Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 6 aprile 2021, n. 291

Presidente: De Nictolis - Estensore: Ardizzone

FATTO

1. I signori G. Giacomo e G. Rosa hanno impugnato in appello la sentenza del Tribunale Amministrativo per la Sicilia, sezione terza, con la quale sono stati respinti i ricorsi proposti dai loro danti causa (G. Giuseppe e C. Giacoma) per l'annullamento quanto al ricorso introduttivo, numero di registro generale 3280/1998:

- del provvedimento n. 119 del 25 giugno 1998, notificato l'8 luglio 1998, mediante il quale l'Assessore Comunale ai lavori pubblici di Valderice rigettava la domanda, presentata dal sig. G. Giuseppe, prot. n. 9552 del 1° luglio 1987, per la sanatoria delle opere abusive localizzate nella c.da Bonagia in Via Achille, censite in catasto al foglio 4, particella 806, e consistenti in un fabbricato terrano per civile abitazione di circa mq. 140,00.

Il ricorso era fondato sulle seguenti censure:

a) «violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della legge 47/1985 nel testo novellato con l'art. 23 comma decimo della l.r. 10 agosto 1985 n. 37»;

b) «violazione e falsa applicazione dell'art. 35 dodicesimo comma della sopra richiamata legge 28 febbraio 1985 n. 47 e successive modifiche e integrazioni e dell'art. 26 quindicesimo comma l.r. n. 37/1985»;

quanto al ricorso n. 1568 del 1999:

- del provvedimento n. 23 del 16 febbraio 1999, notificato l'8 marzo 1999, mediante il quale il Dirigente dei Servizi Tecnici del comune di Valderice ingiungeva ai signori G. Giuseppe e C. Giacoma di demolire, a propria cura e spese, entro e non oltre novanta giorni dalla notifica della ordinanza de qua, le opere abusivamente realizzate in Valderice c.da Bonagia, Via Achille, censite in catasto al foglio 4, particella 806 e consistenti in un fabbricato terrano per civile abitazione della superficie coperta di mq. 140 circa.

Il ricorso era fondato su due distinte censure:

a) «violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985 nel testo novellato dall'art. 23 comma decimo della l.r. 10 agosto 1985; eccesso di potere sotto il profilo dell'assoluta carenza del presupposto giuridico»;

b) «violazione della legge 6 agosto 1967 n. 765 art. 6 comma secondo».

2. In nessuno dei due giudizi si costituiva l'Amministrazione intimata.

3. Il Tribunale, previa riunione dei ricorsi, ha disatteso tutte le censure dei ricorrenti atteso che il divieto di edificazione nella fascia dei 150 metri dalla battigia, sancito dall'art. 15 della l.r. 12 giungo 1976, n. 78, ha come destinatari, in base alla successiva l.r. 30 aprile 1991, n. 15 (art. 2) e 31 maggio 1994, n. 17 (art. 6) non soltanto le amministrazioni comunali, ma anche i privati che intendano procedere a lavori di costruzione entro tale fascia.

Ha evidenziato, altresì, che, «con riferimento specifico al caso di specie, va rilevato che nonostante la documentazione prodotta, non è dato evincere l'esistenza del manufatto in epoca anteriore all'entrata in vigore della richiamata disposizione». Ha ritenuto che dal rigetto del primo ricorso inerente il diniego dell'istanza di sanatoria, conseguentemente, «ne discende necessariamente anche il rigetto del secondo instaurato per dedurre l'illegittimità della gravata ordinanza» di demolizione.

4. La sentenza è stata appellata con l'odierno gravame affidato ad un unico articolato motivo: «erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985 nel testo novellato con l'art. 23 comma decimo della l.r. 10 agosto 1985 n. 37; eccesso di potere sotto il profilo dell'assoluta carenza dei presupposti; violazione e falsa applicazione dell'art. 35 dodicesimo comma della richiamata legge 28 febbraio 1985 n. 47 e successive integrazioni e dell'art. 26 quindicesimo comma l.r. n. 37/1985; invalidità derivata», atteso che il Giudice di prime cure avrebbe disatteso la relazione di consulenza tecnica della S.A.S. TD s.r.l. Società Aerofotogrammetrica Sicilia Tecnologie Digitali, secondo cui, sulla base delle ripresa aerea del dicembre 1976, era sussistente «un corpo volumetrico indicato nell'allegato 2 dal quale si sono determinati i seguenti valori: Volume A: sup. 91,8 mq - Alt (13,5-10,3)=3,2m cop. piana. L'esame fotointerpretativo mostra che il fabbricato risulta allo stato grezzo ma completo in tutte le sue parti».

