Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 22 gennaio 2021, n. 665

Presidente: De Felice - Estensore: Lamberti

FATTO E DIRITTO

1. Edison Energia ha impugnato il provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (n. prot. 71328) del 2 dicembre 2011 con il quale la società è stata ritenuta responsabile: a) dell'attivazione dei servizi in assenza di sottoscrizione o manifestazione di volontà contrattuale ovvero in base a firme false; b) della comunicazione di informazioni ingannevoli al fine di ottenere la sottoscrizione dei contratti.

In considerazione della gravità e durata di tali due infrazioni l'Autorità ha irrogato, con riferimento alla pratica commerciale di cui al precedente punto a), una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 180.000, importo quest'ultimo comminato anche con riferimento alla pratica commerciale di cui al precedente punto b), per complessivi Euro 360.000.

2. A sostegno del ricorso, la società ha dedotto:

a) la violazione degli artt. 20, 24, 25, lett. a), e 26, lett. f), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e l'eccesso di potere, in quanto non sussisterebbe, a carico di Edison Energia s.p.a., la culpa in vigilando;

b) la violazione dell'art. 27, comma 13, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e dell'art. 11 della l. 24 novembre 1981, n. 689 oltre all'esistenza di vari profili di eccesso di potere, in quanto la sanzione erogata non sarebbe congrua;

c) la violazione dell'art. 27, comma 13, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e dell'art. 8-bis della l. 24 novembre 1981, n. 689, in quanto risulterebbe illegittimo l'aumento nella misura di Euro 20.000,00, posto in essere dall'AGCM in considerazione della reiterazione dell'illecito, ai sensi dell'art. 8-bis di cui alla l. 689/1981.

2.1. Durante il giudizio di primo grado, con la memoria depositata il 3 luglio 2018, la società ha eccepito la nullità per difetto di attribuzione del provvedimento impugnato, ritenendo che non sussisterebbe il potere dell'AGCM di sanzionare le pratiche commerciali scorrette in conseguenza dell'istituzione dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).

In subordine, in considerazione delle ordinanze del Consiglio di Stato e del TAR Lazio (rispettivamente n. 167/2017 e n. 2551/2017) che hanno rimesso alla Corte di giustizia UE ai sensi dell'art. 267 TFUE una serie di quesiti, Edison Energia ha chiesto la sospensione del presente giudizio, ritenendo che le valutazioni della Corte di giustizia dovessero ritenersi pregiudiziali al fine della decisione del presente giudizio, in subordine ha chiesto di rimettere anche nel presente giudizio la questione alla Corte di giustizia.

3. Con la sentenza n. 8699 del 2018, il TAR per il Lazio ha disatteso l'eccezione di nullità ed ha respinto il ricorso.

4. La società ricorrente in primo grado ha proposto appello avverso tale pronuncia.

Con il primo motivo ha reiterato la chiesta di sospensione del giudizio e, in subordine, di remissione degli atti alla Corte di giustizia UE.

A tal fine ricorda che, nell'ambito di due controversie distinte e tuttavia aventi a oggetto questioni analoghe alla presente, il Giudice Amministrativo (ordinanza del Consiglio di Stato n. 167 del 2017 ed ordinanza del TAR del Lazio n. 2551 del 2017) ha sollevato quesiti circa la compatibilità con la normativa eurounitaria di una normativa nazionale ai sensi della quale presunte pratiche commerciali scorrette, benché contrastanti con specifici obblighi previsti da una disciplina speciale, sono ricondotte alla disciplina generale a tutela del consumatore.

Le predette questioni pregiudiziali sollevate dal Giudice Amministrativo assumerebbero una valenza dirimente anche nel presente giudizio, poiché hanno ad oggetto la legittimità della normativa che attribuisce all'Autorità resistente il potere sanzionatorio contestato nel presente giudizio.

