Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 20 settembre 2021, n. 807

Presidente: Taormina - Estensore: Ardizzone

FATTO

1. Gli originari ricorrenti, avv.ti Antonio P. e Simona P., con istanza del 30 maggio 2018, indirizzata all'Assessorato regionale agricoltura sviluppo rurale e pesca mediterranea, hanno chiesto la revoca dell'esercizio provvisorio dell'attività di impresa del Consorzio agrario interprovinciale di Catania e Messina, nonché la revoca del commissario liquidatore pro tempore;

- premettevano di essere creditori nei confronti del citato Consorzio e che il commissario liquidatore avesse reiteratamente violato la par condicio creditorum.

Pertanto adivano il T.a.r. per la Sicilia, sez. staccata di Catania, chiedendo l'accertamento dell'illegittimità del silenzio della P.A.

Il T.a.r. con sentenza n. 2467/2019 ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte inammissibile per difetto dei presupposti per l'esercizio dell'azione avverso il silenzio.

2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, in riforma della citata sentenza citata di primo grado, con la sentenza n. 323/2020, ritenuta propria la giurisdizione, ha affermato l'illegittimità del silenzio inadempimento e ordinato all'Autorità di vigilanza di provvedere in ordine alla diffida del 30 maggio 2018 nel termine di giorni 60 dalla relativa comunicazione.

3. Il Consorzio agrario interprovinciale Catania-Messina (d'ora in poi solo consorzio), avverso tale sentenza del Giudice di appello, ha proposto ricorso per revocazione, che riguarda il capo di sentenza relativa all'accoglimento dell'appello nella parte in cui afferma la illegittimità del silenzio inadempimento e ordina all'Autorità di vigilanza di provvedere.

Il ricorrente, infatti, con particolare riferimento all'incidentale domanda cautelare, respinta con ordinanza di questo Consiglio n. 669 del 17 settembre 2020, aveva evidenziato di avere depositato un parallelo ricorso per Cassazione per motivi attinenti la giurisdizione.

3.1. Il ricorso per revocazione è fondato sulle seguenti doglianze:

a) «errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio; assunzione della decisione sulla base di un inesistente presupposto fattuale; assenza di prova documentale»;

b) «immediata rilevabilità dell'elemento di fatto mancante e relativo ad un punto non controverso; contraddittorietà della motivazione»;

c) «situazione di fatto non rappresentata in giudizio ed erroneamente percepita come idonea a costituire elemento decisivo della decisione oggetto della domanda di revocazione; esistenza del rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia impugnata».

Il Consorzio, ricorrente per revocazione, sostiene che la sentenza sia errata poiché il Giudice di prime cure ha accertato la violazione di legge applicando l'art. 9 della l. n. 99/2009 che prevede la revoca del commissario liquidatore che non assicura la conclusione della procedura di liquidazione coatta entro il termine prestabilito. Sostiene che gli originari ricorrenti non avevano sollecitata una revoca sanzionatoria: la causa petendi, cioè l'effettiva posizione giuridica, sarebbe stata il diritto di credito di euro 350.000,00 da loro vantato nei confronti del medesimo Consorzio. L'obbligo giuridico di provvedere è stato prospettato in ricorso ex art. 117 c.p.a., al fine di ottenere il pagamento del vantato credito, «giammai per inquadrare una sorta di vincolo dell'azione dell'Autorità di vigilanza nei confronti del Commissario liquidatore». Ritiene, altresì, che «contravvenendo al principio del tantum devolutum quantum appellatum, la valutazione nuova compiuta dal Cga per cui la procedura di l.c.a. del Cai Catania-Messina è retta dalla legge n. 99/2009 è stato l'elemento determinante della decisione assunta - ed oggi sottoposta a richiesta di revocazione - essendo evidente che solo in base ai contenuti di detta norma ex art. 9 cit. legge è stato trovato il modo di costruire un vincolo di revoca neppure ipotizzato in primo grado dagli avv.ti P.». Il Giudice di appello, in fase di disamina del fascicolo di causa, avrebbe dovuto dare prova di avere riscontrato le irregolarità costituenti il presupposto per l'applicazione dell'art. 9 della l. n. 99/2009. Avrebbe avuto l'obbligo, altresì, di indicare esattamente i dati della persistente inattività riscontrati, mentre le irregolarità rimangono solamente ipotizzate. Il Giudice di appello sarebbe approdato alla sua determinazione «attraverso una errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio».

4. Con memoria del 7 agosto 2020 e dell'11 settembre 2020, gli avv. ti Antonio P. e Simona P., si sono costituiti per resistere alle domande articolate con il ricorso per revocazione.

