Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione II
Sentenza 14 settembre 2021, n. 1960

Presidente: Durante - Estensore: Nobile

FATTO

1. Con il ricorso r.g. 201801710, notificato ai soggetti in epigrafe a mezzo del servizio postale e tempestivamente depositato il 12 novembre 2018, le ricorrenti hanno adito questo Tribunale, al fine di ottenere l'annullamento:

- del decreto n. 620 del 16 aprile 2018, successivamente conosciuto, con il quale il Presidente della Repubblica ha accolto il ricorso straordinario proposto dal controinteressato avverso e per l'annullamento del permesso a costruire n. 17/2014 rilasciato dal Comune di San Giovanni a Piro (Sa);

- del parere n. 00483 espresso dal Consiglio di Stato, Sez. I, nell'adunanza del 5 aprile 2017 (numero 02269/2017 e data 31 ottobre 2017 spedizione);

- della relazione istruttoria prot. n. 1027 del 31 gennaio 2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di contenuto ignoto;

- di ogni ulteriore atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi delle ricorrenti.

2. In particolare, le ricorrenti hanno rappresentato quanto segue:

- in data 16 luglio 2018 è pervenuta alle medesime - comproprietarie dell'immobile per cui è controversia - la nota prot. n. 5810 dell'11 giugno 2018 con la quale il Comune ha comunicato ai sensi dell'art. 7 della l. n. 241/1990 l'avvio del procedimento di emissione di ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi;

- dalla lettura della comunicazione, si è appreso che la preannunziata misura ripristinatoria trae origine dall'annullamento del permesso a costruire n. 17 dell'11 dicembre 2014 rilasciato alla precedente proprietaria per la realizzazione, sull'immobile di proprietà, di un intervento di manutenzione straordinaria;

- detto immobile, con atto notarile del 16 febbraio 2015, registrato in Napoli in data 23 febbraio 2015, era stato ceduto alle odierne ricorrenti;

- contestualmente, si è inoltre appreso che l'annullamento è stato disposto con decreto del 16 aprile 2018 recante accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal controinteressato, proprietario frontista, avverso il citato titolo edilizio;

- il ricorso straordinario risulta proposto il 25 gennaio 2016, allorquando era già intervenuto il trasferimento della titolarità dell'immobile in favore delle odierne ricorrenti, alle quali tuttavia il ricorso straordinario, nella veste di controinteressate, non è stato notificato;

- l'unica ragione di doglianza formulata dal controinteressato ha riguardato il presunto contrasto dell'attività edilizia, a suo tempo regolarmente assentita, con le disposizioni dell'art. 113, comma 1, lett. a), ed art. 115, comma 1, dell'allora vigente regolamento edilizio comunale, atteso che nella specie si sarebbe dato luogo ad un aumento delle volumetrie delle preesistenti superfici utili mediante una modifica della copertura dell'edificio;

- il decreto presidenziale di accoglimento del ricorso con conseguente caducazione del permesso a costruire risulta corredato della seguente motivazione: "dalla documentazione in atti e, in particolare, dalla relazione sulla fattibilità urbanistica redatta su incarico del ricorrente e dell'allegata documentazione fotografica si evince che l'intervento oggetto del ricorso risulta in contrasto con gli artt. 113 e 115 del regolamento edilizio vigente all'epoca del rilascio del permesso di costruire e con l'art. 4, comma 1, della l.r. n. 15/2000, ove si specifica che "il recupero di un sottotetto non deve comportare la modifica dell'altezza di colmo e di gronda, né l'inclinazione delle falde", mentre dalla documentazione in atti, si evince l'innalzamento della parete esterna dell'edificio di circa 50 cm.".

3. Contro i suddetti atti insorgevano le epigrafate ricorrenti, evidenziando la piena illegittimità degli stessi, per i motivi di seguito sinteticamente esposti e come meglio articolati nel ricorso.

3.1. Violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione del Regolamento edilizio comunale - Violazione e falsa applicazione l.r. n. 15/2000 - Violazione e falsa applicazione l. n. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria - Erroneità dei presupposti - Illogicità manifesta - Sviamento.

Con il primo motivo di ricorso, si eccepisce il difetto di istruttoria dell'atto impugnato, rilevando che, nel corso del procedimento in sede straordinaria, il Ministero procedente aveva reiteratamente chiesto al Comune di S. Giovanni a Piro di trasmettere relazione sui fatti di causa e sui motivi di ricorso. In esito al comportamento omissivo del Comune, la decisione finale è stata assunta, per espressa annotazione dell'estensore, in assenza di tale relazione. Si eccepisce quindi la contraddittorietà del comportamento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nella misura in cui, pur avendo rilevato la impossibilità di relazionare compiutamente al Consiglio di Stato ai fini del previsto parere, abbia poi proposto di accogliere il ricorso in sede straordinaria. La decisione che ne è scaturita è, quindi, il mero frutto della rappresentazione dei fatti proposta dal controinteressato, il quale, a sua volta, non aveva alcuna conoscenza dell'avversato titolo edilizio (all'epoca del ricorso, non ancora osteso dal Comune). Peraltro, l'unica ragione di doglianza ha riguardato il sottotetto, laddove il permesso di costruire aveva ad oggetto lavori di manutenzione straordinaria sull'intero edificio.

3.2. Violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione del Regolamento edilizio comunale - Violazione e falsa applicazione l.r. n. 15/2000 - Violazione e falsa applicazione l. n. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria - Erroneità dei presupposti - Illogicità manifesta - Sviamento.

