Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 18 maggio 2021, n. 3851

Presidente: Sabatino - Estensore: Ponte

FATTO

Con il primo degli appelli di cui in epigrafe la società OY SRG Finland impugnava la sentenza n. 8747 del 2019 del T.A.R. Lazio, di solo parziale accoglimento dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto dalla stessa società al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento prot. n. 0013007 del 16 gennaio 2018, con il quale l'A.G.C.M., accertato che talune condotte poste in essere dalla Società costituivano, rispettivamente, (i) pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 22 d.lgs. n. 206/2005 e (ii) violazione dell'art. 62 d.lgs. 205 cit., ha irrogato nei suoi confronti sanzioni amministrative per un importo totale di EUR 270.000,00.

All'esito del giudizio dinanzi al T.A.R., il ricorso veniva accolto in parte, con riferimento alla pratica sub ii).

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda parte appellante contestava il contenuto della sentenza e le relative argomentazioni, formulando quindi i seguenti motivi di appello:

- violazione e falsa applicazione della direttiva n. 2000/31/CE (artt. 14 e 15) sul commercio elettronico e del d.lgs. n. 70/2003 (artt. 16 e 17) in relazione alla contestazione di un pratica ingannevole ai sensi dell'art. 22 del codice del consumo, violazione di quest'ultima disposizione per mancanza dell'elemento soggettivo (punto 3 della motivazione in diritto della sentenza), conseguente violazione dell'art. 56 TFUE (in combinazione anche con l'art. 1 del codice del consumo e 3 della direttiva 2000/31/CE) per applicazione di misure ingiustificatamente restrittive della libera circolazione di servizi digitali, grave difetto di motivazione nella sentenza, travisamento dei presupposti di fatto, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta della sentenza e del provvedimento sanzionatorio;

- in subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del codice del consumo, in particolare sull'esistenza di una pratica commerciale (punti 3 e 4 della motivazione in diritto della sentenza), eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per illogicità, travisamento dei presupposti di fatto, carenza di istruttoria, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta, nonché violazione e falsa applicazione della direttiva n. 2005/29/CE (art. 7) e dell'art. 56 TFUE.

L'Autorità appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2021 la causa passava in decisione.

Con il secondo appello di cui in epigrafe l'Autorità impugnava la medesima sentenza, nella parte di accoglimento, contestando le argomentazioni del T.A.R. e riproponendo l'interpretazione delle norme vigenti in ordine al divieto generale di imporre costi di qualunque genere per l'uso di un determinato strumento di pagamento.

Si costituiva in giudizio la società appellata, chiedendo il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe, a fronte della evidente connessione soggettiva ed oggettiva fra gli stessi e del disposto di cui all'art. 96 c.p.a., trattandosi di gravami proposti avverso la medesima sentenza.

2. Nel merito, la presente controversia ha ad oggetto la sentenza con cui il T.A.R. ha in parte accolto l'originario gravame, proposto avverso gli atti relativi alle sanzioni irrogate per la duplice violazione riscontrata, dall'Autorità odierna appellante, in tema di cc.dd. pratiche commerciali scorrette.

2.1. Il relativo procedimento veniva avviato con la comunicazione, datata 30 maggio 2017, adottata a seguito di segnalazioni da parte di consumatori pervenute a partire dal mese di settembre 2015, in relazione alla possibile violazione degli artt. 20, 21, 22 e 62 d.lgs. 205 del 2006 (c.d. codice del consumo).

2.1.1. In particolare, in relazione alla prima condotta contestata, veniva ipotizzata l'omissione di informazioni in merito alla scontistica relativa all'offerta di hotel collegata al volo prescelto dal consumatore. In dettaglio, oggetto di contestazione era la circostanza che, all'esito della sola ricerca di un volo aereo, nella parte alta della schermata della pagina di prenotazione compariva la scritta "Fino al 50% di sconto su molti hotel prenotando questo volo. Completa l'acquisto e scegli la migliore offerta", senza indicazioni volte a circoscriverne la portata.

2.1.2. In relazione alla seconda condotta, oggetto di contestazione all'impresa era l'applicazione di un supplemento di prezzo in relazione alla tipologia di carta di pagamento utilizzata per l'acquisto di voli (credit card surcharge).