5. La Regione Siciliana, già costituita con atto dell'8 agosto 2020, con successiva memoria del 12 settembre 2020, in adesione a quanto esposto dal Consorzio ha sostenuto che la sentenza impugnata è suscettibile di revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., nella parte in cui il Giudice ha ritenuto di applicare l'istituto della "revoca sanzionatoria" dell'esercizio provvisorio dell'impresa e dell'incarico del commissario liquidatore, sulla base del "persistere dell'inattività" e delle "ipotizzate irregolarità" commesse da quest'ultimo. La decisione adottata dal CGA si fonda sull'asserita esistenza di una persistente inattività degli organi di liquidazione coatta amministrativa e di ipotizzate irregolarità poste in essere dal commissario liquidatore, entram[b]i elementi che, tuttavia, non risultano in modo certo da alcuno dei documenti e degli atti di causa.

Chiede la sospensione del processo, ai sensi dell'art. 295, atteso che il Consorzio ha proposto, in data 24 luglio 2020, ricorso per Cassazione per motivi attinenti la giurisdizione ex art. 360, comma 1, c.p.c. e 110 c.p.a.

6. In data 6 luglio 2021 alle ore 16,29, il ricorrente Consorzio ha depositato note di udienza ai sensi del d.l. 28/2020 e d.l. 137/2020, che il Collegio non prenderà in considerazione perché tardive, in quanto depositate oltre le ore 12 antimeridiane dell'ultimo giorno utile.

7. All'udienza del 7 luglio 2021, svoltasi con collegamento da remoto, ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Il ricorso è inammissibile, come già peraltro colto in sede cautelare con l'ordinanza n. 669 del 16 settembre 2020.

8.1. Il Collegio, in via preliminare, rileva che il Consorzio, con il presente ricorso per revocazione, ha dedotto di avere proposto un parallelo ricorso per Cassazione e per tale motivo ha chiesto la sospensione del presente giudizio «in attesa degli esiti di detto procedimento incoato per motivi attinenti alla giurisdizione». Tale richiesta, è stata già respinta in sede cautelare con argomentate motivazioni, alle quali il ricorrente non ha inteso controdedurre nel presente giudizio di merito. Il Collegio, in più, osserva che, per costante giurisprudenza, alla luce della formulazione del comma 4 dell'art. 398 c.p.c., sussiste una completa autonomia tra il giudizio di revocazione e quello per cassazione, a maggiore ragione nel caso di specie, la cui relativa impugnazione riguarda distinti capi di sentenza, diversamente opinando l'automatica sospensione si tradurrebbe in un inutile intralcio all'esercizio della giurisdizione.

8.2. Ciò premesso, la giurisprudenza amministrativa, a cui aderisce questo Consiglio, ha individuato i presupposti per individuare l'errore di fatto "revocatorio" distinguendolo dall'errore di diritto che, come tale, non dà luogo ad esito positivo della fase rescindente del giudizio di revocazione (ex multis, tra le pronunce più recenti del Consiglio di Stato, IV, 29 ottobre 2020, n. 6621; 11 maggio 2020, n. 2952; 27 marzo 2019, n. 2024; 6 dicembre 2018, n. 6914; 7 novembre 2018, n. 6280; 5 novembre 2018, n. 624; 4 gennaio 2018, n. 35; 2 novembre 2016, n. 4586; 28 giugno 2016, n. 2883; 17 febbraio 2015, n. 961; 8 gennaio 2013, n. 4).

Risulta acclarato che l'istituto della revocazione è un rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio, per cui, come d'altra parte sancito dalla stessa lettera dell'art. 395, quarto comma, c.p.c., non sussiste il vizio revocatorio se la dedotta erronea percezione degli atti di causa - che si sostanzia nella supposizione dell'esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell'inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita - ha costituito un punto controverso e, comunque, ha formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia è il frutto dell'apprezzamento, della valutazione e dell'interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice.

Pertanto, sono vizi logici e quindi errori di diritto quelli consistenti nella dedotta erronea interpretazione e valutazione dei fatti o nel mancato approfondimento di una circostanza risolutiva ai fini della decisione (C.d.S., III, 3 maggio 2021, n. 3471; IV, 26 febbraio 2021, n. 1644).

L'errore di fatto, idoneo a legittimare la domanda di revocazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo (quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale), ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento, di apprezzamento, di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del suo convincimento, che può prefigurare esclusivamente un errore di giudizio (ex multis C.d.S., V, 28 gennaio 2021, n. 836; V, 9 aprile 2020, n. 2342; IV, 14 aprile 2020, n. 2438; III, 3 giugno 2020, n. 3470; V, 19 febbraio 2019, 1144; V, 7 aprile 2017, n. 1640).