Si eccepisce, nel merito, l'infondatezza delle argomentazioni che hanno condotto all'annullamento del permesso di costruire.

Ad avviso di parte ricorrente, i lavori di che trattasi, erano (all'epoca del rilascio del titolo) assentibili sulla base:

- dell'art. 113 del r.e.c., che all'interno del centro abitato consente interventi manutentivi (oltre che di restauro e ristrutturazione) senza incremento di superficie;

- dell'art. 115, comma 2, r.e.c., che, a fini volumetrici, esclude dal relativo computo i sottotetti, sempreché siano compresi entro le falde del tetto e i relativi locali non siano abitabili e rispettino i limiti di cui al comma 1 del medesimo articolo (l'altezza massima interna del sottotetto alla gronda sia inferiore a m. 1,40 e al colmo inferiore a m.l. 2,70 e l'altezza media interna di ogni falda sia inferiore a m.l. 2,20);

- dall'art. 4 del r.e.c., che, nel definire la superficie utile lorda degli edifici, esclude dal computo i sottotetti non abitabili e rispettosi dei limiti fissati dall'art. 115 r.e.c.

Nel caso in esame - affermano le ricorrenti - trattasi di sottotetto non abitabile, coerente con le limitazioni stabilite dagli articoli del regolamento edilizio in precedenza descritti, talché, non avendo rilevanza volumetrica, i lavori possono essere assentiti ex art. 113 r.e.c. ratione temporis vigente.

Ulteriormente, sarebbe inconferente la presunta violazione della legge regionale Campania n. 15/2000, ove si consideri che tale normativa, regolando unicamente i sottotetti con finalità abitative, è inapplicabile. Ad abundantiam - osserva parte ricorrente - il progetto assentito con il permesso di costruire in questione prevede l'eliminazione del vano wc in precedenza ivi allocato, comportando quindi, in definitiva, una riduzione di volumetria.

3.3. Violazione art. 89 Costituzione - Violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001 - Violazione e falsa applicazione del Regolamento edilizio comunale - Violazione e falsa applicazione l.r. n. 15/2000 - Violazione e falsa applicazione l. n. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria - Erroneità dei presupposti - Illogicità manifesta - Sviamento.

Si eccepisce l'illegittimità del decreto presidenziale in quanto non controfirmato dal Ministro proponente, in violazione dell'art. 89 della Costituzione, argomentando anche sulla base delle motivazioni addotte dalla sentenza di questo Tribunale n. 1349/2013.

4. In data 14 novembre 2018 si costituiva in giudizio l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, nell'interesse della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per resistere ai motivi di ricorso.

5. Successivamente, in data 11 dicembre 2019, si costituiva in giudizio il controinteressato, parimenti per avversare le ragioni del ricorso.

6. Seguiva la presentazione di ampia produzione documentale a cura delle parti costituite (con particolare riguardo alle perizie tecniche) e, quindi, lo scambio di articolate memorie difensive.

6.1. In particolare, l'Avvocatura erariale, con memoria depositata il 21 maggio 2021, deduceva quanto segue:

- il ricorso è inammissibile, potendo al più essere esperito il rimedio della revocazione;

- in ogni caso, sussiste il difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni statali rappresentate, atteso che l'atto conclusivo della procedura (decreto del Presidente della Repubblica adottato su proposta del Ministro competente) si fonda, nell'attuale versione della normativa (art. 14, comma 1, d.P.R. n. 1199/1971, novellato a seguito della l. n. 69/2009) sul parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, talché l'atto presidenziale non può più essere sussunto nell'alveo degli atti sostanzialmente governativi;

- nel merito, il ricorso è infondato nei riguardi delle Amministrazioni statali intimate, in quanto il Ministero si è conformato al parere vincolante reso dall'Organo giurisdizionale (il Consiglio di Stato) e, nell'ambito del procedimento, ha curato l'istruttoria, come previsto dalla normativa di riferimento, interloquendo con il Comune interessato, il quale non ha mai fornito riscontro alle richieste reiterate dall'Amministrazione.

6.2. La difesa del controinteressato osservava ex adverso, con memoria depositata il 21 maggio 2021:

- quanto al primo motivo di ricorso, non sussiste alcun difetto di istruttoria. Il Consiglio di Stato, nel parere reso sulla vicenda, ha fondato il proprio convincimento sui supporti, anche fotografici, prodotti dal ricorrente ed ha riconosciuto la patente violazione degli artt. 113 e 115 del regolamento edilizio, oltre che dell'art. 4, comma 1, della l.r. Campania n. 15/2000. A fronte dell'evidente violazione, non residuava alcuna necessità di approfondimento istruttorio da parte del Ministero procedente;

- quanto al secondo motivo di ricorso, sono prive di fondamento le argomentazioni tendenti a sostenere la piena compatibilità dell'intervento assentito con gli artt. 113 e 115 del r.e.c., ove si consideri che: 1) nel caso in esame, si è in presenza di un intervento di "modifica" della copertura dell'edificio. Infatti, facendo riferimento alla ringhiera del balcone dell'edificio adiacente, si nota che è stata modificata l'altezza della spalletta esterna di ca. 50 cm.; non siamo al cospetto, dunque, di un intervento sul lastrico, né di un intervento di rifacimento del tetto esistente, per cui va esclusa la compatibilità con le premesse di cui al comma 1 dell'art. 115 r.e.c., come dimostrato nella perizia di parte depositata il 13 maggio 2021; 2) la l.r. n. 15/2000 proibisce, nell'intervento di recupero dei sottotetti, di modificare l'altezza al colmo ed alla gronda, ovvero l'inclinazione della falda. L'intervento contrasta pertanto, in modo frontale, con la citata disposizione regionale.

