Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione II
Sentenza 19 febbraio 2021, n. 264

Presidente: Trizzino - Estensore: Fenicia

FATTO E DIRITTO

1. Con il presente ricorso è impugnato l'epigrafato provvedimento del 24 gennaio 2020, con cui il Questore di Firenze ha vietato al ricorrente, ex art. 6 della l. 401/1989, di accedere ai luoghi ove si svolgono le manifestazioni calcistiche ivi indicate, nonché ad alcune zone adiacenti a tali luoghi, ivi specificate, per la durata di anni tre. Tale provvedimento è stato emesso a seguito del verificarsi, in data 27 febbraio 2019, di gravi azioni intraprese da un gruppo composto da un centinaio di ultras atalantini, i quali, al termine dell'incontro di calcio Fiorentina-Atalanta, disputatosi presso lo stadio "Artemio Franchi" di Firenze, alle ore 21.00, durante le operazioni di deflusso dallo stadio, si erano diretti verso il parcheggio ospiti e improvvisamente, dopo averne danneggiato le tre cancellate di accesso, si erano introdotti all'interno del Palazzetto dello Sport "Nelson Mandela Forum", nella convinzione che ivi si trovassero tifosi della squadra ospitante. Come esposto dal Questore nel provvedimento impugnato, in pochi istanti, più di un centinaio di tifosi bergamaschi, travisati da cappucci e passamontagna e armati di cinghie, aste e bottiglie di vetro, attratti da boati riconducibili alle esplosioni di artifizi pirotecnici udibili nell'area circostante il parcheggio ospiti, si erano accalcati nelle immediate vicinanze dell'ingresso della struttura e, spingendo con forza sulle relative recinzioni, le avevano aperte, dando inizio, in pochi secondi, ad una vera e propria "caccia" ai tifosi fiorentini eventualmente presenti all'interno. Verificata l'assenza dei tifosi della squadra avversaria all'interno della struttura, il gruppo di ultras bergamaschi era tornato verso i pullman in sosta.

Tali fatti sono stati oggetto di comunicazione notizia di reato redatta dalla D.I.G.O.S. della Questura di Firenze il 15 novembre 2019.

Sulla base dell'analisi delle riprese effettuate dalle telecamere del "Nelson Mandela Forum" comparate con le immagini dei soggetti ripresi dalle telecamere posizionate sui tornelli del settore ospiti, in fase di ingresso nello stadio, la Questura ha ritenuto di riconoscere ed individuare, come componenti del gruppo, ventotto ultras atalantini che, a vario titolo, si sarebbero resi protagonisti di condotte violente, essendo i protagonisti travisati ed armati di cinghie e/o altri oggetti atti ad offendere. Tra di essi, l'odierno ricorrente sarebbe stato dapprima ripreso ed identificato durante le operazioni di accesso allo stadio, mentre oltrepassava il tornello di accesso (fotogrammi 1-3), e poi, secondo la Questura, sarebbe riconoscibile nei filmati di videosorveglianza (fotogrammi 4-9), mentre si trovava sotto la pensilina del complesso sportivo "Mandela Forum", e successivamente, all'uscita della medesima struttura, con indosso un passamontagna e con una cinghia nella mano destra.

Con il primo motivo di gravame il ricorrente lamenta il travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato, poiché egli non sarebbe identificabile con certezza tra i soggetti accusati di avere partecipato ai disordini. La sua identificazione sarebbe avvenuta mediante comparazione di alcune fotografie - scattate al momento di ingresso del pubblico nell'impianto sportivo, all'inizio della partita - con le immagini dei filmati girati nel momento in cui la massa si è spostata al Forum Nelson Mandela, ma in assenza di precisi elementi di riscontro della corrispondenza di quest'ultime immagini alla sua persona.

Con il secondo motivo, in via subordinata, il ricorrente si duole che l'atto impugnato identifichi un numero eccessivo e anche indeterminato di luoghi nei quali gli verrebbe impedito di transitare.

