Corte costituzionale
Sentenza 3 dicembre 2021, n. 233

Presidente: Coraggio - Redattore: Modugno

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Lombardia 21 maggio 2020, n. 11 (Legge di semplificazione 2020), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24-28 luglio 2020, depositato in cancelleria il 31 luglio 2020, iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2020.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 5 ottobre 2021 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Piera Pujatti per la Regione Lombardia, quest'ultima in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2021.

RITENUTO IN FATTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al reg. ric. n. 63 del 2020, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Lombardia 21 maggio 2020, n. 11 (Legge di semplificazione 2020) per violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma, lettere m) ed s), della Costituzione, in relazione all'art. 29-quater, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale» (d'ora in avanti, anche: cod. ambiente).

La disposizione impugnata prevede che «[a]l fine di consentire una maggiore celerità nell'istruttoria dei procedimenti di autorizzazione integrata ambientale (AIA), in caso di riesami effettuati a seguito dell'emanazione delle conclusioni sulle BAT (Best available techniques) ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), purché in assenza di modifiche che implichino l'attivazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) o di verifica di assoggettabilità a VIA, la conferenza di servizi è indetta, di norma, in forma semplificata e in modalità asincrona, secondo la disciplina di cui all'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), preferibilmente, ove possibile, mediante le modalità telematiche messe a disposizione dalla Giunta regionale».

1.1.- Tali previsioni, nella prospettiva del ricorrente, non sarebbero coerenti con quanto il legislatore statale ha stabilito nell'art. 29-quater, comma 5, cod. ambiente, che imporrebbe la convocazione in modalità sincrona per le conferenze di servizi decisorie in materia di AIA. Così, la Regione Lombardia avrebbe approvato una legge che contrasta con la disciplina vigente in materie di competenza esclusiva dello Stato, quali sono la «tutela dell'ambiente [e] dell'ecosistema» (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.).

A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124), che ha modificato la disciplina delle conferenze di servizi, si sarebbero ben distinte le ipotesi in cui è possibile che la conferenza di servizi decisoria si svolga in forma "asincrona" - senza riunione e con trasmissione telematica di istanze e determinazioni - da quelle in cui, invece, vi è l'esigenza che la detta conferenza si tenga con modalità sincrona e in forma simultanea, in ragione dell'importanza e complessità dei provvedimenti da rilasciare. La legge statale avrebbe, infatti, fissato delle regole valide per tutto il territorio nazionale, quali livelli di protezione uniformi; la Regione non potrebbe certo, nell'intento di semplificare e velocizzare le decisioni, derogarvi. Tali assunti sarebbero confermati dalla recente giurisprudenza costituzionale, sia in materia ambientale, sia in materia di procedimenti amministrativi e conferenze di servizi: sono, in particolare, richiamate le sentenze di questa Corte n. 147 e n. 93 del 2019 e n. 198 del 2018.

1.2.- Quale conseguenza della violazione della competenza statale in tema di procedimenti autorizzatori unitari, si determinerebbe il contrasto con l'art. 97 Cost., perché la disciplina in materia di VIA e AIA s'ispirerebbe alla necessità di affiancare coerentemente tutela ambientale, semplificazione, razionalizzazione e velocizzazione dei procedimenti, che sono tutti «espressione del buon andamento dell'azione amministrativa».

2.- Con atto depositato il 24 agosto 2020, la Regione Lombardia si è costituita in giudizio per resistere alle tesi esposte nel ricorso.

2.1.- Secondo la difesa regionale, esso sarebbe, anzitutto, inammissibile. Sarebbe formulato in maniera meramente assertiva, non specificando il Governo quale sarebbe il vulnus causato dalla norma regionale censurata; inoltre, il ricorso non chiarirebbe «la base della ritenuta valenza dell'art. 29 quater, V comma, del D. Lgs n. 152/06 quale norma interposta».

2.2.- Le censure sarebbero, altresì, non fondate.

2.2.1.- Intanto, il ricorrente avrebbe dovuto tenere conto dell'art. 7, comma 7, cod. ambiente, a norma del quale «[l]e Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA. Disciplinano inoltre: [...] e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di AIA [...] fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto [...]», da cui si evincerebbe che al legislatore regionale non è in assoluto precluso di intervenire nella materia de qua.

