Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 10 maggio 2021, n. 3669

Presidente: Santoro - Estensore: Pannone

FATTO E DIRITTO

A. La sentenza qui appellata (del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, n. 1238 del 13 novembre 2018) ha rigettato il ricorso proposto dall'interessato per l'annullamento della deliberazione n. 14 del Consiglio di dipartimento di Scienze e innovazione tecnologica dell'Università degli studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro" nella seduta del 21 dicembre 2017 con cui il Consiglio di dipartimento ha deliberato che "rispetto alla data del 25 luglio 2007, data in cui venne proposta l'istanza da parte del dottor Filippo N. finalizzata alla chiamata presso l'allora facoltà di Scienze MSN, non sussistevano gli estremi in termini di pianificazione organico per una chiamata a professore associato per il SSD INF/01 Informatica per cui si potesse accogliere la domanda supra menzionata" e conseguentemente ha deciso "di respingere l'istanza presentata dal dott. N. in data 25 maggio 2007 per le motivazioni indicate in premessa".

La sentenza espone che il prof. N. Filippo, a seguito di una procedura di valutazione comparativa indetta dalla Libera Università di Bolzano, chiedeva, con istanza in data 25 maggio 2007, all'allora Facoltà di Scienze MFN dell'Università del Piemonte Orientale di valutare la sua possibile chiamata come professore associato presso la predetta Facoltà (quando egli era ricercatore nel settore disciplinare INF/01 in servizio presso la facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale).

Nella seduta del 27 febbraio 2008 veniva messa ai voti la proposta di avviare i procedimenti necessari per attuare la chiamata del dott. Filippo N. su un posto di II fascia nel settore INF/01.

La votazione dava il seguente esito: favorevoli: 0; contrari: 0; astenuti: tutti i presenti (allegato n. 3 al ricorso di primo grado).

Alla fine di un complesso percorso amministrativo veniva adottata la deliberazione oggetto della sentenza qui impugnata.

La sentenza richiama i principi giurisprudenziali in tema di sindacabilità delle valutazioni delle commissioni esaminatrici di concorso o di procedura selettiva (C.d.S., VI, 18 maggio 2018, n. 3013).

La sentenza prosegue affermando: «D'altronde, nel caso di specie, parte ricorrente non ha partecipato ad una selezione comparativa o ad un concorso non avendo preso parte alla procedura indetta con decreto n. 416 del 26 ottobre 2005 per la copertura di n. 4 posti di professore universitario di seconda fascia.

Il N., diversamente, ha avanzato istanza, in data 25 maggio 2007, per la valutazione di una possibile chiamata come professore associato presso la facoltà stessa.

Non essendo connessa ad una procedura di concorso vera e propria in atto, la chiamata in assunzione da parte dell'Università, per quanto eventualmente sottoposta ai limiti che lo stesso ente si è in precedenza dato, in conformità alla normativa vigente, è suscettibile di una valutazione altamente discrezionale da parte dell'Università a fronte della quale il sindacato del giudice è ristretto ad ipotesi di macroscopiche illogicità o irrazionalità o manifeste irregolarità.

Si rammenta, al riguardo, che, con riferimento ai casi di assunzione di soggetto partecipante ad una procedura di valutazione comparativa, ma non vincitore, l'art. 5, comma 9, d.P.R. 117/2000, stabilisce che l'università che ha nominato in ruolo un professore ordinario o associato a seguito di una procedura di valutazione comparativa da essa bandita può procedere a chiamare, per ulteriori motivate esigenze didattiche, candidati risultati idonei nella medesima procedura, a condizione che sia decorso il termine di cui al comma 4 e che sia stata accertata la disponibilità della relativa copertura finanziaria.

In tal senso l'Università "può", non "deve" chiamare i candidati idonei nella medesima procedura.

Se quanto sopra vale per i soggetti partecipanti ad una procedura comparativa, a fortiori, una discrezionalità ancora più ampia va riconosciuta all'Università in caso di istanze presentate al di fuori di una procedura comparativa.

