Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 12 febbraio 2021, n. 1269
Presidente: Montedoro - Estensore: Sabatino
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 7655 del 2016, Europa s.a.s. di Pallua Renzo & C. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, 2 agosto 2016, n. 931, redatta in forma semplificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Malcesine nonché Francesco M. e Marco P. per l'annullamento del provvedimento di diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica.
Il giudice di primo grado ha così deciso:
"Il collegio prende atto che il ricorso è rinunciato nella parte in cui è chiamato in giudizio Francesco M.
L'accertamento di compatibilità paesaggistica può essere rilasciato solo a condizione che si tratti di intervento che non comporti aumento di volume o di superficie.
L'istanza denegata ha invece ad oggetto anche la circostanza che le cantine del condominio "Villa Linda" non costituiscano volume urbanisticamente rilevante perché completamente interrate.
Tale richiesta è motivata in relazione al fatto che le cantine sono poste ad una quota inferiore rispetto al piano di campagna originario, rappresentato dal piano inclinato che congiunge la quota lago con la quota della strada Gardesana.
Tuttavia gli elaborati progettuali evidenziano che le cantine non sono interrate.
Il piano di campagna inclinato cui fa riferimento parte ricorrente non copre le cantine, essendo queste costruite fuori terra.
Comportando dunque l'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica il riconoscimento implicito della volumetria delle cantine, il diniego è atto dovuto, non potendo essere accordato per interventi che comportano aumento di volume.
Il ricorso è pertanto infondato.
La condanna alle spese segue la soccombenza, con liquidazione equitativa nella misura di Euro 1000 a favore del comune di Malcesine e nella misura di Euro 1000 a favore del controinteressato".
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l'errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti l'Avvocatura dello Stato per la parte resistente il Comune di Malcesine e Marco P., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All'udienza del 21 novembre 2019, la causa veniva cancellata dal ruolo.
Alla pubblica udienza dell'11 febbraio 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione, previo deposito di una istanza di cessazione della materia del contendere, condivisa dalla parte ricorrente con il Comune resistente.
DIRITTO
1. Il ricorso è improcedibile per cessata materia del contendere.
2. Questa figura viene direttamente regolamentata dal legislatore, già con l'art. 23, comma 7, della legge 1034 del 1971 e ora trasposta nell'art. 34, comma 5, del codice del processo amministrativo, e si colloca accanto a quella della sopravvenuta carenza di interesse, stante la somiglianza disciplinare, che determina in entrambi i casi la improcedibilità del ricorso.
Le due figure, tuttavia, si differenziano tra loro nettamente per la diversa soddisfazione dell'interesse leso: la sopravvenuta carenza di interesse, anche quando interviene all'esito di un nuovo provvedimento (necessariamente non integralmente satisfattivo) è frutto di una valutazione soggettiva della parte, in rapporto al nuovo assetto di interessi determinatosi con la pubblica amministrazione; al contrario, la cessazione della materia del contendere ha luogo quando il detto assetto satisfattivo è conseguenza di fattori esterni oppure determinato dalla stessa parte pubblica, come conseguenza di un ulteriore provvedimento della pubblica amministrazione che interviene nel rapporto in contestazione.
Non può che evidenziarsi come le modifiche processuali introdotte, ed in particolare la impugnabilità con motivi aggiunti degli atti ulteriormente intervenuti nella regolamentazione del rapporto, hanno di fatto ristretto l'area di applicabilità dell'istituto, in senso pieno, ai soli casi in cui l'ulteriore provvedimento intercorso si presenti del tutto satisfattivo dell'interesse azionato dal ricorrente, con ciò aderendo alle posizioni più avanzate, espresse in ambito dottrinale e giurisprudenziale, che vedevano la figura del sopravvenuto difetto di interesse come un portato processuale della posizione di supremazia dell'amministrazione. Il tutto però senza escludere la rilevanza dell'istituto della sopravvenuta carenza di interesse, che continua a persistere, nei limiti predetti, nell'ordinamento vigente (C.d.S., VI, 6 febbraio 2003, n. 603).
3. Per quanto attiene invece la vicenda in esame, non può che evidenziarsi come i provvedimenti ulteriormente intercorsi tra la pubblica amministrazione ed il ricorrente (ossia il rilascio, da parte del Comune di Malcesine, in data 13 gennaio 2021, del provvedimento di regolarizzazione ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 dell'edificio denominato Villa Linda) abbiano dato luogo alla integrale soddisfazione dell'interesse azionato, per cui ben a ragione, ed indifferentemente dalla ammissibilità o meno della situazione di sopravvenuta carenza di interesse, può qui dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
4. Residua la regolamentazione delle spese. Stante la espressa dichiarazione della parte, queste possono essere compensate integralmente, anche nei confronti della parte controinteressata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1) dichiara improcedibile l'appello n. 7655 del 2016 per cessazione della materia del contendere;
2) compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.