Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 18 marzo 2021, n. 2342

Presidente: Greco - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. La società odierna istante impugnava innanzi al TAR per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, l'ordinanza 26 giugno 2018, adottata ai sensi dell'art. 244 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che ha individuato nella Edison S.p.a. il soggetto responsabile della contaminazione presso le c.d. "aree esterne" al sito industriale di Bussi sul Tirino e ha diffidato la stessa a provvedere all'adozione delle necessarie misure di prevenzione, messa in sicurezza e ripristino ambientale.

2. Con sentenza n. 86 del 20 marzo 2019, il TAR ha respinto il ricorso.

3. Avverso tale sentenza Edison S.p.a. ha proposto appello, riproponendo le censure formulate in primo grado, tra cui, in particolare, quella relativa all'erronea individuazione di Edison quale responsabile dell'inquinamento, dovendosi ritenere responsabile la sola società Solvay S.p.a., per effetto dell'acquisto del 100% delle azioni della Ausimont S.p.a. società controllata sino al 2011 dal gruppo Montedison.

In tal senso, l'appellante ha invocato a sostegno di tale deduzione la sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 22 ottobre 2019, pubblicata in corso di causa, la quale ha enunciato il principio di diritto secondo cui "la bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell'inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell'ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell'adozione del provvedimento".

4. Con l'epigrafata sentenza n. 2301 del 2020, questa Sezione ha respinto l'appello e confermato la decisione del giudice di primo grado.

5. Con il presente ricorso, la società Edison deduce, quale motivo di revocazione, la violazione dell'art. 99, comma 3, c.p.a.

5.1. In primo luogo, la società contesta l'argomentazione della sentenza impugnata, secondo cui "il soggetto individuato quale responsabile dell'inquinamento è e resta senz'altro tenuto ad eseguire le attività di bonifica del sito anche ove, in epoca successiva agli episodi di contaminazione, abbia ceduto a terzi la società".

Secondo l'appellante, la sentenza avrebbe escluso proprio quello che l'Adunanza plenaria ha affermato, vale a dire che nell'ipotesi di incorporazione l'incorporante subentra quale successore universale in tutti gli obblighi, compresi quelli di bonifica, dell'incorporata.

5.2. Ai sensi dell'art. 99, comma 3, c.p.a., il principio di diritto stabilito dall'Adunanza plenaria deve essere seguito dalla Sezioni semplici, che se ne possono discostare solo rimettendo motivatamente la questione alla medesima Adunanza plenaria.

Nel caso di specie, il Collegio non ha utilizzato il fisiologico percorso del rinvio all'Adunanza plenaria perché mutasse il precedente arresto, né ha sollevato una questione di legittimità costituzionale od europea della norma, interpretata nel senso che il solo obbligato alla bonifica è il successore, con esonero del soggetto autore dell'inquinamento.

5.3. La ricorrente ha poi fatto riferimento all'esigenza di recente avvertita dagli operatori del diritto, circa la necessità che la stabilità del giudicato venga bilanciata con l'aspirazione alla sentenza "giusta", dovendosi intendere per tale quella emessa nel rispetto delle norme processuali e sostanziali.

Da qui, ad esempio, l'estensione del ricorso per revocazione alle sentenze della Corte di cassazione o, ancora, il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. avverso le sentenze irrevocabili della Cassazione penale.

Nel silenzio dell'art. 99, comma 3, c.p.a., per porre rimedio a tale situazione non vi sarebbero che la revocazione e il ricorso straordinario in Cassazione per difetto di giurisdizione.

5.4. L'istante ha poi sottolineato come, nel caso in esame, potrebbe essere utilizzato lo stesso percorso argomentativo che ha portato ad estendere il rimedio della revocazione a quello che, a dire della società, sarebbe assimilabile ad un errore di diritto, ovvero il caso dell'omesso esame di un motivo d'appello, la cui incidenza sul contenuto della pronuncia emessa dal Consiglio di Stato ha convinto la giurisprudenza a propugnare l'estensione analogica dell'art. 395 c.p.c.

Non meno grave di siffatta omissione sarebbe la decisione di una lite in modo difforme da quanto la legge prescrive con l'art. 99, comma 3, c.p.a. sicché dovrebbe ammettersi anche in tale ipotesi un'analoga estensione nei confronti di una sentenza che, diversamente da quella civile d'appello, non conosce mezzi ordinari di gravame (salvo il ricorso per Cassazione per difetto di giurisdizione).

6. Si sono costituiti, per resistere, il Ministero dell'ambiente, la Regione Abruzzo, l'ARTA Abruzzo (attraverso l'Avvocatura dello Stato) e la società Solvay Speciality Polymers S.p.a., articolando le proprie difese con dovizia di argomentazioni.

