, in se stesso considerato, non attribuisce infatti all'attuale opponente alcun diretto vantaggio giuridico.

Da qui l'insussistenza in capo alla soc. Aeroviaggi del requisito di autonomia della posizione soggettiva che sarebbe necessario a fondarne, nella specie, la legittimazione attiva.

5.a.5. Nondimeno, la riscontrata inammissibilità dell'opposizione di terzo non toglie, in coerenza con il principio di conservazione, che l'intervento della soc. Aeroviaggi, benché spiegato ai sensi dell'art. 109, cpv., c.p.a., possa comunque essere riguardato sub specie di comune intervento adesivo dipendente ad adiuvandum dell'appello comunale, in applicazione della regola generale della possibilità d'intervento nel giudizio d'impugnazione da parte di chi vi abbia interesse (art. 97 c.p.a.).

Entro i correlativi limiti l'intervento può essere quindi giudicato ammissibile.

5.b. Sempre in chiave introduttiva occorre prendere in considerazione l'ulteriore eccezione in rito sollevata dall'originaria ricorrente, la quale verte sulla parziale inammissibilità dell'appello comunale.

Quest'ultimo, si eccepisce, sarebbe affetto da una carenza d'interesse all'impugnativa in capo al Comune appellante, nella parte in cui questo avversa i due capi della sentenza concernenti, rispettivamente, la declaratoria di decadenza della soc. Magico dalla sua concessione demaniale, e il rigetto dell'istanza presentata dalla società medesima per l'ampliamento dell'area concessale. I relativi gravami di prime cure, viene dedotto, vedevano quale unico contraddittore l'Amministrazione regionale, e i loro accoglimenti non sarebbero stati produttivi di pregiudizio per il Comune.

Al riguardo il Collegio deve tuttavia immediatamente notare che in questa sede anche l'Amministrazione regionale ha impugnato i detti capi della sentenza in epigrafe, col proprio appello incidentale, per ragioni analoghe a quelle dedotte dal Comune: onde la soc. Magico non potrebbe comunque sottrarsi, mediante la propria eccezione, alle relative contestazioni di merito.

La sicura infondatezza delle censure delle Amministrazioni appellanti, d'altra parte, consiglia di concentrarsi subito sulla disamina del merito dei loro motivi.

Sicché il Collegio reputa preferibile prescindere dal vaglio di questa seconda eccezione opposta dall'appellata e dedicarsi senza indugio al contenuto sostanziale della controversia.

6. Accedendo dunque al merito di causa, occorre in primo luogo occuparsi del tema della decadenza che ha colpito la s.r.l. Magico, e, segnatamente, delle doglianze mosse dalle appellanti avverso la pronuncia annullatoria emessa in proposito dal T.A.R.

6.a. Come quest'ultimo ha premesso, la decadenza è stata disposta ai sensi del combinato disposto delle clausole n. 15 e 17 del provvedimento concessorio e dell'art. 47, lett. a, b, ed f, del codice della navigazione, in quanto l'Amministrazione regionale, sulla base di una segnalazione del Comune di Pollina, ha ritenuto che la concessione non era mai stata attivata e che non erano, comunque, state mai rilasciate le autorizzazioni necessarie.

Gli artt. 15 e 17 della concessione disponevano, rispettivamente, che: "la ditta è obbligata a munirsi di tutte le altre autorizzazioni e/o N.O., permessi licenze previste dagli altri Enti per il mantenimento della concessione"; il concessionario "incorrerà nella decadenza della presente concessione in caso di inosservanza delle presenti clausole o comunque degli adempimenti agli obblighi derivanti dalla concessione o imposti da norme di legge o regolamenti".

L'art. 47 del codice della navigazione statuisce, a sua volta:

- al comma 1, che l'Amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario: per mancata esecuzione delle opere prescritte nell'atto di concessione o per mancato inizio della gestione nei termini assegnati (lett. a); per non uso continuato durante il periodo fissato a questo effetto nell'atto di concessione o per cattivo uso (lett. b); per inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione o imposti da norme di leggi o di regolamenti (lett. f).