2.2. Nel corso dell'istruttoria, stante la diffusione delle presunte pratiche commerciali scorrette tramite internet, veniva richiesto ed ottenuto il parere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi dell'art. 27, comma 6, del predetto codice; al riguardo, l'A.G.C.O.M. riteneva il mezzo internet uno strumento idoneo a influenzare significativamente la realizzazione delle pratiche commerciali oggetto del procedimento.

2.3. All'esito del procedimento istruttorio, veniva adottato il provvedimento impugnato in prime cure, con cui l'Autorità deliberava che: la condotta sub a) costituiva una pratica commerciale scorretta a degli artt. 20, comma 2, e 22 del codice del consumo; la condotta sub b) costituiva una violazione dell'art. 62 del codice del consumo. Disponeva pertanto il divieto di ulteriore diffusione delle pratiche accertate ed irrogava alla società una sanzione pari a euro 100.000,00 per la pratica a) e euro 170.000,00 per quella sub b).

2.4. All'esito del giudizio di prime cure, respinte le censure dedotte avverso la decadenza dall'esercizio del potere nonché la prima condotta contestata, il T.A.R. accoglieva il ricorso nella parte relativa alla seconda condotta, annullando la sanzione irrogata in parte qua.

3. Con il primo dei due appelli di cui in epigrafe, la società originaria ricorrente contesta l'esito negativo del giudizio di prime cure in merito alla prima pratica contestata.

3.1. L'appello è fondato nei limitati termini già evidenziati dalla sezione nei precedenti richiamati (cfr. ad es. sentt. nn. 4359 del 2019 e 1217 del 2020).

In generale, le pratiche commerciali scorrette sono disciplinate dagli artt. 18-27 del codice del consumo.

3.2. La disciplina in esame si applica alle pratiche intercorse tra professionisti e consumatori, nonché a quelle tra professionisti e micro-imprese.

L'art. 20 ha previsto che una pratica è scorretta se ricorrono due condizioni: i) la sua contrarietà alla «diligenza professionale»; ii) la sua idoneità «a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge» (comma 1).

Il richiamo alla diligenza professionale deve essere definito alla luce del principio di buona fede, che ha rilevanza ai fini della stessa identificazione di una pratica scorretta. In particolare, l'art. 18, lett. h), definisce la «diligenza professionale» come «il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista».

Il codice ha indicato le circostanze generali che conducono a qualificare una pratica come scorretta, distinguendo quelle ingannevoli da quelle aggressive ed ha fornito una elencazione dettagliata delle condotte che sono «in ogni caso» scorrette.

3.3. Ai fini di quanto rileva in questa sede, l'art. 21 dispone che «è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

A tale definizione segue una elencazione esemplificativa di tipo casistico.

Il codice attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la competenza a sanzionare i comportamenti che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta (art. 27).

3.4. L'hosting provider è disciplinato dal d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, che ha dato attuazione alla direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico.

La nozione di «servizi della società dell'informazione» ricomprende i servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, mediante attrezzature elettroniche di trattamento e di memorizzazione ed a richiesta individuale di un destinatario dei servizi stessi (art. 2, lett. a, della suddetta direttiva).

Il provider è il soggetto che organizza l'offerta ai propri utenti dell'accesso alla rete internet e dei servizi connessi all'utilizzo di essa.

Si distinguono, ai sensi del decreto in esame, tre figure di soggetti che operano nel presente mercato, articolate in ragione della tipologia di prestazione resa a cui corrisponde una specifica forma di responsabilità: i) attività di semplice trasporto - mere conduit (art. 14); ii) attività di memorizzazione temporanea - caching (art. 15); iii) attività di memorizzazione di informazione - hosting (art. 16).

3.5. In relazione a tale ultima attività la giurisprudenza europea distingue due figure di hosting provider.

La prima figura è quella di hosting provider "passivo", il quale pone in essere un'attività di prestazione di servizi di ordine meramente tecnico e automatico, con la conseguenza che detti prestatori non conoscono né controllano le informazioni trasmesse o memorizzate dalle persone alle quali forniscono i loro servizi.