Con il terzo motivo lamenta l'eccessiva durata del divieto che non sarebbe oggetto di alcuna motivazione.

Si sono costituiti il Ministero dell'Interno e la Questura di Firenze con il patrocinio dell'Avvocatura, argomentando, con memoria difensiva, in ordine all'infondatezza delle singole censure e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza emessa all'esito della camera di consiglio del 7 luglio 2020 è stata accolta la domanda cautelare.

All'udienza del 17 febbraio 2021, celebrata con collegamento da remoto in videoconferenza, la causa è passata in decisione.

2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, come già anticipato in sede cautelare.

In particolare, è fondato il motivo con cui il ricorrente ha dedotto la carenza di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento alla propria posizione nell'ambito della vicenda, mancando, in effetti, sufficienti e inequivoci indizi in ordine alla diretta partecipazione del ricorrente agli eventi contestati.

Occorre rilevare, in via preliminare, che il divieto di accesso agli impianti sportivi è provvedimento con funzione preventiva la cui applicazione prescinde dalla responsabilità penale dell'interessato, e consegue a fatti specifici indicati dalla legge. Funzione del provvedimento non è infatti sanzionare una condotta ma prevenire la commissione di futuri fatti illeciti. Essendo incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico la sua motivazione si fonda sulla logica del "più probabile che non" e non è richiesta, anche per questa misura amministrativa di prevenzione al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia, la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del provvedimento, ma una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità (C.d.S., III, 8 maggio 2019, n. 2997).

Ed anche nei casi in cui con il DASPO si intende sanzionare una somma di responsabilità omogenee, è necessario che l'imputazione di queste sia supportata da elementi diretti o presuntivi che consentano di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione del singolo alla condotta del gruppo (cfr. T.A.R. Toscana, II, 12 ottobre 2018, n. 1308).

Occorre quindi fare applicazione di tali principi al caso di specie.

Nel caso in esame il ricorrente viene identificato, all'ingresso dello stadio, sulla base di questi elementi: "statura alta e corporatura massiccia... indossava un cappello di lana scuro ed un giubbotto sempre di colore scuro con cappuccio, jeans e scarpe di colore scuro e... veniva ripreso mentre oltrepassava il tornello di accesso allo Stadio in virtù del quale veniva identificato". Mentre, al termine della partita e al momento dell'assalto al Forum, l'odierno ricorrente sarebbe il soggetto travisato con passamontagna e che impugna una cinghia nella mano destra, visibile nei fotogrammi sotto la pensilina del Nelson Mandela Forum e poi visibile quando esce da quest'ultima struttura sportiva, sempre travisato e con una cinghia impugnata nella mano destra.

Tuttavia, ferma l'identificazione del ricorrente al momento dell'entrata, che non è contestata, la corrispondenza con il soggetto inquadrato nei fotogrammi 4-9 viene dedotta, non da un confronto antropometrico-fisionomico (parzialmente impossibile perché il secondo soggetto indossava un passamontagna), bensì dal mero confronto dei capi di abbigliamento indossati, i quali, se appaiono simili per foggia, modello e colore (scuro), costituiscono comunque indumenti, per come genericamente descrivibili, di larghissima diffusione nel mercato dell'abbigliamento ed in uso a un numero indeterminabile di persone.

In ultima analisi, nel caso di specie il ricorrente non è stato identificato con un sufficiente grado di certezza quale autore di una delle condotte assunte dalla legge a presupposto dell'irrogazione del divieto di accesso agli impianti sportivi e per tale ragione il provvedimento impugnato deve essere annullato. Le ulteriori censure possono essere assorbite poiché il loro eventuale accoglimento non apporterebbe alcuna utilità ulteriore.

3. Il ricorso va conseguentemente accolto, con annullamento del provvedimento impugnato.

4. Sussistono, peraltro, giusti motivi, stante la notoria complessità degli accertamenti istruttori da esperire in questi casi, per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.