Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 13 settembre 2021, n. 802

Presidente: De Nictolis - Estensore: Boscarino

FATTO E DIRITTO

1. Banca Sistema s.p.a., con ricorso in appello notificato il 15 e depositato il 21 luglio 2021, impugna la sentenza in epigrafe, con la quale il T.A.R. Sicilia ha dichiarato il difetto di giurisdizione a decidere il ricorso proposto dalla Banca avverso il decreto con cui l'Istituto Regionale del Vino e dell'Olio (di seguito "I.R.V.O.") ha ritirato in autotutela la certificazione del credito rilasciata, ai sensi degli artt. 9, commi 3-bis e 3-ter, d.l. n. 185/2008, 7 d.l. n. 35/2013 e 37 d.l. n. 66/2014, dallo stesso Istituto alla PRC Re Pubbliche s.r.l. e da quest'ultima ceduta alla ricorrente.

Il T.A.R. ha ritenuto che «dall'esame della disciplina contenuta negli artt. 9, comma 3-bis e 3-ter, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (conv., con modificazioni, in l. 28 gennaio 2009, n. 2), nell'art. 7 del d.l. 8 aprile 2013, n. 35 (convertito, con modificazioni, in l. 6 giugno 2013, n. 64), nonché, infine, nell'art. 37 del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 (conv. in l. n. 89/2014), si evince che il procedimento di accreditamento sulla piattaforma di certificazione dei crediti e di prestazione della garanzia dello Stato, è analiticamente e integralmente regolato dalla legge, mentre all'amministrazione non compete alcuna discrezionalità né amministrativa, né tecnica, bensì soltanto il compito di verificare la sussistenza dei requisiti prescritti per la certificazione. L'attività posta in essere dall'amministrazione nella fattispecie in esame non è di tipo autoritativo ma meramente ricognitiva e certificativa (non costitutiva) di un debito da parte dell'amministrazione medesima... Nel caso di specie l'I.R.V.O ha ravvisto la mancanza del presupposto necessario della certificazione del credito costituito dalla validità dell'obbligazione da cui lo stesso scaturisce ritenendo che, in presenza di contratti nulli, in quanto posti in essere in violazione delle norme di evidenza e di contabilità pubblica, il credito non avrebbe potuto essere certificato (cfr. sentenza n. 2943/2020 dell'1 ottobre 2020 del Tribunale civile di Palermo)».

Con il ricorso in appello si deduce l'erroneità della sentenza, avendo l'I.R.V.O., unilateralmente, adottato l'atto di "ritiro" della certificazione a suo tempo rilasciata, nel dichiarato esercizio del potere di autotutela.

La determina impugnata in primo grado sarebbe frutto del diverso apprezzamento di una stessa fattispecie in relazione al medesimo quadro regolamentare di riferimento.

La giurisdizione del giudice amministrativo a dirimere la controversia si ricaverebbe anche dalla circostanza che l'I.R.V.O. ha ritenuto viziati i contratti stipulati nel 2014 con la soc. Re Pubbliche - dai quali originano i crediti vantati - per violazione delle norme in materia di affidamento dei contratti pubblici, materia di competenza esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133 c.p.a.

2. Si è costituito in giudizio l'Istituto Regionale del Vino e dell'Olio che, con successiva memoria, eccepisce che l'adozione del provvedimento di certificazione - e, allo stesso modo, il suo ritiro - non sarebbe espressione di alcun potere amministrativo, trattandosi di attività ricognitiva, peraltro totalmente vincolata, nell'ambito di rapporti giuridici creditizi di natura non pubblicistica tra l'amministrazione e i soggetti privati.

3. Con note di udienza la Banca replica alle difese [del]l'I.R.V.O. deducendo che, mentre l'atto di rilascio della certificazione è il risultato di un'attività ricognitiva della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per concederla, l'atto del suo ritiro è espressione di un potere autoritativo.

Ne consegue che sulla legittimità del "ritiro" della certificazione per asserita mancanza dei presupposti per concederla, nell'ipotesi in cui fosse riconosciuto all'Amministrazione un potere di autotutela in tal senso, dovrebbe comunque pronunciarsi il giudice amministrativo.

4. Nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Il Collegio ritiene che l'appello sia fondato.

5.1. L'argomentazione del Giudice di prime cure, ripresa dall'Istituto appellato, secondo la quale la controversia non apparterrebbe alla giurisdizione del giudice amministrativo non essendo l'attività posta in essere dall'amministrazione di tipo autoritativo, non può essere condivisa: non ha, al riguardo, rilievo dirimente la circostanza che l'esercizio dello specifico potere certificativo di cui trattasi non presupponga alcuna valutazione discrezionale, poiché a fronte di attività vincolata ben può configurarsi una situazione di interesse legittimo (si pensi all'attività repressiva di abusi edilizi), dovendosi piuttosto aver riguardo alla natura e finalità del potere esercitato dall'amministrazione.

