Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Sezione I
Sentenza 15 gennaio 2021, n. 92

Presidente: Scafuri - Estensore: Allegretta

FATTO E DIRITTO

Con ricorso notificato in data 20 luglio 2020 e depositato in Segreteria in data 31 luglio 2020 la società Go For Green s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nella qualità di mandante dell'A.T.I. aggiudicataria con la mandataria Sitie Impianti Industriali s.p.a., nonché la società Gi.One s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnavano gli atti della procedura aperta di gara per l'affidamento in concessione - mediante project financing - ai sensi dell'art. 183, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, con diritto di prelazione da parte del promotore, per la realizzazione dei lavori di riqualificazione ed adeguamento degli impianti di pubblica illuminazione e gestione e manutenzione degli stessi nel Comune di Foggia (C.I.G. 74567890F3 - C.U.P. B74I18000000009), con valore stimato di euro 53.009.418,00, oltre I.V.A., e durata temporale prevista di 20 anni.

Veniva indicato come criterio di aggiudicazione quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, determinato, ex art. 95, comma 2, del Codice, attraverso l'applicazione del criterio "qualità" per 75 punti e del criterio "prezzo" per i restanti 25 punti.

Alla procedura in questione partecipava unicamente la ricorrente Go For Green s.r.l. in A.T.I. con Sitie Impianti Industriali s.p.a.

Con determinazione dirigenziale n. 1413 del 2018, conclusesi le procedure di gara, veniva disposta l'aggiudicazione definitiva in favore dell'A.T.I. sopra menzionata.

Con nota prot. n. 7989 del 24 gennaio 2019 il Servizio Contratti e Appalti, in sede di verifica sul possesso dei requisiti di ordine generale dichiarati in sede di gara, sollevava perplessità in merito alla possibilità di dichiarare l'efficacia dell'aggiudicazione disposta con determinazione dirigenziale n. 1413 del 2018 e riteneva che sarebbe stato necessario acquisire il parere di un esperto in ordine alla circostanza che per la mandante Go For Green s.r.l. non risultasse esistere alcuna posizione aperta e/o iscrizione presso l'I.N.P.S.

In data 19 settembre 2019, con delibera n. 112, la Giunta comunale prendeva atto del parere rimesso dal prof. avv. S. Dettori ed acquisito al prot. gen. n. 103846 del 17 settembre 2019, nel quale si evidenziava l'assenza dell'obbligo di iscrizione presso l'I.N.P.S. per le società di capitali prive di dipendenti e i cui amministratori non avessero percepito alcun compenso per l'attività prestata.

In data 25 novembre 2019, con nota prot. n. 129962, il Servizio Contratti e Appalti, disposti gli ulteriori accertamenti del caso e considerato che non vi erano ulteriori motivi ostativi a dare efficacia all'aggiudicazione già disposta con la richiamata determinazione dirigenziale n. 1413 del 2018, comunicava che l'aggiudicazione era divenuta efficace ai sensi dell'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016.

In data 29 novembre 2019, con successiva nota prot. n. 132415, lo stesso Servizio Contratti e Appalti provvedeva a chiedere al R.T.I. aggiudicatario i documenti occorrenti per la stipula del contratto.

In data 28 febbraio 2020, la società mandataria Sitie, comunicava di aver presentato, in data 12 febbraio 2020, davanti al Tribunale Fallimentare di Ferrara, domanda di concordato preventivo c.d. "in bianco" ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall.

In data 3 marzo 2020 la società mandante Go For Green comunicava, pertanto, al Servizio Contratti e Appalti del Comune di Foggia l'intenzione di variare le percentuali della costituenda società di progetto (nella prospettata misura del 90% del capitale sociale per Go For Green e 10% per Sitie), in precedenza indicate in sede di gara, e segnalava contestualmente la ricerca di "un soggetto che per esperienza, fatturato e requisiti possa subentrare in qualità di mandataria a Sitie, nell'ATI a suo tempo costituita, e partecipi alla società di progetto ai sensi dell'art. 184 in sostituzione di Sitie", nonché l'acquisizione, nella giornata del 2 marzo 2020 di "una proposta vincolante da parte di una società interessata a subentrare a Sitie nel progetto di efficientamento".

