Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 1° luglio 2021, n. 5020

Presidente: Montedoro - Estensore: Mathà

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso allibrato al r.g. n. 283 del 2011 avanti al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, il sig. Giuliano B. censurava il provvedimento n. 43242 del 1° agosto 2011 e concernente la domanda edilizia in sanatoria 2011/576, con cui l'ufficio tutela del paesaggio della Provincia autonoma di Bolzano restituiva l'istanza sanatoria riguardante la p.m. 105, p.ed. 2010, C.C. Castelrotto, di sua proprietà.

1.1. Il ricorrente aveva ottenuto nel 2006 una concessione edilizia che permetteva la ristrutturazione di un appartamento facente parte del complesso "Eurotel" nel Comune di Castelrotto. In seguito a diversi provvedimenti e ricorsi, il sig. B. presentava distinti progetti di variante (in sanatoria).

1.2. Con il provvedimento impugnato nel giudizio di primo grado, l'ufficio provinciale tutela del paesaggio restituiva all'ente comunale il progetto, non ritenendolo conforme alla normativa.

1.3. Il Comune di Castelrotto interpellava una seconda volta l'ufficio provinciale ai sensi dell'art. 2, comma 2, del decreto del Presidente della Provincia 56/2007, chiedendo la trasmissione del progetto anche all'ufficio urbanistico provinciale per ottenere il parere anche di quest'ultimo. Con provvedimento dd. 23 dicembre 2011, prot. 713396, l'ufficio preposto alla tutela paesaggistica, confermando il parere negativo dell'ufficio urbanistico, riteneva infine non approvabile il progetto.

2. Con sentenza n. 329, depositata il 14 novembre 2012, il T.R.G.A. ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, non avendo il ricorrente impugnato il successivo provvedimento dell'ufficio urbanistica nord-est della Provincia n. 713396 dd. 23 dicembre 2011, aderendo alla tesi dell'amministrazione provinciale resistente.

3. Il ricorrente ha appellato la sentenza di primo grado. Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo il rigetto. Invece il Comune di Castelrotto, come già nel giudizio di primo grado, non si è costituito.

4. Con ordinanza collegiale del 24 aprile 2020, n. 2628, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo su istanza dell'appellante, disponendo anche la rimessione in termini ai sensi dell'art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020.

5. Alla pubblica udienza del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Nel merito, l'appellante ha articolato un unico motivo di impugnazione della sentenza di primo grado per sostenerne la sua erroneità (pagg. 6-8 dell'appello) e riproposto i motivi di impugnazione proposti con quest'ultimo (pagg. 9-13), perché valgano come altrettanti motivi di appello.

7. Per quanto riguarda, invece, le censure proposte avverso le argomentazioni adoperate dal Giudice di primo grado, dichiarando il ricorso improcedibile, esse sono palesemente infondate. Questo esonera il Collegio ad esaminare le doglianze riproposte sugli altri motivi anche in questo grado.

7.1. L'appellante critica, in estrema sintesi, che la sentenza impugnata sarebbe errata in quanto si limiterebbe ad una superficiale disamina della fattispecie, limitandosi a rilevare la mancata impugnazione dell'ultimo provvedimento ossia la nota prima citata che definisce il procedimento con una carente motivazione.

Il T.R.G.A. sarebbe incorso nell'errore, statuendo che il provvedimento non impugnato non avrebbe la natura di atto meramente confermativo, e non spiegando anche quali ulteriori motivazioni fossero presenti.

Ad avviso del ricorrente, il provvedimento non impugnato è:

a) emesso dal medesimo ente (Provincia);

b) sebbene da un differente ufficio.

Il contenuto sarebbe identico a quello del provvedimento impugnato.

Sostiene il ricorrente che il T.R.G.A. avrebbe anche sbagliato, non risultando necessario l'impugnazione di ogni singola determinazione, e tra l'altro, l'atto non impugnato non rappresenterebbe veramente l'ultimo atto a conclusione del procedimento, invocando la stessa massima del C.d.S. (Sez. V, n. 2817/2010) che fu prospettata dalla difesa provinciale nel ricorso in primo grado. In questo modo il Giudice di prime cure avrebbe errato, e quindi ai sensi dell'art. 360, comma 1, punti 3 e 5, c.p.c. si sarebbe in presenza di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