6.3. La difesa delle ricorrenti, con memoria depositata il 31 maggio 2021, replicava deducendo:

- quanto all'inammissibilità del ricorso, ventilata dall'Avvocatura dello Stato, le odierne ricorrenti rivestono indubbiamente la qualità di controinteressati pretermessi nel ricorso straordinario, atteso che l'atto d'acquisto dell'immobile è precedente alla proposizione di tale ricorso. Sul piano concreto e materiale dell'interesse sotteso, le stesse ricorrenti riceverebbero grave nocumento alle ragioni vantate, ove fosse loro consentito di esperire (unicamente) il rimedio della revocazione, tenuto conto che non è stato consentito l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto, ai sensi dell'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, per come costantemente interpretato dalla giurisprudenza, alle ricorrenti, quali controinteressati pretermessi, deve essere consentita la trasposizione in sede ordinaria, senza il limite del vizio di forma o procedura, che l'art. 10 stabilisce per i soggetti ritualmente evocati in sede straordinaria che abbiano accettato il contraddittorio;

- quanto al presunto difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni evocate, il ricorso è stato notificato correttamente a tutte quelle che hanno preso parte al procedimento a quo;

- nel merito, si ribadisce la fondatezza dei motivi di ricorso, per le ragioni di cui all'atto introduttivo del giudizio e in coerenza, altresì, con le argomentazioni di natura tecnica sviluppate dal perito di parte nella relazione versata in atti il 3 maggio 2021.

7. All'udienza del 23 giugno 2021 la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto l'impugnazione delle determinazioni adottate in seno al ricorso straordinario promosso dall'odierno controinteressato avverso il permesso di costruire n. 17/2014, rilasciato dal Comune di S. Giovanni a Piro (Sa), non costituito, per lavori di manutenzione straordinaria sull'immobile. Il procedimento in sede straordinaria, in cui è stata evocata in giudizio la precedente proprietaria dello stabile in veste di controinteressata (e non le odierne ricorrenti, che medio tempore - e comunque prima della proposizione del ricorso - avevano acquistato l'immobile), si è concluso con l'accoglimento e, per l'effetto, l'annullamento del predetto titolo edilizio, con decreto presidenziale del 16 aprile 2018, n. 620, conforme al parere reso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 5 aprile 2017 (parere n. 2269/2017 - n. affare 483/2016, spedito il 31 ottobre 2017).

2. In via preliminare, occorre scrutinare le eccezioni in rito formulate dall'Avvocatura erariale, in primis quella di inammissibilità del ricorso.

2.1. Nella vicenda, appare indubbio (anzi pacifico) che le odierne ricorrenti rivestano la qualità di controinteressati sostanziali pretermessi nel procedimento in sede straordinaria, in quanto acquirenti dell'immobile de quo in data 16 febbraio 2015, antecedente a quella di proposizione del suddetto ricorso, proposto il 25 gennaio 2016 e notificato solo alla precedente proprietaria.

Con riguardo al controinteressato ritualmente intimato, l'art. 10, comma 3, d.P.R. n. 1199/1971 prevede la possibilità di impugnazione, in caso di mancato esercizio della facoltà di trasposizione in sede giurisdizionale, solo per vizio di forma o di procedura (secondo la consolidata giurisprudenza, peraltro, tale facoltà può essere esercitata solo per vizi attinenti ad una fase successiva a quella esaminata dal Consiglio di Stato). Con riguardo al controinteressato pretermesso, invece, nel silenzio della norma (e argomentando a contrario rispetto alla limitazione prevista per il controinteressato intimato), vi è sostanziale uniformità di vedute circa la possibilità che questi sia abilitato a contestare anche il merito della decisione assunta in sede straordinaria (ossia anche in riferimento ai vizi del parere reso dal Consiglio di Stato).

Quanto alla modalità dell'impugnazione, è controverso se il controinteressato possa impugnare la decisione in sede straordinaria con ordinario ricorso giurisdizionale (come in effetti accaduto), al Tribunale di prime cure piuttosto che al Consiglio di Stato, ovvero con altri mezzi di natura straordinaria (es. revocazione/opposizione di terzo), proponendo ricorso direttamente al Consiglio di Stato, in considerazione del fatto che tale Organo si è già espresso sulla vicenda, in sede formalmente consultiva e sostanzialmente decisoria.

L'analisi della tematica non può evidentemente prescindere dall'indagare la natura dell'istituto del ricorso straordinario, anche a soprattutto alla luce della novella apportata con l'art. 69 della l. 69/2009, che ha reso totalmente vincolante il parere reso dal Consiglio di Stato (in precedenza superabile in esito ad una delibera del Consiglio dei Ministri).

Secondo le Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza 2364/2012, "in tal modo è stato rimosso l'ostacolo che la giurisprudenza costituzionale ravvisava al riconoscimento della natura di 'autorità giurisdizionale' al Consiglio di Stato nella suddetta sede consultiva".