In data 5 marzo 2020, con nota prot. 27316, il Servizio Contratti e Appalti comunicava l'avvio del procedimento di revoca dell'aggiudicazione, ai sensi dell'art. 7 l. 241/1990, disposta con determinazione dirigenziale n. 1413 del 2018, segnalando che "in data 4.2.2020 alla riunione tenutasi presso lo scrivente Servizio non è mai emersa la fattispecie della situazione societaria di Sitie con riferimento alla procedura dell'art. 161 sesto comma L.F" e che, peraltro, "il Servizio Contratti e Appalti con note prot. 10164 del 22.1.2020 e prot. n. 1211 del 08.01.2020 richiedeva all'ATI Sitie + Go for Green che i documenti ai fini della stipula venissero inviati entro e non oltre il 24.1.2020", precisando ancora che "dalla data di efficacia dell'aggiudicazione dichiarata con nota prot. n. 129962 del 25.11.2019, solo in data 12.02.2020 lo stesso veniva notiziato della procedura di concordato che, di fatto, mina l'affidabilità dell'operatore economico plurisoggettivo di cui Sitie è mandatario", manifestando, oltretutto, "perplessità sul fondamento giuridico" delle prospettate "variazioni percentuali nella società di progetto dichiarate in sede di gara" e dell'ipotizzato "subentro di una nuova società".

In data 12 marzo 2020 la mandante Go For Green comunicava nuovamente di voler sostituire la mandataria Sitie con altra società denomina Gi.One s.p.a., a norma dell'art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50/2016, dichiarando il relativo possesso dei requisiti di cui all'art. 95, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 207/2010 a subentrare nel ruolo della mandataria Sitie.

In data 17 giugno 2020, con determinazione dirigenziale R.G. n. 686/2020, il Comune di Foggia revocava l'aggiudicazione definitiva della gara in oggetto in favore dell'A.T.I. Sitie Impianti Industriali s.p.a. - Go For Green s.r.l.

L'odierna ricorrente, ritenendo illegittima l'esclusione comminata dall'Amministrazione impugnava gli atti indicati in epigrafe per i seguenti motivi di diritto:

"1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 48, commi 9, 17 e 19-ter, nonché dell'art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 41 Cost. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e diritto, omessa considerazione dell'interesse pubblico dell'Amministrazione concedente alla continuazione del rapporto nonché per illogicità manifesta, difetto di istruttoria, carente ed erronea motivazione".

In tesi di parte ricorrente, la revoca dell'aggiudicazione definitiva sarebbe stata illegittima poiché la Stazione Appaltante avrebbe escluso in via generale l'applicabilità dell'art. 48, commi 17 e 19-ter, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Nello specifico, poiché l'estromissione dall'A.T.I. aggiudicataria della Sitie Impianti Industriali s.p.a. è intervenuta dopo l'aggiudicazione definitiva della gara a seguito della presentazione della domanda di concordato preventivo c.d. "in bianco", al caso di specie sarebbe astrattamente applicabile il comma 17 dell'art. 48 del d.lgs. n. 50/2016.

Sicché, la possibilità - contemplata dal citato comma 17 - per la mandante di mantenere l'aggiudicazione in capo al R.T.I., indicando un operatore economico subentrante alla mandataria soggetta a fallimento o altre procedure concorsuali, che sia in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture da eseguire, troverebbe certamente applicazione anche alla "fase di gara" e quindi anche dopo l'aggiudicazione definitiva e prima della stipulazione del contratto, proprio per effetto della espressa previsione di cui al successivo comma 19-ter del citato art. 48 del d.lgs. n. 50/2016, introdotto dal d.lgs. n. 56/2017.

"2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 e 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di corretto esercizio dell'azione amministrativa ai sensi dell'art. 97 Cost. Violazione delle Linee Guida ANAC n. 6. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta nonché per violazione del principio dell'affidamento".

Con un secondo motivo di gravame, parte ricorrente evidenziava che l'esclusione comminata con l'impugnata determinazione sarebbe stata illegittima nella parte in cui negava il subentro, ai sensi dell'art. 48, commi 17 e 19-ter, del d.lgs. n. 50/2016, della società Gi.One s.p.a. in sostituzione della Sitie Impianti Industriali s.p.a. nel ruolo di capogruppo mandataria sulla scorta dell'espresso giudizio di inaffidabilità, asseritamente illegittimo per violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 e 10-bis della l. 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii., oltre che dei principi generali in materia di corretto esercizio dell'azione amministrativa ai sensi dell'art. 97 Cost., nonché delle Linee Guida ANAC n. 6.