5. L'Amministrazione non si è costituita in giudizio nemmeno nel secondo grado processuale.

6. L'appellante, previa dichiarazione di interesse alla decisione, in prossimità dell'udienza di discussione, ai sensi dell'art. 73 c.p.a. ha depositato documentazione e memoria.

7. All'udienza del 23 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. L'appello è infondato.

8.1. Preliminarmente va dato atto della formazione del giudicato sul capo di sentenza, non impugnato, che statuisce sulla diretta applicabilità ai privati delle disposizioni di cui all'art. 15, primo comma, lett. a), l.r. 12 giugno 1976, n. 78. Nel ricorso originario del 14 ottobre 1998 la doglianza della «violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 della l.r. n. 47/1985 nel testo novellato con l'art. 23 comma decimo della l.r. 10 agosto 1985» era fondata, infatti, sul presupposto giuridico che il divieto di costruzione nei 150 m. dalla battigia riguardasse «unicamente ai Comuni ai fini della formazione degli strumenti urbanistici». Solo con il ricorso per riassunzione innanzi al Tar dell'8 novembre 2013, gli odierni appellanti, intervenendo nella qualità di eredi degli originari ricorrenti, hanno manifestato l'interesse a riassumere il ricorso 3280/1998 «stante la illegittimità del provvedimento impugnato, anche alla luce della aerofotogrammetria che si produce». Sul punto, al di là dell'ammissibilità del nuovo motivo introdotto nel corso del giudizio di primo grado, si è pronunciato il Tar asserendo che «non è dato evincere l'esistenza del manufatto in epoca anteriore all'entrata in vigore della richiamata disposizione». Tale statuizione rappresenta il nucleo centrale dell'odierno gravame.

9. Fatte queste premesse, il Collegio rileva che, ai sensi del comma 10 dell'art. 23 della l.r. n. 37/1985, «restano escluse dalla concessione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell'art. 15, lett. a), della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell'entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».

Nel caso che ci occupa, quindi, occorre accertare, nei fatti, se i lavori inerenti l'immobile censito al catasto al foglio 4, particella 806, fossero già iniziati alla data di entrata in vigore della l.r. 78/1976 e se «le strutture essenziali» fossero state realizzate entro il 31 dicembre 1976.

9.1. Quanto alla data di inizio dei lavori si osserva che l'Amministrazione fonda il diniego al condono sul presupposto che i lavori di costruzione del manufatto, realizzato abusivamente entro la fascia dei 150 m. dalla battigia, siano iniziati nel dicembre 1976. Orbene la perizia prodotta in atti è stata redatta sulla base di riprese aeree del dicembre 1976, successive, quindi, all'entrata in vigore della l.r. 12 giugno 1976, n. 78, avvenuta il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 16 giugno 1976, n. 36. Pertanto è da escludere che la perizia della S.A.S. possa rappresentare la prova dell'esistenza del manufatto in epoca anteriore all'entrata in vigore della richiamata disposizione.

9.2. Quanto alla data del compimento delle "strutture essenziali" gli appellanti affermano che la perizia della S.A.S. attesterebbe che già nel 1976 era individuabile un manufatto della superfice di 91,8 mq. che «allo stato risulta grezzo ma completo in tutte le sue parti». Ad avviso del Collegio, tale asserzione non è suffragata da ulteriori rigorosi elementi, tali da superare l'evidente discrasia tra la superfice delle opere indicate nelle due istanze di condono, quella indicata nella perizia della S.A.S. e quella dell'immobile de quo, pari a mq. 140, indicata, e non contestata, tanto nel provvedimento di diniego (n. 119 del 25 giugno 1998) quanto nella conseguente ordinanza di demolizione (n. 23 del 16 febbraio 1999). La notevole differenza di superfice indicata nei diversi atti, di cui gli appellanti non hanno ritenuto di fornire alcuna spiegazione, non consente a questo Collegio di ritenere che le strutture essenziali, alla data del 31 dicembre 1976, fossero già realizzate.

