Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione II
Sentenza 19 gennaio 2021, n. 70

Presidente: Trizzino - Estensore: Fenicia

FATTO

La Cinigiano Agri Power Plus s.r.l. ha ottenuto, con determinazione n. 829 del 5 aprile 2012 della Provincia di Grosseto, l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da biogas, di potenza elettrica di 999 kw, in località Porrona di S. Rita, nel Comune di Cinigiano.

Con ricorso depositato il 22 luglio 2014, la Masi Agricola s.p.a., che esercita l'attività vitivinicola nelle immediate vicinanze, e il sig. Roberto D., proprietario di un immobile abitativo posto anch'esso in prossimità dell'impianto, hanno impugnato la determinazione n. 1137 del 17 aprile 2014 del dirigente dell'area ambiente della Provincia di Grosseto, con cui l'amministrazione provinciale ha autorizzato la Cinigiano Agri Power Plus s.r.l., in variante all'autorizzazione unica già rilasciata nel 2012, all'utilizzo, nel suddetto impianto a biogas, di "biomasse cerealicole trinciate e/o sottoprodotti, come stabiliti dalla tabella 1/A del D.M. 6 luglio 2012, fino al limite del 20% provenienti da aziende agricole, cooperative agricole, consorzi agricoli nell'ambito della filiera corta", lamentando l'illegittimità e la lesività di tale autorizzazione in variante nella parte in cui consente l'utilizzo anche di reflui zootecnici per l'alimentazione dell'impianto, con conseguenti intollerabili immissioni in termini di rumori e odori molesti.

Con il primo motivo di gravame i ricorrenti hanno dedotto la violazione del d.m. Sviluppo economico del 10 settembre 2010, recante "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili", laddove prescrive, all'art. 13.1, lett. b), ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica: "la descrizione delle caratteristiche della fonte utilizzata, con l'analisi della producibilità attesa, ovvero delle modalità di approvvigionamento e, per le biomasse, anche la provenienza della risorsa utilizzata", essendo nella fattispecie mancata la descrizione, nella istanza, delle modalità di approv[v]igionamento e l'indicazione della provenienza delle biomasse extra-aziendali, documentazione essenziale ai fini della procedibilità dell'istanza ai sensi del successivo art. 14.2; di qui anche il difetto d'istruttoria imputato all'amministrazione provinciale.

Con il secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione della deliberazione del Consiglio Provinciale n. 27 del 2013, nelle parti in cui prevedeva che l'azienda agricola titolare dell'impianto, avrebbe dovuto documentare "attraverso contratti di conferimento e/o fatture di acquisto la tracciabilità e provenienza delle biomasse utilizzate nell'impianto per la produzione di metano vegetale", e che "nel P.A.P.M.A.A. e nelle sue varianti, dovranno essere indicate le strutture da cui avverranno gli approvvigionamenti di sottoprodotti con impegni e/o contratti di acquisto o di ritiro del prodotto/sottoprodotto/residuo di lavorazione; gli impianti devono permettere la fornitura nei limiti della definizione di "filiera corta"..."; ed infine che in sede di verifica delle nuove autorizzazioni avrebbe dovuto essere richiesta "opportuna documentazione tecnica attraverso la quale sia possibile valutare l'impatto sulla viabilità locale in riguardo all'approvvigionamento dell'impianto". Tale documentazione, secondo i ricorrenti, non sarebbe stata acquisita dalla Provincia in sede istruttoria.

Né sarebbe stata approfondita la capacità effettiva di rispetto del piano di approvvigionamento con biomasse di origine aziendale nella percentuale stabilita.

Con il terzo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione dell'art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006, per mancato rispetto delle condizioni previste da tale articolo per l'utilizzo di sottoprodotti per l'alimentazione di impianti di biogas, nonché la mancata acquisizione dei pareri della ASL e dell'ARPAT.

Infine i ricorrenti hanno formulato domanda di risarcimento del danno.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Grosseto, eccependo l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e comunque contestandone la fondatezza.

Con ordinanza emessa all'esito della camera di consiglio del 3 settembre 2014 il Tribunale ha rigettato l'istanza cautelare.