Nello specifico, la ricorrente rilevava come non fosse stata mai formalmente preavvisata, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 7, 8 e 10-bis, l. n. 241/1990, delle ragioni ostative che nel provvedimento impugnato venivano poste a fondamento del diniego al subentro, disposto ai sensi dell'art. 48, commi 17 e 19-ter, del d.lgs. n. 50/2016, venendole così impedita l'instaurazione di un vero e proprio contraddittorio in merito a tali ragioni.

"3. Violazione ed erronea applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. c, d.lgs. 50/2016 anche in relazione alle linee guida Anac n. 6 e all'art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE. Violazione dell'art. 80, comma 7, d.lgs. 50/2016. Violazione degli artt. 3 e 10, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990 e s.m.i. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e diritto, difetto di istruttoria, sviamento di potere".

Sempre in tesi di parte ricorrente, la revoca dell'aggiudicazione della concessione in oggetto sarebbe stata illegittima anche in ragione degli asseriti "profili di inaffidabilità del soggetto proposto dalla mandante in sostituzione della mandataria SITIE Impianti industriali, rappresentati dai plurimi provvedimenti di risoluzione contrattuale".

Nello specifico, la valutazione di inaffidabilità professionale compiuta a carico della Gi.One sarebbe stata illegittima, avendo l'Amministrazione resistente dedotto in proposito una motivazione priva di alcun riferimento all'effettiva attitudine dei provvedimenti di risoluzione subiti dalla deducente a minarne l'integrità e l'affidabilità professionale; e ciò malgrado questa avesse ampiamente illustrato - in relazione ad ognuno di essi, nell'apposita dichiarazione resa nella procedura di gara - l'assoluta inidoneità a dar luogo ad un giudizio di complessiva inaffidabilità.

"4. Violazione ed erronea applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. c, d.lgs. 50/2016 anche in relazione alle linee guida Anac n. 6 e all'art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE. Violazione dell'art. 80, comma 7, d.lgs. 50/2016. Violazione degli artt. 3 e 10, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990 e s.m.i. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e diritto, difetto di istruttoria, sviamento di potere".

Il provvedimento impugnato sarebbe da considerarsi altresì illegittimo, sotto ulteriore profilo autonomamente invalidante, dal momento che l'Amministrazione resistente avrebbe radicalmente omesso di valutare quanto rappresentato dalla Gi.One con riferimento alle misure di self-cleaning che la ricorrente aveva dichiarato di aver previsto al fine di garantire comunque la propria affidabilità professionale.

La ricorrente chiedeva, quindi, l'annullamento dei provvedimenti impugnati, previo accoglimento di istanza cautelare.

In data 27 agosto 2020, la ricorrente formulava domanda di abbinamento al merito dell'istanza cautelare.

In data 31 agosto 2020, si costituiva il Comune di Foggia, chiedendo il rigetto del ricorso e dell'istanza cautelare.

In data 2 settembre 2020 la ricorrente rinunciava alla sospensiva.

Le parti insistevano ulteriormente sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di memorie integrative e di replica.

All'udienza pubblica telematica del 14 dicembre 2020, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto.

I motivi di ricorso in quanto strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente.

Preliminarmente, appare opportuno svolgere alcune considerazioni generali sulla necessaria interpretazione di tipo restrittivo cui deve essere assoggettato l'istituto del project financing, nelle sue varie configurazioni normative, stante il suo potenziale contrasto con gli interessi finanziari delle collettività in cui esso venga estensivamente utilizzato.

Come è noto, nel modello generale dell'istituto del project financing un operatore privato, fattosi autonomamente avanti o specificamente individuato da un Ente pubblico, anticipa gli investimenti necessari alla realizzazione, allo sviluppo o alla gestione di un servizio pubblico e li recupera con gli interessi in un arco di tempo prestabilito, incamerando i flussi di cassa generati dalla gestione del servizio medesimo.

Esso trova la sua disciplina di base nel d.lgs. n. 50/2016 Codice dei Contratti pubblici all'art. 183, sotto la rubrica "Finanza di progetto"; contenuti analoghi, se non identici, erano già inseriti all'art. 153 del d.lgs. n. 163/2006.

I principali principi enucleati dalla giurisprudenza amministrativa in merito alla qualificazione giuridica della procedura del project financing possono rinvenirsi in C.d.S., Ad. plen., 15 aprile 2010, n. 2155, a sua volta richiamata da C.d.S., Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1.

La più comune dottrina saluta da sempre l'istituto in esame come un'àncora di salvezza degli Enti pubblici che, per mancanza di denaro e perché in ogni caso bloccati nelle loro possibilità di spesa dal c.d. Patto di stabilità interno, hanno bisogno di realizzare investimenti di medio e lungo termine.

