Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Sentenza 3 marzo 2021, n. 89

Presidente: Realfonzo - Estensore: Giardino

FATTO

1. Con ricorso ritualmente notificato la Società CEIE POWER s.p.a. adiva l'intestato Tribunale per l'annullamento della deliberazione n. 3 del 25 gennaio 2020 con cui il Consiglio comunale di Tagliacozzo recedeva dalla convenzione ex art. 30 t.u.e.l. sottoscritta in data 10 ottobre 2014 tra il medesimo Comune e la Provincia di Chieti e, per l'effetto, non procedeva alla sottoscrizione del contratto attuativo con la ricorrente, già aggiudicataria della gara pubblica indetta dalla Provincia di Chieti.

Chiedeva, inoltre, l'accertamento dell'obbligo del Comune resistente di sottoscrivere il contratto attuativo di cui innanzi e dell'inadempimento contrattuale, con conseguente condanna dell'amministrazione al risarcimento dei danni in forma specifica mediante stipula del contratto attuativo ed anche per equivalente.

In punto di fatto la ricorrente premette che con deliberazione del Consiglio comunale n. 19 del 30 giugno 2014, il Comune di Tagliacozzo aderiva al Programma ELENA (European Local Energy Assistance), avente ad oggetto l'attuazione di investimenti in misure ed interventi di risparmio ed efficientamento energetico della pubblica illuminazione, in gran parte finanziati dalla Banca Europea per gli Investimenti, attraverso il coinvolgimento del settore privato a mezzo di società energetiche specializzate, "Energy Service Company" (ESCO), ed approvava lo schema della convenzione da sottoscrivere con la Provincia di Chieti ex art. 30 del d.lgs. n. 267/2000. Detta convenzione prevedeva l'impegno da parte del Comune di Tagliacozzo di sottoscrivere il contratto attuativo con la società privata che sarebbe risultata aggiudicataria della gara indetta dalla Provincia di Chieti (art. 5, comma 6, della Convenzione), nonché quello di non recedere dalla Convenzione a partire dalla data di pubblicazione del bando per l'affidamento alla ESCO (art. 7 della Convenzione).

Con determinazione n. DT-422 del 1° giugno 2018, la Provincia di Chieti aggiudicava definitivamente la gara alla ricorrente CEIE POWER s.p.a. e, in data 9 agosto 2018, sottoscriveva con la medesima il contratto quadro del Programma ELENA.

Sennonché, con il gravato provvedimento, l'Amministrazione resistente deliberava di recedere dalla convenzione del Programma ELENA e, quindi, di non sottoscrivere il contratto attuativo con la CEIE POWER s.p.a.

La ricorrente affida le proprie doglianze a cinque motivi in diritto e, intimate dinanzi a questo Tribunale le resistenti amministrazioni, conclude per l'annullamento del provvedimento gravato, previa sospensiva.

L'Amministrazione comunale si è ritualmente costituita in giudizio per resistere al ricorso opponendone l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza nel merito.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugnava la delibera di Giunta Comunale n. 70 del 25 maggio 2020, con cui il Comune di Tagliacozzo approvava e dichiarava fattibile e di pubblico interesse la proposta di investimento in project financing, ex art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, denominata "Project Financing per l'adeguamento normativo, la riqualificazione energetica e la seguente gestione degli impianti di pubblica illuminazione del Comune di Tagliacozzo (AQ), ai sensi del comma 15, Art. 183, del Decreto Legislativo 19 Aprile 2016 n. 50", presentata dalla società G.F.M. GESTIONI s.r.l., individuando quest'ultima quale "promotore di finanza di progetto" ai sensi dell'art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, nonché la delibera del Consiglio Comunale n. 24 del 15 giugno 2020 di modifica del Programma Biennale degli acquisti di forniture e servizi 2020-2021".

All'esito dell'udienza cautelare fissata per il 21 ottobre 2020, questo Tribunale, con ordinanza n. 203 in data 22 ottobre 2020, prendeva atto della rinuncia all'istanza cautelare e fissava per la trattazione di merito l'udienza pubblica del 24 febbraio 2021. Peraltro, ritenendo che l'esame delle questioni sottese al ricorso introduttivo rivestisse, sotto il profilo logico-giuridico, carattere pregiudiziale rispetto all'esame dell'atto per motivi aggiunti, disponeva incombenti istruttori che venivano puntualmente eseguiti dalle amministrazioni resistenti.