La determinazione n. 14 del 21 dicembre 2017, oggetto di contestazione, a questo proposito, è ampiamente motivata nel negare l'accoglimento all'istanza del N., e specifica chiaramente, tra gli altri, tre argomenti a sostegno della decisione.

La decisione dell'Università è priva di elementi denotanti un'intrinseca manifesta illogicità o irrazionalità.

Infatti, si è già sottolineato come in capo all'Università, nell'ambito di una fattispecie come quella in esame sussista una discrezionalità elevatissima in ordine all'an dell'assunzione: escluso infatti il caso di dimostrazione di una effettiva discriminazione ad personam (di cui in atti non emerge prova) l'Università, a fronte dell'istanza del N., ha valutato se in relazione al settore di competenza dello stesso vi fosse una necessità di copertura tale da giustificare altresì un impegno di spesa, concludendo per una risposta negativa alla luce dei dati in proprio possesso. La determinazione così concepita non appare censurabile, e il fatto che in precedenza l'Ente non abbia proceduto ad una precisa applicazione proporzionale dei criteri predeterminati per le assunzioni di personale docente con riferimento ad altri settori di insegnamento, non esclude che ciò fosse motivato da specifiche esigenze organizzative in quel momento sussistenti, e, comunque, non è tale da rendere illegittimo per contraddittorietà un provvedimento che rispetto a quegli stessi criteri, risulta essere maggiormente conforme».

B. Ha proposto ricorso in appello l'interessato deducendo: "Error in iudicando. Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Erronea e falsa interpretazione".

«1.1. Il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso proposto dal prof. N. sulla scorta di un'unica argomentazione che, così come precisato a pag. 6 della sentenza appellata, è stata ritenuta assorbente "con riferimento a tutti i motivi dedotti dal ricorrente".

1.2. Venendo all'esame degli argomenti posti dall'Ateneo a sostegno della decisione e riportati alle pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata si osserva quanto segue. (...).

1.3. La sentenza è errata anche laddove afferma a pag. 9 che in atti non emergerebbe la prova di un'effettiva discriminazione ad personam.

1.4. Il TAR, infine, non si è pronunciato sulle altre ragioni di doglianza mosse dal Prof. N., ritenendo tutti i motivi di ricorso assorbiti dalle considerazioni sopra censurate. Si rimarca, ancora una volta, che era doveroso che il TAR prendesse in esame tutti tali dati fattuali, in quanto soltanto dopo averne vagliato l'attendibilità e la loro attitudine a contrastare i criteri fondanti il rigetto dell'istanza, il Giudice di Prime Cure avrebbe potuto trarre conclusioni in ordine alla sussistenza del vizio di manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione e, quindi, in ordine all'arbitrarietà della deliberazione dell'Università».

C. Il ricorso in appello non può trovare accoglimento perché tutte le censure proposte (che si soffermano su aspetti particolari del procedimento e sul richiamo di procedimenti pregressi) non scalfiscono l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, ossia che la procedura attivata non è un vero e proprio concorso ed è pertanto "suscettibile di una valutazione altamente discrezionale da parte dell'Università a fronte della quale il sindacato del giudice è ristretto ad ipotesi di macroscopiche illogicità o irrazionalità o manifeste irregolarità".

La circostanza non è posta in dubbio nemmeno dall'appellante.

Qui si vuole solo aggiungere che il confronto con altri settori scientifici disciplinari (SSD) (matematica, chimica, biologia e la medesima informatica) non può trovare ingresso in questo giudizio perché presuppone l'accertamento, da parte del giudice, che le nomine effettuate in quei settori siano legittime. Ma tale accertamento non può essere compiuto all'interno di un procedimento da ricorso che non deve sindacare quelle procedure.

L'appellante afferma che i dati relativi a quelle nomine devono essere considerati "pacifici".

Ciò non equivale alla legittimità delle stesse.

Costituisce principio giurisprudenziale pacifico che: "Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento non può essere utilmente dedotto quando viene rivendicata l'applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell'operato dell'amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione" (C.d.S., VI, 30 dicembre 2019, n. 8893).

D. La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.