Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III
Sentenza 25 ottobre 2021, n. 10918
Presidente: Daniele - Estensore: Graziano
FATTO E DIRITTO
1. I ricorrenti impugnavano con il ricorso in trattazione gli atti indicati in epigrafe contestando una serie di profili attinenti alla determinazione dei posti da mettere a concorso (il terzo ed il quarto) ed allo svolgimento della preselezione (il primo, il secondo ed il quinto).
La difesa erariale si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso.
Si costituivano anche alcune delle Università intimate eccependo in limine il difetto di legittimazione passiva e l'inammissibilità del ricorso "cumulativo" mancandone i presupposti oltre a concludere per il rigetto del ricorso. Tanto deduceva particolarmente l'Università di Padova.
Alla udienza del 12 maggio 2021 il gravame è stato ritenuto in decisione.
Il Collegio ritiene che l'eccezione preliminare dedotta dalle Università di Pisa e di Padova sia fondata.
Deve considerarsi orientamento univoco della giurisdizione amministrativa che affinché i ricorsi collettivi siano ammissibili nel processo amministrativo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi.
Anche dopo la codificazione del 2010 (art. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione; pertanto, la proposizione contestuale di un'impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di senso negativo che di senso positivo; i primi sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di alcuni ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con l'accoglimento delle istanze degli altri; i secondi consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (cfr. sul punto, per tutte, C.d.S., Sez. V, 27 gennaio 2020, n. 682).
La Sezione si è già pronunciata numerose volte in sede cautelare enunciando il delineato profilo di inammissibilità per la natura collettiva del ricorso che riunisce svariati ricorrenti portatori di posizioni inter eos confliggenti (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 15 marzo 2021, n. 1664, ord.).
Pertanto deve ritenersi inammissibile il ricorso collettivo proposto da più soggetti, tutti non utilmente collocati in graduatoria di merito, con conseguente possibile conflitto di interessi tra gli stessi, non solo potenzialmente, attesa l'evidente impossibilità di configurare in modo univoco la c.d. prova di resistenza, in ragione delle diverse posizioni occupate.
Emerge, infatti, dagli atti di causa che il gravame proposto riunisce un numero elevato di soggetti con punteggi disparati e conseguenti posizioni in graduatoria del tutto diversificate, venendo quindi i soggetti ricorrenti a trovarsi in posizione di potenziale conflittualità.
Richiamando - alla luce dell'art. 74 c.p.a. - i pertinenti contenuti delle sentenze della Sezione n. 8704/2020 e 11361/2020, il Collegio ritiene di dover ribadire che il ricorso collettivo è proponibile - per pacifica giurisprudenza - soltanto in presenza di identiche situazioni sostanziali e processuali, quando possa escludersi con certezza qualsiasi conflitto di interessi fra le parti.
Al contrario risulta evidente che, nella specie, l'eterogeneità delle rispettive posizioni dei candidati ricorrenti (con collocazioni diversificate in graduatoria), anche rispetto al punteggio minimo utile ai fini dell'accesso agli ultimi posti disponibili, rendono impossibile configurare in modo univoco la cosiddetta "prova di resistenza" - afferente al risultato utile perseguibile in via giudiziale, quale fonte di legittimazione al ricorso - con configurabilità di possibili censure "comuni" solo nei seguenti casi:
a) prospettazione di vizi implicanti, ove ne sia riconosciuta la sussistenza, annullamento dell'intera procedura, con nuove opportunità per tutti gli originari concorrenti non ammessi, a seguito di ripetizione della prova;
b) rivendicazione di posti aggiuntivi, tali da assicurare ai medesimi non ammessi nuove possibilità di soddisfacimento della pretesa azionata, ove collocati in posizione utile, per corrispondente scorrimento della graduatoria.
Ma in realtà, nessuna delle due ipotesi enunciate può essere prospettata nella specie, per le ragioni di seguito esposte.
Sotto il primo profilo (a), vi è contraddittorietà delle censure caducatorie proposte rispetto alla richiesta immatricolazione da parte dei ricorrenti (cfr. per il principio, fra le tante, C.d.S., Sez. VI, ordinanza n. 4362 del 9 ottobre 2017, nonché sentenze 18 settembre 2017, n. 4358 e 8 febbraio 2016, n. 506).
Quanto al secondo punto (b), il relativo accoglimento postula uno scorrimento erga omnes della graduatoria di merito, senza che al momento risulti possibile - in rapporto alle distinte posizioni dei singoli candidati - alcun apprezzamento della ricordata prova di resistenza.
Come già osservato dalla Sezione con riguardo alla tornata precedente quella in oggetto (ma con argomenti ugualmente validi anche per il caso di specie), "... È evidente, per costoro, il conflitto di interessi rispetto agli altri ricorrenti e, in particolare, rispetto a coloro che hanno conseguito punteggi buoni, poiché mentre questi ultimi potevano aspirare ad eventuali scorrimenti della graduatoria nazionale per effetto di vacanze, rinunce ecc. nonché beneficiare della possibilità di occupare i posti destinati agli extracomunitari non residenti in UE e da questi ultimi non utilizzati (su cui v. motivo 2) di ricorso), gli inidonei (ed i decaduti, ndr.) non possono, per definizione, che beneficiare di alcuno scorrimento e, quindi, possono avere interesse soltanto alla coltivazione delle censure totalmente demolitorie dell'intera procedura. Discorso non diverso vale per gli ancor più numerosi ricorrenti che, pur superando la soglia minima, hanno conseguito punteggi assai bassi, superiori di poche unità o di decimali alla soglia stessa [...]" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 30 aprile 2019, n. 5478; vedi altresì, negli stessi termini, ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 11 febbraio 2019, n. 1789; 13 maggio 2019, n. 5944; 3 luglio 2019, n. 8706).
Di recente anche il Consiglio di Stato, in materia di ammissione alle scuole di specializzazione di area medica (ma con argomentazione agevolmente esportabile nel campo del concorso nazionale per l'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria), ha ribadito che "il ricorso collettivo è ammissibile se vi è identità di posizioni sostanziali e processuali e se non sussiste conflitto di interesse anche solo potenziale tra i ricorrenti e che i motivi di appello in esame sono finalizzati, nella sostanza, ad ottenere l'accertamento del diritto degli appellanti all'immatricolazione ad uno dei corsi di specializzazione, anche i motivi riproposti in appello sono inammissibili riguardando soggetti aventi posizioni potenzialmente conflittuali" (C.d.S., Sez. VI, 29 maggio 2020, n. 3394).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile e quanto alle spese si può disporne la compensazione stante la natura in rito della pronuncia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
V. anche Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione III, sentenza 25 ottobre 2021, n. 10925.