Anche il massimo organo nomofilattico della giustizia amministrativa (rif. Ad. plen., n. 9/2013) ha enfatizzato il processo di progressiva "giurisdizionalizzazione" dell'istituto, cui ha contribuito anche il Codice del processo amministrativo, di cui al d.lgs. n. 104/2010, che, all'art. 7, comma 8, ha stabilito che il ricorso straordinario è utilizzabile esclusivamente per controversie devolute alla giurisdizione amministrativa, mentre all'art. 48 ha poi confermato la c.d. regola dell'alternatività fra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale.

Secondo un primo approccio ermeneutico, la novella del 2009, unitamente alle restanti previsioni di assetto complessivo dell'istituto (non da ultimo la possibilità di sollevare eccezione di legittimità costituzionale), avrebbe comportato il sostanziale ingresso del ricorso straordinario nel novero della tutela giurisdizionale.

Secondo una diversa opposta tesi, viceversa, permarrebbero tratti incompatibili con la giurisdizione (si pone l'accento, in particolare, sull'istruttoria, condotta dall'Amministrazione e non dal Giudice), talché, anche all'attualità, il rimedio in parola avrebbe natura amministrativa.

L'Adunanza plenaria, nell'anzidetta pronuncia, mostra di aderire convintamente al primo orientamento, affermando al riguardo: "Questa Adunanza reputa, in continuità con l'avviso già espresso con la citata sentenza n. 18/2012 e con l'orientamento assunto dalla Corte di legittimità, che meriti condivisione il primo indirizzo ermeneutico, favorevole al riconoscimento della natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in parola e dell'atto terminale della relativa procedura. Lo sviluppo normativo di cui si è dato conto depone, infatti, nel senso dell'assegnazione al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, della natura sostanziale di decisione di giustizia e, quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale... In tal guisa si sancisce l'attrazione del ricorso straordinario nel sistema della giurisdizione amministrativa di cui costituisce forma speciale e semplificata di esplicazione".

Ciò posto, il carattere "sostanzialmente giurisdizionale" della decisione assunta in senso necessariamente conforme al dictum del Consiglio di Stato, potrebbe essere inteso nel senso che, rebus sic stantibus, la decisione sul ricorso straordinario è in toto equiparabile a quella di una sentenza e, per l'effetto, gli strumenti rimediali nei riguardi del decreto presidenziale vanno calibrati in modo omologo a quelli che spetterebbero al controinteressato pretermesso nell'ambito del ricorso in sede giurisdizionale.

Viceversa, qualora si reputasse che, nonostante i molteplici profili che l'avvicinano al processo, resti ancora prevalente l'aspetto formale, legato alla tipicità del procedimento svolto secondo canoni non tipicamente giurisdizionali (es. l'istruttoria è curata dal Ministero procedente e non dal giudice), allora si dovrà giocoforza riconoscere che avverso il decreto decisorio sarà esperibile l'ordina[ria] tutela di annullamento avverso atti amministrativi, posto che il decreto presidenziale, in sé considerato, a tale categoria resta formalmente ascrivibile. Seguendo tale approccio, l'opinione largamente prevalente in giurisprudenza è orientata nel senso che il ricorso possa (recte: debba) essere promosso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (piuttosto che al Consiglio di Stato), posto che la disciplina recata dall'art. 10, comma 3, d.P.R. n. 1199 del 24 novembre 1971, nella parte in cui contempla espressamente l'impugnazione del decreto decisorio presso il Consiglio di Stato, è antecedente all'introduzione dei T.A.R., avvenuta con l. n. 1034 del 6 novembre 1971 (c.d. Legge T.A.R.).

Successivamente alla pubblicazione della citata sentenza n. 9/2013 dell'Adunanza plenaria, la giurisprudenza ha mostrato di continuare a ritenere che l'inciso "sostanzialmente giurisdizionale", utilizzato dalla Plenaria in detta pronuncia, se da un lato valga senza dubbio a conferire alla decisione resa sul ricorso straordinario il carattere della sentenza quanto all'idoneità al passaggio in giudicato (anche ai fini dell'ottemperanza ex art. 112, comma 2, lett. b), c.p.a.) ed al "fare stato" ex art. 2909 c.c. fra le parti che, ritualmente intimate, abbiano aderito all'iniziativa in sede straordinaria, nondimeno non elida il dato formale, rappresentato dal carattere amministrativo della decisione e, soprattutto, dalla specialità del rito.

Osserva, al riguardo, il Consiglio di Stato nella sentenza del 19 marzo 2014, n. 1346: "Va notato che l'Adunanza plenaria usa ripetutamente l'avverbio 'sostanzialmente' - e ciò non può essere casuale - lasciando così intendere che sul piano 'formale' le conclusioni potrebbero essere diverse, se non altro per quanto riguarda quell'atto che 'formalmente' conclude il procedimento e dà efficacia giuridica alla decisione, che è il decreto del Presidente della Repubblica... Ma resta il fatto che l'istituto del ricorso straordinario è connotato da una disciplina positiva del tutto peculiare, il che impone di ricercare innanzi tutto all'interno della stessa disciplina gli strumenti e i rimedi, solo in via del tutto residuale ricorrendo a (supposti) princìpi generali.

Tali peculiarità, conviene sottolinearlo, non sono state cancellate (anzi in qualche modo risultano confermate) dalle innovazioni normative citate da Ad. plen., n. 9/2013.