All'udienza del 24 febbraio 2021, tenutasi in collegamento da remoto ai sensi dell'art. 25, comma 1, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. Come esposto in narrativa, con il gravame introduttivo viene impugnato il provvedimento con cui il Comune intimato ha deliberato di recedere dalla convenzione relativa all'attuazione di investimenti in misure ed interventi di risparmio ed efficientamento energetico della pubblica illuminazione sottoscritta con la Provincia di Chieti ex art. 30 t.u.e.l. e, quindi, di non procedere alla sottoscrizione del contratto attuativo con la ricorrente aggiudicataria della gara indetta dalla medesima Provincia.

2.1. L'impugnativa viene affidata alla denuncia delle seguenti doglianze.

Con il primo ordine di censure, si espongono vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 30 t.u.e.l. e 15 della l. n. 241/1990, nonché dell'art. 5, comma 6, della Convenzione e di eccesso di potere sotto svariati profili.

Atteso che gli accordi ex art. 30 t.u.e.l. sono riconducibili nel novero degli accordi tra amministrazione ai sensi dell'art. 15 l. n. 241/1990, la resistente amministrazione comunale non avrebbe potuto recedere unilateralmente dall'accordo concluso con la Provincia di Chieti e ciò a causa dell'assenza, nell'art. 15 l. 241/1990, di un rinvio al comma 4 dell'art. 11 della medesima legge. Inoltre, il recesso sarebbe precluso dall'art. 7 della Convenzione che fissa un limite temporale per esercitare la facoltà di recesso coincidente con la data di pubblicazione del bando di gara per l'affidamento alla ESCO della gestione energetica, mentre l'art. 5, comma 6, della medesima Convenzione prevede l'obbligo, a carico del Comune di Tagliacozzo, di sottoscrivere il contratto attuativo con la ESCO che risulterà aggiudicataria della gara indetta dalla Provincia.

Il gravato provvedimento risulterebbe illegittimo anche qualora venisse interpretato come diretta manifestazione del potere di revoca di cui all'art. 21-quinquies l. 241/1990, atteso che il potere di revoca non può essere esercitato dalla P.A. una volta intervenuta la stipula del contratto (Ad. plen., 20 giugno 2014, n. 14).

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 7 della l. 241/1990 e dei principi del giusto procedimento, atteso che la delibera gravata non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Con la terza censura si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della 241/1990 per difetto e contrarietà della motivazione, violazione dei principi di pubblicità e trasparenza ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Con la quarta doglianza si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 11, comma 4, della l. n. 241/1990, nonché l'eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria e sviamento di potere. Anche a voler ritenere possibile il recesso dall'accordo fra pubbliche amministrazioni, il recesso sarebbe consentito soltanto per sopravvenuti motivi di pubblico interesse e non anche per una "nuova valutazione dell'interesse pubblico originario", come invece avvenuto nella fattispecie per cui è causa.

Con il quinto ed ultimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 4, della l. n. 241/1990 per omessa liquidazione dell'indennizzo in favore della società ricorrente ed eccesso di potere.

2.1. Il ricorso per motivi aggiunti è, invece, affidato alla denuncia di altrettante cinque doglianze con cui si lamentano articolate censure di nullità della delibera n. 70 del 25 maggio 2020 per impossibilità giuridica dell'oggetto, violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

3. Il ricorso introduttivo non è meritevole di positivo apprezzamento nei termini e per le ragioni che seguono.

3.1. Sul piano argomentativo e motivazionale, i motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente per ragioni logiche e di connessione, riposando tutti sul medesimo ordine di problematiche di massima, relative alla configurabilità del potere di recesso in capo all'Amministrazione comunale dalla convenzione con la Provincia di Chieti stipulata ex art. 30 t.u.e.l.

Non vi è dubbio alcuno che detta convezione vada ricondotta nel genus degli accordi di programma di cui all'art. 15 della l. n. 241/1990 costituendone una specie, qualificazione questa condivisa e non contestata dalla difesa comunale.

La questione controversa attiene, piuttosto, al profilo inerente all'attribuzione in capo al Comune del potere di scioglimento dal vincolo convenzionale mediante atto unilaterale di recesso.

Il Collegio non ignora il vivace dibattito registratosi in dottrina ed in giurisprudenza sulla problematica di cui innanzi, che vede contrapposti da una parte i fautori che propugnano la tesi della recedibilità dalle convenzioni ex art. 30 t.u.e.l. e, dall'altra, i sostenitori dell'opzione contraria.

L'adesione a l'uno o all'altro approccio ermeneutico non può prescindere dall'esame della questione, che il Collegio reputa dirimente e preliminare, relativa alla natura giuridica degli accordi ex art. 30 t.u.e.l. e, più in generale, di quelli di cui all'art. 15 della l. n. 241/1990.