Il T.A.R., tanto premesso, ha ritenuto che il provvedimento regionale di decadenza fosse stato assunto in violazione delle garanzie procedimentali e senza adeguata istruttoria.

Nella stessa sentenza in epigrafe è stato segnatamente osservato quanto segue.

"Nella specie l'Assessorato regionale non ha compiuto alcuna istruttoria in merito all'omessa attivazione della concessione e al mancato rilascio delle autorizzazioni, ma si è limitato a richiamare la nota del Comune di Pollina prot. n. 9659 del 15 febbraio 2018, che non ha allegato alla comunicazione d'avvio del procedimento e al decreto di decadenza, né tanto meno prodotto nel presente giudizio.

Non ha, inoltre, accolto l'istanza avanzata dalla ricorrente al fine di ottenere l'accesso a tale nota e la proroga del termine per la presentazione di controdeduzioni a una data successiva alla sua visione.

Da quanto esposto deriva la fondatezza della censura di violazione delle garanzie procedimentali, in quanto l'Amministrazione è venuta meno agli obblighi di correttezza sulla stessa gravanti, poiché non ha messo la ricorrente nelle condizioni di controdedurre adeguatamente alle contestazioni fattele; la mancata conoscenza del contenuto preciso della segnalazione del Comune di Pollina non rendeva, infatti, pienamente intellegibili le ragioni della decadenza.

... Precisato che all'assenza d'istruttoria si accompagna la carenza di motivazione, deve ritenersi fondata anche tale censura con conseguente fondatezza del gravame in esame".

Il primo Giudice ha rimarcato, altresì, che la riscontrata violazione delle garanzie procedimentali possedeva una valenza anche sostanziale.

Ciò "in quanto la ricorrente, sia in sede procedimentale, che nel presente giudizio, ha affermato con forza di avere attivato la concessione e di essere in possesso di tutte le autorizzazioni.

Ha, in particolare, tra l'altro, rappresentato e documentato che il Comune di Pollina non aveva riscontrato alcuna anomalia nella SCIA n. 3283 dell'8 maggio 2018 e che analogo comportamento era stato adottato dall'Amministrazione regionale in ordine alla comunicazione del 30 marzo 2018 d'inizio dei lavori di montaggio del chiosco bar denominato Kala Luna.

Tali circostanze puntuali non sono state contestate dalle altre parti del giudizio, che hanno, però, insistito nell'affermazione della mancata attivazione e dell'assenza delle autorizzazioni.

Ne deriva una situazione confusa in punto di fatto, che non può essere chiarita mediante l'attivazione dei poteri processuali di questo giudice, che si troverebbe a effettuare, per la prima volta, l'istruttoria che doveva essere compiuta dall'Amministrazione regionale prima di adottare un provvedimento così grave, qual è la declaratoria di decadenza".

6.b. Gli appelli regionale e comunale all'esame del Consiglio sottopongono questo capo della sentenza di primo grado a critiche che possono essere così schematizzate:

- nella comunicazione di avvio del procedimento decadenziale del 16 marzo 2018 erano state già indicate le ragioni a base dell'iniziativa regionale, senza che vi fosse quindi bisogno di ostensione alla società della nota comunale del 15 febbraio 2018;

- le difese svolte in sede procedimentale dal privato sarebbero state evanescenti, per essersi questi limitato a chiedere una proroga del termine per controdedurre e a contestare solo genericamente l'addebito, senza fornire riscontri documentali di supporto;

- le allegazioni in seguito prodotte dal medesimo in giudizio riguardavano solo atti strumentalmente posti in essere dopo la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza;

- la fattispecie concreta, lungi dal presentarsi "confusa", sarebbe stata invece "chiarissima", nel senso che la società in violazione dell'art. 47 del codice della navigazione non aveva realizzato opere né avviato attività alcuna, non risultando rilasciate né richieste, da parte sua, autorizzazioni relative a scarichi, segnalazioni di inizio di attività commerciali o comunicazioni di inizio di lavori;

- l'istruttoria amministrativa esperita in merito sarebbe stata completa, in quanto basata sugli accertamenti esperiti dal Comune di Pollina in un clima di "leale collaborazione istituzionale";

- il provvedimento decadenziale aveva, infine, natura vincolata.

