Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 7 settembre 2021, n. 691
Presidente: Criscenti - Estensore: Scianna
FATTO E DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 26 settembre 2016 e depositato il 19 ottobre successivo, i signori C. Maddalena e Co. Fortunato impugnano l'ordinanza di sgombero n. 8 del 30 agosto 2016, emessa dal Responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Campo Calabro in data 29 agosto 2016 e notificata ai ricorrenti in data 1° settembre 2016.
2. Il gravato provvedimento è stato adottato dall'amministrazione intimata dopo un sopralluogo eseguito in data 11 agosto 2016 congiuntamente da personale comunale e dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di Campo Calabro, all'esito del quale è emerso che un lotto di terreno di proprietà comunale, censito al NCT al foglio 8 particelle 741 e 740, risultava occupato con le seguenti opere eseguite senza alcun titolo:
- manufatto adibito a pollaio, insistente sulla particella n. 740, costituito da una baracca in legname con le pareti rivestite con telo frangivento, con copertura in lamiere, avente le dimensioni di m. 2,10 x m. 6,55 ed altezza di circa m. 2, e perciò di mq. 14,00 e mc. 28,00. Sulla stessa particella insiste altresì un muretto alto mediamente 70 centimetri circa, con una rampetta, avente la lunghezza di circa ml. 26,00;
- due tratti di recinzione, che insistono pure sulla particella 740, il primo addossato al muro in cls di proprietà comunale di delimitazione della Via S. Angelo, costituito da una recinzione in rete metallica schermata da telo frangivento e paletti in ferro, della lunghezza di circa ml. 11,25, il secondo tratto, realizzato con materiali analoghi al precedente, è ancorato con ferri tubolari saldati al muro di delimitazione della strada comunale che dalla Via S. Angelo accede al Parco Verde ed alla struttura comunale denominata Polifunzionale, ed ha una lunghezza di circa ml. 30,70;
- recinzione in ferro e rete metallica di ml. 2,40 circa, posta sulla particella 740 a confine con una aiuola comunale;
- pavimentazione in segato di pietra naturale e malta cementizia, dello stesso tipo della zoccolatura del fabbricato, che insiste per circa mq. 25 sulla particella n. 741 e per circa mq. 50 sulla particella n. 740.
Le opere in questione sono state oggetto di sequestro preventivo e, accertato che i terreni su cui insistono sono di proprietà comunale, giusti atti di acquisto del 2005 (per la particella 740) e del 2010 (per la particella 741), è stata emessa l'ordinanza di sgombero impugnata con il mezzo di tutela all'esame.
3. Il ricorso è affidato alle seguenti censure:
3.1. Violazione di legge, eccesso di potere, in relazione all'esercizio del potere di autotutela amministrativa e agli artt. 822 e segg. del codice civile.
Sostiene in sintesi la difesa dei ricorrenti che i terreni per cui è causa appartengano al patrimonio disponibile dell'ente e che, in ragione di questa natura giuridica, illegittimamente l'amministrazione intimata avrebbe esercitato il potere di autotutela amministrativa, che può essere esperito in alternativa ai mezzi ordinari di difesa della proprietà e del possesso solo in relazione ai beni demaniali, o a quelli del patrimonio indisponibile.
3.2. Violazione di legge in relazione alla violazione dell'art. 7 e dell'art. 3 della legge 241 del 1990.
Si denunzia che, stante la ridetta natura di beni patrimoniali disponibili dei terreni interessati dall'ordinanza impugnata, l'amministrazione intimata avrebbe dovuto comunicare tempestivamente l'avvio del procedimento amministrativo volto all'emanazione del provvedimento in questione, consentendo così ai ricorrenti di tutelare la loro posizione giuridica.
Viene censurato inoltre il vizio di motivazione che affliggerebbe il provvedimento gravato, stante la mancata indicazione sia delle ragioni per le quali i terreni interessati dall'ordinanza di sgombero sarebbero da annoverare tra i beni demaniali o tra quelli del patrimonio indisponibile dell'ente locale, sia delle ragioni per le quali il Comune si sia determinato ad esercitare il potere di autotutela amministrativa, in luogo dell'attivazione dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso previsti dal codice civile.
4. In data 14 dicembre 2016 si è costituito con memoria il Comune di Campo Calabro che, preliminarmente, ha contestato l'inammissibilità del ricorso per inesistenza e/o nullità della procura alle liti, stante che la stessa, posta a margine del ricorso, fa riferimento ad un difensore diverso da colui che viene indicato nell'epigrafe dell'atto e che ha poi autenticato le firme dei ricorrenti e sottoscritto l'atto stesso.
Sotto un diverso profilo viene affermata l'inammissibilità del mezzo di tutela per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, atteso che parte ricorrente non si limita a denunziare vizi propri dell'atto impugnato, ma sostiene l'esistenza di un proprio diritto di proprietà sui beni oggetto dell'ordinanza di sgombero impugnata, contestandone l'appartenenza al demanio ed al patrimonio indisponibile dell'ente.
