Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 15 aprile 2021, n. 3089

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Pizzi

FATTO

1. Con ricorso notificato il 10 gennaio 2015 innanzi al Tar per il Lazio, sede di Roma, la società Castiglione Bioenergie s.r.l. unipersonale, titolare di un impianto termoelettrico ubicato nel Comune di Castiglione dei Pepoli (BO), costituito da due gruppi elettrogeni cogenerativi di potenza pari a 500 Kw ciascuno, alimentato da biomassa legnosa, impugnava il provvedimento del 12 novembre 2014, prot. GSE/P20140160642, con il quale il GSE aveva annullato la qualifica di Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili ("Qualifica IAFR") per la categoria "Nuova Costruzione" precedentemente riconosciuta all'impianto in questione e, dall'altro, aveva applicato alla convenzione RID057967 i prezzi orari ai sensi dell'art. 6 dell'Allegato A della delibera n. 280/07 dell'AEEG, relativamente agli impianti che operano come centrali ibride, in sostituzione dei prezzi minimi garantiti riconosciuti esclusivamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

2. Il provvedimento gravato era stato adottato a seguito di un procedimento di controllo, mediante verifica e sopralluogo, ai sensi dell'art. 42 del d.lgs. 28/2011 e dell'art. 1 del d.m. 31 gennaio 2014, volto ad accertare la conformità dell'impianto de quo a quanto previsto dalla normativa applicabile, nonché la correttezza dei dati forniti per il riconoscimento degli incentivi.

3. L'annullamento della qualifica IAFR fu motivata sulla precedente utilizzazione da parte di altra società, e relativa incentivazione dal 2000 al 2010 mediante convenzione CIP6/92, di uno dei due gruppi cogenerativi (gruppo 2), circostanza che avrebbe integrato la violazione del divieto di cumulo degli incentivi di cui all'art. 2, comma 152, della l. n. 244/2007.

4. La ricorrente in quel giudizio, con il terzo motivo di ricorso, aveva denunciato la violazione di legge per mancata applicazione dell'art. 11, comma 3, del d.m. 31 gennaio 2014, disposizione che avrebbe imposto al GSE di tenere conto dell'autonomia dei due gruppi elettrogeni e conseguentemente riconoscere l'incentivo richiesto a quella parte dell'impianto che non risultava già incentivato, ovvero alla produzione elettrica derivante dall'utilizzo del gruppo motore 1.

5. Il Tar per il Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 12893/2015 (pronunciata nel giudizio n.r.g. 1626/2015), nel respingere il ricorso aveva altresì respinto il suddetto terzo motivo di censura, così motivando: "L'utilizzo di componenti non nuove, non revisionate, e già incentivate e il mancato completamento dell'impianto in conformità all'autorizzazione alla data in cui è stata comunicata l'entrata in esercizio (il 31 ottobre 2012 con l'attivazione del secondo gruppo cogenerativo), costituisce motivo idoneo a dichiarare la decadenza della qualificazione IAFR.

Il GSE, peraltro, correttamente, ha ritenuto che le osservazioni della ricorrente nel corso del procedimento non abbiano consentito di superare le criticità rilevate in sede di controllo ed ha conseguentemente, da un lato, annullato la qualifica di Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili ("Qualifica IAFR") per la categoria "Nuova Costruzione" precedentemente riconosciuta all'Impianto e, dall'altro, ha applicato alla convenzione RID057967 i prezzi orari ai sensi dell'art. 6 dell'Allegato A della Delibera n. 280/07 dell'AEEG, relativamente agli impianti che operano come centrali ibride, in sostituzione dei Prezzi Minimi Garantiti riconosciuti esclusivamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili".

6. La società Castiglione proponeva quindi appello affidato a quattro motivi e, con il terzo motivo di gravame, riproponeva il terzo motivo del ricorso di primo grado, lamentando la violazione dell'art. 11, comma 1, del d.m. 31 gennaio 2014, del d.m. 18 dicembre 2008, dell'art. 2, comma 152, della l. n. 244/2007 e delle procedure applicative del d.m. 6 luglio 2012, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza, violazione di legge per mancata applicazione dell'art. 6 del d.m. 18 dicembre 2008 e, in subordine, dell'art. 11, comma 3, del d.m. 31 gennaio 2014.

7. In particolare l'appellante in quel giudizio aveva lamentato l'erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui il Tar aveva concluso "che l'impianto non potesse considerarsi entrato in esercizio (parallelo), secondo la configurazione impiantistica autorizzata, nella data comunicata, né i lavori completati.