La società rileva inoltre che nella specifica normativa di settore di cui alla Delibera n. 105 del 2006 dell'ARERA (Codice di condotta del 2006) sono stati previsti specifici obblighi di informazione, anche relativi alle "informazioni preliminari alla conclusione del contratto" (art. 10), sono state introdotte regole puntuali sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore (artt. 3, 6 e 7), e tutele nel caso di contratti conclusi attraverso tecniche di comunicazione distanza (art. 10).

In attuazione delle Direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, che hanno introdotto ulteriori specifici diritti del consumatore nel mercato dell'energia elettrica e del gas naturale, l'ARERA ha inoltre adottato la Delibera n. 104 del 2010, approvando il nuovo "Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica e di gas naturale ai clienti finali".

Secondo l'appellante, tale disciplina di settore ha regolato in modo esaustivo i diritti dei consumatori del mercato energetico. In tale ambito, all'ARERA sono stati attribuiti ampi poteri sanzionatori per reprimere le condotte che violino i Codici di condotta commerciale e, più in generale, i diritti degli utenti (cfr. art. 2, comma 20, lett. c) e d), della l. n. 481 del 1995). Ne consegue che, alla luce della sovrapposizione tra la disciplina generale e la disciplina di settore, con riguardo a condotte afferenti a contratti relativi al mercato dell'energia, Edison Energia - ove ritenuta effettivamente responsabile - dovrebbe essere sanzionata soltanto per la violazione dei Codici di condotta commerciale ed esclusivamente da parte dell'ARERA, ai sensi della l. n. 481 del 1995 e del d.lgs. 93 del 2011.

5. La censura è infondata.

La prospettazione di parte appellante è stata definitivamente smentita dalla giurisprudenza europea che, nelle more, si è pronunciata con la sentenza 13 settembre 2018, C-54/17 e C-55/17, sui ricorsi pregiudiziali di cui alle ordinanze del Consiglio di Stato n. 167 del 2017 e del TAR del Lazio n. 2551 del 2017, nonché con l'ordinanza della stessa Corte, sez. X, 14 maggio 2019, da C-406/17 a C-408/17 e C-417/17.

L'intervenuta pronuncia del Giudice europeo supera la richiesta di sospensione del giudizio e quella, svolta solo in via subordinata, di rimessione alla Corte di giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE.

Alla luce dei chiarimenti forniti dalla Corte di giustizia, la Sezione si è già pronunciata (cfr. C.d.S. 7296/2019 e 4357/2019) sulle questioni dedotte dall'appellante, pertanto, ci si limita a ripercorrere sommariamente le considerazioni svolte in tali precedenti che il Collegio condivide.

Il punto di partenza è rappresentato dalla direttiva 2005/29/CE del giorno 11 maggio 2005, la quale, per quanto qui interessa, al "considerando" 10 dispone che "È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto comunitario esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici... Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore...". La stessa direttiva all'art. 3, comma 4, prevede che "In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici".

Attuative di tale normativa europea sono le norme del Codice del consumo, ovvero gli artt. 19 e 27, comma 1-bis.

Il Codice all'art. 19 dispone: "Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto (comma 1)... In caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici (comma 3)". All'art. 27, comma 1-bis, prevede poi che "Anche nei settori regolati, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze".

Nelle pronunce citate, la Corte di giustizia ha chiarito che la formula dell'art. 3, comma 4, della Direttiva, secondo la quale "In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici", si applica anzitutto al solo caso di contrasto fra norme europee, e non al caso di contrasto fra norme europee e norme nazionali ed ha poi nella sostanza un campo di applicazione molto limitato, ristretto al caso in cui "disposizioni estranee" alla direttiva disciplinino "aspetti specifici" delle pratiche commerciali sleali, in modo da imporre "ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi incompatibili" con quelli stabiliti dalla direttiva stessa.

Al di fuori da questo caso, che nella specie pacificamente non si configura, la normativa europea non osta ad una normativa nazionale, come quella in esame, per cui la competenza a sanzionare le pratiche commerciali aggressive spetta all'Autorità generalmente competente in materia di concorrenza e mercati, e non all'Autorità specifica di settore.