6.c. Le censure esposte sono infondate.

La natura vincolata della misura decadenziale lascia invero intatta la necessità di un'istruttoria procedimentale effettiva, puntuale e condotta in posizione imparziale.

A quest'ultimo riguardo, però, deve rilevarsi che il Comune di Pollina, in qualità di soggetto istante per il rilascio di una concessione demaniale - poi accordatagli, meno di tre mesi dopo l'atto decadenziale in questione - incompatibile con quella richiesta in estensione dalla s.r.l. Magico, versava, nell'occuparsi di un'eventuale decadenza della società medesima, in una posizione non definibile certo a priori come disinteressata e imparziale (per essere l'Ente locale, in pratica, una sorta di concorrente di tale società).

Da qui la conferma che nella fattispecie si è consumata una grave compromissione delle garanzie procedimentali in danno del privato, per avere l'Amministrazione regionale, ad un tempo:

- omesso di compiere le verifiche istruttorie di propria specifica competenza e recepito invece acriticamente le risultanze esposte dal Comune, della cui strutturale ambiguità di posizione si è detto;

- leso le facoltà del privato di partecipazione al procedimento, denegandogli l'accesso all'atto comunale sulla cui base il procedimento era stato aperto, come pure la connessa proroga dei termini per controdedurre richiesta per una data successiva alla visione del detto atto.

In un contesto così peculiarmente connotato le Amministrazioni non possono essere ammesse a opporre la genericità delle difese procedimentali del privato.

La relativa memoria del medesimo, trasfusa nel suo atto di motivi aggiunti di prime cure (pagg. 6-8), esprimeva difatti all'evidenza solo una linea difensiva introduttiva e di esordio ("Preliminari deduzioni"), cui era sottesa la chiara aspettativa di ottenere, nel prosieguo, l'accesso documentale e la proroga contestualmente richiesti per poter pervenire alla formulazione di più calibrate controdeduzioni (la memoria denunciava, nell'immediato, che sarebbe stato "sostanzialmente impossibile esercitare il diritto di difesa costituzionalmente garantito nel presente procedimento tenuto conto della genericità della contestazione").

Il negato accesso alla nota comunale ha quindi precluso al privato un'appropriata difesa delle proprie ragioni di merito, la quale avrebbe sicuramente potuto avvantaggiarsi della conoscenza degli specifici elementi sui quali il Comune, nella propria segnalazione, aveva posto l'accento.

Senza dire che non compete all'Amministrazione destinataria di una richiesta di accesso endoprocedimentale sostituirsi al richiedente nella valutazione dell'esistenza di un effettivo interesse all'ostensione del documento richiesto.

Il diniego della proroga dei termini, inoltre, ha impedito comunque che le iniziali deduzioni del privato venissero approfondite.

Deve poi notarsi che l'originaria ricorrente sin dai propri motivi aggiunti (pagg. 14 e 18-19) aveva fatto riferimento anche a propri atti compiuti nel 2015 e nel 2017, quindi ben anteriori alla comunicazione di avvio del procedimento del 16 marzo 2018, e come tali non qualificabili come posti in essere solo strumentalmente dopo la comunicazione stessa. Il che vale a riprova sia della rilevanza non meramente formale delle violazioni procedimentali dianzi esposte, sia dell'effettività dell'omissione istruttoria (e connessa lacunosità motivazionale) già stigmatizzata dal T.A.R.

Va da sé, infine, che, come già osservato dal Tribunale, l'istruttoria che doveva essere compiuta dall'Amministrazione regionale non potrebbe essere certo esperita per saltum direttamente in giudizio: donde la conferma anche del carattere assorbente dei vizi sopra esposti.

6.d. Per quanto complessivamente detto, il Consiglio deve quindi confermare l'annullamento della declaratoria di decadenza pronunciata dall'Amministrazione regionale.

