Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 19 aprile 2021, n. 4540
Presidente: Savo Amodio - Estensore: Brancatelli
FATTO E DIRITTO
Con bando di gara pubblicato sulla GURI del 23 novembre 2020, Anas ha indetto una procedura aperta ai sensi degli artt. 36, comma 2, lett. d), e 60 del d.lgs. 18 aprile 2019, n. 50 e s.m.i. avente ad oggetto un accordo quadro quadriennale per l'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria della segnaletica verticale - Area Gestione Rete Abruzzo e Molise.
La procedura, pubblicata con i termini ridotti per ragioni d'urgenza di cui all'art. 8, comma 1, lett. c), della l. 11 settembre 2020, n. 120 di conversione con modificazioni del d.l. semplificazioni n. 76/2020, prevedeva l'applicazione del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso ai sensi dell'art. 36, comma 9-bis, del Codice e ai sensi dell'art. 1, comma 3, della l. 11 settembre 2020, n. 120, di conversione con modificazioni del decreto semplificazioni.
Al termine delle operazioni di gara, veniva dichiarata l'aggiudicazione in favore del Consorzio stabile Agoraa s.c. a r.l. - Edilap società cooperativa - (consorziata designata), in avanti "Agoraa", mentre si classificava al secondo posto il raggruppamento costituito dalla mandataria MFR Segnaletica con Erreci e NDL (in avanti, "MFR").
MFR ha impugnato l'aggiudicazione, unitamente agli atti a questa presupposti, chiedendone l'annullamento, lamentando, al primo motivo, che la commissione di gara non avrebbe verificato l'attendibilità e congruità complessiva dell'offerta presentata da Agoraa anche in merito alla quantità del personale da impiegare, limitandosi a raffrontare i costi orari dichiarati dai concorrenti con i minimi salariali delle tabelle ministeriali di cui all'art. 23, comma 16, del Codice, traendone da ciò la conclusione della congruità dei costi orari di cui all'art. 95, comma 10, del Codice.
Con il secondo motivo MFR asserisce che Agoraa avrebbe dovuto essere escluso in quanto la consorziata designata Edilap era priva del requisito di qualificazione SOA in categoria OS10, necessario per eseguire le prestazioni oggetto dell'accordo quadro. Secondo la ricorrente, alla luce della nuova formulazione dell'art. 47 del d.lgs. n. 50/2016 i requisiti devono essere posseduti e comprovati secondo le previsioni del Codice e, quindi, nel caso di specie, restando esclusa l'applicazione del principio del "cumulo alla rinfusa" (salvo per attrezzature e mezzi), in assenza di attestazione SOA posseduta in proprio dalla consorziata esecutrice, il Consorzio non poteva limitarsi a fornire la propria attestazione.
La ricorrente ha anche presentato, in relazione al primo motivo di impugnazione, una istanza di verificazione ex art. 66 c.p.a., affinché l'organismo verificatore si esprima in ordine alla congruità dell'ammontare di manodopera offerta dal Consorzio aggiudicatario in termini di unità di personale e monte/ore e, in particolare, se essa sia sostenibile e attendibile.
Si sono costituite in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato, Anas e Agoraa.
Alla udienza del 14 aprile 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato, alla stregua delle considerazioni che seguono.
Le censure di cui al primo motivo di impugnazione si incentrano sulla circostanza che il numero di operai indicati da Agoraa per l'esecuzione dell'appalto (pari a 9 unità) sarebbe manifestamente incongruo, tenuto conto delle caratteristiche dei lavori e alle relative modalità di esecuzione richieste dalla lex specialis, che, quanto allo scenario in riferimento al quale formulare la proposta, chiedeva di tenere conto delle condizioni economiche più sfavorevoli. Conseguentemente, aggiunge parte ricorrente, il valore del costo della manodopera indicato dall'aggiudicataria nella propria offerta, che è stato considerato da Anas sufficiente in ragione del mero rispetto dei minimi salariali retributivi previsti nelle tabelle ministeriali, doveva invece ritenersi inattendibile, con conseguente doverosa apertura di un sub-procedimento di verifica di anomalia dell'offerta, che invece non è stato attivato.
Deve premettersi che la procedura di gara oggetto del presente giudizio prevedeva, in applicazione dell'art. 97, comma 8, del Codice, l'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentavano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell'art. 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del d.lgs. 50/2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse fosse stato pari o superiore a cinque. La commissione di gara, pertanto, dopo avere proceduto all'individuazione della soglia di anomalia delle offerte, pari al 33,46%, successivamente ha escluso automaticamente tutte le offerte risultate anomale secondo i dettami di cui all'art. 97, comma 8, del Codice e dei paragrafi 17 e 18 del Disciplinare e ha individuato quale prima offerta non anomala quella presentata da Agoraa con un ribasso unico percentuale offerto del 33,422. Successivamente, Anas verificava, come previsto dall'art. 95, comma 10, del Codice i costi relativi alla manodopera e confermava l'aggiudicazione nei confronti di Agoraa.