Fra le più vistose peculiarità vi è che il procedimento, pur culminando nel parere del Consiglio di Stato (già semivincolante in base alla normativa originaria e reso totalmente vincolante dall'art. 69 l. n. 69/2009) si articola anche in una fase antecedente (l'istruttoria svolta dal Ministero competente per materia, con il conclusivo inoltro di una relazione che di solito si risolve in una motivata proposta di decisione) e in una fase successiva (l'emanazione del decreto presidenziale decisorio) alle quali entrambe è impossibile riconoscere natura giurisdizionale. Una seconda peculiarità è che in quella stessa fase del procedimento cui si vuole riconoscere natura giurisdizionale - e cioè la fase del parere del Consiglio di Stato - mancano alcune delle modalità che ordinariamente si considerano necessarie in sede giurisdizionale, come un vero e proprio confronto dialettico fra le parti, la loro comparizione davanti al giudice e la discussione in (pubblica) udienza.

La terza peculiarità (logicamente connessa alle precedenti, in quanto ne rappresenta la contropartita che le rende accettabili nel sistema) è che il procedimento del ricorso straordinario si pone come 'opzionalmente alternativo' al procedimento giurisdizionale propriamente detto. Si tratta della ben nota regola dell'alternatività, con l'ulteriore precisazione che ciascuna delle parti della controversia (ricorrente, autorità emanante, controinteressato) ha il diritto di optare per il procedimento giurisdizionale propriamente detto.

In sostanza, dunque, il ricorso straordinario può giungere alla decisione, e la decisione acquista la sua efficacia imperativa nei confronti delle parti, solo se ed in quanto tutte le parti necessarie della controversia abbiano volontariamente scelto (se si tratta del ricorrente) o accettato (se si tratta delle controparti) che la controversia sia decisa in quella sede e con quelle forme...

Riassumendo: nella misura in cui la decisione del ricorso straordinario è qualificabile come (o equiparabile a) una decisione giurisdizionale, ciò è vero solo a condizione che quella procedura sia stata accettata da tutte le parti".

Secondo tale prospettiva, assunta da ulteriori pronunce della giurisprudenza (v. T.A.R. Catania, 23 novembre 2018, n. 2227; T.A.R. Milano, 4 settembre 2017, n. 1779; T.A.R. Lazio, 1° giugno 2015, n. 7695; ma v. anche Ad. plen., n. 9/2006), al controinteressato pretermesso deve essere consentita, senza limitazioni, la possibilità, da esercitarsi ora per allora, di trasferire innanzi al T.A.R. il giudizio incardinato ab origine in sede straordinaria, impugnando il decreto decisorio del Capo dello Stato anche in relazione a vizi del parere reso dal Consiglio di Stato. Tale è sicuramente, allo stato, l'approccio dominante in giurisprudenza.

Ad avviso del Collegio, la tesi in precedenza esposta appare, in effetti, maggiormente persuasiva, anche per le ragioni di seguito indicate.

In astratto, si potrebbe sostenere, per ragioni di omogeneità di trattamento oltre che di celerità del processo (rif. artt. 3-111 Cost.) che la tutela del controinteressato pretermesso nell'ambito del ricorso straordinario non possa differire da quella che il codice del processo amministrativo assegna all'omologo controinteressato rispetto al giudizio ordinario: in tale ipotesi, l'art. 108, comma 1, c.p.a. prevede, come noto, il rimedio dell'opposizione di terzo e, ai sensi dell'art. 109, comma 1, c.p.a., l'opposizione è proposta innanzi all'Autorità che ha adottato la pronuncia, salvo che non sia già incardinato l'appello, nel qual caso, ai sensi dell'art. 109, comma 2, c.p.a., l'opposizione va proposta direttamente in secondo grado. In pratica, nel giudizio ordinario, il Codice prevede che l'impugnazione del controinteressato pretermesso sia promossa presso l'Autorità che ha emesso la decisione censurata ma, se il processo è già in appello, il controinteressato deve proporre l'opposizione in secondo grado e, quindi, in definitiva, senza che il sistema appresti, al controinteressato pretermesso, la garanzia del doppio grado di giudizio.

Seguendo una logica di completa parificazione fra la decisione resa in sede straordinaria, da reputarsi "sostanzialmente giurisdizionale" secondo gli approdi ermeneutici seguiti dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, si potrebbe dunque sostenere che, laddove il controinteressato pretermesso voglia contrastare la decisione resa, in sua "assenza", nel procedimento del ricorso straordinario, lo stesso abbia a disposizione unicamente il rimedio dell'opposizione di terzo, da attivarsi tuttavia necessariamente in Consiglio di Stato, atteso che la decisione resa all'esito del ricorso straordinario, in termini puramente sostanziali, consegue ad un parere dell'Organo di secondo grado, sia pure formalmente assunto in veste consultiva.

Tuttavia, ad avviso del Collegio, non possono ignorarsi le peculiarità del procedimento attivato in sede straordinaria rispetto a quello ordinario, sia "formalmente" che "sostanzialmente" giurisdizionale.

Come hanno osservato le pronunce sopra richiamate, il procedimento in sede straordinaria presenta peculiarità tali da non potere assimilato in toto a quello giurisdizionale, se non in relazione alle parti che, intimate, abbiano accettato il contraddittorio. Alle parti pretermesse, invece, deve essere garantita la facoltà di trasposizione nella sede giurisdizionale e, con essa, quella di definire il giudizio attraverso la garanzia del doppio grado. La conferma di tale costrutto può essere ri[n]venuta nelle motivazioni addotte sia dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che dalle Sezioni unite della Cassazione nelle summenzionate pronunce.

