Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 6 maggio 2021, n. 3552
Presidente: Santoro - Estensore: Lamberti
FATTO E DIRITTO
1. B. Sergio otteneva dal Comune di Iseo il permesso di costruire (n. 10757/2008, pratica edilizia n. 219/2008) per la realizzazione di una ristrutturazione edilizia, con ampliamento mediante sopralzo ad uso residenziale, di un immobile sito in Clusane d'Iseo e ubicato in una area sottoposta a vincolo paesaggistico.
2. In data 11 agosto 2009, i tecnici comunali effettuavano un sopralluogo presso il cantiere e rilevavano una difformità relativa allo spessore dei solai e all'altezza interna dei locali, con un aumento complessivo dell'altezza interna di 14 cm.
Per tale ragione, in data 11 settembre 2009, il B. presentava istanza per il permesso di costruire in sanatoria, che veniva rilasciato con il provvedimento n. 16307/09-227/09.
3. Con ricorso notificato in data 26 gennaio 2010, B. Mariangela proponeva ricorso al T.A.R. per la Lombardia, sezione di Brescia, per ottenere l'annullamento del permesso di costruire in sanatoria.
4. Con la sentenza n. 900/2018, il T.A.R. accoglieva il ricorso e, per l'effetto, annullava il permesso di costruire in sanatoria impugnato.
Più precisamente, veniva accolto il terzo motivo di ricorso con il quale la ricorrente ha lamentato la non sanabilità dell'ampliamento posto in essere, in ragione dell'aumento della superficie lorda di pavimento e della volumetria dell'immobile, tale da precludere la sanabilità dell'opera.
5. Avverso tale pronuncia ha proposto appello B. Sergio, deducendo: a) l'erronea applicazione dell'art. 35, comma 1, del d.lgs. 104/2010, a seguito dell'introduzione del principio di tolleranza costruttiva ex art. 34 d.P.R. 380/2001 e d.P.R. 31/2017; b) l'erronea applicazione dell'art. 167, quarto comma, del d.lgs. 42/2004 e del d.P.R. 31/2017 in relazione all'introduzione della tolleranza costruttiva in ambito paesaggistico; c) l'erronea applicazione dell'art. 167 del d.lgs. 42/2004, in relazione all'omessa valutazione della rimessa in pristino già effettuata e in relazione all'asserito aumento volumetrico; d) l'erronea applicazione dell'art. 181, comma 1-quater, del d.lgs. 42/2004, in relazione al carattere vincolante del parere della Soprintendenza.
5.1. In sostanza, i rilievi dell'appellante ruotano intorno alla questione circa l'applicabilità al caso di specie del limite di tolleranza del 2%, rispetto alle misure di progetto del permesso di costruire originario; circostanza che escluderebbe la configurazione di una parziale difformità edilizia, a norma dell'art. 5, comma 2, lett. a), n. 5, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, e che non configurerebbe neppure un abuso paesaggistico, in quanto escluso dalla relativa autorizzazione, quale intervento rientrante nell'elenco di cui all'Allegato A del d.P.R. n. 31/2017.
5.2. In fatto, l'appellante rileva che: alla data del sopraluogo dell'11 agosto 2009 le opere erano ancora in corso di costruzione; in particolare, non era stato ancora posizionato l'isolamento sull'estradosso dell'ultimo solaio, sicché la misurazione effettata dai tecnici comunali non sarebbe attendibile. Invero, con la posa dell'isolamento, lo spessore del solaio ha subito un aumento, con conseguente diminuzione dell'altezza interna del sottotetto (la misura attuale sarebbe esattamente di m. 2,35, ossia la misura del progetto originario).
6. Nel presente giudizio, è altresì intervenuta, attraverso lo strumento dell'opposizione di terzo, B. Paola, rappresentando che con l'atto di donazione del 20 febbraio 2004, B. Sergio le aveva donato la nuda proprietà di un appartamento sito nell'immobile oggetto del successivo intervento edilizio per cui è causa.
A giustificazione dell'intervento in opposizione rileva di essere anch'essa proprietaria, tra l'altro, dei muri maestri, del tetto e delle scale sui quali viene ad incidere il provvedimento impugnato.
Per tale ragione, la stessa lamenta la lesione del suo diritto di partecipare, in qualità di controinteressata, al giudizio primo grado dinnanzi al T.A.R. per la Lombardia.
Nel merito, propone le medesime censure dedotte con l'atto di appello da parte di B. Sergio.
7. Nelle more del giudizio, il Comune di Iseo ha emesso l'ordinanza n. 160 del 31 ottobre 2018, con la quale ha ingiunto la demolizione della sopraelevazione oggetto del permesso di costruire in sanatoria n. 227 del 12 novembre 2009.