2.2.2.- In secondo luogo, la disciplina censurata non violerebbe la competenza statale - stando ai criteri che questa Corte avrebbe fissato nella sentenza n. 246 del 2018 - perché, da un lato, non introdurrebbe alcun nuovo modello procedimentale alternativo a quelli già stabiliti dalla legge dello Stato (l'art. 20, comma 1, impugnato fa riferimento all'art. 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»), e, dall'altro lato, non determinerebbe un abbassamento degli standard qualitativi dei procedimenti amministrativi in materia ambientale. Negli specifici casi contemplati dalla norma impugnata si è, infatti, ritenuto che vincolare il procedimento alla conferenza simultanea avrebbe rallentato in modo non efficace procedure in genere non molto complesse. La legge regionale avrebbe, dunque, fissato regole capaci di migliorare i livelli delle prestazioni pubbliche.

2.2.3.- Proprio perché la conferenza di servizi di cui all'art. 14-bis della legge n. 241 del 1990 favorirebbe tempi certi e maggiore snellezza procedimentale, la disposizione impugnata costituirebbe attuazione dell'art. 97 Cost., sotto il profilo del buon andamento, anziché porsi con esso in contrasto.

2.2.4.- Peraltro, l'art. 20, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 11 del 2020 non escluderebbe in toto la convocazione della conferenza di servizi in modalità sincrona, «ove emergesse la complessità del procedimento», dato che lo prevedono gli stessi commi 6 e 7 dell'art. 14-bis della legge n. 241 del 1990. La Regione avrebbe, così, «comunque [fatto] salva l'opzione di un ricorso» alla conferenza in modalità sincrona, e, infatti, la disposizione impugnata dispone che «di norma» la conferenza si svolga in forma semplificata.

2.3.- Infine, la scelta operata dal legislatore regionale avrebbe «trovato conferma nella recente legislazione statale». L'art. 13 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, - prevedendo che, fino al 31 dicembre 2021, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990, è facoltà delle amministrazioni procedenti scegliere le modalità semplificate previste dall'art. 14-bis della stessa legge - esprimerebbe, infatti, un indubbio favor per il modulo della conferenza semplificata.

3.- In prossimità dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria volta a confutare quanto dedotto dalla Regione resistente.

3.1.- In primo luogo, si pone in evidenza come - anziché inammissibilmente assertiva - l'illustrazione delle ragioni dell'impugnativa sarebbe chiara ed esaustiva.

3.2.- In seguito, il ricorrente insiste sostenendo come non potrebbe esservi dubbio che la disposizione impugnata contrasti con la legge statale interposta: il procedimento da seguire per il rilascio dell'AIA, ai sensi dell'art. 29-quater, comma 5, cod. ambiente, sarebbe, inequivocabilmente, quello di cui all'art. 14-ter della legge n. 241 del 1990 (Conferenza simultanea) e non quello di cui all'art. 14-bis della legge n. 241 del 1990 (Conferenza semplificata).

Destituito di fondamento sarebbe, peraltro, il riferimento operato dalla Regione Lombardia alla norma di cui all'art. 13 del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, la quale non esprimerebbe alcun favor per l'adozione di procedure semplificate, ma sarebbe, invece, una norma ad efficacia temporanea adottata in relazione alla specifica situazione di emergenza sanitaria da COVID-19.

3.3.- Secondo l'Avvocatura generale, essendo la conferenza in forma semplificata e in modalità asincrona la «regola generale di svolgimento della conferenza decisoria» (secondo l'art. 14-bis della legge n. 241 del 1990), la scelta del legislatore statale di prevedere, per le conferenze in materia di AIA, in ogni caso, la conferenza in forma simultanea avrebbe ragioni precise e ricollegabili alla circostanza che, in tali casi, sarebbe necessaria la concomitante partecipazione delle amministrazioni coinvolte. In altre parole, la complessità delle valutazioni che concernono il riesame dell'AIA avrebbe condotto il legislatore a ritenere preponderanti le esigenze di approfondimento delle diverse posizioni a scapito dell'utilizzo di modelli più celeri e semplificati, e ciò proprio al fine di consentire, nei casi concreti, il prudente contemperamento dei diversi interessi pubblici e privati in gioco. D'altronde, semplificazione, tempestività ed efficienza verrebbero sovente bilanciate con valori fondamentali, quale è la tutela della salute: ciò sarebbe riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, dalla giurisprudenza di altre alte Corti (si citano Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 29 marzo-6 ottobre 1979, n. 5172 e Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 20 febbraio 1979, in causa C-120/78, Cassis de Dijon), nonché testimoniato da altre previsioni della stessa legge n. 241 del 1990 (artt. 14-quinquies, 16, comma 3, 17, comma 2, 19, comma 1, e 20, comma 4).