Osserva al riguardo l'Adunanza plenaria: "La generalizzazione della facoltà di opposizione, testimoniata dall'uso di una formula che comprende anche lo Stato, oltre alle altre pubbliche amministrazioni, ai controinteressati e ai cointeressati, garantisce il pieno rispetto del contraddittorio e, soprattutto, assicura la compatibilità del nuovo assetto con la garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e con il principio del doppio grado di giudizio (art. 125 Cost.) in quanto l'unicità del grado e la caratterizzazione semplificata dell'istruttoria trovano fondamento nell'accordo sostanziale tra le parti secondo uno schema consensuale non dissimile da quello che permea il ricorso per saltum ex art. 360, comma 2, c.p.c.".

Le Sezioni unite sono, se possibile, ancora più esplicite sull'argomento, laddove precisano: "In sintesi lo sviluppo normativo e giurisprudenziale di cui si è detto finora consente di assegnare al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, nel procedimento per ricorso straordinario la natura sostanziale di decisione di giustizia e quindi natura sostanziale giurisdizionale: ossia vi è esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza e nel rispetto delle regole del contraddittorio, opera una verifica di legittimità dell'atto impugnato con ricorso (straordinario) di una parte e senza l'opposizione (e quindi con il consenso) di ogni altra parte intimata, le quali tutte così optano per un procedimento più rapido e snello, privo del doppio grado di giurisdizione, per accedere direttamente - e quindi per saltum - al controllo di legittimità del Consiglio di Stato.

Nella forma vi è tuttora l'adozione del decreto presidenziale che potrebbe essere affetto da vizi propri del procedimento successivo all'adozione del parere. Ma questo residuo elemento formale che connota la struttura ancora composita del ricorso straordinario, radicata nelle origini storiche dell'istituto (di cui si è detto), non inficia, né indebolisce la natura giurisdizionale sostanziale del rimedio impugnatorio nel contenuto recato dal parere del Consiglio di Stato.

La raggiunta natura di decisione di giustizia non significa anche che ogni aspetto della procedura (in particolare, l'istruttoria) sia pienamente compatibile con il canone costituzionale dell'art. 24 Cost. e con la garanzia del pieno contraddittorio, del diritto alla prova e all'accesso agli atti del procedimento; nonché - dopo il noto nuovo corso della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., nn. 348 e 349 del 2007) - con il parametro interposto del diritto ad un processo equo ex art. 6 CEDU. Cfr., in proposito, C.d.S., Sez. III, 4 agosto 2011, n. 4666, che - nell'aderire al nuovo corso della giurisprudenza di queste Sezioni unite quanto all'ammissibilità del giudizio di ottemperanza per l'esecuzione della decisione sul ricorso straordinario - sottolinea comunque 'la specificità (e la sommarietà) della procedura originata dal ricorso straordinario, a confronto con quella disciplinata dal codice del processo amministrativo secondo i canoni più rigorosi del giusto processo'.

La conclusione raggiunta - che predica trattarsi nella fattispecie in esame di una decisione di giustizia e quindi di esercizio della giurisdizione che consente il sindacato sulla giurisdizione ad opera delle Sezioni unite di questa Corte ex art. 111, ottavo comma, Cost. e art. 362, primo comma, c.p.c. - appare pienamente compatibile con l'art. 125, secondo comma, Cost. che prevede che nelle regioni sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado. È vero che la giurisprudenza costituzionale, che ha più volte affermato che il principio del doppio grado di giurisdizione non ha copertura costituzionale (ex plurimis Corte cost., ord. n. 300 del 2008), ha però precisato che ciò vale 'fuori dell'area segnata dall'art. 125, comma secondo, Cost.' (Corte cost., n. 52 del 1984). Ma nella fattispecie - pur in disparte la considerazione che la riserva fatta dalla giurisprudenza costituzionale sta in realtà a significare che 'la Costituzione impedisce di attribuire ai tribunali amministrativi regionali competenze giurisdizionali in unico grado' (Corte cost., n. 108 del 2009) - il principio suddetto comunque non è violato perché la generalizzata possibilità di opposizione (ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971; art. 48 c.p.a.) della parte nei cui confronti è proposto il ricorso straordinario ha l'effetto di trasferire il contenzioso nella sede ordinaria del giudizio innanzi ad un T.A.R. in primo grado, sicché la garanzia del doppio grado di giurisdizione non è affatto violata, ed anzi è pienamente assicurata nella misura in cui non siano le parti stesse ad optare per il procedimento per ricorso straordinario che consente l'accesso diretto per saltum al Consiglio di Stato (cfr. Corte cost., n. 78 del 1966 secondo cui la regola dell'alternatività tra ricorso ordinario e ricorso straordinario non esclude né attenua la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi lesi da un atto amministrativo, ma è espressione di una libera scelta sulla base di una valutazione di convenienza)...".

Concludendo sull'argomento, in applicazione delle coordinate ermeneutiche rinvenienti dall'attuale assetto normativo dell'istituto, per come elaborate e analizzate dai massimi organi nomofilattici delle giurisdizioni ordinaria ed amministrativa, il Collegio è dell'avviso che ammettere, per il controinteressato pretermesso, la facoltà di impugnare il decreto decisorio mediante ricorso al competente T.A.R. sia maggiormente in linea con i principi costituzionali in tema di uguaglianza, giusto processo ed effettività della tutela giurisdizionale, ove in estrema sintesi si osservi che:

