Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 18 novembre 2021, n. 7702

Presidente: Simonetti - Estensore: Ponte

FATTO

Con il primo degli appelli di cui in epigrafe l'Autorità di settore impugnava la sentenza n. 5360 del 2019 del Tar Lazio, di parziale accoglimento dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto dalla società eDreams s.r.l. al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, n. 26918 adottato nell'adunanza del 20 dicembre 2017, recante condannata al pagamento di diverse sanzioni pecuniarie per un totale pari ad euro 690.000 per aver posto in essere pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 20, 22, 62 e 64 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo).

In particolare, il procedimento riguardava tre distinte condotte di eDreams, nell'ambito dell'offerta di servizi turistici (confronto e acquisto di hotel e voli, anche separatamente) attraverso il proprio sito www.edreams.it: a) diffusione di informazioni poco trasparenti o omissive circa il soggetto che forniva il servizio di prenotazione alberghiera, in quanto le pagine web del processo di prenotazione recavano il marchio eDreams, ma in realtà il professionista, per tale servizio, si avvaleva di altra piattaforma online di proprietà e sotto il controllo di "Booking.com", circostanza che non veniva indicata nemmeno nei Termini e Condizioni Generali presenti sul sito internet del professionista; b) applicazione di un supplemento di prezzo in relazione alla tipologia di carta di pagamento utilizzata per l'acquisto di voli (credit card surcharge), in quanto, effettuando la relativa ricerca sul sito del professionista, veniva visualizzato in un "menù a tendina" il prezzo corrispondente ad un eventuale acquisto con lo strumento di pagamento "più economico" indicato di default (Carta Agos/eDreams). L'importo prospettato si incrementava in relazione alla scelta del consumatore di pagare con una carta di credito diversa da quella preselezionata nel "menù a tendina"; c) assistenza telefonica a tariffazione maggiorata per i servizi post-vendita relativi a hotel o voli, dal momento che il professionista indicava, a tal fine, sul proprio sito www.edreams.it, un numero speciale al costo di 0,36 euro alla risposta, 1,83 euro al minuto da rete fissa e di 0,19 euro alla risposta, 2,25 euro al minuto da rete mobile.

All'esito del giudizio dinanzi al Tar, il ricorso veniva accolto in parte, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte relativa alla condotta sub lettera b).

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, l'Autorità, parte appellante il capo relativo alla pratica di cui alla lettera b), contestava sul punto il contenuto della sentenza e le relative argomentazioni, formulando i motivi di appello in termini di violazione del quadro normativo di riferimento sul credit card surcharge.

La società appellata, che non ha impugnato la sentenza nei capi concernenti le restanti pratiche, si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L'appello è fondato sulla scorta dell'orientamento già ribadito dalla sezione (cfr. ad es. sentenze nn. 6232 del 2020 e 3851 del 2021), con conseguente applicabilità dell'art. 74 c.p.a.

2. La fattispecie posta a base del provvedimento impugnato riguarda l'applicazione di un supplemento di prezzo in relazione alla tipologia di carta di pagamento utilizzata per l'acquisto di voli (credit card surcharge), in quanto effettuando la relativa ricerca sul sito del professionista veniva visualizzato in un menù a tendina il prezzo corrispondente ad un eventuale acquisto con lo strumento di pagamento "più economico" indicato di default (Carta Agos/eDreams). L'importo prospettato si incrementava in relazione alla scelta del consumatore di pagare con una carta di credito diversa da quella preselezionata nel menu a tendina.

3. All'esito dell'istruttoria, pertanto, la contestazione riguardava la circostanza per cui i prezzi mostrati sul sito del professionista aumentavano significativamente rispetto al prezzo collegato all'utilizzo della carta di credito impostata di default dal sistema.

3.1. La condotta contestata all'originaria ricorrente, infatti, non concerne la concessione di sconti in ragione dell'utilizzo di un determinato metodo di pagamento, ma la previsione di incrementi del prezzo del servizio offerto in corrispondenza di pagamenti effettuati con carte di credito diverse da quella prevista di default dal sistema (la c.d. carta "convenzionata"). Il meccanismo dello sconto prevede, infatti, che, indicato un prezzo al consumatore, lo stesso subisca un abbattimento nel caso di utilizzo di un particolare metodo di pagamento. Il meccanismo elaborato, invece, dall'impresa odierna appellata prevedeva aumenti in ragione del "non utilizzo" del metodo di pagamento previsto di default dal sistema, corrispondente alla carta di credito meno diffusa tra i consumatori.

3.2. In definitiva, la scelta dei metodi di pagamento largamente più diffusi tra i consumatori si traduceva sempre in una maggiorazione del prezzo.

3.3. Risulta, pertanto, corretto il richiamo all'art. 62, comma 1, del codice del consumo, che prevede che: "Ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, i professionisti non possono imporre ai consumatori, in relazione all'uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l'uso di detti strumenti, ovvero nei casi espressamente stabiliti, tariffe che superino quelle sostenute dal professionista". Mentre non può trovare applicazione il comma 3 dell'art. 3 del d.lgs. n. 11/2010, all'epoca vigente, che consentiva che il prestatore dei servizi di pagamento potesse consentire al beneficiario di applicare al pagatore una riduzione del prezzo del bene venduto o del servizio prestato per l'utilizzo di un determinato strumento di pagamento compreso nell'ambito di applicazione del decreto stesso. Il meccanismo nei termini sopra descritti, infatti, conduceva sempre ad un incremento del prezzo nel caso di scelta di un mezzo di pagamento diverso da quello impostato dal sistema, che come detto corrispondeva a quello largamente meno diffuso tra i consumatori.

3.4. È infine da escludere, in virtù della ricostruzione giuridica posta a base dell'orientamento già espresso dalla sezione, la violazione dell'affidamento invocato nelle memorie da parte appellata, sia considerando gli impegni prodotti dalla società all'interno del procedimento istruttorio dinanzi all'Autorità e con i quali prospettava la modifica del proprio sito, sia con riferimento al precedente richiamato dalla stessa in quanto l'Autorità, nella fattispecie in giudizio, ha proceduto ad un accertamento peculiare e specifico, basato su di un contesto giuridico e fattuale differente, tale da escludere un contrasto palese con la precedente manifestazione espressa in quel procedimento; infatti, i precedenti evocati concernevano la mancanza di trasparenza della presentazione del prezzo dei servizi offerti, ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del codice del consumo, mentre il provvedimento impugnato in prime cure concerne l'applicazione di per sé di sovrapprezzi connessi all'utilizzo di un determinato strumento di pagamento (c.d. credit card surcharge), in violazione dell'art. 62 del codice del consumo, indipendentemente dalle modalità di presentazione degli stessi.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono l'appello va accolto e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado anche in relazione alla pratica sub lettera b).

Sussistono giusti motivi, a fronte della peculiarità e novità della questione, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado anche in relazione alla pratica sub lettera b).

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

V. anche Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 18 novembre 2021, n. 7703.