Nel prevedere che la conferenza di servizi, in caso di riesame dell'AIA alla luce delle conclusioni sulle BAT, si svolga in forma simultanea e in modalità sincrona, dunque, il legislatore statale avrebbe operato un bilanciamento tra le esigenze di semplificazione e la tutela dell'interesse ambientale, stabilendo un punto di equilibrio che le Regioni non potrebbero «intaccare» (si richiamano, qui, le sentenze di questa Corte n. 93 del 2019 e n. 198 del 2018).

L'Avvocatura generale insiste, perciò, affinché questa Corte dichiari costituzionalmente illegittimo l'impugnato art. 20, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 11 del 2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al reg. ric. n. 63 del 2020, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Lombardia 21 maggio 2020, n. 11 (Legge di semplificazione 2020), per violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma, lettere m) ed s), della Costituzione, in relazione all'art. 29-quater, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» (d'ora in avanti, anche: cod. ambiente).

Le diposizioni impugnate prevedono, per il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), con valore di rinnovo, effettuato a seguito dell'emanazione delle conclusioni sulle BAT (best available techniques) ai sensi dell'art. 29-octies, comma 3, lettera a), cod. ambiente, e in assenza di modifiche che implichino l'attivazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) o di verifica di assoggettabilità a VIA, di norma, la convocazione di una conferenza di servizi in forma semplificata e in modalità asincrona (art. 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»).

Il ricorso denuncia la violazione della normativa statale interposta contenuta nel d.lgs. n. 152 del 2006, adottata nell'esercizio della competenza esclusiva nelle materie «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» e «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». In particolare, la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art. 29-quater, comma 5, cod. ambiente, secondo cui le conferenze di servizi decisorie in materia di AIA debbono svolgersi in modalità sincrona e in forma simultanea (art. 14-ter della legge n. 241 del 1990). Il ricorrente ritiene, dunque, violati gli artt. 117, secondo comma, lettere s) ed m), nonché 97 Cost., poiché gli interventi di razionalizzazione e velocizzazione dei procedimenti amministrativi inciderebbero anche sul principio di buon andamento dell'azione amministrativa.

2.- Va preliminarmente rigettata l'eccezione d'inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa della Regione.

Diversamente da quanto da essa sostenuto, infatti, la supposta violazione della norma interposta e delle norme costituzionali è motivata in maniera tale da superare il vaglio di ammissibilità, risultando chiare le doglianze del ricorrente: come si è appena illustrato, con queste ultime si denuncia, essenzialmente, l'alterazione, da parte del legislatore regionale, dei livelli di tutela fissati dalla legge dello Stato in materie di competenza esclusiva; alterazione che, oltre a non rispettare la distribuzione delle competenze legislative disegnata dalla Costituzione, avrebbe altresì negative ricadute sul principio sancito all'art. 97 Cost.

3.- Le questioni all'esame di questa Corte riguardano la procedura da eseguire per effettuare il riesame dell'AIA.

3.1.- Quest'ultima è un istituto di derivazione europea, in origine previsto dalla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (cosiddetta direttiva IPPC - Integrated pollution prevention and control) e oggi disciplinato dalla direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento). Il codice dell'ambiente compendia la disciplina in materia di AIA: ogni definizione utile a comprenderne funzione e contenuti, la procedura prodromica all'adozione del provvedimento, la fase decisoria, gli effetti del provvedimento stesso sono tutti aspetti regolati dal codice dell'ambiente, agli artt. 4 e 5 e agli articoli da 29-bis a 29-quattuordecies.