7. Il Collegio deve passare, a questo punto, all'esame del rigetto, gravato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, dell'istanza di ampliamento presentata dalla soc. Magico.

Anche a questo riguardo le valutazioni espresse dal T.A.R. si rivelano sostanzialmente condivisibili.

7.a. Il primo Giudice ha reputato fondato il primo motivo del ricorso, col quale si contestava la carenza d'istruttoria e di motivazione nella quale era incorsa l'Amministrazione regionale.

Ha ritenuto, invero, che, benché l'istanza fosse stata presentata formalmente ai sensi dell'art. 24 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, ossia in termini di ampliamento della concessione già esistente, il procedimento dovesse essere fatto piuttosto rientrare nell'ambito applicativo dell'art. 36 del codice, quale pratica tesa al rilascio di una nuova concessione.

Il primo giudicante ha osservato che "si trattava di una nuova concessione in quanto la superficie da autorizzare era di gran lunga superiore a quella già assentita (si sarebbe passati da 100 a circa 2.000 metri) e le due aree non erano confinanti, ma separate".

L'Amministrazione, pertanto, avrebbe dovuto istruire l'istanza del privato secondo quanto previsto dalla disciplina concernente il rilascio delle nuove concessioni.

È su queste premesse che il Tribunale ha affermato il carattere perplesso della motivazione del provvedimento reiettivo basata sulla circostanza che il rilascio della concessione avrebbe comportato la creazione di un monopolio di fatto sotto il profilo dell'occupazione demaniale e della somministrazione di beni e servizi, con conseguente vulnus alle norme sulla concorrenza.

Nella sentenza in epigrafe si legge, infatti, quanto segue.

"Non vi è dubbio che, come sostenuto dalla difesa erariale, l'Amministrazione regionale ha il potere di negare il rilascio di una concessione demaniale qualora non ritenga opportuno sottrarre l'utilizzo del bene all'uso pubblico e non è tenuta ad attivare un confronto concorrenziale tra potenziali aspiranti alla concessione se non ritiene di procedere al suo rilascio.

Non le si può, però, riconoscere il potere d'invocare le norme sulla concorrenza per estromettere un potenziale concorrente dal confronto se si è già determinata nel senso di rilasciare in concessione la medesima area, come dimostrato dal provvedimento oggetto dei secondi motivi aggiunti".

7.b. Avverso questo capo di sentenza sono state dedotte in appello le critiche così sintetizzabili:

- il provvedimento regionale impugnato aveva carattere plurimotivato, e le sue motivazioni erano tutte riferibili alle caratteristiche oggettive del progetto del privato in quanto inerente a un'istanza di mero ampliamento dell'area in concessione, ai sensi dell'art. 24 del cod. nav.;

- il T.A.R. aveva obliterato l'elemento della contrarietà del progetto al limite massimo dei mt. 100 di fronte mare consentito;

- la Regione non si era avvalsa in concreto del potere discrezionale di cui all'art. 36 cod. nav., stante la mancata presentazione di un'istanza in tal senso: onde il T.A.R. ne avrebbe frainteso la motivazione, travisando altresì la fattispecie procedimentale;

- l'istanza del privato non avrebbe potuto essere utilmente istruita quale istanza di nuova concessione anche perché carente dei servizi minimi obbligatoriamente necessari.

7.c. Lo stesso appello incidentale (pag. 10) conferma, tuttavia, il dato della "oggettiva non riconducibilità dell'istanza dell'appellata all'alveo dell'art. 24, ma a quello dell'art. 36 Cod. Nav.", dato il quale sarebbe stato riscontrato dal T.A.R. "condividendo quanto ritenuto dall'Amministrazione regionale".

Ora, proprio la circostanza che l'istanza del privato "risultava assolutamente abnorme" quale istanza d'ampliamento (appello incidentale, pag. 11), e pertanto non era valutabile come tale, giustifica la lettura della fattispecie concreta fornita dal primo Giudice nel senso che l'istanza dovesse essere apprezzata alla stregua di una richiesta di nuova concessione.