3.2. Gli accordi tra amministrazioni costituiscono strumenti di semplificazione e di razionale coordinamento dell'assetto degli interessi pubblici in attuazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. La predetta qualificazione trova puntuale riscontro sotto il profilo sistematico-normativo nell'inserimento degli accordi in argomento all'interno del capo IV della l. n. 241/1990 relativo alla semplificazione amministrativa.

Gli accordi ex art. 15 della l. n. 241/1990, pertanto, si connotano per la loro spiccata valenza pubblicistica atteso che la volontà delle Amministrazioni non è mai assimilabile ad una "volontà negoziale" fondata sull'autonomia privata, ma è una "volontà discrezionale" funzionalizzata alla tutela degli interessi pubblici. Trattasi di moduli consensuali ed organizzativi dell'azione amministrativa (che si contrappongono al tradizionale modulo unilaterale provvedimentale ma che condividono, con quest'ultimo, il perseguimento dell'interesse pubblico) di esercizio della potestà pubblica che sostituiscono la sequenza procedimentale destinata a sfociare nell'accordo alla pluralità di procedimenti condotti in modo autonomo dalle diverse Amministrazioni (T.A.R. Lombardia, Sez. II, 14 gennaio 2009, n. 90).

In definitiva, con questo modello convenzionale l'Amministrazione esercita una funzione pubblica (C.d.S., Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1053) ed in tal modo viene assicurata l'azione integrata e coordinata dell'esercizio di funzioni proprie delle amministrazioni in vista del conseguimento di un risultato comune (Cass. civ., Sez. un., ord. 13 luglio 2006, n. 15893).

Del resto, è esattamente la prefata natura pubblicistica degli accordi de quibus a giustificare, sotto il profilo processuale, l'attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a. per tutte le controversie nascenti dai medesimi.

3.3. Ebbene, una volta riconosciuta la connotazione pubblicistica agli accordi tra PP.AA. ex art. 15 l. 7 agosto 1990, n. 241 ed ex art. 30 t.u.e.l., ne consegue, come ineludibile corollario, che l'Amministrazione possa sempre recedere dall'accordo in quanto tale potere è espressione "del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l'esercizio delle funzioni pubbliche" (C.d.S., Sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786).

Il potere di recedere (nel pubblico interesse) dagli accordi amministrativi, non rappresenta altro se non la particolare configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo iniziale anziché in forma unilaterale (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, sent. 20 dicembre 2014, n. 3141).

Infatti, è proprio della funzione d'amministrazione attiva il generale potere di revoca immanente del provvedimento amministrativo, per cui è affievolita la forza vincolante di una convenzione sottoscritta da soggetti pubblici ed è reso inapplicabile il principio civilistico per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti (cfr. ibidem T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, sent. 20 dicembre 2014, n. 3141; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, sent. 14 gennaio 2009, n. 90).

Né, tantomeno, a diversa conclusione può pervenirsi argomentando, come fa parte ricorrente, dal mancato rinvio al comma 4 dell'art. 11 della l. n. 241/1990 (giusta il quale per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo) ad opera dell'art. 15 della l. n. 241/1990 che richiama, invece, per detti accordi soltanto l'osservanza, in quanto applicabili, delle disposizioni previste dall'art. 11, commi 2 e 3, della medesima l. n. 241/1990.

Aderendo ad un approccio ermeneutico maggiormente rispondente alla ratio legis del dato normativo, va rilevato che la ragione per cui il comma 4 dell'art. 11, a differenza dei commi 2 e 3, non è stato espressamente richiamato nell'art. 15, va rinvenuta non tanto nella volontà del Legislatore di imporre un divieto di recesso implicito atteso che ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, quanto nella scelta di escludere la tutela indennitaria per le amministrazioni che abbiano sottoscritto l'accordo e che abbiano subito il recesso di un'altra amministrazione.

Nondimeno, il provvedimento che sia espressione di un tale potere di recesso va adeguatamente motivato, tenendo conto delle circostanze avvenute e delle esigenze di spesa (C.d.S., Sez. IV, sent. 4 giugno 2014, n. 2859) e mediante l'indicazione del processo valutativo degli interessi su cui si va ad incidere (C.d.S., Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1172).

3.4. Orbene, applicando le suesposte coordinate ermeneutiche sulle specifiche censure in esame deve in conseguenza osservarsi che la previsione di cui all'art. 5, comma 6, della Convenzione sottoscritta in data 10 ottobre 2014, relativa all'obbligo da parte del Comune di Tagliacozzo di sottoscrivere il contratto attuativo con la società privata che sarebbe risultata aggiudicataria della gara indetta dalla Provincia di Chieti, e quella di cui all'art. 7 della medesima Convenzione inerente all'impegno di non recedere dalla convenzione a partire dalla data di pubblicazione del bando per l'affidamento alla ESCO della gestione energetica relativa al comune resistente, non possono essere interpretate nel senso di precludere il pur legittimo esercizio del potere di recesso (rectius di revoca) anche in conseguenza di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, atteso che detto potere trova il proprio fondamento nella legge imperativa che non può essere derogata dalla volontà contraria delle parti (ancorché trattasi di soggetti pubblici).