L'AIA contiene le prescrizioni da osservare per porre in esercizio un impianto che produce emissioni inquinanti e persegue l'obiettivo di evitarle, ove possibile, o ridurle. Tale provvedimento è necessario per svolgere le attività indicate all'Allegato VIII alla Parte seconda del codice dell'ambiente, e prevede misure per contenere «le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente [...]» (art. 4, comma 4, lettera c, cod. ambiente). Considerando in maniera combinata i fattori d'inquinamento, l'AIA ha sostituito, con un unico titolo abilitativo, gli atti prima adottati da diversi enti e amministrazioni preposti alla tutela ambientale.

Mentre la valutazione d'impatto ambientale (VIA) attiene a profili strutturali e localizzativi, l'autorizzazione in parola incide, così, propriamente su aspetti di gestione dell'impianto, tentando di ridurre le conseguenze negative dell'attività delle installazioni e impiegando a tale fine le migliori tecniche disponibili nel settore industriale di riferimento (BAT). Queste ultime costituiscono, dunque, un fondamentale criterio di riferimento per fissare le condizioni dell'autorizzazione; sono definite come «la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio», e rappresentano la base dei valori limite di emissione e delle altre prescrizioni contenute nell'autorizzazione (art. 5, comma 1, lettera l-ter, cod. ambiente).

Le condizioni dell'AIA - precisa la legge - «sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT», contenute nei pertinenti documenti redatti dalla Commissione europea e nelle linee guida ministeriali adottate in funzione ricognitiva delle BAT esistenti, secondo quanto stabilito all'art. 29-bis cod. ambiente.

3.2.- Questa Corte ha da tempo riconosciuto l'AIA come «un provvedimento per sua natura "dinamico", in quanto contiene un programma di riduzione delle emissioni, che deve essere periodicamente riesaminato [...], al fine di recepire gli aggiornamenti delle tecnologie cui sia pervenuta la ricerca scientifica e tecnologica nel settore». Al suo interno, infatti, «devono trovare simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l'intero sistema normativo ambientale». Il procedimento che culmina nel rilascio dell'AIA - prosegue questa Corte - «rappresenta lo strumento attraverso il quale si perviene, nella previsione del legislatore, all'individuazione del punto di equilibrio in ordine all'accettabilità e alla gestione dei rischi, che derivano dall'attività oggetto dell'autorizzazione» (sentenza n. 85 del 2013).

Ciò posto, è naturale che, al fine di coniugare efficacemente la tutela ambientale e la sostenibilità dell'attività, sia decisiva la verifica dell'efficacia delle prescrizioni e il periodico riscontro sull'utilizzo delle migliori tecniche disponibili.

3.3.- Occorre notare come proprio l'esigenza dell'adeguamento costante delle attività autorizzate al progresso scientifico e tecnologico si traduca, sul piano giuridico, nella previsione del necessario riesame delle condizioni stabilite in sede di rilascio del provvedimento «entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all'attività principale di un'installazione» (art. 29-octies, comma 3, lettera a, cod. ambiente).

Le odierne questioni vertono precisamente sul procedimento che l'amministrazione competente deve attivare allorquando si debba riesaminare l'AIA a seguito dell'emanazione di nuove conclusioni sulle BAT.

4.- Le questioni sono fondate in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. La disposizione impugnata, infatti, contrasta con quanto stabilito dall'art. 29-quater, comma 5, cod. ambiente che funge da norma interposta nel presente giudizio di legittimità costituzionale.

4.1.- Questa Corte ha già più volte affermato che la disciplina dell'AIA è da ricondursi alla materia della tutela dell'ambiente (sentenze n. 178 del 2019, n. 246 del 2018, n. 141 del 2014; nello stesso senso, su questo punto, sentenza n. 289 del 2019).

4.2.- Secondo l'art. 29-octies, comma 10, cod. ambiente, il procedimento di riesame, avente valore di rinnovo dell'autorizzazione, è condotto con le modalità previste per il rilascio del provvedimento, stabilite all'art. 29-quater cod. ambiente. Ciò vale per tutte le ipotesi in cui sia necessario riesaminare l'AIA; perciò, anche per i casi di riesame che seguono alla pubblicazione di nuove conclusioni sulle BAT.