La seconda figura è quella di hosting provider "attivo", che si ha quando, tra l'altro, l'attività non è limitata a quanto sopra indicato ma ha ad oggetto anche i contenuti della prestazione resa (C.G.U.E., 7 agosto 2018, punti 47 e 48; si v. anche Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 2019, n. 7708).

3.6. La Sezione ha già evidenziato come non vi sia una oggettiva incompatibilità tra la figura del professionista, ai sensi della normativa sulle pratiche commerciale scorrette, e quella di hosting provider, ai sensi della normativa sul commercio elettronico.

Esse, però, devono essere coordinate nel senso che è possibile sanzionare le condotte che violano le regole della correttezza professionale ma non è consentito che mediante l'applicazione della disciplina sulle pratiche scorrette si impongano all'hosting provider prestazioni non previste dalla disciplina sul commercio elettronico e dallo specifico contratto concluso.

3.7. In termini di ulteriore approfondimento del ruolo degli internet providers, va evidenziato che nel vigente ordinamento, se per un verso viene riconosciuta l'importanza di questi soggetti sia dal punto di vista economico - essi intermediano la maggior parte delle attività imprenditoriali che hanno luogo in rete - sia dal punto di vista socio-culturale - essi permettono la circolazione e l'accesso all'informazione -, per altro verso da più parti si lamenta che gli illeciti telematici avvengano proprio in virtù dell'attività svolta dagli intermediari di internet, che devono dunque essere coinvolti nella responsabilità o almeno nelle operazioni di prevenzione e rimozione di tali illeciti.

3.8. In tale contesto, se si guarda al regime di responsabilità degli internet service providers, oggi in vigore nel nostro ordinamento, la scelta operata dal legislatore europeo e, conseguentemente, nazionale è stata quella di affiancare alle normative già esistenti - la disciplina generale sulla responsabilità da fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c. e, più in generale, le ordinarie regole della responsabilità civile - alcune norme speciali, ad alto contenuto tecnico, sulla responsabilità dei prestatori di servizi nella società dell'informazione.

Tali norme, secondo la prospettazione accolta anche dalla giurisprudenza civile (cfr. ad es. Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 2019, nn. 7708 e 7709), dettano il criterio di imputazione della responsabilità della colpa, che viene ad essere dotato di un contenuto di specificità, e, ad un tempo, conformato e graduato, ex lege, per così dire, ritagliato, a misura dell'attività professionale svolta dai prestatori dei servizi internet.

Secondo tale condiviso orientamento, va esclusa la responsabilità in caso di mancata manipolazione dei dati memorizzati; in tale contesto si valorizza la varietà di elementi idonei a delineare la peculiare figura dell'hosting attivo, comprendente attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti pubblicati dagli utenti, operate mediante una gestione imprenditoriale del servizio, come pure l'adozione di una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentarne la fidelizzazione.

Trattasi all'evidenza, anche dinanzi all'evoluzione tecnologica, di indici esemplificativi e che non debbono essere tutti compresenti. Ciò che rileva è che deve trattarsi, in ogni caso, di condotte che abbiano in sostanza l'effetto di completare ed arricchire in modo non passivo la fruizione dei contenuti da parte degli utenti, il cui accertamento in concreto non può che essere rimesso al giudice di merito.

3.9. Applicando le predette coordinate al caso in esame, va premesso che la società appellante opera come un'agenzia di viaggi online attraverso il sito www.gotogate.it, offrendo agli utenti di internet la possibilità di effettuare la ricerca ed il confronto di voli e servizi connessi, nonché di procedere all'acquisto dei medesimi.

3.9.1. Il sito opera come intermediario non verticalmente integrato, che facilita le transazioni tra compagnie aree e acquirenti dei voli e funziona tramite una piattaforma di e-commerce abilitata ad offrire anche servizi di interfaccia hosting (come la memorizzazione dati), utilizzati da terzi fornitori e partner commerciali per aprire e registrare un proprio spazio virtuale (microwebsite o account).