Nelle more del giudizio, la Cinigiano Agri Power Plus ha presentato alla Provincia di Grosseto una ulteriore istanza di variante all'autorizzazione unica, chiedendo di potersi approvvigionare fino al 49% con prodotti di provenienza extra-aziendale. All'esito della conferenza di servizi (ex art. 12 d.lgs. 387/2003) - acquisiti i pareri favorevoli del Servizio Viabilità della Provincia di Grosseto e dell'Area Tecnico-Urbanistica del Comune di Cinigiano e dell'Unione dei Comuni Montani Amiata Grossetana, ed anche all'esito dell'approvazione del nuovo Programma aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale (PAPMAA) presentato dalla Cinigiano Agri Power Plus - l'Amministrazione Provinciale, con Determinazione dirigenziale (Area Ambiente) n. 700 del 18 marzo 2015 ha autorizzato la Cinigiano Agri Power Plus "all'utilizzo del 49% di sottoprodotti e residui provenienti da aziende agricole e/o imprese agro-alimentari diverse da quella titolare dell'impianto stesso, nei limiti del principio di connessione e complementarietà di cui all'art. 2135 c.c.", prescrivendo che "almeno il 51% di biomasse utilizzate in impianto deve essere prodotto dall'azienda agricola Cinigiano Agri Power Plus e la restante parte, fino a un massimo del 49%, può provenire da biomasse ottenute da altre aziende agricole e agro-alimentari, intendendo per filiera corta la provenienza dei sottoprodotti o residui nei limiti derivanti da UTE il cui centro aziendale è localizzato all'interno di un'area avente un raggio non superiore a 70 KM (in linea d'aria) di distanza dal centro dell'impianto, fatte salve le eccezioni di cui al Decreto dello Sviluppo Economico del 6 luglio 2012 (accordi di filiera e contratti quadro di cui alla normativa vigente)".

Con motivi aggiunti depositati il 3 febbraio 2016, la Masi Agricola s.p.a. e il sig. D., asserendo il persistere delle maleodoranze e il rinvenimento di "liquidi scuri" nel fossato posto al confine con la proprietà Masi, nonché l'aumento del traffico di mezzi pesanti destinati all'impianto, hanno impugnato tale Determinazione dirigenziale, unitamente alla Determina del Responsabile SUAP con cui era stato approvato il PAPMAA presentato dalla Cinigiano Agri Power Plus.

Con tali motivi aggiunti i ricorrenti hanno dedotto, avverso il nuovo provvedimento e agli altri atti collegati, le medesime censure di cui ai motivi del ricorso principale, relative alla mancata produzione dei contratti di conferimento, al mancato rispetto dei criteri di tracciabilità della filiera corta e alla mancata valutazione degli impatti sulla viabilità locale, contestando inoltre le modalità adottate di stoccaggio delle biomasse, nonché il difetto d'istruttoria in ordine all'effettiva capacità della Cinigiano Agri Power Plus di ottenere dalle proprie coltivazioni la quantità di biomasse dichiarata pari al 51% dell'intero approvvigionamento.

Infine, i ricorrenti hanno formulato domanda di risarcimento del danno.

Si sono costituiti: la Cinigiano Agri Power Plus, l'Unione dei Comuni Montani Amiata Grossetana e il Comune di Cinigiano, producendo in seguito memorie difensive.

In particolare, la società controinteressata ha eccepito l'irricevibilità dei ricorsi per nullità della notifica del ricorso introduttivo, nonché l'inammissibilità degli stessi per difetto d'interesse, contestando comunque la fondatezza nel merito del ricorso per motivi aggiunti; mentre la Provincia di Grosseto, con memoria dell'8 maggio 2020, ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 30 maggio 2018 di declaratoria dell'illegittimità costituzionale degli artt. 10 e 11-bis della legge regionale n. 22 del 2015, che, nell'ambito del riordino delle funzioni provinciali, lasciavano ferma la competenza delle Province per i procedimenti in corso e il relativo contenzioso.

Il Collegio, con ordinanza del 19 maggio 2020, ritenendo fondata quest'ultima eccezione, ha dichiarato l'interruzione del giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 79, comma 2, c.p.a.

Il giudizio è stato dunque ritualmente riassunto nei confronti della Regione Toscana, che si è costituita in giudizio chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, irricevibile, improcedibile e comunque infondato nel merito.

In prossimità dell'udienza di discussione le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica.

All'udienza del 12 gennaio 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, la questione della nullità della notifica del ricorso principale deve ritenersi superata, essendo ormai pacifico che la costituzione della parte intimata sana la nullità della notificazione con effetti ex tunc. La Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno 2018, n. 132, ha infatti dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 44, comma 3, c.p.a. nella parte in cui prevedeva che la costituzione in giudizio della parte intimata avesse l'effetto di sanare la nullità della notificazione del ricorso con efficacia ex nunc anziché ex tunc (per una applicazione cfr. C.d.S., Sez. V, n. 6857/2020).

D'altro canto, la sanatoria per raggiungimento della scopo non è impedita dall'avvenuta costituzione dell'intimato "al solo scopo di eccepire la nullità della notificazione" (ex multis, cfr. Cass. civ., Sez. VI-5, 21 maggio 2019, n. 13697; Sez. un., 20 luglio 2016, n. 14917; C.d.S., Sez. VI, 19 febbraio 2019, n. 1136).