Quanto alle previsioni della lex specialis riguardanti il costo della manodopera, il paragrafo 16 del disciplinare prescriveva che nel plico contenente l'offerta economica ciascun partecipante doveva presentare apposite giustificazioni della stima dei costi della manodopera, nei termini precisati dal disciplinare stesso e, segnatamente, allegando la documentazione necessaria a verificare che al personale da utilizzare per l'appalto, già in organico ovvero da assumere, fosse riconosciuta una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dalle apposite tabelle di cui all'art. 23, comma 16, del Codice.
Dunque, la disciplina di gara limitava la verifica del costo della manodopera alla dimostrazione del rispetto dei minimi salariali, mentre non era imposto un numero di addetti da destinare all'esecuzione dell'appalto.
Il Collegio osserva, al riguardo, che le contestazioni svolte dalla ricorrente con il primo motivo di impugnazione non appaiono ammissibili, in quanto partono da un presupposto logico non condivisibile, vale a dire che dalla lettura della documentazione di gara sarebbe evincibile l'incompatibilità di un organico di personale di sole 9 unità per lo svolgimento delle prestazioni richieste rispetto all'incidenza della manodopera.
In proposito, si rammenta che con riferimento all'eventualità della verifica dell'anomalia c.d. facoltativa, secondo giurisprudenza univoca, la scelta di sottoporre l'offerta a verifica di anomalia è rimessa all'ampia discrezionalità della Stazione appaltante e, pertanto, risulta sindacabile soltanto in caso di macroscopica irragionevolezza, illogicità o, ancora, palesi errori di fatto occasionati dalla sussistenza di elementi oggettivi sintomatici di una possibile incongruità (ex multis, C.d.S., Sez. V, 6 giugno 2019, n. 3833).
Ebbene, nel caso di specie, non si ravvisa la sussistenza di elementi oggettivi idonei a rivelare la possibile inattendibilità dell'offerta presentata da Agoraa, quanto all'entità del costo della manodopera indicato. E ciò in ragione, innanzitutto, della natura stessa dell'appalto, da aggiudicarsi sotto forma di accordo quadro, rispetto al quale non è possibile predeterminare quanti contratti attuativi verranno stipulati. In secondo luogo, la stessa lex specialis, oltre a non fare richiesta di un numero minimo di personale da impiegare, non definiva nel dettaglio le lavorazioni da eseguire e non conteneva indicazioni progettuali concrete, sicché le deduzioni di parte ricorrente circa l'insufficienza del numero di operai individuati dall'aggiudicataria per lo svolgimento dei lavori presentano carattere meramente ipotetico e non tengono conto di numerosi fattori, tipicamente connessi alla naturale alea circa il numero degli interventi che verranno richiesti in esecuzione dell'accordo quadro.
Anche le doglianze presenti nel secondo motivo di impugnazione non possono trovare accoglimento.
Parte ricorrente ritiene che Agoraa doveva essere escluso dalla gara in quanto, al fine di dimostrare il requisito di ammissione richiesto (il possesso della qualificazione SOA, per la categoria OS 10, classifica V), ha prodotto una attestazione rilasciata a proprio nome e, al contempo, designato quale esecutrice dei lavori la propria consorziata Edilap, priva del possesso in proprio di una attestazione SOA per la categoria OS 10.
Ciò in quanto il nuovo testo dell'art. 47 del Codice applicabile ratione temporis avrebbe eliminato l'istituto del c.d. "cumulo alla rinfusa" ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti in seno alle consorziate, che sarebbe ora circoscritto, ai sensi dell'art. 47, comma 1, alla sola disponibilità di attrezzature e mezzi d'opera.
Il comma 1 dell'art. 47 prevede, segnatamente, che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle procedure di affidamento dei Consorzi stabili "devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate".
Il comma 2 del medesimo art. 47 è stato oggetto di una serie di interventi di modifica.
Nel testo introdotto dall'art. 31 del d.lgs. n. 56/2017 era previsto che i Consorzi stabili ai fini della qualificazione potevano utilizzare "sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l'esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l'esecuzione del contratto".
La disposizione è stata modificata dall'art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, e ora prevede che i consorzi stabili "eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all'articolo 84, con il regolamento di cui all'articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l'imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L'affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto".
La ricorrente sostiene, richiamando a sostegno della propria tesi anche quanto affermato di recente nella pronuncia dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 18 marzo 2021, che il nuovo testo dell'art. 47 non potrebbe che essere inteso nel senso che è ora imposto al Consorzio stabile di eseguire le prestazioni con una propria struttura oppure tramite una società consorziata, indicata in sede di gara e in possesso delle qualifiche richieste.