Ciò è peraltro smentito [...] dalla licenza rilasciata all'impianto dall'Agenzia delle Dogane di Bologna. Ebbene, proprio quest'ultimo Ufficio, a seguito di accessi effettuati il 22 marzo e 25 ottobre 2012 (quindi entro il termine di scadenza) ha verificato sul luogo la connessione alla rete elettrica dell'impianto [...]. Appare pertanto davvero paradossale che il GSE (e il Giudice di prime cure), sulla scorta di generiche e vaghe circostanze, abbiano potuto smentire un fatto certo e incontestabile per cui esiste una certificazione di legge.

[...] l'impianto in argomento è stato qualificato e realizzato con due gruppi elettrogeni distinti da 500 Kw ciascuno. Nello specifico, ogni motore ha un proprio quadro di controllo e un proprio contatore UTF distinto, funzionante disgiuntamente. Il provvedimento decadenziale di cui si discute è comunque ingiusto e illegittimo in riferimento alla sezione di impianto realizzata senza alcuna componente usata" (pagine 20 e 21 dell'appello).

8. La Sezione, con la sentenza n. 1617/2017 indicata in epigrafe, pronunciata nel giudizio n.r.g. 3057/2016, ha respinto l'appello e, in particolare, con riguardo al suddetto terzo motivo di gravame, ha così motivato: "Il successivo motivo lamenta che l'annullamento della qualifica IAFR non avrebbe potuto riguardare l'impianto nel suo complesso. La tesi dell'appellante non può essere accolta, dal momento che è la non conformità dell'opera realizzata con quella autorizzata che impone di giungere ad una simile conclusione. L'utilizzo di un motore non impiegabile comporta che non possa ritenersi che l'impianto come autorizzato sia effettivamente entrato in esercizio. Né ai fini dell'entrata in esercizio può ritenersi non necessario che lo stesse debba immettere energia elettrica in rete, come può desumersi dall'art. 2, lett. m), del d.m. 18 dicembre 2008" (punto 7.4 della sentenza d'appello).

9. Con ricorso notificato il 7 novembre 2017 la società Castiglione Bioenergie ha chiesto la revocazione della predetta sentenza della Sezione n. 1617/2017, ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4), c.p.c. per errore di fatto.

10. In particolare la ricorrente ha affermato che l'asserito errore di fatto avrebbe condotto "il Collegio a ritenere non condivisibile la tesi della ricorrente per la quale l'annullamento della qualifica IAFR non avrebbe potuto riguardare l'impianto nella sua totalità, ma soltanto la sezione nella quale era stato installato un motore già precedentemente incentivato" (pag. 6 del ricorso per revocazione).

La ricorrente ha inoltre dedotto che: "la decisione in disamina asserisce erroneamente che l'impianto non possa considerarsi entrato in esercizio per l'utilizzo di un motore non impiegabile che non immette energia in rete, senza che tale circostanza sia mai stata eccepita e dedotta da controparte. [...].

Tale circostanza, oltre a non essere oggetto di contestazione nel provvedimento di decadenza emesso dal Gestore, contrasta con quanto debitamente accertato dalla licenza rilasciata all'impianto dall'Agenzia delle Dogane di Bologna, nonché convalidato da Terna. A seguito degli accessi del 22 marzo e del 25 ottobre 2012, l'Ufficio citato ha infatti verificato sul luogo la connessione alla rete elettrica dell'impianto e, per l'effetto, che l'impianto fosse perfettamente funzionante e conforme a quello autorizzato" (pag. 7 del ricorso per revocazione).

La ricorrente ha quindi concluso affermando che: "L'errore di fatto che apre la via del mezzo straordinario di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. è costituito dalla circostanza che l'entrata in esercizio dell'impianto era un fatto pacifico tra le parti. Detta circostanza, dirimente ai fini del decidere nella logica della sentenza, è stata smentita dal Collegio il quale non si è avveduto del fatto che si trattasse di materia coperta da non contestazione e come tale preclusa al suo esame" (pag. 7 del ricorso per revocazione).

11. Si sono costituiti in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. chiedendo il rigetto e comunque la declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione, nonché il Ministero dell'Economia e delle Finanze ed il Ministero dello Sviluppo Economico, chiedendo il rigetto del ricorso.