Come per l'adozione del provvedimento di VIA, il legislatore ha previsto che l'autorità competente convochi una conferenza di servizi, poiché tale procedura è funzionale al "raccordo collaborativo" tra i diversi enti e amministrazioni coinvolti nelle decisioni. Essa, infatti, «assume, nell'intento della semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa, la funzione di coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei soggetti che li rappresentano, l'interesse pubblico primario e prevalente (sentenza n. 313 del 2010)» (sentenza n. 179 del 2012).

Dall'entrata in vigore del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124), il sistema normativo prevede due tipologie di conferenza: quella semplificata o asincrona, di cui all'art. 14-bis della legge n. 241 del 1990, e quella simultanea o sincrona, di cui all'art. 14-ter della stessa legge. La conferenza semplificata si svolge con la trasmissione, in via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle istanze, comunicazioni, atti di assenso ed altro, non richiedendo la presenza contestuale dei soggetti coinvolti. Tale tipologia costituisce il modo di svolgersi ordinario della conferenza di servizi, sia di quella istruttoria, sia di quella decisoria, salvo quanto previsto dall'art. 14, comma 1, ultimo periodo, e dall'art. 14-bis, commi 6 e 7, della legge n. 241 del 1990, e salvo che la legge preveda, per specifiche decisioni, direttamente la convocazione della conferenza in forma sincrona. Quest'ultima si caratterizza per il fatto che l'espressione delle posizioni, dell'assenso o del dissenso, e la discussione fra i partecipanti avviene contestualmente, in un'apposita riunione, ove possibile anche in via telematica. La conferenza simultanea richiede, dunque, un confronto più approfondito e l'esame incrociato dei contenuti dei provvedimenti.

Ora, l'art. 29-quater, comma 5, cod. ambiente - come risultante dal testo modificato dall'art. 5, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 127 del 2016 - contiene il richiamo agli artt. 14 e 14-ter della legge sul procedimento amministrativo: esso afferma, con inequivocabile chiarezza, che «[l]a convocazione da parte dell'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, di apposita Conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale, [...] ha luogo ai sensi degli articoli 14 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».

Il legislatore statale ha, dunque, stabilito, in ragione della complessità di tali procedure, che la conferenza di servizi per il rilascio - e il riesame con valore di rinnovo (art. 29-octies, comma 10, cod. ambiente) - dell'AIA si debba svolgere in forma simultanea e in modalità sincrona. Non a caso, ha effettuato la stessa scelta in relazione alla procedura di VIA. Del resto, tale scelta appare giustificata dalla circostanza che a queste procedure di verifica ambientale partecipano amministrazioni portatrici di interessi sensibili (anzitutto, la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e della salute umana).

4.3.- Emerge, così, in maniera chiara, la frizione tra l'art. 20, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 11 del 2020 e la normativa statale interposta, adottata nell'esercizio della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente. La disposizione impugnata prevede, infatti, che, per l'ipotesi del riesame dell'AIA che segua alla pubblicazione di nuove conclusioni sulle BAT, quando non si debba attivare anche la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA o la procedura di VIA, la conferenza di servizi è indetta, di norma, in forma semplificata e in modalità asincrona.

La Regione Lombardia, consapevole dello scostamento dalla disciplina prevista dal codice dell'ambiente, ha difeso l'intervento normativo impugnato sostenendo che esso permetterebbe di semplificare procedimenti di per sé non complessi, in relazione ai quali «vincolare il procedimento ad una conferenza di servizi necessariamente simultanea», quale quella prevista dall'art. 14-ter della legge n. 241 del 1990, «[può] rallentare in modo non efficace i tempi del procedimento». Si tratterebbe di «procedimenti di riesame meno complessi sotto il profilo tecnico-ambientale e meno critici rispetto alla tutela dell'ambiente e della salute, perché volti a garantire l'applicazione delle migliori tecniche disponibili [...] e che non prevedono modifiche, installazioni di nuovi impianti»; per questo, «una conferenza di servizi decisoria in forma semplificata [...] concorre[rebbe], in tal modo, a raggiungere i maggiori livelli ulteriori di tutela previsti dalla normativa statale» (così nella Relazione alla II Commissione consiliare "Affari istituzionali", sul progetto di legge n. 119 - XI legislatura, "Legge di semplificazione 2020").