Tale provvedimento è stato impugnato avanti il T.A.R. per la Lombardia che, con la sentenza n. 685/2020, lo ha accolto, rilevando tra l'altro che: "Spetta agli uffici comunali valutare, previa istruttoria, se oltre alle altezze interne siano state modificate anche le altezze esterne, e in caso affermativo quale sia il reale ingombro dell'edificio", precisando che: "se non si presentano questioni qualitative (come quella vista sopra sul passaggio del sottotetto da spazio non abitabile a spazio abitabile) è possibile fare applicazione dei parametri quantitativi di tolleranza costruttiva".
8. Tanto premesso, non appare possibile esaminare il merito dell'appello, dovendo invece trovare accoglimento la domanda svolta in via principale dalla terza opponente Paola B. di annullamento della sentenza di primo grado, con conseguente rimessione della causa al giudice di primo grado.
L'opposizione di terzo c.d. ordinaria è disciplinata dall'art. 108, comma 1, c.p.a., secondo cui: "Un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi".
Tale norma ha allineato in linea di principio il processo amministrativo a quello civile, invero, allo stesso modo di quanto dispone l'art. 404 c.p.c., anche l'attuale formulazione dell'art. 108, comma 1, c.p.a., dopo le modifiche portate dal d.lgs. n. 195/2011, incentra la legittimazione a proporre opposizione: a) sulla mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza opposta; b) sul pregiudizio che reca la sentenza ad una posizione giuridica di cui l'opponente risulti titolare.
Quanto al primo dei due presupposti, va chiarito che la nozione di terzo va parametrata su quella di parte e - se si tratta di una sentenza che ha deciso su posizioni di interesse legittimo - deve tenersi conto della nozione di parte in senso formale nel suo significato riguardante il giudizio amministrativo.
Quindi, ai fini dell'opposizione di terzo ordinaria, quale "terzo" deve sicuramente intendersi il litisconsorte necessario pretermesso, generalmente coincidente con il controinteressato cui non sia stato notificato il ricorso di primo grado.
È noto che per "controinteressato" - a prescindere dalle ulteriori distinzioni tra controinteressato sopravvenuto, controinteressato occulto, ovvero non facilmente individuabile dalla lettura dell'atto impugnato (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 2 del 2007) - si deve intendere quel soggetto titolare di un interesse alla conservazione dell'atto impugnato.
8.1. Deve ritenersi che l'opponente rivesta la posizione di litisconsorte necessario, avendo, in qualità di comproprietaria, un interesse diretto e qualificato alla conservazione dell'atto impugnato.
Invero, le opere sulle quali incide il provvedimento impugnato riguardano anche parti dell'immobile di cui è proprietaria l'opponente e sulla cui sfera giuridica, pertanto, incide immediatamente e negativamente l'eventuale annullamento del titolo edilizio che ha autorizzato tali parti dell'immobile.
8.2. È pacifico che alla stessa non è stato notificato il ricorso di primo grado, né ne è stata ordinata la chiamata in causa, in violazione dell'art. 27 del c.p.a. (come noto, se il ricorso di primo grado è stato notificato ad almeno un controinteressato, ma non a tutti, il giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio).
8.3. Ai sensi dell'art. 105 del c.p.a. il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado, tra l'altro, se è mancato il contraddittorio. Ne consegue che l'accoglimento dell'opposizione di terzo, proposta da un controinteressato necessario al quale avrebbe dovuto essere notificato il ricorso originario, comporta, stante l'impossibilità di integrare il contraddittorio in tale fase del giudizio, l'annullamento della sentenza di primo grado con rinvio al primo giudice (cfr. C.d.S., n. 2459/2000).
8.4. Ad un diverso esito non può condurre l'eccepita tardività dell'opposizione, in quanto proposta in questa sede di appello oltre il termine sancito agli artt. 92 e 108 del c.p.a.
Sotto il profilo del regime probatorio, in applicazione dei principi generali che presiedono alla disciplina della distribuzione dell'onere della prova, la parte che eccepisce la decadenza da un termine è tenuta a dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell'eccepito fatto estintivo, tra cui la data di decorrenza del termine medesimo.
A tal fine non appare sufficiente il mero argomento presuntivo dedotto da Angela B. secondo cui sarebbe "ragionevole ritenere che di tale sentenza l'opponente abbia avuto contezza in occasione del precedente pagamento dell'analogo contributo unificato per il giudizio avanti il T.A.R. Lombardia, Sez. di Brescia, n. 15/2019", ovvero in ragione del fatto di abitare al piano terreno dell'immobile in questione.
Come già anticipato, per giurisprudenza consolidata: "la prova della tardività dell'impugnazione deve essere fornita rigorosamente e incombe, secondo le regole generali, alla parte che la deduce" (ex multis, C.d.S., Sez. IV, nn. 5657 e 6557 del 2012).
9. L'accoglimento dell'opposizione di terzo comporta l'annullamento della sentenza impugnata e la restituzione degli atti al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 105 c.p.a.
La peculiarità della vicenda ed il suo esito giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l'opposizione di terzo e per l'effetto annulla la sentenza impugnata e dispone il rinvio al primo giudice dell'esame del ricorso di primo grado ai sensi dell'art. 105, comma 2, del codice del processo amministrativo.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.