12. In data 26 febbraio 2018 la società Castiglione Bioenergie ha notificato motivi aggiunti, depositati in data 2 marzo 2018, con il quale è stato chiesto l'annullamento dei provvedimenti adottati dal GSE nel 2014, alla luce della sopravvenienza normativa, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 960, della l. n. 205/2017, che ha modificato l'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, avendo il legislatore introdotto "una nuova disposizione tesa ad escludere, dall'ambito dei poteri già attribuiti al GSE, quello di disporre la decadenza dalle tariffe incentivanti" (pag. 3 del ricorso per motivi aggiunti), proponendo in subordine questione di legittimità costituzionale del predetto art. 42 nella previgente formulazione.

13. In vista dell'udienza, originariamente fissata per il 2 aprile 2020 e rinviata alla data del 16 luglio 2020, la ricorrente ed il GSE, in data 2 marzo 2020, hanno depositato memorie.

14. In data 14 luglio 2020 la ricorrente ha presentato istanza di rinvio dell'udienza del 16 luglio 2020, al fine di consentire al GSE di esaminare l'istanza presentata dalla società Castiglione in data 10 luglio 2020, con la quale era stato chiesto al medesimo GSE di disporre la decurtazione dell'incentivo nella misura minima di legge, ai sensi dell'art. 13-bis del d.l. n. 101/2019.

15. La ricorrente, in data 5 ottobre 2020, ha chiesto un ulteriore rinvio dell'udienza in quanto il GSE, al fine di vagliare l'ammissibilità dell'istanza di riduzione, "dovrà attendere il decreto ministeriale con l'indicazione delle modalità di attuazione della previsione contenuta nell'art. 42, comma 3, del d.lgs.vo n. 28/2011, decreto che però non è stato ancora emanato" (pag. 6 della memoria).

16. Il GSE ha depositato memoria di replica in data 14 ottobre 2020, tra l'altro rilevando che: "nel caso di specie la revoca dell'incentivo è stata disposta con nota prot. n. GSE/P20140160642 del 12 novembre 2014 per cui non potrebbe trovare in alcun modo applicazione l'art. 42 nella sua novellata formulazione" (pag. 7 della memoria).

17. Il Collegio, ritenuto "opportuno acquisire dalle parti copia della risposta fornita dal GSE all'istanza proposta della Castiglione in data 10 luglio 2020", con ordinanza collegiale n. 8568/2020 ha rinviato la causa all'udienza pubblica del 30 marzo 2021.

18. In data 5 febbraio 2021 il GSE ha depositato il provvedimento prot. n. GSE/P2021002123 del 28 gennaio 2021, di rigetto della menzionata istanza del 10 luglio 2020 e di conferma del provvedimento del 12 novembre 2014.

19. La società Castiglione, in data 16 febbraio 2021, ha presentato al GSE un'ulteriore istanza, rivolta ad ottenere la revoca dell'originario provvedimento del 12 novembre 2014, ai sensi dell'art. 56, commi 7 ed 8, della l. n. 120/2020.

20. La società Castiglione, in data 26 febbraio 2021, ha depositato un'ulteriore istanza di rinvio dell'udienza in quanto, a seguito della novella legislativa del 2020 e della sentenza della Corte costituzionale n. 237/2020, sarebbe "necessario che il GSE si pronunci anche sulla nuova istanza 16.02.2021, avanzata proprio sulla scorta del nuovo intervento modificatorio dell'art. 42 d.lgs. 28/2011" (pag. 4 della memoria).

21. Il GSE, con memoria depositata il 26 febbraio 2021, ha insistito per il rigetto del ricorso, eccependo la "pretestuosità" e la mancanza di fondamento dell'ulteriore istanza presentata dalla ricorrente in data 16 febbraio 2021, in quanto la norma invocata dalla società Castiglione (art. 56, comma 8, del d.l. n. 76/2020) "è evidentemente riferibile ai soli interventi di efficientamento energetico e, in secondo luogo, perché non sarebbe comunque applicabile ratione temporis al caso di specie" (pag. 4 della memoria del GSE).

22. In data 9 marzo 2021 la società ricorrente ha depositato memoria di replica, insistendo, in via preliminare, per il rinvio dell'udienza, al fine di ordinare al GSE di fornire riscontro all'ultima istanza presentata dalla ricorrente in data 16 febbraio 2021, nonché ribadendo le difese già svolte in ordine all'accoglimento del ricorso per revocazione, e chiedendo in subordine di sollevare questione di costituzionalità o di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea con riguardo all'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011.

23. Il GSE, in data 16 marzo 2021, ha depositato note di udienza, alternative alla discussione, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni con l. 25 giugno 2020, n. 70.