Il ricorso per revocazione non può infatti essere utilizzato in modo improprio al solo scopo di censurare un risultato interpretativo del giudice di appello, reso all'esito di un ragionamento logico e di un percorso motivazionale immune da "sviste revocatorie" e da ogni "abbaglio dei sensi", in modo da provocare un'inammissibile rivalutazione della res controversa (cfr. C.d.S., V, 19 ottobre 2020, n. 6311).

In coerenza con le superiori premesse, quindi, è da respingere la censura alla sentenza n. 323/2020, fondata sul presupposto che il Giudice di appello avrebbe adottato la sua decisione applicando la disciplina di cui all'art. 9 della l. n. 99 del 23 luglio 2009, sulla base dell'asserita esistenza di una persistente inattività degli organi di liquidazione coatta amministrativa e di ipotizzate irregolarità poste in essere dal commissario liquidatore.

Secondo il Consorzio gli originari ricorrenti non avrebbero sollecitato una «revoca sanzionatoria», bensì il loro diritto di credito, che sarebbe l'effettiva posizione giuridica dedotta in causa.

Su questo punto, che rappresenta il nucleo centrale del motivo su cui si fonda il ricorso per revocazione, il Collegio osserva che la situazione giuridica vantata dagli originari ricorrenti risulta abbastanza chiara dall'esame degli atti del giudizio.

I ricorrenti, con il ricorso di primo grado, hanno adito il T.a.r. «per l'accertamento del silenzio serbato dall'Amministrazione resistente e, conseguentemente, dell'obbligo della stessa di adottare gli atti e i provvedimenti di propria competenza al fine di provvedere definitivamente in merito alle istanze presentate dagli avvocati P., da ultimo reiterate con diffida datata 30.05.2018, con la quale i ricorrenti hanno chiesto la revoca dell'esercizio provvisorio dell'attività di impresa del Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina, nonché dell'incarico al commissario liquidatore pro tempore. [...] A fronte di tali illegittimità (come detto, produttive di danni nei confronti dei creditori e, in particolar modo, degli odierni esponenti) i ricorrenti hanno più volte sollecitato la Regione a intervenire - in assolvimento dei propri obblighi ordinariamente connessi all'esercizio delle funzioni di vigilanza - per ordinare la predisposizione e il deposito di un piano di riparto; per revocare l'illegittima protrazione del (non autorizzato) rovinoso regime di esercizio provvisorio; per revocare e sostituire il commissario liquidatore». La pretesa giuridica fatta valere nel presente giudizio risulta, quindi, di solare evidenza: 1) revoca dell'esercizio provvisorio dell'attività di impresa del Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina; 2) revoca dell'incarico al commissario liquidatore pro tempore.

Né ha pregio la doglianza che il Giudice di appello avrebbe statuito «l'obbligo dell'Autorità di vigilanza competente a provvedere sulle istanze presentate [...] con la diffida del 30 maggio 2018 e cioè, sostanzialmente, sulla richiesta di revoca dell'esercizio provvisorio dell'attività di impresa autorizzato nel lontano 1987 e sulla revoca del commissario liquidatore per le ipotizzate irregolarità da questi compiute», applicando la disciplina dell'art. 9 della l. n. 99/2009, senza che i ricorrenti, nei loro atti, ne invocassero l'applicazione. È pacifico in giurisprudenza che «nel processo amministrativo, il ricorrente è onerato esclusivamente della specifica formulazione dei motivi di impugnazione, con riguardo ai principi di diritto che si ritengono disattesi, ma non dell'esatta indicazione delle norme violate o applicabili alla fattispecie concreta, essendo in definitiva, rimesso al giudice tale apprezzamento tecnico» (C.d.S., III, 13 aprile 2017, n. 1755).

Non sussiste alcuna norma di legge che prevede l'onere a carico del ricorrente che chiede la revoca del commissario per inadempienze ad indicare specificamente la disciplina di riferimento. Nel caso di specie, peraltro, il Consorzio più che denunciare specifici errori di natura fattuale, sembra teso a contestare le valutazioni logico-giuridiche espresse dal Giudice di appello, motivo più che sufficiente, in coerenza con la giurisprudenza in premessa richiamata, per ritenere inammissibile il presente ricorso per revocazione.

9. L'assenza di un errore di fatto revocatorio e le contestazioni al percorso logico-giuridico del Giudice di appello, determinano l'inammissibilità del ricorso proposto: altrimenti argomentando si determinerebbe l'apertura di un'inammissibile ulteriore grado di giudizio.

10. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione in epigrafe indicato (R.G. n. 676/2020).

Condanna il ricorrente Consorzio al pagamento delle spese del presente giudizio in favore degli avv.ti Antonio P. e Simona P. che liquida, in via solidale attiva, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori IVA, CPA e altri oneri accessori di legge, mentre le compensa con riferimento alla Regione Siciliana.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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