Si osserva, infatti, che negli originari ricorsi è stato asserito che, con atto del 21 novembre 1986 in Notaio Francesco Di Vita, n. 36205 di repertorio, i ricorrenti hanno acquistato un lotto di terreno sul quale insisteva «già un fabbricato terrano allo stato rustico e privo di intonaci interni ed esterni, di sanitari, di pavimentazione e di infissi interni», realizzato dai venditori, senza alcuna autorizzazione amministrativa, i quali avevano presentato la prescritta domanda di sanatoria in data 29 aprile 1986, prot. n. 6378. Quindi, l'acquirente G. Giuseppe, il 1° luglio 1987, inoltrava una seconda domanda di rilascio in proprio favore della concessione edilizia in sanatoria «dopo avere dichiarato che la superfice indicata dai precedenti proprietari nella loro istanza del 29 aprile 1986 era inferiore a quella reale per non avere erroneamente inserito un vano interno semicoperto e che detta maggiore superfice di circa mq. 29,50 aveva provveduto al versamento della differenza dell'oblazione e dei relativi diritti di mora». Nell'epigrafe dell'ordinanza n. 119 del 25 giugno 1998 viene riferito che: a) la prima domanda di sanatoria (prot. n. 6378 del 29 aprile 1986) riguarda opere abusive, «consistenti in un fabbricato per civile abitazione ad una elevazione fuori terra della superfice utile di mq. 49,07 ed un volume di mc. 200,00»; b) la seconda domanda presentata il 1° luglio 1987, prot. 9552 è relativa ad opere abusive dello stesso immobile per una superfice utile di mq. 78,57 e superfice non residenziale di mq. 9,00. L'amministrazione ha, invece, disposto «il diniego della domanda per la sanatoria delle opere abusive [...] consistenti in un fabbricato per civile abitazione ad una elevazione fuori terra, della superfice coperta di mq. 140,00 circa ed un volume di mc. 466,00 circa, costituito da: pranzo-soggiorno, due camere, cucina, bagno, due disimpegni, riposto, pozzo luce con locale doccia, box, e veranda coperta, in quanto in contrasto con le norme di cui all'art. 15, lett. a della l.r. 78/76 ed art. 23, comma 10 della l.r. 37/1985».

Il Collegio, quindi, alla luce della notevole differenza di superficie delle opere abusive, indicata nei vari atti, sulla base della documentazione versata, reputa incerta la data del compimento delle "strutture essenziali" per cui «nell'ipotesi in cui in base agli atti allegati dal richiedente emergano rilevanti dubbi in ordine all'effettivo momento di realizzazione dell'abuso nonché, più in generale, dubbi in ordine alla complessiva attendibilità del quadro temporale rappresentato, l'amministrazione può legittimamente negare il condono senza che sulla stessa gravi l'onere di segno inverso di fornire, a propria volta, un'autonoma prospettazione in ordine al momento in cui verosimilmente gli interventi rappresentati siano stati realizzati» (C.d.S., sez. VI, 3 maggio 2019, n. 2858). Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, l'onere di provare l'ultimazione del manufatto alla data utile per beneficiare del condono spetta all'interessato, poiché il periodo di realizzazione delle opere costituisce elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca la sussistenza del presupposto temporale per usufruirne (ex multis, C.d.S., sez. II, 11 novembre 2019, n. 7678).

9.3. Il Collegio, ancora, osserva che, non ricorrendo le eccezioni previste dall'art. 23, comma 10, della l.r. n. 37/1985 per escludere dal divieto assoluto di concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell'art. 15, lett. a), l.r. 12 giugno 1976, n. 78, il diniego in parola rappresenta per l'Amministrazione un atto vincolato, per cui non può ritenersi formato alcun silenzio assenso a seguito del decorso di ventiquattro mesi dalla presentazione di un'inammissibile domanda di condono.

10. Poiché al rigetto del ricorso avente ad oggetto il diniego di condono consegue necessariamente il rigetto del ricorso avverso l'ordinanza di demolizione, la sentenza impugnata, anche sotto questo profilo, appare incensurabile.

11. Nulla per le spese, considerata la mancata costituzione in giudizio del Comune.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

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