Resta, tuttavia, oggettivamente poco chiaro il motivo per cui se la redditività attesa di un servizio pubblico è tale da indurre un operatore privato ad investire, essa non dovrebbe a fortiori garantire la sostenibilità di un dato progetto ove il medesimo venga realizzato direttamente da un Ente pubblico, che su di esso, all'evidenza, non ha il problema di dover ottenere un lucro.

In altri termini, non appare facilmente comprensibile l'insieme delle ragioni in forza delle quali, in assenza di un capitale iniziale, il sistema creditizio conceda senza difficoltà credito all'operatore privato ritenendo l'attività finanziariamente sicura, non concedendolo invece direttamente al soggetto pubblico per la realizzazione e gestione delle medesime attività.

Non è possibile in questa sede approfondire tali articolate tematiche; resta tuttavia palesemente evidente che, in assenza di un capitale iniziale da parte del soggetto che si fa promotore di un intervento di finanza di progetto, le ricadute finanziarie dell'applicazione di tale ultimo istituto finiscono strutturalmente per arrecare un evidente depauperamento strutturale a carico delle pubbliche finanze, imponendo non solo gli oneri che derivano dalla necessità di prevedere un lucro per il privato interventore, ma altresì gli ulteriori e separati oneri che sorgono dalla necessità di copertura dei tassi di interesse che il sistema creditizio imporrà all'imprenditore al fine di garantirgli la provvista finanziaria per la realizzazione del suo progetto.

In altri termini, al fine di evitare la trasformazione dei pubblici servizi in occasioni di lucro garantito per il settore creditizio in danno dell'equilibrio delle pubbliche finanze, occorre assoggettare l'istituto del project financing ad una lettura evidentemente restrittiva, essendone palese la sua oggettiva ed inoppugnabile dannosità per il pubblico erario, ove indiscriminatamente e largamente applicato, in particolare in assenza dell'impiego di risorse proprie da parte del soggetto investitore e/o promotore.

Tutto ciò posto, nel caso in scrutinio le norme che rilevano sono quelle di cui all'art. 48, commi 17 e 18, del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm.ii.

L'art. 48, comma 17, del Codice dei Contratti Pubblici stabilisce che: "17. Salvo quanto previsto dall'articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto".

Sulla ricostruzione ermeneutica della norma sopra indicata si contrappongono, nel presente giudizio, due diverse tesi.

Secondo la prospettazione fatta propria da parte ricorrente, dovrebbe darsi della norma in questione una lettura strettamente legata al dato letterale: la disposizione prevede la possibilità di sostituzione dell'impresa mandataria in stato di "concordato con continuità aziendale" e non contempla specifiche preclusioni rispetto all'ingresso di soggetti non facenti parte dell'originario raggruppamento.

Da ciò dovrebbe dedursi, secondo il canone interpretativo per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, la piena fungibilità della posizione della mandataria con soggetti nuovi rispetto all'originaria composizione.

A tale lettura si contrappone l'opposta ricostruzione ermeneutica sostenuta dall'Amministrazione resistente e fondata su un'interpretazione maggiormente improntata al dato sistematico ordinamentale.

Secondo tale differente prospettazione, la ricostruzione del significato della disposizione de qua non può prescindere dal fondamentale limite costituito dal principio di "immutabilità dei concorrenti nella gara", corollario dei superiori principi della par condicio competitorum e della tutela della concorrenza.

La cogenza del principio di immutabilità è stata recentemente riaffermata dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8/2012, che ne ha anche precisato la portata.

Nell'ambito di tale pronuncia si è chiarito che la funzione del principio in esame è rappresentata dalla necessità di consentire alla P.A. la verifica preliminare della sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara e di impedire condotte elusive delle verifiche stesse che si siano concretizzate nella sostituzione degli attori economici in epoca successiva al relativo espletamento.

In tal modo ricostruita la ratio, si è anche evidenziato come al principio non debba essere attribuita valenza assoluta, tale da impedire sempre e comunque il mutamento dei soggetti economici, in quanto tale ricostruzione risulterebbe eccessivamente penalizzante per gli operatori del mercato e, nel contempo, sarebbe ultronea rispetto allo scopo stesso da esso perseguito (evitare elusioni dei principi in materia di evidenza pubblica).