Alla luce di quanto affermato dalla Corte di giustizia, la regola generale è che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. La competenza delle altre Autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli "aspetti specifici" delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili (cfr. C.d.S. 7296/2019 e 4357/2019).

6. Con il secondo motivo di appello ("Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 24, 25, lett. a), e 26, lett. f), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca"), la società appellante insiste nell'evidenziare che i comportamenti segnalati dai consumatori sono stati posti in essere dagli agenti delle società di vendita di cui la società si è avvalsa, e non già da dipendenti di Edison Energia.

6.1. Inoltre, rileva di aver predisposto efficaci meccanismi organizzativi volti, da un lato, a minimizzare i rischi di comportamenti illeciti da parte dei propri agenti e, dall'altro, a neutralizzarne gli effetti, laddove i medesimi si verifichino nonostante i controlli previsti.

In particolare: a) ha contrattualmente previsto che gli agenti si impegnassero a rispettare il Codice Etico di Edison Energia nonché i protocolli che regolano l'attività aziendale; b) ha preteso altresì che venissero sottoscritte "Regole di comportamento" appositamente predisposte per i venditori; c) ha provveduto all'organizzazione di periodici seminari di formazione ed aggiornamento, cui sono tenuti a partecipare sia i propri dipendenti, sia gli agenti e gli operatori delle società di vendita.

Inoltre, sottolinea come i rapporti di agenzia con la quasi totalità delle società di vendita coinvolte nell'istruttoria siano stati interrotti, sicché la tesi accusatoria sarebbe erronea, laddove afferma che i soli deterrenti alla commissione di illeciti da parte delle agenzie sarebbero consistiti nello storno delle provvigioni e nell'imputazione delle perdite.

6.2. La società contesta anche la ritenuta ambiguità degli script imposti ai telesellers; quanto ai contratti sottoscritti presso il domicilio dei clienti, Edison precisa di aver sempre previsto un controllo sulla genuinità dei contratti - siano essi cartacei oppure conclusi tramite teleselling -, consistente nella c.d. welcome call, precisando che la registrazione di dette chiamate veniva sempre effettuata, almeno laddove il cliente dichiarasse di non aver sottoscritto alcun contratto e l'operatore procedesse all'annullamento.

6.3. Da un altro punto di vista, l'appellante sottolinea come fosse ammesso l'esercizio anche tardivo del diritto di ripensamento nonché il disconoscimento della manifestazione di volontà da parte del cliente. In questi casi, anche laddove la fornitura al cliente sia stata nel frattempo attivata, era la Società stessa ad accollarsene integralmente i costi, fino al trasferimento del cliente stesso ad un nuovo operatore.

7. L'appello non deve trovare accoglimento.

Giova ricordare che la società appellante è stata sanzionata per aver posto in essere due differenti condotte illecite (attivazione dei servizi in assenza di sottoscrizione e comunicazione di informazioni ingannevoli al fine di ottenere la sottoscrizione dei contratti).