- se al controinteressato ritualmente intimato spetta (pacificamente) la facoltà di trasposizione in sede giurisdizionale ex art. 10, comma 1, d.P.R. n. 1199/1971, con garanzia del doppio grado di giudizio, a maggiore ragione deve ipotizzarsi che tale facoltà debba essere ammessa per il controinteressato erroneamente non intimato. Diversamente opinando, si avrebbe un'evidente sperequazione di trattamento pur a fronte di identità di situazione giuridica sostanziale;

- l'equiparazione, all'interno del sistema della Giustizia Amministrativa, della decisione sul ricorso straordinario a quella di una sentenza emessa da un giudice, e ciò anche ai fini dell'ottemperanza (art. 112, comma 1, lett. b, del codice del processo amministrativo), non può obliterare la circostanza per cui siffatta equipollenza può intanto ammettersi a condizione che tutte le parti, siccome ritualmente evocate, abbiano accettato il ricorso per saltum (ipotesi che certamente non si verifica nel caso del controinteressato pretermesso). Diversamente opinando, si finirebbe per trascurare del tutto le peculiarità del ricorso straordinario e, per converso, per eliminare la garanzia del doppio grado che il sistema riconosce a beneficio dei soggetti evocati in sede straordinaria mediante la facoltà di opposizione e, ancora una volta, con conseguente sperequazione nel relativo trattamento;

- quanto alla situazione, apparentemente omologa, relativa al controinteressato pretermesso nell'ambito di un ricorso trattato (interamente) in sede giurisdizionale, regolata dagli artt. 108-109 c.p.a., la differente soluzione offerta dal legislatore (opposizione di terzo da proporre in unico grado, ossia direttamente in appello, se pendente), può nondimeno giustificarsi rilevando, per quanto sinora detto, che allo stato permangono, all'interno delle regole di procedura fissate per la trattazione del ricorso straordinario, aspetti di non poco momento (es. istruttoria svolta non apud iudicem) che non consentono, in mancanza di accettazione del rito da parte dei soggetti evocati, di estendere a priori al ricorso straordinario le regole applicabili a quello giurisdizionale.

Il ricorso in parola deve pertanto reputarsi pienamente ammissibile, in continuità con l'orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa, che reputa proponibile, con ricorso al T.A.R., l'impugnazione del decreto presidenziale da parte del controinteressato pretermesso, e senza i limiti evocati dall'art. 10, comma 3, d.P.R. n. 1199/1971.

2.2. Non è parimenti fondata l'eccezione di difetto di legittimazione avanzata dall'Avvocatura erariale.

Al riguardo, si osserva che - una volta ammessa l'impugnazione del decreto decisorio, atto formalmente amministrativo - appare corretta l'evocazione in giudizio delle Amministrazioni e/o degli Enti che hanno preso parte al procedimento, tanto in sede straordinaria che procedimentale.

Come noto, peraltro, la legittimazione ad agire (o a resistere) alla lite va apprezzata alla luce della mera prospettazione attorea, quale questione attinente propriamente alla corretta instaurazione del contraddittorio, risultando viceversa estraneo a tale profilo l'accertamento dell'effettiva titolarità del rapporto controverso, che appartiene al merito (cfr. Cass. civ., 9 febbraio 2021, n. 3136; Trib. Rimini, Sez. lav., 5 novembre 2020, n. 198).

Ulteriormente, si evidenzia che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con atto prot. n. 1027 del 31 gennaio 2017, ha inoltrato la relazione al Consiglio di Stato, prendendo posizione sulle doglianze proposte e concludendo nel senso che "il ricorso di che trattasi sarebbe da ritenersi fondato e quindi da accogliere".

3. Il Collegio passa quindi all'esame del merito, avuto riguardo ai motivi di ricorso riportati al par. 3 (e relativa sottonumerazione) della parte in fatto della presente decisione.

3.1. Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia il deficit istruttorio e di logicità dell'azione amministrativa in cui è incorsa l'Amministrazione procedente (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), la quale - sebbene il Comune di S. Giovanni a Piro non avesse fornito alcun riscontro istruttorio - ha ritenuto di proporre l'accoglimento del ricorso, ponendo a base della richiesta unicamente le deduzioni del ricorrente (odierno controinteressato).

Il motivo è infondato. Si osserva - infatti - che, anche nel processo svolto in sede straordinaria, compete alle parti fornire le prove necessarie a sostegno delle domande, eccezioni e deduzioni difensive (principio dell'onere della prova). Nella fattispecie, non avendo il Comune fornito alcun riscontro - e in disparte l'assorbente vizio di procedura derivante dalla mancata evocazione in giudizio delle odierne ricorrenti, quali controinteressati sostanziali, che determina come detto l'ammissibilità del presente ricorso e l'impugnabilità della decisione (formalmente) presidenziale - non si ritiene censurabile che il giudizio (in sede straordinaria) sia stato definito alla luce dei documenti e delle allegazioni prodotti dall'unica parte costituita (il ricorrente), comunque vagliate anche dal Ministero procedente, impregiudicato (ovviamente) il tema relativo alla valutazione di detti apporti.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, nel merito, le argomentazioni palesate dall'odierno controinteressato, per come recepite dal Consiglio di Stato nel parere n. 2269/2017, sotteso al decreto decisorio di accoglimento.

In particolare, l'illegittimità del permesso di costruire avversato è stata ritenuta sussistente sotto un duplice profilo:

1) violazione degli artt. 113 e 115 del regolamento edilizio comunale ratione temporis vigente, nella misura in cui il progetto assentito prevede l'innalzamento della parete esterna dell'edificio di 50 cm. e, quindi, la modifica della copertura dell'edificio;

2) la violazione dell'art. 4, comma 1, l.r. Campania n. 15/2000, laddove prevede che "il recupero di un sottotetto non deve comportare la modifica dell'altezza di colmo e di gronda, né l'inclinazione delle falde".

