Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 25 febbraio 2021, n. 10096

Presidente: Bricchetti - Estensore: Aprile

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Ragusa, adito dal P.M. con appello presentato ai sensi dell'art. 322-bis c.p.p., dichiarava l'inammissibilità ovvero il rigetto dell'atto di impugnazione, così confermando il provvedimento del 6 luglio 2020 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa aveva rigettato la richiesta, formulata dal rappresentante della pubblica accusa nei riguardi dell'indagato Antonio D.P., di applicazione della misura del sequestro preventivo di somme di denaro finalizzate alla confisca diretta o per equivalente, in relazione al profitto o al prezzo dei reati contestati al prevenuto nella sua veste di dirigente medico della specialità di fisiatria della Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, tra i quali quelli addebitatigli nei capi 15), 20) e 22): imputazioni provvisorie contestate, rispettivamente, in relazione agli artt. 81 e 314 c.p.; 81 e 323 c.p.; 81 e 640, secondo comma, n. 1, c.p.

Rilevava il Tribunale dell'appello, pur riconoscendo per tutte le tre fattispecie la sussistenza del fumus commissi delicti, come:

- con riferimento all'addebito del capo 15), i fatti descritti avessero integrato gli estremi del delitto di truffa aggravata ai danni dei singoli pazienti, anziché del contestato peculato continuato, sicché la confisca del profitto non sarebbe stata possibile ai sensi dell'art. 322-ter c.p.;

- con riferimento all'imputazione del capo 20), la contestazione del delitto di abuso di ufficio non consentisse l'applicazione dell'art. 322-ter c.p., non potendo neppure essere valorizzata la norma dell'art. 335-bis c.p. in quanto la stessa non era stata richiamata dal P.M. nell'originaria richiesta cautelare né nell'appello avverso la decisione del G.i.p.;

- e, con riferimento all'imputazione del capo 22), non fosse stato determinato con sufficiente precisione l'importo costituente il profitto conseguito dall'indagato con la truffa commessa ai danni dell'ente pubblico presso il quale aveva prestato servizio, l'Azienda Sanitaria Provinciale (A.S.P.) di Ragusa.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa il quale, con quattro distinti punti, ha dedotto i motivi così sintetizzabili.

2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 640 e 314 c.p., e vizio di motivazione, per mancanza e contraddittorietà (primo e secondo punto dell'atto di impugnazione), per avere il Tribunale dell'appello cautelare erroneamente valutato gli elementi di conoscenza a disposizione con riferimento al capo d'imputazione 15) e ingiustificatamente qualificato i fatti accertati in termini di truffa ai danni di privati, benché fosse risultato appurato che il D.P. eseguiva visite mediche nell'ambulatorio della A.S.P. e riceveva dai pazienti somme a titolo di ticket, di cui egli ometteva il versamento in favore dell'ente pubblico, trattenendole e, dunque, appropriandosene.

2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 315, 240 e 335-bis c.p., 321 c.p.p., e mancanza di motivazione (terzo punto dell'atto di impugnazione), per avere il Tribunale, pur dopo aver sostenuto che i fatti accertati con riferimento al capo d'imputazione 20) avessero integrato gli estremi del delitto di concussione, omesso di disporre il sollecitato sequestro preventivo che ben si sarebbe potuto applicare in ragione della disposizione dettata dal citato art. 335-bis oltre che di quella generale prevista dal pure menzionato art. 240.

2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 240 c.p. e 321 c.p.p., e vizio di motivazione, per mancanza e apparenza (quarto punto dell'atto di impugnazione), per avere il Tribunale, pur dopo aver riconosciuto il fumus del reato di truffa aggravata contestato nel capo d'imputazione 22), ingiustificatamente sostenuto che l'importo oggetto del profitto conseguito dall'indagato fosse indeterminabile nel quantum.

3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, sia pur nei limiti e con gli effetti di seguito precisati.

2. Quanto ai motivi dedotti con riferimento all'imputazione provvisoria del capo 15), mentre sono palesemente inammissibili le doglianze afferenti ad asseriti vizi di motivazione (in quanto il loro esame è precluso in sede di legittimità giusta la statuizione dell'art. 325, comma 1, c.p.p.), sono fondate le denunciate violazioni di legge.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale integra il delitto di peculato la condotta del medico dipendente di un ospedale pubblico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, dopo aver riscosso l'onorario dovuto per le prestazioni, omette poi di versare all'azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene, a condizione che la disponibilità del denaro sia legata all'esercizio dei poteri e dei doveri funzionali del medesimo, e non in ragione di un possesso proveniente da un affidamento devoluto solo intuitu personae, ovvero scaturito da una situazione contra legem, priva di relazione legittima con l'oggetto materiale della condotta (così, tra le altre, Sez. 6, n. 35988 del 21 maggio 2015, Berti, Rv. 264578).