L'Autorità ha riferito che: a) le richieste di intervento pervenute all'Autorità, relative all'attivazione da parte di Edison di forniture di energia elettrica e/o gas naturale non richieste (pratica sub a), sono state 85 circa, e ulteriori 80 segnalazioni circa sono state trasmesse dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas; b) con riferimento al canale della vendita porta a porta molti segnalanti hanno comunicato di aver ricevuto, del tutto inaspettatamente, una lettera di benvenuto da parte di Edison, pur non avendo gli stessi sottoscritto alcun documento contrattuale. In questi e in diversi altri casi, inoltre, Edison non avrebbe dato riscontro alla richiesta di invio dei contratti per verificare l'autenticità della firma; c) secondo numerose altre segnalazioni la fornitura non richiesta sarebbe stata attivata senza che i consumatori avessero espresso il consenso alla conclusione del contratto (un consumatore ha evidenziato di aver richiesto e ricevuto la copia del contratto e di aver scoperto che sullo stesso era stata apposta una firma falsificata); d) dalle denunce emerge, inoltre, che la fornitura di energia elettrica e/o gas naturale sarebbe stata attivata da Edison anche nei confronti di persone decedute; e) con riguardo alla comunicazione di informazioni ingannevoli e/o omissive, al fine di ottenere la sottoscrizione dei contratti, le denunce pervenute danno conto di agenti che prospettavano la possibilità di una riduzione cospicua della tariffa e della conclusione di contratti più convenienti rispetto alla fornitura corrente del consumatore, pur senza disporre di dati. Altre volte l'ingannevolezza delle informazioni fornite dagli agenti di Edison ha riguardato lo scopo della visita o della telefonata e/o la identità stessa dell'agente e del professionista per conto del quale operava (ad esempio: agenti di Edison si sarebbero recati presso i consumatori con il dichiarato intento di verificare i consumi di energia/gas, procedendo, invece, tramite l'acquisizione di dati sensibili, a un passaggio non voluto di operatore; similmente, un agente Edison qualificatosi come incaricato comunale, avrebbe fatto firmare alcuni moduli asseritamente per evadere la pratica relativa alla concessione di un bonus energia, in seguito, il consumatore avrebbe ricevuto una fattura da parte di Edison relativa alla fornitura di energia elettrica, per un importo pari a 122 euro, nonostante non avesse mai chiesto di cambiare fornitore e di "migrare" verso Edison); f) alcune agenzie di Edison avrebbero altresì diffuso, in prossimità delle visite a domicilio, volantini recanti informazioni false o fuorvianti in merito alle condizioni di mercato e allo scopo delle visite. Anche nel canale teleselling in diversi casi gli operatori non avrebbero chiarito la natura e lo scopo della telefonata, lasciando intendere che la stessa fosse finalizzata esclusivamente a promuovere le offerte Edison e non anche a concludere il contratto mediante registrazione telefonica, ovvero avrebbero diffuso false informazioni al fine di acquisire i dati identificativi dell'utenza procedendo, poi, ad attivazioni di forniture mai richieste.

7.1. La veridicità di detti comportamenti non è neppure contestata dalla società ed in ogni caso risulta dimostrato dalle segnalazioni pervenute all'AGCM.

La controversia ruota invece intorno all'imputabilità alla società appellante di tali condotte poste in essere dagli agenti formalmente esterni all'organizzazione della società appellante, ovvero se sia ravvisabile in capo ad Edison una responsabilità per aver incentivato o non adeguatamente controllato l'opera degli agenti commerciali.

8. Ai sensi dell'art. 20, comma 2, del Codice del consumo, una pratica commerciale è ritenuta scorretta e, in quanto tale, vietata se "è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta".

La disposizione individua chiaramente due distinti connotati dell'elemento oggettivo dell'illecito, consistenti nella contrarietà della pratica alla diligenza professionale, da un lato, e nella sua idoneità a coartare l'autonomia negoziale del consumatore medio cui è destinata, dall'altro.

Deve inoltre ricordarsi che le condotte commerciali sanzionate sono state poste in essere in un mercato di recente liberalizzazione e dunque, come rimarcato dal TAR, posto che la scelta del consumatore risulta influenzata da calcoli legati anche a variabili tecniche ed economiche "nuove" e di non facile comprensione, non risulta censurabile il richiedere uno standard di diligenza "rafforzato" in capo al professionista e ciò anche in riferimento alla doverosa attività di controllo sulla condotta dei propri agenti.