Con riguardo alle previsioni recate dalla summenzionata l.r. Campania, parte ricorrente afferma l'inapplicabilità oggettiva della stessa, in quanto disciplinante il recupero abitativo dei sottotetti, laddove, nella fattispecie, l'intervento contestato si riferisce ad un sottotetto non abitabile.

La doglianza formulata da parte ricorrente coglie nel segno, ove si consideri che:

- la l.r. n. 15/2000 "mira a promuovere il recupero abitativo di sottotetti, esistenti alla data della sua entrata in vigore" (art. 1) e, allo scopo, stabilisce le condizioni per le quali possa procedersi a detto recupero. Lo stesso art. 4, richiamato nel suddetto parere, appare oggettivamente riferibile al solo "recupero abitativo" dei sottotetti, e non ad interventi posti in essere in relazione a sottotetti privi delle caratteristiche di abitabilità.

Nella fattispecie, è incontestata l'affermazione di parte ricorrente secondo cui il sottotetto relativo all'edificio in questione non reca caratteristiche di abitabilità, tali da legittimare l'applicabilità dell'art. 4, comma 1, l.r. Campania n. 15/2000, afferente - ad litteram - al recupero di sottotetti ad uso abitativo.

Occorre quindi analizzare il tema relativo alla presunta difformità dell'intervento assentito rispetto alla disciplina contenuta negli artt. 113 e 115 del r.e.c. in vigore al momento del rilascio del titolo.

Ad avviso di parte ricorrente, in sintesi, l'intervento in questione sarebbe compatibile con la disciplina recata dalle predette disposizioni, in quanto:

- è conforme alla disciplina recata dall'art. 113, nella misura in cui è qualificabile in termini di manutenzione straordinaria che non comporta incremento della superficie utile e della volumetria preesistenti;

- rispetta altresì i dettami di cui all'art. 115 r.e.c., da valutarsi in combinato disposto con l'art. 4 r.e.c., che esclude dal computo volumetrico i sottotetti non abitabili in linea con i limiti di cui all'art. 115 r.e.c.

Secondo l'opposta visione proposta dalla difesa del controinteressato (cfr. memoria difensiva depositata il 21 maggio 2021, che richiama la relazione tecnica di parte depositata il 13 maggio 2021), "non siamo in presenza né di intervento su lastrico solare esistente, né di rifacimento di tetto esistente, che viene modificato sia come posizionamento che come inclinazione, non rientrando quindi nella premessa del comma 1 dell'art. 115...".

Ad avviso del Collegio, le argomentazioni di parte ricorrente sono condivisibili, tenuto conto che il progetto autorizzato rientra fra gli interventi di rifacimento del detto esistente, consentiti dall'art. 115, comma 1, del r.e.c. Tale disposizione (peraltro non oggetto di impugnazione in sede straordinaria), come osservato dalla difesa dei ricorrenti e dalla perizia di parte depositata il 3 maggio 2021 (all.to 3), non prevede che, nell'intervento di "rifacimento del tetto", debbano essere lasciate immutate le consistenze del tetto preesistente, ma si limita ad introdurre, sia per i tetti a spiovente realizzati ex novo che per quelli "rifatti", limiti massimi di copertura, di altezza interna e di inclinazione, in ordine alle quali non risultano versati in giudizio (né nel presente, né nel ricorso straordinario, considerate le relative doglianze) elementi idonei a ritenere che, nel caso, non vengano rispettati.

L'esegesi testuale di cui all'art. 115, comma 1, quanto alla nozione di "rifacimento di tetti esistenti", laddove consente (analogamente alla creazione ex novo dei tetti) di "realizzare" sottotetti non abitabili pertinenziali, sia pure nei limiti posti dalle disposizioni recate dalle successive lettere, non postula alcun riferimento ad un requisito immanente di immodificabilità delle consistenze pregresse del tetto e, quindi, della copertura dell'edificio. D'altra parte, se, per l'ipotesi del "rifacimento" di tetto preesistente, la disposizione richiedesse un (implicito) vincolo di rispetto della precedente copertura, non sarebbe spiegabile né l'omissione della prescrizione (ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit) né, soprattutto, avrebbe senso la piena equiparazione di regime rispetto alla costruzione ex novo del tetto.

Inoltre, in modo coerente con tale previsione (oltre che con l'art. 4 r.e.c.), l'art. 115, comma 2, r.e.c. esclude dal computo volumetrico, a fini urbanistici, il sottotetto non abitabile che rispetti i parametri dell'art. 115, comma 1, lett. c); tale circostanza impedisce che le modifiche al sottotetto abbiano rilevanza volumetrica (principale ricaduta delle doglianze formulate nel ricorso straordinario).

L'accoglimento del secondo motivo di ricorso consente infine di assorbire lo scrutinio della terza doglianza proposta nell'odierno ricorso.

4. Per quanto precede, il ricorso merita accoglimento e, per l'effetto, occorre disporre l'annullamento degli atti impugnati, fra cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 620 del 16 aprile 2018, di accoglimento del ricorso straordinario promosso dall'odierno controinteressato avverso il permesso di costruire n. 17/2014 rilasciato dal Comune di San Giovanni a Piro.

Sussistono nondimeno giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio, tenuto conto della particolarità della vicenda e della complessità delle questioni sottese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.