7.2. Le censure proposte non convincono però questo Collegio.

7.3. Il T.R.G.A. ha esaminato nella sentenza l'eccezione sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano, accertando il contenuto della normativa provinciale precedentemente richiamata (d.P.P. 56/2007) e che:

a) all'art. 1 (rectius: art. 2, comma 1) "I progetti trasmessi all'autorità provinciale per la tutela del paesaggio devono rispecchiare lo stato di fatto dei luoghi e rispondere alle prescrizioni del piano urbanistico, del vincolo paesaggistico e dei regolamenti edilizi comunali. In caso contrario l'atto è restituito al comune interessato privo di valutazione paesaggistica. In tal caso il sindaco non può rilasciare alcuna autorizzazione"; ed inoltre

b) all'art. 2 (rectius: art. 2, comma 2) "Qualora il Sindaco ripresenta il progetto, ritenuto conforme alle prescrizioni urbanistiche, lo stesso viene rimesso all'ufficio competente della Ripartizione provinciale Urbanistica. Ove l'ufficio confermi la difformità del progetto alle disposizioni urbanistiche, gli atti vengono definitivamente rinviati al Sindaco del comune interessato".

Successivamente, il Giudice di prima cure ha correttamente statuito che:

a) l'ufficio tutela del paesaggio con lettera dd. 8 dicembre 2011 aveva rimesso il progetto al competente ufficio urbanistica nord-est (che a sua volta, con nota dd. 7 dicembre 2011, rese parere negativo);

b) l'ufficio tutela del paesaggio con provvedimento dd. 23 dicembre 2011 ha ritenuto non approvabile il progetto, non essendo conforme alle norme vigenti.

La natura non meramente confermativa, ad opinione del T.R.G.A., sarebbe provata da ulteriori valutazioni (urbanistiche), espresse da altro ufficio (urbanistico questa volta), che precedentemente non erano state richieste e quindi mai entrate nella formazione della volontà della Provincia.

7.4. Indubbiamente l'ultimo atto che definisce il procedimento, correttamente seguito dagli uffici provinciali, seguendo la precisa normativa pocanzi riportata, è il provvedimento del 23 dicembre 2011, e non l'atto impugnato del 1° agosto 2011.

La normativa provinciale sul paesaggio prevede infatti che l'Amministrazione comunale possa insistere presso la medesima autorità paesaggistica su di un determinato progetto che sia stato valutato negativamente in punto urbanistica.

La determinazione che conclude il procedimento di mancata autorizzazione paesaggistica per il progetto del ricorrente sulla scorta di una valutazione urbanistica negativa formulata in via preliminare sin dalla nota qui impugnata dell'ufficio tutela del paesaggio del 1° agosto 2011 risulta di esito identico, ma a seguito di rinnovata ed approfondita istruttoria tramite la precisa ed ulteriore valutazione compiuta da un ufficio terzo, l'ufficio urbanistica nord-est.

7.5. La giurisprudenza di questo Consiglio, che ha deciso che "non è richiesta l'impugnazione dell'atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l'atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell'atto presupposto, né di altri soggetti; diversamente, quando l'atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell'atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l'atto finale, pena la improcedibilità del primo ricorso" (C.d.S., Sez. V, n. 2817/2010).

Essendo la funzione dei diversi uffici provinciali distinta, dovendosi esprimere l'uno su aspetti di natura urbanistica (quindi regolatore del ius aedificandi in generale), e l'altro sul tema specifico tema dell'impatto paesaggistico, non risulta nessuna conseguenza inevitabile essendo l'atto finale rimasto inoppugnato il frutto di una rinnovata istruttoria e di un'ulteriore valutazione del progetto sottoposto all'esame dell'amministrazione.

7.6. Vale qui il principio generale secondo cui l'impugnazione inizialmente proposta, avverso un atto endoprocedimentale, deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli, quale l'atto finale ai sensi dell'art. 2 del d.P.P. 56/2007, determina altrimenti l'inutilità dell'eventuale decisione di accoglimento del ricorso inizialmente proposto (cfr. C.d.S., Sez. V, 4241/2008; T.A.R. Lazio, Roma, 3366/2020).

Anche la recente giurisprudenza ha ribadito che "si può consentire alla non necessità di impugnazione dell'atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l'atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente. Diversamente, quando l'atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile, perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell'atto preparatorio non fa venire meno la necessità di procedere ad una corretta impugnazione dell'atto finale, pena la improcedibilità del ricorso" (T.A.R. Lazio, sez. I stralcio, n. 1/2021).

7.7. Per queste ragioni, in conclusione, l'appello dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'appellante alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, che si liquidano nella somma pari ad euro 3.000, oltre ad oneri di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.