In primo luogo, perché, se è vero che la nullità è sanata per l'avvenuta conoscenza del giudizio (con conseguente possibilità di esercizio dell'attività difensiva), la costituzione in giudizio, quale sia la strategia processuale che l'abbia ispirata (e, quindi, anche se con il solo obiettivo di pervenire ad una pronuncia di chiusura in rito), dà prova che conoscenza del processo si sia effettivamente avuta.

In secondo luogo, in quanto non può ascriversi alla facoltà della parte disporre degli effetti dei propri atti sullo svolgimento del processo, come accadrebbe ove fosse consentito limitare la costituzione al mero scopo di informare il giudice - ove vi sia timore di un mancato rilievo d'ufficio - dell'esistenza di un vizio comportante la nullità dell'atto (C.d.S., Sez. V, n. 6857/2020).

Il contraddittorio deve dunque ritenersi integro nell'odierno giudizio, essendosi la controinteressata peraltro difesa anche nel merito delle censure prospettate e comunque avendone avuto ampia possibilità, anche per effetto della durata del presente processo, articolatosi in una udienza camerale e due udienze pubbliche di discussione.

2. Deve dunque essere esaminata l'eccezione in rito, formulata dalle parti costituite, relativa al difetto di legittimazione degli odierni ricorrenti per mancanza di una posizione differenziata e qualificata in capo a costoro, rispetto alle autorizzazioni in variante impugnate, relative all'impianto della Cinigiano di produzione di energia elettrica da biogas.

L'eccezione è fondata.

Va innanzitutto evidenziato che i ricorsi in esame non hanno ad oggetto l'autorizzazione all'installazione di un nuovo un impianto, che è stata rilasciata con determinazione dirigenziale del 12 luglio 2012, non impugnata, bensì le determinazioni con cui sono state approvate delle richieste di variante all'autorizzazione riguardanti le modalità di approvvigionamento dell'impianto preesistente e già funzionante. In particolare, con le determine impugnate la Provincia di Grosseto si è limitata a consentire alla Cinigiano Agri Power Plus di poter trattare anche biomasse e sottoprodotti di provenienza extra-aziendale nelle percentuali indicate nei due provvedimenti succedutisi, rispettivamente del 20% e del 49%.

Dunque, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la maggiore lesività delle ultime autorizzazioni in variante rispetto all'originaria autorizzazione dovrebbe derivare dall'aumento delle emissioni odorigene causate dall'utilizzo, fra le diverse categorie di biomasse e/o sottoprodotti, anche di effluenti zootecnici, nonché dall'aumento del traffico di mezzi pesanti nell'area.

Non vengono invece concretamente prospettati possibili danni alla salute o all'ambiente.

Il Collegio ritiene le suddette circostanze non sufficienti a fondare una posizione differenziata a favore dei ricorrenti, non venendo allegata, unitamente alla vicinitas, la possibilità di un pregiudizio specifico e concreto, di apprezzabile rilevanza, connesso alla autorizzazioni impugnate. Dovendosi considerare che l'impiego dei prodotti agricoli e zootecnici per la produzione e l'utilizzo finale di energia rinnovabile elettrica è attività complementare e connessa all'agricoltura ai sensi dell'art. 2135 c.c., allo stesso modo dell'attività svolta dai ricorrenti nelle loro aziende agricole. Si tratta infatti di un'attività diretta a creare un ciclo bio-energetico per la produzione di energia, che non genera alcuno scarto, né alcuna emissione inquinante o nociva per la salute. Quanto alle emissioni odorigene generate dall'utilizzo, unitamente alle biomasse vegetali, in una percentuale non conosciuta, di effluenti zootecnici, esse sono connaturali all'attività agricola e a quella zootecnica in particolare e vengono in genere tollerate nelle aree agricole. Comunque nella fattispecie, tali emissioni, se di particolare intensità potrebbero essere mitigate attraverso diversi accorgimenti, primo fra tutti un corretto stoccaggio delle biomasse come prescritto nel provvedimento impugnato con motivi aggiunti; ma tale aspetto afferisce al momento esecutivo delle autorizzazioni contestate e non a quello genetico oggetto di giudizio. In altre parole, l'inconveniente segnalato non verrebbe eliminato rispettando le norme invocate dai ricorrenti relative alla tracciabilità delle biomasse utilizzate. Non vi è dunque alcun nesso fra i motivi di ricorso e l'interesse che dovrebbe sorreggere l'azione giudiziaria.

Ugualmente è a dirsi con riferimento al problema viabilistico, essendo fra l'altro il trasporto di prodotti con mezzi pesanti connesso ad ogni attività imprenditoriale agricola di grandi dimensioni com'è quella esercitata dalla società controinteressata.

Deve dunque essere escluso che i ricorrenti siano incisi concretamente e in modo rilevante nei loro interessi dalle autorizzazioni impugnate.

3. Per tale assorbente il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti in esame devono essere dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione ad agire.

4. Le spese di lite possono essere compensate tenuto conto della complessità della causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili per difetto d'interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.