Nel merito la difesa dell'ente sottolinea la legittimità dei provvedimenti gravati, evidenziando che i terreni per cui è causa farebbero parte a pieno titolo del patrimonio demaniale e/o indisponibile del Comune di Campo Calabro, e che sono occupati illegittimamente dagli odierni ricorrenti.
5. In vista della discussione, in data 10 maggio 2021, parte ricorrente ha depositato documentazione e, con memoria del 17 maggio successivo, nell'insistere per l'accoglimento del ricorso ha evidenziato di aver depositato mandato confermativo, rilasciato sin dal 9 gennaio 2017, della procura già conferita a margine dell'atto introduttivo in cui era contenuto un evidente refuso.
Quanto all'eccepito difetto di giurisdizione, parte ricorrente evidenzia che analoga controversia pende dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria con il n. 585/2017 R.G.A.C., e di non opporsi pertanto ad una pronuncia in rito sul punto.
6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all'esito dell'udienza di smaltimento del 23 giugno 2021, senza discussione orale ai sensi ai sensi dell'art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176.
7. Reputa il Collegio che la questione di giurisdizione sollevata dalla difesa della resistente amministrazione debba essere scrutinata con precedenza sulla dedotta carenza del mandato difensivo del procuratore dei ricorrenti.
Ed invero, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato (cfr. Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4 e 25 febbraio 2014, n. 9), il combinato disposto degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione.
Ma anche a non voler considerare gli autorevoli arresti citati, va osservato, in linea generale, che una pronuncia anche di carattere solo processuale postula che il giudice che la rende sia munito di giurisdizione essendo illogico esigere il rispetto di regole processuali non pertinenti alla sede processuale e, per altro verso, con riferimento specifico alla vicenda all'esame, che poiché parte ricorrente ha evidenziato di aver provveduto ad impugnare il provvedimento in epigrafe anche con ricorso al Tribunale civile, in questo caso il meccanismo della tra[n]slatio judicii non potrà comunque operare, sicché è escluso in radice il rischio che il giudice ordinario si trovi a dover scrutinare la questione di nullità della procura conferita a margine dell'atto introduttivo del presente giudizio.
8. Ciò premesso, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Come è noto, l'appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende, non solo dall'esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad uso pubblico, ma anche dalla concreta utilizzazione dello stesso (Cass. civ., Sez. II, ord. 26 novembre 2020, n. 26990). In sostanza i beni indisponibili per destinazione, dunque non istituzionalmente appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, sono qualificati come tali in ragione di una specifica ed attuale destinazione alla pubblica utilità.
Nella vicenda all'esame, la resistente amministrazione ha chiarito che, con delibera di Consiglio comunale n. 19 del 3 giugno 2016 (All. n. 5 alla memoria di costituzione del Comune) le suddette particelle sono state stralciate dal Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni immobiliari 2016-2018, però non sono state chiarite né le ragioni dello stralcio in parola né, tanto meno, è stata evidenziata la destinazione che il Comune intende dare ai terreni per cui è causa.
Conseguentemente, poiché nel caso di specie manca la prova che il bene appartenga al demanio o al patrimonio indisponibile del Comune di Campo Calabro, ne consegue che l'Amministrazione non avrebbe potuto ricorrente ai poteri di autotutela amministrativa, contemplati dall'art. 823 del codice civile solo al fine di tutelare le citate categorie di beni pubblici.
L'ordinanza impugnata risulta dunque emessa in carenza assoluta di potere e va qualificata come atto nullo che non produce alcun effetto degradatorio delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione, pertanto poiché dalla esecuzione del provvedimento sono derivati effetti pregiudizievoli, gli stessi vanno considerati come violazioni di diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (v. C.d.S., n. 1331/2010; T.A.R. Sicilia, Palermo, n. 169/2016).
Sul punto costante giurisprudenza anche di questo Tribunale (sentenza 12 dicembre 2018, n. 730) dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi nella vicenda all'esame, ha evidenziato che "la controversia relativa a un ordine di sgombero di un locale di proprietà del Comune e facente parte del patrimonio disponibile dell'ente territoriale, appartiene alla giurisdizione del G.O., anziché a quella del giudice amministrativo, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l'Amministrazione agisce iure privatorum - al di fuori cioè dell'esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica (attribuitale, dall'art. 823 c.c., esclusivamente in relazione ai beni demaniali e a quelli patrimoniali indisponibili degli enti pubblici) - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell'assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene" (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 31 maggio 2021, n. 1794).
9. In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, appartenendo la questione sottesa al rapporto controverso al giudice ordinario.
10. Avuto riguardo al complessivo andamento della controversia, sussistono giuste ragioni per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Spese di lite integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.