La giurisprudenza (C.d.S., Sez. III, 9 dicembre 2020, n. 7820) ha, al riguardo, affermato che si deve escludere che il carattere vincolato dell'attività svolta denoti ipso facto l'assenza, in capo alla P.A., di una posizione di supremazia, nonché la conseguente natura paritetica degli atti adottati dalla stessa P.A. nel rapporto con l'amministrato.

La circostanza che il potere amministrativo sia vincolato - e cioè che il suo esercizio sia predeterminato dalla legge nell'an e nel quomodo - non trasforma il potere medesimo in una categoria civilistica, assimilabile ad un diritto potestativo, ove l'Amministrazione eserciti una funzione di verifica, controllo, accertamento tecnico dei presupposti previsti dalla legge, quale soggetto incaricato della cura di interessi pubblici generali, esulanti dalla propria sfera patrimoniale: il potere vincolato, dunque, resta comunque espressione di "supremazia" o di "funzione", con il corollario che dalla sua natura vincolata derivano conseguenze non sul piano della giurisdizione, ma su quello delle tecniche di tutela (si pensi al potere del giudice in sede di giudizio sul silenzio di pronunciarsi, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a., sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio).

Del resto, che l'attività della P.A., per il solo fatto di essere vincolata, non cessi di essere attività autoritativa e di tradursi in atti aventi natura non già paritetica, bensì provvedimentale, sottoposti alla giurisdizione del G.A., emerge con chiarezza da molteplici istituti del diritto amministrativo. A mero titolo esemplificativo, si indicano i seguenti casi:

a) la materia edilizia, connotata per larga parte dall'esercizio di attività vincolata che, non per questo, cessa di essere attività autoritativa, espressione di potestà pubblicistiche. La devoluzione della materia dell'edilizia alla giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a. si spiega, del resto, proprio in ragione del carattere autoritativo e pubblicistico dei poteri esercitati dall'Amministrazione nella materia in esame, in coerenza con l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., n. 204/2004 e n. 191/2006);

b) il potere del G.A., in sede di giudizio sul silenzio, di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, esercitabile, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a., quando si tratti di atti vincolati, ovvero non residuino ulteriori margini di discrezionalità in capo alla P.A.: ciò, tenuto conto che il rimedio del rito del silenzio si applica in via esclusiva all'attività provvedimentale della P.A. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 1° luglio 2020, n. 4204; Sez. IV, 2 settembre 2019, n. 6048), essendo invece escluso tale rimedio quando si tratti di pretese fondate sull'esercizio di diritti soggettivi, ovvero per ottenere l'adempimento di obblighi convenzionali o, addirittura, la stipula di accordi contrattuali (C.d.S., Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 402);

c) in terzo luogo, il dettato dell'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990, lì dove inibisce al giudice amministrativo l'annullamento dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, "per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

5.2. Muovendo da tali, condivisibili, presupposti, se ne deve concludere che l'individuazione del giudice munito di giurisdizione sia, anche nel caso in questione, ancorata all'ordinario criterio della causa petendi, ovverosia della posizione giuridica soggettiva per la quale viene attivata la tutela giurisdizionale, il che impone la determinazione della natura dell'atto adottato dall'amministrazione, sussistendo la giurisdizione del G.A. laddove si tratti di un atto di esercizio di poteri autoritativi funzionale al perseguimento dell'interesse pubblico.

Ebbene, ad avviso del Collegio, il potere certificativo in questione ha natura pubblicistica essendo espletato dall'amministrazione in virtù della posizione di "supremazia" che la stessa riveste nell'ordinamento quale soggetto istituzionalmente preposto alla tutela di interessi pubblicistici.

L'attribuzione alla cognizione del giudice amministrativo della legittimità del rilascio della certificazione in questione, e dello speculare provvedimento di ritiro in autotutela, deriva dalla natura di atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, emesso nell'esercizio di poteri autoritativi e che non si esaurisce in una mera operazione contabile che culmina nella certificazione del credito, essendo, invece, dal punto di vista logico e semantico, espressione di un motivato giudizio critico.

Non si tratta di attività meramente ricognitiva di documentazione, di una manifestazione di scienza e conoscenza i cui presupposti, contenuti ed effetti siano integralmente predeterminati dalla legge, poiché sottesi all'emissione del provvedimento in questione sono i poteri di verifica dell'esistenza e regolarità dell'obbligazione, del mancato intervento di cause di estinzione del debito, di modo che la corrispondente posizione dei privati interessati non risulta essere di diritto, in quanto nell'esercizio di tale potestà amministrativa di carattere autoritativo l'amministrazione non agisce iure privatorum, e correlativamente, il privato non è titolare di un diritto soggettivo.

La finalizzazione al soddisfacimento di un interesse pubblico e la procedimentalizzazione dell'attività certificatoria per come delineata da una disciplina di carattere pubblicistico posta a suo fondamento caratterizza in chiave autoritativo-provvedimentale l'attività amministrativa in questione, con ogni conseguenza sul criterio del riparto di giurisdizione.

6. In definitiva, l'appello è fondato e da accogliere, con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, va disposta la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.

7. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, stante la complessità e novità della questione di giurisdizione esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla la sentenza impugnata con rinvio della causa al primo giudice.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.