Di tale regula iuris il Tribunale di Ragusa non ha fatto corretta applicazione, dal momento che ha affermato che i pazienti che venivano visitati nell'ambulatorio di fisiatria erano tratti in inganno dal D.P. che faceva credere loro di dover sborsare un ticket per quelle visite, delle quali egli non riportava alcuna indicazione nei registri dell'ente. Ed infatti, nella situazione innanzi descritta è di tutta evidenza come quei pazienti non erano affatto destinatari di una forma di raggiro, in quanto erano convinti di versare una somma a titolo di ticket per il costo della visita; denaro che, ricevuto dal medico, doveva essere considerato munus pubblico, come risulta pure dalle annotazioni che egli faceva sui registri dell'ente: somme delle quali poi si appropriava, distruggendo i fogli su[i] quali quelle annotazioni erano state apposte, proprio per evitare che altri funzionari dell'A.S.P. potessero rilevare il mancato successivo versamento nelle casse dell'ente pubblico.

3. Anche i motivi dedotti in termini di violazione di legge con rifermento all'imputazione provvisoria del capo 20) sono fondati.

È errata la decisione del Tribunale dell'appello cautelare che, pur ritenendo sussistenti gli estremi del delitto di abuso di ufficio a carico dell'imputato (ovvero quelli della più grave fattispecie di concussione: tema questo non approfondito in quanto giudicato non devoluto alla cognizione di quel Collegio), ha escluso di poter decidere sulla richiesta del P.M. di applicazione della misura del sequestro preventivo finalizzato alla confisca in quanto formalizzata ai sensi dell'art. 322-ter c.p. e non anche dell'art. 335-bis dello stesso codice.

Ed infatti, il primo degli appena indicati articoli prevede la possibilità tanto della confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, quanto, in via sussidiaria, di beni del valore corrispondente, di cui il reo abbia la disponibilità, laddove ovviamente il prezzo o il profitto non sia rinvenibile. La domanda che il P.M. formuli per l'applicazione della misura del sequestro preventivo finalizzata a quel tipo di confisca contempla, dunque, necessariamente l'ipotesi della misura di sicurezza diretta del profitto del reato: con la conseguenza che, laddove il giudice ritenga che non sia configurabile un reato che, a mente dell'art. 322-ter c.p., consente tanto la confisca diretta quanto l'eventuale confisca per equivalente, bensì un reato contro la pubblica amministrazione che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 240, primo comma, e 335-bis c.p., impone la confisca diretta del profitto, è circostanza irrilevante che il rappresentante della pubblica accusa non abbia espressamente menzionato nella sua istanza tali ultime disposizioni del codice penale.

4. Anche i motivi dedotti con riferimento all'imputazione provvisoria del capo 22) sono meritevoli di positiva considerazione.

Questa Corte ha avuto modo reiteratamente di chiarire che nei casi in cui il ricorso per cassazione sia ammesso soltanto per violazione di legge, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta, potendosi però denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decisione motivata, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente: ipotesi, quest'ultima, sussistente laddove sia stata dedotta la sottovalutazione di argomenti decisivi, se non siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque non risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (in questo senso, tra le molte, Sez. un., n. 33451 del 29 maggio 2014, Repaci, Rv. 260246).

Alla luce di tale criterio ermeneutico, deve ritenersi fondata la doglianza formulata dal ricorrente il quale ha evidenziato come il Tribunale dell'appello cautelare, per sostenere come fosse indeterminata la misura del profitto conseguito dall'imputato con la truffa aggravata continuata consumata ai danni dell'ente pubblico di cui era dipendente, ha asserito come la retribuzione oraria dei dirigenti medici non sia commisurata al numero di ore di lavoro: trascurando come l'appellante avesse evidenziato che quell'affermazione non era pertinente nel caso del D.P., che non era un dirigente di unità operativa complessa (per la cui figura la retribuzione, in effetti, non è calcolabile a pr[i]ori), ma un mero dirigente medico per il quale, invece, ben si sarebbe potuta determinare la retribuzione oraria media.

5. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Ragusa che nel nuovo giudizio si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Ragusa, competente ai sensi dell'art. 322-bis, comma 1-bis, c.p.p.

Depositata il 15 marzo 2021.