Da un altro punto di vista, deve ricordarsi come la giurisprudenza abbia già avuto modo di precisare che nei casi in cui vi è l'interposizione di soggetti terzi nell'attività di vendita del professionista, il canone della diligenza richiesta obbliga a monitorare il comportamento dell'attività dei singoli agenti e, ciò, al fine di evitare che il ricorso al contratto di agenzia possa costituire il presupposto idoneo a consentire una facile esimente da responsabilità per le condotte che egli stesso volesse assumere non riconducibili al fatto proprio (cfr. C.d.S., sez. VI, 7 settembre 2012, n. 4753, vedasi anche C.d.S., sez. VI, n. 4357/2019 che conferma la sentenza di primo grado in cui si evidenzia che laddove i vantaggi della condotta siano comunque riconducibili al "professionista" non rileva che l'attività sanzionata sia stata posta in essere materialmente da terzi, considerato che la mancata predisposizione di adeguati strumenti di controllo rappresenta comunque una condotta non conforme al normale grado della specifica diligenza, competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista).

Lungi dal configurare una responsabilità oggettiva del professionista, deve ribadirsi che la mancata predisposizione di adeguati strumenti di controllo rappresenta dunque una condotta non conforme al normale grado della specifica diligenza, competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista.

8.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, nel caso in esame - di cui innanzi si sono tratteggiate le caratteristiche delle condotte abusive poste in essere - non pare censurabile l'aver collegato l'imputazione di responsabilità dell'appellante per i fatti posti in essere dagli agenti avuto riguardo al sistema, predisposto dalla stessa appellante, in cui i singoli agenti erano comunque remunerati in relazione al numero dei clienti acquisiti, senza che sussistessero degli strumenti idonei a misurare la qualità del servizio posto in essere e, quindi, l'esistenza di eventuali criticità.

Tale meccanismo, se non sua causa diretta, appare in ogni caso aver ragionevolmente incentivato la condotta commerciale aggressiva degli agenti, agevolata anche dall'assenza di un effettivo controllo sul singolo contratto ed agente finalizzato a correggere il detto meccanismo nei casi di illecito ai danni del singolo consumatore.

Il fatto che fosse prevista la risoluzione del rapporto e lo storno delle provvigioni in caso di reclami da parte dei consumatori e l'addebito all'agenzia di tutti i costi, che fossero derivati dalle suddette pratiche abusive, costituisce la fisiologica evoluzione di un qualunque rapporto di agenzia non adempiuto, non potendo pertanto rappresentate un utile strumento specificatamente volto alla prevenzione delle pratiche abusive. Pratiche che si sono di fatto verificate e che ragionevolmente, come già anticipato, sono state agevolate dal fatto che il corrispettivo dell'agente era commisurato al numero di contratti stipulati.

Da un altro punto di vista, rispetto alla posizione del consumatore, deve considerarsi di per sé irrilevante e dunque inidonea ad esaurire i doveri di controllo, la previsione di Edison di risolvere i contratti di agenzia, dal momento che tale misura estrema interviene in un momento in cui il pregiudizio al consumatore si è già concretizzato.

Al riguardo, non appare inoltre censurabile ai fini della sussistenza dell'illecito (salvo quanto di seguito precisato ai fini della commisurazione della sanzione) la valutazione dell'Autorità, che ha ritenuto che il numero di segnalazioni pervenute all'AGCM (circa 85) fosse sintomatico della non sufficiente idoneità dei meccanismi di controllo a prevenire i comportamenti illeciti.

8.2. Deve dunque confermarsi la valutazione del giudice di primo grado, dovendosi ribadire che le misure di "vigilanza e controllo" che l'appellante ha dichiarato di aver posto in essere, ed innanzi ricordate, non erano in ogni caso idonee ad incidere nel momento in cui veniva posta in essere la condotta illecita, né il rapporto contrattuale che intercorreva con l'agente di vendita era idoneo a penalizzare tali condotte aggressive.

È invece pacifico che nessun specifico controllo fosse previsto sull'attività che ogni singolo agente di vendita poneva in essere. Al riguardo, appare dunque corretto il rilievo del TAR che ha evidenziato l'assenza di una fase di monitoraggio e di controllo degli agenti, idonea ad acquisire contezza delle pratiche commerciali effettivamente poste in essere.