Del resto, la gravata deliberazione, all'esito di una adeguata ed accurata istruttoria compiuta, dà ampiamente conto delle congrue ragioni (di pubblico interesse) del recesso che vengono individuate, tra l'altro, nel lungo periodo di tempo trascorso (oltre 5 anni) dalla data di sottoscrizione della convenzione (la convenzione aveva peraltro una scadenza prevista al 31 dicembre 2015), nonché nella sopravvenuta esigenza per il Comune di Tagliacozzo "di provvedere al rifacimento di interi tratti di reti di illuminazione pubblica prima dell'efficientamento energetico degli stessi, nelle difficoltà per l'ente dalla semplice attuazione del programma ELENA, a causa del peggioramento delle condizioni delle reti di pubblica illuminazione dal 2014 ad oggi". La documentazione tecnica allegata alla delibera evidenzia che l'adesione al progetto ELENA, oramai datato, non avrebbe arrecato alcun vantaggio all'Amministrazione, considerata l'evoluzione tecnica dei prodotti dell'illuminazione sia in termini di affidabilità che di efficienza, oltre che di risparmio economico.

In ragione in quanto sopra, si appalesano pure prive di pregio giuridico le deduzioni di cui al secondo motivo di ricorso concernenti la mancata previa comunicazione dell'avvio del procedimento, considerato che risulta ampiamente dimostrato dalla documentazione versata agli atti del giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe avuto un contenuto diverso da quello in concreto adottato, e ciò preclude l'annullabilità del medesimo secondo le previsioni di cui all'art. 21-octies, comma 2, della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Vanno respinte anche le deduzioni di cui al quarto motivo di ricorso relative all'omessa liquidazione dell'indennizzo in favore della società ricorrente.

Come si è avuto modo di dimostrare, il potere di recesso dagli accordi tra amministrazioni non discende dall'art. 11, comma 4, della l. n. 241/1990, che prevede l'indennizzo in caso di recesso legittimo dell'amministrazione dall'accordo, ma direttamente dal principio generale della "inesauribilità del potere pubblico", di talché nel caso di accordo stipulato tra più PP.AA. e di recesso di una delle Amministrazioni, non spetta alle altre PP.AA. alcun indennizzo per eventuali pregiudizi subiti a seguito del recesso (T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. 23 aprile 2019, n. 463), con conseguente inapplicabilità anche dell'ultimo periodo dell'art. 21-quinquies, comma 1, della l. n. 241/1990.

Men che meno, detto indennizzo, che ai sensi dell'art. 21-quinquies, comma 1, ultimo periodo, spetta ai soli "soggetti direttamente interessati" ovvero ai diretti destinatari del provvedimento (che, nell'ambito della Convenzione ex art. 30 t.u.e.l., sono le amministrazioni pubbliche stipulanti), può essere invocato da soggetti che, come la ricorrente, debbono qualificarsi "terzi" rispetto all'accordo e che sono quindi "indirettamente interessati" alla sua attuazione.

In definitiva, stante la piena legittimità del recesso di cui si discute, la mancata sottoscrizione del contratto attuativo tra la ricorrente ed il comune resistente non può essere reputata causa [di] pregiudizio in danno della medesima e ciò rende infondata oltre la pretesa ad ottenere l'indennizzo, anche la richiesta di risarcimento danni.

4. La reiezione del gravame principale determina, peraltro, l'inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, per difetto in capo alla ricorrente della legittimazione e dell'interesse a contestare la procedura di project financing con riferimento alla quale il Comune resistente ha sottoscritto il relativo contratto con la società G.F.M. GESTIONI in data 8 gennaio 2021.

All'inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti consegue il venir meno dell'obbligo del pagamento del contributo unificato in materia di appalti, essendo dovuto il contributo nella misura prevista per il rito ordinario.

5. In definitiva, gli argomenti testé rappresentati evidenziano l'infondatezza dei motivi qui esaminati e, per tutte le ragioni sopra esposte, il gravame principale e quello per motivi aggiunti devono essere respinti.

La suesposta conclusione comporta l'assorbimento delle eccezioni preliminari formulate dalla resistente e ne rende superflua la disamina.

Le specifiche circostanze inerenti alla peculiarità del caso di specie costituiscono elementi che militano per l'applicazione dell'art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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