Nell'appello comunale, non diversamente, pur sottoponendosi a critica il merito della decisione del T.A.R., senz'altro si afferma che l'Amministrazione regionale aveva istruito l'istanza come "nuova concessione ai sensi dell'art. 36 del codice della navigazione" (cfr. le pagg. 23-24 e 30-31 appello principale).

Del resto, non sembra senza rilievo che il provvedimento regionale in discorso avviasse la componente giuridica della propria motivazione proprio con una riflessione sull'articolo di legge testé citato.

Ai fini della corretta interpretazione della volontà dell'istante non va poi trascurato il fatto che la soc. Magico aveva invitato sin dalla propria nota del 5 aprile 2017 l'Amministrazione regionale ad attenersi alle norme dell'art. 37 del codice della navigazione qualora fossero pervenute altre istanze, che la società dichiarava peraltro di non conoscere (ricorso al T.A.R., pagg. 4 e 7; appello comunale, pag. 25); invito ripreso anche all'atto delle sue controdeduzioni procedimentali del 6 giugno 2017.

Anche al di là, pertanto, dello specifico addebito di perplessità della motivazione regionale (la quale nell'economia del provvedimento non era condizionata ad alcuna particolare qualificazione dell'istanza del privato), l'osservazione di fondo che campeggia nella sentenza in epigrafe è quella, del tutto condivisibile, che l'istanza dovesse essere istruita e valutata attribuendole il preferibile senso di una richiesta di nuova concessione. Ossia, del tutto correttamente, il significato in forza del quale la stessa avrebbe avuto qualche possibilità di accoglimento, in luogo di quello che la rendeva del tutto abnorme e perciò inutile.

7.d. Le appellanti non possono essere seguite nemmeno allorché riprendono il punto della supposta contrarietà del progetto dell'appellata al limite massimo dei mt. 100 di fronte mare consentito.

Tale contrarietà, infatti, non sussiste. Ai fini del computo dell'estensione del fronte mare, pur dovendo essere considerata la porzione di spiaggia in concessione (nella specie, metri 10 più 90), non vi era ragione per includere l'ulteriore tratto di spiaggia interessato da una mera passerella di camminamento, invece, estranea alla concessione e lasciata alla libera e gratuita fruizione del pubblico, giacente in area priva di ogni altra struttura.

Né giova opporre all'appellata, infine, che la sua istanza sarebbe stata carente dei servizi minimi obbligatoriamente necessari, addebito solo generico che risulta estraneo ai contenuti del provvedimento regionale in discussione (così come a quelli del preavviso che lo ha preceduto).

8. Rimane da occuparsi, a questo punto, dei motivi d'appello avversativi dell'annullamento pronunciato dal T.A.R. a carico della concessione demaniale assegnata al Comune di Pollina mediante decreto n. 538 del 14 agosto 2018, emesso ai sensi dell'art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione e per la stessa spiaggia di cui si tratta.

8.a. La sentenza di prime cure si fonda, per questa parte, sugli argomenti di seguito esposti.

L'art. 36, comma 1, del regolamento del codice prevede che possa essere autorizzata la "destinazione temporanea ad altri usi pubblici" di determinate parti del demanio marittimo, nell'interesse di altre Amministrazioni, senza corresponsione di canone.

Il relativo istituto è però profondamente diverso da quello disciplinato dall'art. 36 del codice della navigazione, il quale prevede che l'Amministrazione, previa valutazione della compatibilità con le esigenze del pubblico uso, "possa" concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale, per un determinato periodo di tempo e a fronte del pagamento di un canone.

Nel primo caso viene infatti mantenuta ferma la destinazione pubblicistica del bene, e può aversi un "affidamento diretto" gratuito; nel secondo caso, invece, si ha una sottrazione all'uso pubblico, è necessario il pagamento di un canone e la scelta del concessionario deve avvenire mediante una procedura di evidenza pubblica: sicché per il rilascio della concessione di un bene demaniale marittimo per finalità turistico-ricreative s'impone l'applicazione di una procedura comparativa.