4.4.- Per costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dei procedimenti di verifica ambientale è riservata, in via esclusiva, alla legislazione statale (sentenza n. 178 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 258 del 2020), che rintraccia il punto di equilibrio tra l'esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la «speciale» tutela che deve essere riservata al bene ambiente, dall'altro (sentenze n. 53 del 2021, n. 106 del 2020 e n. 246 del 2018). Tuttavia, l'ambiente viene «"a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza", salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata» (sentenza n. 178 del 2019 e così, ex plurimis, sentenze n. 198 e n. 66 del 2018 e n. 199 del 2014). Occorre, dunque, valutare l'idoneità della disposizione impugnata a realizzare livelli di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema migliori rispetto a quelli già stabiliti con legge dello Stato, idoneità che le renderebbe prive di vizi di illegittimità costituzionale.

L'art. 20, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 11 del 2020, perseguendo l'obiettivo della semplificazione procedurale, non delinea soluzioni capaci di innalzare gli standard di tutela stabiliti nel codice dell'ambiente.

È bene precisare che, quando si tratta delle procedure di tutela ambientale, il valore della semplificazione s'invera nella definizione di modelli organizzativi fondati sull'efficiente collaborazione e sul coordinamento delle competenze, non certo sulla mera velocizzazione delle tempistiche. La protezione dell'ambiente non è, d'altronde, contrapposta alla semplificazione, ma è anzi perseguita proprio attraverso «una migliore qualità ed efficienza dei procedimenti», così da giustificare l'intervento dello Stato che risponde ad «una esigenza di razionalizzazione e standardizzazione funzionale all'incremento della qualità della risposta ai diversi interessi coinvolti, con il correlato obiettivo di realizzare un elevato livello di protezione del bene ambientale» (sentenza n. 198 del 2018).

Gli studi e le decisioni che precedono l'adozione dell'AIA sono tutt'altro che poco complessi. Meritevoli di approfondita valutazione sono, allo stesso modo, gli aggiornamenti tecnici che le amministrazioni competenti sono chiamate a effettuare in sede di riesame, nel tentativo di conformare le prescrizioni dell'autorizzazione all'avanzamento tecnologico. Così, il perseguimento degli obiettivi di celerità e speditezza del procedimento, che si traduca nell'assenza del confronto contestuale tra i partecipanti alla conferenza, non apporta elementi di miglioramento dei livelli di tutela del valore ambientale.

In questo quadro, non rileva, quale fattore dirimente, la circostanza che, secondo la disposizione impugnata, per il riesame dell'AIA, si convochi una conferenza di servizi semplificata solo ove non occorra ampliare l'impianto o effettuarne modifiche sostanziali che implichino l'attivazione della verifica di assoggettabilità a VIA o della procedura di VIA: il fatto che l'installazione permanga strutturalmente invariata non rende, evidentemente, meno accurato l'esame che riguarda la possibilità di applicare nuove tecniche disponibili che riducano le emissioni inquinanti. Come non rileva, nello stesso senso, che solamente «di norma» la conferenza si svolga in modalità asincrona, potendosi decidere, se il caso presenti particolare complessità, di convocare la conferenza simultanea. Proprio in ciò consiste, d'altronde, il vizio d'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata si dà luogo ad un completo ribaltamento delle previsioni della normativa statale interposta, divenendo la convocazione della conferenza ex art. 14-ter della legge n. 241 del 1990 l'eccezione anziché la regola.

Resta, dunque, precluso ai legislatori regionali introdurre modelli procedimentali incompatibili con quelli definiti a livello statale, anche se «un intervento di questo tipo, [...] come nel caso in esame, si autoqualificasse come diretto a perseguire l'obiettivo della semplificazione» (così, sentenza n. 246 del 2018). Per tali ragioni, «lo spirito della riforma del codice dell'ambiente, su queste procedure, [...] è stato proprio quello di ricercare un tendenziale allineamento dei diversi schemi e modelli procedimentali (sentenza n. 93 del 2019)» (sentenza n. 53 del 2021), affinché essi risultassero uniformi sul territorio nazionale, e si potesse assicurare i medesimi adeguati livelli di tutela del bene ambientale.

Per tutti i motivi sopra esposti, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 11 del 2020 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., rimanendo assorbiti gli ulteriori profili di censura articolati nel ricorso introduttivo.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Lombardia 21 maggio 2020, n. 11 (Legge di semplificazione 2020).

P. Emanuele

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