Deve pertanto ritenersi ammessa la sostituzione dell'operatore economico in tutte quelle fattispecie nelle quali il mutamento delle imprese partecipanti non è idoneo ad alterare la par condicio competitorum, in quanto non si pone come fatto elusivo della previa verifica dei requisiti da parte della Stazione Appaltante per il tramite del meccanismo verificabile ab externo e responsabilizzante dell'evidenza pubblica.

Come precisato dall'Adunanza plenaria, sono pertanto ammissibili le modifiche alle compagini di partecipanti che vadano nel senso di una diminuzione dei componenti, esse non intaccando la congruità del giudizio di idoneità del raggruppamento al disimpegno della commessa aggiudicata (sempre ovviamente a patto che i componenti residui possano suddividersi la pars quanta o la pars quota dei lavori rimasti privi dell'originario esecutore).

Al contrario, produrrebbero, invece, l'effetto elusivo sopra descritto, e resterebbero perciò precluse, le variazioni soggettive "in aumento", ovvero volte a introdurre nel raggruppamento soggetti che esso inizialmente non contemplava: "[...] il Codice Appalti indica i casi tassativi in cui è possibile la modifica soggettiva dell'a.t.i. già aggiudicataria, sempre in caso di vicende patologiche che colpiscono il mandante o il mandatario [...]. Si è osservato che il divieto di modificazione soggettiva non ha l'obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi" (cfr. C.d.S., Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8).

La pronuncia introduce, dunque, una distinzione tra mutamenti additivi (con l'aggiunta di nuove imprese) e mutamenti restrittivi (con la mera uscita di imprese già comprese nel raggruppamento e la permanenza in esso di sole imprese anch'esse già facenti parte della compagine associativa): solo i primi determinano l'insorgenza di una frizione con il principio di immutabilità dei partecipanti o, per meglio dire, con la ratio ad esso sottesa, volta ad escludere condotte elusive alla preventiva verifica dei requisiti in capo ai partecipanti e delle logiche intrinseche all'evidenza pubblica.

Da ciò discende che i mutamenti di tipo additivo, quale si configura quello richiesto dalla ricorrente nella fattispecie oggetto di causa, dovranno essere ritenuti ammissibili nei soli casi in cui essi siano espressamente previsti dal legislatore.

Detti casi, peraltro, ponendosi come derogatori rispetto a un principio fondamentale e strumentale alla tutela della concorrenza, vanno considerati - anche per quanto evidenziato supra - tassativi e di stretta interpretazione.

A questo punto, si introduce la comparazione tra l'art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50 del 2016, e il successivo comma 18, che disciplina l'ipotesi di vicende patologiche che colpiscano l'impresa mandante, a norma del quale: "18. Salvo quanto previsto dall'articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire".

In tale disposizione si prevede espressamente l'ipotesi dell'operatore economico "subentrante", ovvero di una figura nuova rispetto alla compagine originaria, che si sostituisca al mandante colpito dalla fattispecie patologica, ferma restando la ditta mandataria (quest'ultima, in caso di impossibilità di sostituzione del mandante estromesso, sarà invece tenuta alla diretta esecuzione delle prestazioni contrattuali).

Solo in questo caso, e solo con riferimento alla posizione della ditta mandante, è espressamente prevista una modificazione con esiti additivi dei soggetti facenti parte del raggruppamento.

I fautori dell'opzione ermeneutica in esame argomentano dunque che, se la possibilità di ingresso di un nuovo operatore economico è prevista expressis verbis dall'art. 48, comma 18, per l'ipotesi dell'estromissione del mandante, e non invece dal precedente comma 17 con riferimento all'esclusione della mandataria, ciò significa che ove la fattispecie patologica colpisca la mandataria la modificazione soggettiva può intervenire solo in termini restrittivi, ovvero mediante l'espunzione della mandataria e la sua sostituzione con un'altra delle imprese eventualmente già presenti nel raggruppamento.

Ciò, in ragione delle coordinate interpretative sopra ripercorse e tratte dal pronunciamento dell'Adunanza plenaria, nella sentenza n. 8/2012 sopra largamente citata.

Peraltro, si aggiunga che il differente regime applicabile all'esclusione della mandante e della mandataria trae a sua volta fondamento logico dal sistema normativo in materia di contratti pubblici.

Invero, la ditta mandante e quella mandataria di un raggruppamento rivestono ruoli distinti nel rapporto con l'Amministrazione appaltante.

Se la prima si pone come un soggetto esecutore di prestazioni col quale la P.A. non ha contatti diretti, la mandataria costituisce invece (e nonostante la responsabilità solidale di tutte le imprese nei confronti della stazione appaltante), l'interlocutore pressoché esclusivo dell'Amministrazione.