Il T.A.R., una volta poste queste premesse, ha sottolineato che, "Nella specie, l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, senza il previo esperimento di una procedura comparativa e malgrado la presentazione di analoga istanza da parte della ricorrente, ha rilasciato, ai sensi dell'art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, al Comune di Pollina 'la concessione demaniale marittima' annuale 'per un'area estesa complessivamente mq. 3.000,00 di superficie demaniale' a fronte del pagamento di un canone complessivo di euro 35.195,77...".

Esso è pervenuto allora alla conclusione che l'Amministrazione regionale aveva violato "sia l'art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, che l'art. 36 del codice della navigazione".

Quanto alla violazione della prima norma, il Tribunale ha rilevato che: "non è stato indicato lo specifico interesse pubblico al cui soddisfacimento era destinato l'utilizzo dell'area; si prevede il pagamento di un canone; si fa riferimento alla possibilità di affidamento a terzi". Donde il corollario che si era verificato "il rilascio di una vera e propria concessione demaniale marittima sotto le mentite spoglie di un'attribuzione per fini pubblici, malgrado la diversa normativa applicabile alle due (differenti) fattispecie".

Quanto alla seconda norma, è stato aggiunto: "l'Amministrazione regionale non ha indetto una procedura comparativa, malgrado la richiesta di concessione dell'area avanzata dalla società Magico; il Comune di Pollina ha affidato in gestione, già prima del rilascio del titolo per l'utilizzo e in assenza di autorizzazione regionale, l'area demaniale a un privato, con cui ha concluso, in assenza di una specifica norma d'azione e in violazione della disciplina in materia di utilizzo del demanio marittimo, un 'accordo di partneriato', che ha nei fatti comportato una sottrazione della spiaggia all'uso pubblico".

8.b. Contro questo conclusivo capo di sentenza si obietta in questa sede che:

- il piano logico del rapporto concessorio tra Regione e Comune è diverso, e va tenuto distinto, da quello proprio del rapporto tra Comune e soc. Aeroviaggi, che riguarda vicende estranee al primo, nonché posteriori al rilascio della concessione;

- non esistevano i presupposti per una procedura comparativa tra le due istanze, in quanto quella della soc. Magico era priva dei requisiti minimi per una qualificazione quale domanda di nuova concessione;

- l'istanza comunale, in ogni caso, era antecedente a quella del privato, ed era stata assoggettata al previsto regime di valutazione comparativa mediante affissione per trenta giorni consecutivi all'albo pretorio, pubblicazione cui non era seguita alcuna iniziativa da parte della società appellata.

8.c. Neppure queste doglianze possono essere condivise.

8.c.1. In primo luogo, non può reputarsi affatto "incongrua la rilevanza attribuita dal Tar Palermo" alle vicende attinenti al rapporto tra Comune e soc. Aeroviaggi, per il fatto che esse sarebbero state estranee e successive alla concessione demaniale.

Come si legge nella stessa sentenza (pag. 17), il Comune sin dalla relazione allegata al proprio progetto aveva già previsto di procedere all'affidamento a un privato della gestione delle relative attività: circostanza che viene del resto rivendicata nell'appello comunale (pag. 40) quale indice di trasparenza ("L'Amministrazione comunale di Pollina non ha mai fatto mistero di tale circostanza all'A.R.T.A. ...").

Addirittura, come è stato documentatamente dedotto dalla società appellata, il Comune, ben prima di ottenere la concessione regionale del 14 agosto 2018, già dal 2017 aveva sub-concesso al privato prescelto, verso corrispettivo di un canone, le attività connesse alla concessione dell'area demaniale in rilievo (cfr. la deliberazione di G.M. n. 79 del 3 luglio 2017 e la determina n. 296 del successivo giorno 13).

8.c.2. Deve inoltre rimarcarsi che le appellanti non hanno sollevato alcuna puntuale censura avverso la critica, operata dal T.A.R., della carenza dei presupposti per fare applicazione, nella specie, dell'art. 36 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione.