7. Con memoria del 28 dicembre 2020 Edison ha rappresentato di avere, con ricorso depositato in data 16 giugno 2020, chiesto l'annullamento e, per l'effetto, la cassazione senza rinvio della sentenza revocanda in base agli artt. 360, comma 1, n. 1), c.p.c., 362 c.p.c., 110 c.p.a. e 111, comma 8, Cost.

Secondo la ricorrente dalla lettura combinata degli artt. 76, comma 4, c.p.a., 276, comma 2, c.p.c. e 79 c.p.a. si ricaverebbe la regola per cui il giudice amministrativo adito in sede di revocazione deve sospendere il giudizio laddove la sentenza oggetto del procedimento sia stata impugnata anche presso la Corte di cassazione.

Infatti, nel processo amministrativo, non potrebbe trovare applicazione l'art. 398, comma 4, c.p.c. stante l'attuale disciplina del riparto di giurisdizione.

Sarebbe invece applicabile, in quanto espressione di un principio generale, l'art. 295 c.p.c., richiamato anche dal codice del processo amministrativo, il quale ha come noto, la funzione specifica di risolvere problematiche attinenti allo svolgimento del giusto processo derivanti dal potenziale conflitto tra pronunce.

8. Le società Edison e Solvay hanno depositato memorie di replica.

9. Tutte le parti hanno infine depositato note di udienza ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 137 del 2020.

10. Il giudizio, alla pubblica udienza del 28 gennaio 2021 è stato riservato e quindi deciso nella camera di consiglio del 4 febbraio 2021.

11. In via preliminare, va respinta l'istanza di sospensione del giudizio di revocazione formulata dalla società ricorrente.

Non è infatti possibile ravvisare, come correttamente dedotto dalle controparti, una pregiudizialità necessaria del giudizio pendente in Cassazione rispetto al presente giudizio.

La stessa giurisprudenza evocata da Edison, formatasi in merito alla disposizione dell'art. 398, comma 4, c.p.c., sottolinea che si tratta di mezzi di gravame autonomi e che anzi, semmai, va riconosciuta priorità di trattazione al giudizio per revocazione (Cass. civ., Sez. un., n. 750 del 26 settembre 1990).

11.1. La ricorrente assume peraltro che - a differenza dei casi esaminati dalla giurisprudenza che si è pronunciata sui casi di contestuale pendenza di revocazione e ricorso per cassazione nel giudizio civile - nella fattispecie la pregiudizialità discenderebbe dalla priorità logica che la questione di giurisdizione, dedotta dinanzi alla Cassazione, riveste rispetto alle questioni di merito oggetto del giudizio di revocazione.

Al riguardo può tuttavia osservarsi che:

- in linea generale, se è vero che la questione di giurisdizione ha priorità logica su quelle di merito a norma degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., tuttavia ciò vale esclusivamente per il giudizio di primo grado, laddove nei gradi successivi è teoricamente possibile oggi la formazione del giudicato implicito sulla giurisdizione (fermo restando l'accertamento definitivo demandato alla Corte di cassazione);

- in concreto, nella fattispecie, il ricorso per Cassazione di Edison si fonda sullo stesso motivo (violazione dell'art. 99, comma 3, c.p.a.) sul quale si incentra l'attuale ricorso per revocazione, di modo che, se è ben possibile che l'esito di uno dei due giudizi possa incidere sull'altro, tale evenienza non è comunque in grado di determinare un nesso di pregiudizialità tra i due.

Se, infatti, la Corte di cassazione dovesse ritenere fondato il ricorso di Edison, ciò comporterebbe semplicemente la caducazione della sentenza qui impugnata, rendendo inutiliter data la pronuncia resa nel presente giudizio.

Specularmente, se la sentenza revocanda fosse oggetto di annullamento in questa sede, verrebbe meno lo stesso oggetto del giudizio in Cassazione.

Sicché è evidente che i due processi possono continuare a svolgersi autonomamente e parallelamente.

12. L'istanza di revocazione è inammissibile e, comunque, infondata.

13. In primo luogo, è del tutto condivisibile la giurisprudenza richiamata dalle controparti, la quale ha escluso che la violazione del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, e mediatamente dell'art. 99, comma 3, c.p.a., possa configurare un vizio revocatorio.

Le ipotesi di revocazione previste dall'art. 395 c.p.c., richiamate dall'art. 106 c.p.a., hanno infatti carattere tassativo, eccezionale e derogatorio (rispetto alla regola della intangibilità del giudicato), e pertanto non ammettono interpretazione estensiva né applicazione analogica.