Ai sensi dell'art. 48, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016 infatti: "Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto [...]".

Si pone, dunque, in piena consonanza con il sistema ordinamentale il differente approccio del legislatore di fronte all'ipotesi di sostituzione dei due soggetti: se il mutamento del mandante, interlocutore "di secondo grado" dell'Amministrazione, costituisce una delle ipotesi nelle quali, eccezionalmente, l'ordinamento consente persino la modifica additiva con ingresso di nuovi operatori economici (comma 18), l'estromissione del mandatario, interlocutore primario della P.A., consente invece la sostituzione solo con un soggetto già incluso ab origine nel raggruppamento.

All'esito della disamina sin qui svolta, ritiene il Collegio che, tra le due posizioni ermeneutiche sopra enunciate, la seconda, di carattere sistematico, sia da prediligere.

In primo luogo, l'art. 48, comma 17, sopra citato prevede espressamente una possibilità di sostituzione di soggetti componenti del raggruppamento solo se il rapporto negoziale di appalto sia "in corso di esecuzione".

Nel caso di specie, al contrario, il fatto modificativo della struttura della compagine aggiudicataria è intervenuto successivamente all'aggiudicazione, ma prima della stipula del contratto, la cui esecuzione non è pertanto ancora iniziata.

La ratio della previsione è chiara: se un rapporto di appalto è in corso di esecuzione è palesemente prioritaria la sua conclusione rispetto alla salvaguardia dei principi dell'evidenza pubblica posti "a monte" della procedura di gara.

A contrario, ove l'esecuzione non sia ancora iniziata, come nel caso di specie, l'intervenuta scelta del contraente (peraltro unico concorrente) permette di ripensare l'intera operazione ponendo nel nulla quanto sin qui fatto, non sussistendo nessuna necessità di concludere dei lavori che non sono mai stati iniziati.

In secondo luogo, sul piano più squisitamente civilistico non appare fuori luogo rilevare che, nel modello di project financing ai sensi dell'art. 183, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 con diritto di prelazione da parte del promotore, l'impianto complessivo dell'operazione dal punto di vista del diritto generale delle obbligazioni è quello di chi si obbliga a fornire una prestazione infungibile, avendola egli stesso personalmente confezionata e proposta all'Amministrazione, di cui ha, per dir così, intercettato i bisogni.

Se quanto sin qui evidenziato è vero, ne consegue che in caso di "morte" o sopravvenuta incapacità del prestatore d'opera infungibile, l'intera operazione negoziale deve darsi per impossibile, essendo venuta meno la principale expertise tecnica che aveva contribuito alla sua elaborazione e che avrebbe dovuto permetterne la realizzazione (sul punto, cfr. l'art. 1180, primo comma, c.c. - da leggersi ovviamente a contrario - nonché l'assai suggestivo art. 1674 c.c.).

Deve dunque concludersi che è la seconda prospettazione - quella più restrittiva, che esclude la sostituibilità della mandataria in caso di perdita dei requisiti - l'impostazione che meglio si concilia con il principio di "immodificabilità dei partecipanti" alla gara, enucleato dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella riportata pronuncia n. 8/2012, per come applicabile al caso di specie.

Nel contempo, essa consente di attribuire il giusto rilievo alla diversa posizione, nel raggruppamento, tra impresa manda[n]te e impresa mandataria (peraltro, in giurisprudenza, a conclusioni sovrapponibili sul punto è pervenuto anche T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 6 aprile 2018, n. 799).

Per tutto quanto precede, ritiene il Collegio che l'art. 48, comma 17, d.lgs. n. 50 del 2016 debba essere interpretato in termini sistematici e restrittivi, e vada dunque letto nel senso di consentire la possibilità di sostituire l'impresa mandataria in stato di concordato fallimentare c.d. "in bianco" solo con altre ditte già originariamente incluse nel raggruppamento, sempre ammettendo che l'infungibilità della prestazione intuitu personae a fornirsi non precluda del tutto anche tale opzione.

Il Comune di Foggia applicava, pertanto, correttamente le disposizioni normative in esame, emanando sul punto un provvedimento pienamente legittimo e correttamente motivato.

Per le precedenti considerazioni, assorbite le censure non scrutinate, il ricorso va respinto.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663; Sez. I, 27 dicembre 2013, n. 28663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Da ultimo, data la complessità e la parziale novità delle numerose questioni trattate possono ritenersi sussistenti i presupposti di legge per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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