Risulta quindi insuperata la constatazione del T.A.R. che "non si è mai avuto l'utilizzazione della spiaggia per usi pubblici, ma sin dal primo momento è stato programmato lo sfruttamento da parte di un privato". Ed è del tutto evidente che lo specifico interesse pubblico da soddisfare per l'applicazione del citato articolo, significativamente non indicato dal provvedimento regionale di concessione (che avrebbe dovuto invece esprimersi sulla sua meritevolezza intrinseca), non potrebbe essere di certo rinvenuto nel lucro della possibile differenza tra il canone dovuto all'A.R.T.A. dal Comune e quello imposto da questo secondo al proprio sub-concessionario.

Da qui la corretta deduzione della soc. Magico che il Comune, non concorrendo all'assegnazione dell'area demaniale per finalità pubblicistiche, andava riguardato, nella vicenda, alla stessa stregua di un aspirante soggetto privato.

8.c.3. In precedenza si è già visto, inoltre, che l'istanza della medesima società ben poteva e doveva essere valutata alla stregua di una domanda di nuova concessione.

Né valgono le illazioni tratte dalle appellanti dalla circostanza che l'istanza concessoria comunale fosse stata fatta oggetto di affissione per trenta giorni all'albo pretorio dello stesso Ente locale, a decorrere dal 23 novembre del 2016, senza che a tale pubblicazione fosse seguita alcuna specifica iniziativa della società appellata.

L'istanza della medesima appellata tesa a ottenere in concessione l'ulteriore area indicatavi risultava difatti in corso d'istruttoria presso gli uffici regionali sin dal 26 novembre 2014, e pertanto da ben due anni prima della detta affissione all'albo pretorio. Nessun dubbio è poi possibile sul fatto che l'istanza stessa si ponesse in concorrenza con quella comunale, essendo esse coeve e reciprocamente incompatibili. E nemmeno consta, d'altra parte, che l'appellata fosse stata già formalmente resa edotta dall'Amministrazione regionale della preesistenza dell'istanza comunale.

Tutto questo è quindi sufficiente a far desumere che la soc. Magico non avesse alcun onere di "duplicare", a seguito della pubblicazione effettuata dal proprio competitore, la propria risalente domanda concorrente che già giaceva presso l'Assessorato (sicché non ha pregio l'argomento che alla pubblicazione non fossero seguite osservazioni o domande concorrenti, dato che quella della società risaliva addirittura a due anni addietro).

8.c.4. E ciò basta, di conseguenza, a concludere che la Regione, come correttamente ritenuto dal T.A.R., non avrebbe potuto sottrarsi all'istituzione quantomeno di una valutazione comparativa sostanziale tra i progetti in concorrenza ai sensi dell'art. 37 del codice della navigazione ("Concorso di più domande di concessione"): articolo cui fa richiamo l'art. 7, comma 7, della l.r. n. 4 del 16 aprile 2003, al fine di favorire la libera concorrenza, per la generale eventualità dell'acquisizione di più domande al rilascio di una concessione.

La società appellata, come è già emerso, aveva invitato sin dalla propria nota del 5 aprile 2017 l'Amministrazione regionale ad attenersi proprio alle regole del citato art. 37.

8.d. Per quanto esposto, dunque, benché la gestione degli stabilimenti balneari rientri tra i servizi pubblici locali di rilevanza economica, melius di interesse economico generale, i quali possono in astratto essere gestiti anche attraverso il partenariato pubblico-privato (C.d.S., V, 9 dicembre 2016, n. 5193), gli appelli risultano infondati anche sotto l'ultimo aspetto considerato.

9. In conclusione, per le ragioni complessivamente illustrate gli appelli in epigrafe devono essere respinti siccome infondati, con la conseguente conferma della sentenza di prime cure.

Le spese di giudizio sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sulla controversia in epigrafe:

- dichiara l'inammissibilità dell'opposizione di terzo per difetto di legittimazione dell'opponente;

- respinge gli appelli principale e incidentale.

Condanna tutte le parti soccombenti, in solido tra loro, al rimborso all'originaria ricorrente delle spese processuali del presente grado, che liquida nella misura complessiva di euro seimila, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

R. Garofoli

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