3.9.2. Nella fattispecie in esame, le parti del rapporto hanno contemplato, con riferimento agli aspetti che rilevano in questa sede, un hosting provider "passivo". L'Autorità ha ritenuto sussistente, nella sostanza, la responsabilità diretta, in tema di hosting providing "attivo", in relazione al claim concernente la possibilità di poter prenotare servizi alberghieri tramite la piattaforma con sconti anche del 50%. Tale claim, secondo il provvedimento impugnato, invitava alla possibilità di ottenere risparmi significativi quanto generici su hotel collegati al volo prescelto, esplicando un effetto "aggancio" tra i due servizi. In particolare, nella parte alta della schermata della pagina di prenotazione, era evidenziato che rivolgendosi al professionista si poteva ottenere "Fino al 50% di sconto su molti hotel prenotando questo volo. Completa l'acquisto e scegli la migliore offerta", omettendo qualsivoglia indicazione che consentisse al consumatore di comprendere i criteri di quantificazione del risparmio conseguibile.

3.9.3. Peraltro, dall'analisi della documentazione in atti emerge come il messaggio in esame fosse stato predisposto e pubblicato da un terzo professionista (Hotels.com), e che la relativa provenienza "terza" dello stesso fosse chiarita dalla evidente presenza del marchio del suddetto professionista terzo.

Si tratta, infatti, di elementi che, sulla scorta dell'istruttoria e della conseguente motivazione posti in essere dall'Autorità, non risultano essere nella disponibilità del venditore e che quindi l'hosting provider non è tenuto a verificare, nelle relative successive conseguenze che derivano dall'accesso a tale ulteriore finestra, senza mutare la stessa natura dell'attività imprenditoriale svolta ed il conseguente regime di responsabilità. Al riguardo, vanno altresì richiamati i punti nella sezione 1 dell'accordo tra i partner coinvolti, in particolare punti 1; 1.1; 1.2 e sezione 2 punti 2.1 e 2.6, i quali escludono un qualsiasi coinvolgimento diretto sui contenuti formali del messaggio oggetto della contestazione e la relativa promozione.

3.9.4. Ciò che appare carente, nell'istruttoria svolta dall'Autorità, è la dimostrazione della presenza di elementi nell'attività del professionista idonei a dimostrare una "conoscenza e controllo preventivo" dell'informazione contestata, ovvero il potere di "manipolazione" del contenuto memorizzato dai terzi intermediati.

Pertanto, se per un verso le prescrizioni che avrebbero potuto essere imposte alla società appellante, a garanzia delle parti deboli protette, attengono alle informazioni relative alla effettiva natura delle prestazioni rese e della relativa riferibilità, per un altro verso fa capo all'Autorità l'eventuale onere di un approfondimento istruttorio e, a valle, valutativo ulteriore, rispetto ai predetti elementi fondanti la invocata responsabilità, in termini di conoscenza preventiva e di effettiva possibilità di manipolazione del contenuto.

3.9.5. Nel caso di specie la invocata responsabilità si basa unicamente su elementi presuntivi, che si scontrano sia con l'assenza di elementi concernenti la stessa possibilità di incidenza diretta sia con le evidenziate pattuizioni fra le imprese coinvolte.

4. Con il secondo dei due appelli in epigrafe, l'Autorità appellante contesta gli esiti del giudizio di prime cure, nella parte in cui è stato accolto il gravame proposto in relazione alla seconda pratica commerciale scorretta.

4.1. Anche tale appello risulta fondato, sulla scorta dell'orientamento già evidenziato dalla sezione (cfr. ad es. sentenza n. 6232 del 2020).

4.2. La contestazione posta a base del provvedimento impugnato riguarda il fatto che, a fronte dell'offerta on line di un certo servizio ad un determinato prezzo, quest'ultimo, in corrispondenza di pagamenti effettuati con carte di credito diverse da quella prevista di default dal sistema (la c.d. carta "convenzionata"), subiva incrementi anche significativi.

4.3. All'esito dell'istruttoria, pertanto, la contestazione riguardava la circostanza per cui i prezzi mostrati per i servizi turistici sul sito del professionista aumentavano significativamente rispetto al prezzo collegato all'utilizzo della carta di credito impostata di default dal sistema.