Il Collegio, a fronte dei differenti orientamenti giurisprudenziali formatisi dopo la modifica dell'art. 47 del Codice, ritiene maggiormente convincente quello secondo cui alla luce della novella legislativa del 2019 non è venuto meno l'istituto del "cumulo alla rinfusa".
In proposito, non è dirimente la recente pronuncia della Plenaria n. 5/2021, in cui si è incidentalmente osservato che il d.l. n. 32/2019 avrebbe ripristinato l'originaria e limitata perimetrazione del c.d. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo. La pronuncia, infatti, ha esaminato e reso un principio di diritto che riguardava una specifica questione, vale a dire se "La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell'esecuzione dei lavori [... sia o meno...] equiparabile, ai fini dell'applicazione dell'art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell'art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, all'impresa ausiliaria nell'avvalimento", e ha fornito a tale quesito risposta affermativa, alla luce della disciplina all'epoca della gara vigente, ossia prima della modifica del d.l. n. 32/2019.
Avuto riguardo allo specifico argomento in discussione nella presente controversia, vale a dire quale sia la corretta interpretazione da darsi al novellato testo dell'art. 47 del Codice e se possa affermarsi o meno la sopravvivenza normativa del "cumulo alla rinfusa", si condividono le conclusioni a cui è recentemente pervenuto il Consiglio di Stato, nella decisione della sez. V, n. 2588 del 29 marzo 2021. In tale pronuncia, avuto riguardo alle procedure di affidamento di servizi e forniture e al comma 2-bis dell'art. 47, introdotto dalla menzionata riforma del 2019 e secondo cui "la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati", si è affermato che la disposizione, "letta in combinato con la regola del c.d. cumulo alla rinfusa dei requisiti del consorzio stabile prevista dal medesimo art. 47, comma 1, deve ragionevolmente essere intesa nel senso che essa abbia inteso introdurre un onere di verifica dei requisiti di qualificazione da svolgere presso gli operatori economici partecipanti al consorzio stabile e che a quest'ultimo hanno apportato le loro rispettive capacità tecnico-professionali o economico-finanziarie. Dalla medesima disposizione non può invece desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell'appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione. Come sottolineano le parti appellanti ad opinare in questo senso verrebbero svuotate la finalità pro concorrenziali dell'istituto del consorzio stabile, oltre che il suo stesso fondamento causale, enunciato dall'art. 45, comma 2, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, ed incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una «comune struttura di impresa» deputata ad operare nel settore dei contratti pubblici ed unica controparte delle stazioni appaltanti, secondo quanto previsto dall'art. 47, comma 2, del Codice (cfr. in questo senso, da ultimo: C.d.S., V, 2 febbraio 2021, n. 964; 11 dicembre 2020, n. 7943)".
In sostanza, l'intervento legislativo operato dal d.l. n. 32/2019 non può essere inteso nel senso di privare di significato ed alterare la natura stessa del Consorzio stabile, che si concretizza in un'impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e, come tale, può avvalersi di qualsiasi contributo, in termini di requisito, dei consorziati, senza dover ricorrere allo strumento dell'avvalimento.
Si è anche condivisibilmente sostenuto in giurisprudenza che la modifica dell'art. 47, comma 2, d.lgs. 50/2016 effettuata con il d.l. n. 32/2019 «ha rimosso le ambiguità insite nei rimandi ad altre fonti normative ed ha confermato che i consorzi stabili: "eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicata in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto". Viene quindi inequivocabilmente ribadita la non incidenza della circostanza relativa all'esecuzione materiale delle prestazioni da parte della consorziata che presta i requisiti, in ossequio al principio mutualistico che caratterizza i consorzi stabili» (T.A.R. Campania, sez. I, 26 gennaio 2021, n. 537).
Nella stessa Relazione illustrativa della legge di conversione del d.l. n. 32/2019, del resto, si trova la conferma che la volontà del legislatore era quella di mantenere e, anzi, potenziare l'operatività del meccanismo del cumulo alla rinfusa. Detta Relazione, nell'illustrare la modifica apportata all'art. 47, comma 2, del Codice osserva che essa "è tesa a chiarire la disciplina dei consorzi stabili onde consentire l'operatività e sopravvivenza di tale strumento pro-concorrenziale" mentre, con riferimento al comma 2-bis, l'intento è stato quello di "colmare un vuoto normativo" relativo a servizi e forniture.
Dunque, l'intervento del legislatore nel 2019 va correttamente inteso nel senso di avere chiarito che il consorzio stabile si può giovare, senza necessità di ricorrere all'avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse.
Conclusivamente, alla luce di quanto suesposto, il ricorso non può trovare accoglimento.
La complessità e novità delle questioni sottoposte giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.