Non è infatti esatto che la giurisprudenza abbia dato un'interpretazione estensiva delle ipotesi di revocazione, estendendola anche a errori di diritto, quale, tra gli altri, il vizio di omessa pronuncia per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

L'evoluzione giurisprudenziale invocata dalla ricorrente è derivata infatti dalla riqualificazione di tale omissione come errore di fatto, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., la quale pertanto rileva come vizio revocatorio esclusivamente qualora la ragione di siffatta omissione risulti causalmente riconducibile alla mancata percezione dell'esistenza e del contenuto di atti processuali (cfr., da ultimo, C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 1488 del 2 marzo 2020).

In particolare, nel caso di specie, la violazione prospettata dall'istante:

- non comporta contrasto fra giudicati, per il semplice motivo che il giudicato formatosi sulla decisione dell'Adunanza plenaria invocata dalla società istante non è stato reso fra le stesse parti;

- non costituisce un errore di fatto revocatorio, trattandosi semmai (in thesi) di errore di diritto dipendente da erronea applicazione ovvero pretermissione del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria.

La stessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 2 del 2018) ha chiarito che un principio di diritto espresso ai sensi dell'art. 99, comma 4, c.p.a. non vale a configurare un contrasto di giudicati e quindi non può costituire parametro di riferimento nemmeno ai sensi dell'ulteriore ipotesi di revocazione prevista dall'art. 395, n. 5), c.p.c.

Ciò in quanto "L'attività di contestualizzazione e di sussunzione del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria ai sensi dell'art. 99, comma 4, del c.p.a. in relazione alle peculiarità del caso concreto spetta alla Sezione cui è rimessa la decisione del ricorso".

Sicché, a maggior ragione, la stessa conclusione vale in tutti gli altri giudizi nei quali venga prospettata l'applicazione del medesimo principio di diritto.

Anche in precedenza, la giurisprudenza di questo Consiglio, a fronte di istanze di revocazione analoghe a quella in esame, ha sottolineato che non è possibile "forzare" il disposto dell'art. 395 c.p.c. per dare una sanzione processuale ad un precetto per il quale tale sanzione non è stata prevista dal legislatore (cfr. C.d.S., Sez. III, sentenza n. 4185 del 2014).

Si tratta infatti, a ben vedere, non di un "vuoto di tutela da censurare" quanto dell'individuazione di "un ragionevole punto di equilibrio tra la ricerca di una maggiore uniformità interpretativa in funzione della certezza del diritto e la libertà e l'indipendenza, anche interna, del giudice" (sentenza n. 4185/2014 cit.).

Conseguentemente, anche nel caso in esame, il vizio prospettato - quand'anche effettivamente sussistente - andrebbe assimilato a un qualsiasi errore di diritto non denunciabile col ricorso per revocazione.

14. Ad ogni buon conto, come già anticipato, l'istanza di revocazione è anche infondata.

È infatti agevole rilevare che, nella sentenza impugnata, la Sezione:

- ha ritenuto di imputare direttamente a Edison S.p.a. (già Montedison S.p.a.) la responsabilità per la situazione di inquinamento per cui è causa, e i conseguenti obblighi di bonifica, in via diretta, non solo per il periodo in cui ha avuto la proprietà dell'area interessata ma anche per quello successivo al trasferimento di questa a favore della controllata Ausimont S.p.a., laddove si è sottolineato il mantenimento in capo alla controllante di poteri di direzione specificamente in materia di politiche ambientali;

- di conseguenza, ha implicitamente ritenuto che gli obblighi in questione fossero sorti in capo a Edison S.p.a. anteriormente alla cessione in proprietà dell'area, e che, conseguentemente, la successiva vicenda di incorporazione di Ausimont S.p.a. da parte di soggetto terzo (l'odierna intimata Solvay S.p.a.) non abbia avuto alcuna incidenza, non potendo comportare il trasferimento in capo alla incorporante di obblighi che non gravavano in capo alla incorporata, ma alla controllante di questa;

- ha pertanto ritenuto inapplicabile alla presente fattispecie il principio, enunciato dall'Adunanza plenaria n. 10 del 2019, della trasmissibilità degli obblighi di bonifica dall'originario soggetto obbligato all'avente causa a seguito di fusione per incorporazione.

La sentenza impugnata, pertanto, non ha affatto pretermesso il principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria, ma ha semplicemente ritenuto che non sussistessero i presupposti per la sua applicazione al caso di specie, venendo in rilievo una responsabilità diretta di Edison nella produzione dell'inquinamento del sito.

15. In definitiva, per quanto argomentato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4911 del 2020, di cui in premessa, lo dichiara inammissibile.

Condanna la società Edison S.p.a. alla rifusione delle spese di giudizio nella misura di euro 10.000,00 (diecimila/00) in favore della società Solvay Specialty Polymers Italy S.p.a., e nella misura di ulteriori complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00) in favore delle amministrazioni costituite con l'Avvocatura dello Stato, oltre gli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.