La condotta contestata all'originaria ricorrente, infatti, non concerne la concessione di sconti in ragione dell'utilizzo di un determinato metodo di pagamento, ma la previsione di incrementi del prezzo del servizio offerto in corrispondenza di pagamenti effettuati con carte di credito diverse da quella prevista di default dal sistema (la c.d. carta "convenzionata"). Il meccanismo dello sconto prevede, infatti, che indicato un prezzo al consumatore, lo stesso subisca un abbattimento nel caso di utilizzo di un particolare metodo di pagamento. Il meccanismo elaborato, invece, dall'impresa odierna appellata in parte qua, prevedeva aumenti in ragione del "non utilizzo" del metodo di pagamento previsto di default dal sistema, corrispondente alla carta di credito meno diffusa tra i consumatori. In definitiva, la scelta dei metodi di pagamento largamente più diffusi tra i consumatori si traduceva sempre in una maggiorazione del prezzo.

4.4. Risulta, pertanto, corretto il richiamo all'art. 62, comma 1, del codice del consumo, che prevede che: "Ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, i professionisti non possono imporre ai consumatori, in relazione all'uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l'uso di detti strumenti, ovvero nei casi espressamente stabiliti, tariffe che superino quelle sostenute dal professionista". Mentre non può trovare applicazione il comma 3 dell'art. 3 del d.lgs. n. 11/2010, all'epoca vigente che consentiva che il prestatore dei servizi di pagamento potesse consentire al beneficiario di applicare al pagatore una riduzione del prezzo del bene venduto o del servizio prestato per l'utilizzo di un determinato strumento di pagamento compreso nell'ambito di applicazione del decreto stesso. Il meccanismo nei termini sopra descritti, infatti, conduceva sempre ad un incremento del prezzo nel caso di scelta di un mezzo di pagamento diverso da quello impostato dal sistema, che come detto corrispondeva a quello largamente meno diffuso tra i consumatori.

4.5. Infine, per ciò che concerne l'entità della sanzione, se in termini formali parte appellata non ha riproposto le originarie censure di prime cure nella necessaria via dettata dall'art. 101 c.p.a., in termini sostanziali il provvedimento impugnato risulta comunque immune dai vizi contestati.

4.5.1. Sul versante formale, come noto, nel processo amministrativo d'appello, ai sensi degli artt. 101 e 46 c.p.a., i motivi assorbiti possono essere riproposti incidentalmente con memoria depositata entro il termine di costituzione in giudizio (id est, sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del gravame). Ove ciò non avvenga, in armonia con le suindicate disposizioni e con il più generale principio processuale di cui all'art. 112 c.p.c. (di cui le norme prima citate costituiscono corollario applicativo), deve intendersi precluso al Collegio giudicante ogni esame delle dette doglianze (cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8180, e Sez. IV, 14 novembre 2018, n. 6416).

Nel caso di specie la sostanziale ripresa delle censure sulla entità della sanzione risulta formulata solo nella memoria conclusiva, depositata in data 27 aprile 2021, quindi ben oltre il predetto termine, stante la notifica dell'appello risalente al 29 ottobre 2019.

4.5.2. Sul versante sostanziale, peraltro, anche nel merito le censure avverso la quantificazione della sanzione non potrebbero essere accolte.

I criteri generali di cui fare applicazione in sede di commisurazione delle sanzioni pecuniarie nelle materie di cui al d.lgs. 206 del 2005 (tutela del consumatore) sono rinvenibili nell'ambito dell'art. 11 della l. 689 del 1981, per il quale, "nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche" (cfr. ex multis, C.d.S., Sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4799).

Nella fattispecie i detti parametri risultano essere stati correttamente utilizzati dall'Autorità per la quantificazione, tenendo conto del fatturato e del contesto societario, nonché della pervasività della condotta e della conseguente possibilità di raggiungere un gran numero di consumatori che effettuano compravendite on line di servizi (cfr. parte VI del provvedimento impugnato).

5. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli, riuniti ai sensi dell'art. 96 c.p.a., vanno accolti nei termini predetti e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto in parte qua il ricorso di primo grado, respinto per la restante parte.

Sussistono giusti motivi, a fronte della soccombenza reciproca, per compensare le spese del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione, li accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte qua il ricorso di primo grado e lo respinge nella restante parte.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Valensise e al. (curr.)

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