Risulta parimenti condivisibile la valutazione del giudice di primo grado secondo il quale non può essere attribuita una funzione di controllo agli strumenti relativi alla lettera di benvenuto e alla welcome call, strumenti questi ultimi che non appaiono idonei ad acquisire conoscenza delle modalità mediante le quali si è svolto il singolo processo di sottoscrizione della fornitura.

In altre parole, tali ulteriori misure predisposte dalla società non risultano idonee ad elidere la condotta illecita e neppure a prevenirne la perpetrazione, intervenendo solo a posteriori allorché la libertà contrattuale del consumatore era già stata pregiudicata. Tali misure, oltre che successive, non contemplavano alcuna misura effettivamente penalizzante per gli agenti (vedasi quanto argomentato al punto 8.1) che, nel caso in esame, hanno incontestabilmente posto in essere condotte particolarmente aggressive, in certi casi con condotte suscettibili di rilevare anche sotto il profilo penale (un consumatore ha evidenziato, ad esempio, di aver richiesto e ricevuto la copia del contratto e di aver scoperto che sullo stesso era stata apposta una firma falsificata; una consumatrice ha evidenziato di aver ricevuto presso la propria abitazione una lettera di benvenuto di Edison nella quale è specificato che la proposta di contratto sarebbe stata formalizzata tramite registrazione telefonica dal marito, il quale era però deceduto otto mesi prima della presunta conclusione del contratto).

8.3. Nello specifico, per quanto concerne gli script utilizzati dall'operatore che effettuava la welcome call, l'Autorità ha accertato che non era prevista alcuna domanda dell'operatore avente ad oggetto la conferma, da parte del consumatore, di avere effettivamente sottoscritto il contratto cartaceo durante la visita dell'agente, o di avere ricevuto una telefonata da parte di Edison e di aver voluto concludere il contratto a mezzo della registrazione della stessa (non appaiono idonei a portare ad una valutazione diversa i documenti prodotti anche nel presente giudizio dall'appellante di cui non è possibile valutare né l'attendibilità, né la loro effettiva applicazione).

Analogamente, anche per quanto concerne il canale teleselling, non vi era alcun meccanismo di controllo da parte di Edison sulla telefonata stessa, in quanto nel contratto sottoscritto tra Edison e i singoli agenti era previsto unicamente che la stessa Edison fornisca all'agente lo script in base al quale condurre la telefonata.

Vale un analogo discorso in riferimento alla libertà di ripensamento assicurata dalla società ai suoi nuovi clienti, suscettibile invece di rilevare al fine di mitigare il trattamento sanzionatorio come di seguito meglio specificato.

In definitiva, sulla base delle sopra esposte considerazioni, vanno respinti i motivi di appello proposti in relazione alla correttezza dell'operato dell'Autorità antitrust.

9. Con gli ulteriori motivi di appello si contesta la determinazione della sanzione.

A tal fine la società appellante:

a) richiama l'attenzione sulla neutralizzazione degli effetti dei comportamenti degli agenti eventualmente sfuggiti ai suoi controlli, ribadendo che la policy della società prevede che vengano accettati anche ripensamenti tardivi e che i costi vengano interamente sopportati da Edison Energia;

b) rileva che le 85 segnalazioni giunte all'Autorità procedente corrispondono ad appena lo 0,028% dei nuovi contratti stipulati nel periodo oggetto di istruttoria;

c) contesta che l'Autorità ha ritenuto di applicare la medesima sanzione alle pratiche commerciali consistenti nell'attivazione delle forniture rispettivamente di energia elettrica e di gas naturale, nonostante entrambe le condotte contestate siano state poste in essere dai medesimi agenti, nel corso delle medesime telefonate e visite a domicilio, volte a presentare una contestuale offerta - seppur scindibile - per entrambe le forniture;

d) contesta la ritenuta reiterazione dell'illecito e, dunque, i presupposti per l'aumento nella misura di euro 20.000 della sanzione.