24. All'udienza del 30 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

25. In primo luogo la Sezione rileva che l'ulteriore istanza di rinvio dell'udienza, presentata dalla ricorrente con memoria del 26 febbraio 2021 e ribadita nella memoria di replica del 9 marzo 2021, al fine di consentire al GSE di pronunciarsi anche sull'ultima istanza presentata dalla Castiglione Bioenergie in data 16 febbraio 2021, non può essere accolta.

25.1. Infatti sia il provvedimento del GSE prot. n. GSE/P2021002123 del 28 gennaio 2021, di rigetto della prima istanza presentata dalla Castiglione Bioenergie in data 10 luglio 2020, sia il successivo provvedimento che il GSE vorrà adottare in risposta alla seconda istanza presentata in data 16 febbraio 2021, fuoriescono entrambi dall'ambito e dal thema decidendum del presente giudizio, concernente unicamente il dedotto vizio revocatorio per errore di fatto, potendo e dovendo l'odierna ricorrente impugnare eventualmente gli ulteriori provvedimenti del GSE con separato ricorso innanzi al Tar competente.

26. Si può quindi passare all'esame del ricorso per revocazione.

27. Il ricorso per revocazione è inammissibile, stante l'insussistenza dell'asserito errore di fatto ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c.

27.1. Per costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato l'errore di fatto revocatorio (rilevante ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., richiamato dall'art. 106 c.p.a.) è configurabile nell'attività preliminare del giudice relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo (quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale) ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento, di apprezzamento, di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del suo convincimento, che può prefigurare esclusivamente un errore di giudizio (da ultimo C.d.S., Sez. V, 28 gennaio 2021, n. 828; conformi ex multis Sez. V, 28 gennaio 2021, n. 839; Sez. IV, 25 gennaio 2021, n. 741).

27.2. In particolare l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa; l'errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti o documenti del giudizio (C.d.S., Sez. III, 3 dicembre 2020, n. 7668; conformi ex multis Sez. V, 12 ottobre 2020, n. 6039; Sez. IV, 5 agosto 2020, n. 4940; Sez. V, 15 luglio 2020, n. 4566).

27.3. Nel caso di specie la Sezione, con la gravata sentenza n. 1617/2017, lungi dal travisare il contenuto del documento rilasciato dall'Agenzia delle Dogane di Bologna all'esito degli accessi del 22 marzo e del 25 ottobre 2012, concernente la verifica sul luogo circa la connessione dell'impianto de quo alla rete elettrica, ha respinto il terzo motivo di gravame affermando che: "è la non conformità dell'opera realizzata con quella autorizzata che impone di giungere ad una simile conclusione".

27.4. In altre parole la Sezione ha motivato il rigetto del gravame basandosi sulla non conformità dell'impianto realizzato rispetto a quello precedentemente autorizzato, senza che venisse in rilievo la diversa questione concernente il materiale collegamento dell'impianto de quo alla rete elettrica, collegamento dimostrato dalla menzionata licenza rilasciata dall'Agenzia delle Dogane di Bologna e di cui la ricorrente lamenta l'erronea percezione.

27.5. Il ricorso per revocazione deve quindi essere dichiarato inammissibile.

28. Inammissibile è altresì il ricorso per motivi aggiunti.

28.1. Infatti, in primo luogo, in linea generale, qualora si agisca con lo strumento della revocazione ordinaria per errore di fatto ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., non è possibile proporre motivi aggiunti (sulla base di successivi atti o documenti) dal momento che l'errore di fatto revocatorio deve emergere dalla stessa sentenza di cui si chiede la revocazione.

28.2. In secondo luogo, nel caso di specie, i motivi aggiunti proposti dalla odierna ricorrente non concernono il presente giudizio revocatorio, in quanto la Castiglione Bioenergie ha inammissibilmente introdotto ulteriori motivi di diritto a sostegno della domanda di annullamento del provvedimento del GSE del 2014.

28.3. Il ricorso per motivi aggiunti deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

29. In definitiva il ricorso per revocazione ed il ricorso per motivi aggiunti devono essere entrambi dichiarati inammissibili.

30. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo nei confronti del Gestore dei Servizi Energetici s.p.a.

31. Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di lite del presente giudizio nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero dello Sviluppo Economico.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n.r.g. 8086/2017, integrato dai motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara entrambi inammissibili.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore del Gestore dei Servizi Energetici s.p.a., liquidate in euro 4.000,00 oltre accessori di legge.

Compensa le spese di lite del presente giudizio nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero dello Sviluppo Economico.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

R. Garofoli

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