9.1. La censura deve trovare parziale accoglimento.

Ai sensi dell'art. 27, comma 9, del Codice del consumo, nel testo applicabile ratione temporis, con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l'Autorità dispone l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 500.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

L'art. 27, comma 13, del Codice del consumo richiama espressamente le previsioni di cui al capo I, sezione I, della l. 689/1981, in materia di sanzioni amministrative. L'art. 11 della citata fonte normativa, in particolare, stabilisce che nella determinazione del quantum della sanzione all'interno della cornice edittale debba aversi riguardo "alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche".

L'Autorità ha tenuto conto, con riguardo alla gravità della violazione, della dimensione economica del professionista, che nel 2010 aveva realizzato in Italia un fatturato considerevole, sicché l'Autorità ha determinato le sanzioni rispettivamente per le pratiche sub a) e b) in rispettivamente 180.000 euro, per un totale di 360.000 euro.

9.2. Quanto alle doglianze dell'appellante deve in primo luogo escludersi la prospettata duplicazione della misura sanzionatoria, né la necessità di integrare la relativa motivazione, ove si consideri che, seppur l'Autorità abbia distinto le forniture di energia elettrica da quelle di gas, l'Autorità ha concluso ai fini sanzionatori nel senso che le attivazioni non richieste dell'uno e dell'altro prodotto fossero state realizzate attraverso due condotte aggressive: a) l'attivazione in assenza di sottoscrizione o comunque consenso del consumatore; b) la comunicazione di informazioni omissive o non veritiere rilevanti al fine di ottenere l'adesione alla proposta di contratto. Come detto, l'Autorità ha quindi irrogato per la pratica sub a) (posta in essere tanto nel mercato dell'energia che del gas) la sola sanzione di 180.000 euro e per la pratica sub b) (anch'essa posta in essere tanto nel mercato dell'energia che del gas) la sola sanzione di altre 180.000 euro.

Non coglie nel segno neppure la contestazione della recidiva.

Ai sensi del comma 2 dell'art. 8-bis della l. 689/1981 "si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità e caratteri fondamentali comuni". Nel caso di specie non appare, pertanto, censurabile la scelta dell'Autorità di valorizzare le condotte sanzionate con il provvedimento n. 19890 del 20 maggio 2009, "PS2496 - Edison - Risparmi il 20%", qualificate come pubblicità ingannevole ai sensi dell'art. 22 del Codice del consumo.

9.3. Appaiono invece condivisibili gli ulteriori rilievi dell'appellante.

Come già rilevato, è indubbio che la società avesse approntato una serie di misure per ovviare, seppure solo a posteriori, alla condotta aggressiva dei propri agenti (vedasi punto 6.3). Tali misure, nonostante non valgano ad escludere la sussistenza dell'illecito, devono invece essere considerare al fine del computo della sanzione, come del resto prescrive l'art. 11 innanzi citato, che richiede di valutare anche "l'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze della violazione".

Non appare inoltre condivisibile la valutazione dell'Autorità circa la frequenza e l'incidenza complessiva della condotte contestate sul mercato. Invero, il dato che le segnalazioni giunte all'Autorità procedente siano state 85 corrispondono ad appena lo 0,028% dei nuovi contratti stipulati nel periodo oggetto di istruttoria, deve ragionevolmente portare ad una mitigazione del trattamento sanzionatorio, appalesando infatti come le pur gravi pratiche, giustamente sanzionate, siano state poste in essere, per quel che consta, in un numero limitato di casi.

Alla luce di tali considerazioni, ciò che risulta violato è il principio di proporzionalità nella modulazione dell'entità della sanzione; ne consegue che la sanzione deve essere ridotta di 1/3 rispetto a quella complessivamente irrogata per i due illeciti contestati.

10. L'esito della controversia giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie in parte l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie - limitatamente alla determinazione dell'importo della sanzione e nei sensi di cui in motivazione - il ricorso di primo grado.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Corso

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