Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Catania, Sezione III
Sentenza 9 dicembre 2021, n. 3722

Presidente ed Estensore: Burzichelli

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato: a) l'ordinanza n. 116 in data 24 settembre 2020 con cui il Comune di Giarre ha disposto la demolizione delle opere realizzate nella via Pavoncello 8 e la restituzione all'utilizzo pubblico della porzione finale del vicolo di via Pavoncello; b) la relazione di sopralluogo della Polizia Municipale e dell'Ufficio Tecnico Comunale, IV Area "Ambiente - Protezione Civile", n. 29269 in data 20 agosto 2020.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) il ricorrente è proprietario del fabbricato sito nella Via Pavoncello 8, pervenutogli in data 29 febbraio 2012 per atto di donazione, nel quale l'immobile viene descritto come "fabbricato per civile abitazione di antica costruzione... costituito da quattro vani oltre accessori cortile al piano terra... e da due vani accessori al piano primo, costituenti un'unica unità abitativa pur se catastalmente distinto in due subalterni"; b) identica descrizione si riscontra nell'atto di provenienza in data 8 maggio 1970; c) l'esistenza del fabbricato in epoca ancor più risalente è confermata dall'atto di vendita in data 26 gennaio 1920; d) la Polizia Municipale ha rilevato l'esecuzione di opere edilizie in assenza di validi permessi autorizzativi; e) in particolare, l'Amministrazione ha accertato che la porzione finale del vincolo di Via Pavoncello era stata inibita all'uso pubblico tramite la collocazione di un cancello metallico, racchiudendo una porzione di circa 50,00 metri quadri; f) sul terreno privato adiacente, censito in catasto al foglio 30, particella 77, la Polizia Municipale ha, inoltre, accertato le seguenti opere edilizie in corso di realizzazione: "al piano terrano è stata chiusa una porzione di metri 5,40 x 4,00 (21,00 metri quadri), delimitata per tre lati da muri preesistenti dell'edificio di proprietà Arcidiacono e per il quarto lato da blocchi di mattoni di tipo coibentato; "orizzontalmente, all'altezza di circa metri 4,20, il locale risulta coperto da struttura metallica e calcestruzzo, con volume corrispondente di circa 90,72 metri cubi"; "al piano primo, a cui si accede tramite una scala inserita all'interno dell'edificio preesistente, la copertura del vano sottostante già descritto, risulta calpestabile e costituisce un terrazzino avente le seguenti dimensioni (metri 6,50 x 8,50) - (metri 5,20 x 2,80) = metri quadri 26,65"; g) con l'ordinanza in questa sede impugnata il Comune ha intimato la restituzione al pubblico utilizzo del tratto di pubblica via sopra indicato e la rimessa in pristino dei locali; h) il provvedimento impugnato è stato ottemperato per quanto attiene alla restituzione al pubblico utilizzo del tratto finale del vicolo di Via Pavoncello.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) le opere realizzate rientrano nella nozione di manutenzione straordinaria di cui all'art. 3, lettera c, del d.P.R. n. 380/2001 ("opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso"); b) il fabbricato in questione risale nella sua attuale consistenza agli anni '20 del secolo scorso; c) il tamponamento del quarto lato di un locale già chiuso da tre lati non dà luogo ad alcun aumento di cubatura; d) è stato, inoltre, sostituito il vecchio solaio fatiscente, che aveva subito un crollo strutturale, con un nuovo solaio in calcestruzzo ed armatura metallica, senza realizzare alcuna nuova copertura; e) non può ritenersi che siano intervenute variazioni essenziali rispetto alla comunicazione di inizio dei lavori asseverata n. 29219 in data 19 agosto 2020, posto che l'art. 12 della legge regionale n. 16/2016 stabilisce che le variazioni essenziali rispetto al progetto approvato sono costituite, tra l'altro, da un aumento della cubatura dell'immobile superiore al 20% e da un aumento della superficie utile calpestabile e dell'altezza dell'immobile superiore al 10%.

In data 4 ottobre 2021 il ricorrente ha depositato una SCIA, trasmessa tramite posta elettronica certificata al Comune in data 28 dicembre 2020, che fa generico riferimento alla "ristrutturazione generale e" al "rifacimento solaio" (ma non è possibile comprendere a quali opere essa effettivamente riferisca, in quanto non sono state depositate le relative tavole progettuali e l'ulteriore documentazione ad essa allegata).

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

A giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

La parte ricorrente non ha depositato gli atti impugnati.

Anche prescindendo dalla natura endoprocedimentale della relazione della Polizia Municipale e dell'Ufficio Tecnico Comunale, IV Area "Ambiente - Protezione Civile", n. 29269 in data 20 agosto 2020 e volendo ipotizzare - anche se al riguardo la parte ricorrente non ha resa, in realtà, alcuna allegazione - che l'interessato abbia smarrito l'ordinanza n. 116 in data 24 settembre 2020, che gli è stata notificata, come dichiarato in ricorso, in data 30 settembre 2020, occorre comunque osservare quanto segue.

Il giudizio amministrativo è governato dal principio dispositivo (art. 64, primo comma, c.p.a.) e il giudice può richiedere alle parti anche d'ufficio chiarimenti e documenti, "fermo restando", però, "l'onere della prova a loro carico" (art. 63, primo comma, c.p.a.).

L'onere della prova riguarda, ovviamente, gli elementi che siano nella disponibilità delle parti, ma anche gli atti detenuti materialmente dall'Amministrazione (come i provvedimenti amministrativi) sono nella disponibilità giuridica degli interessati, i quali, per produrli in giudizio, devono limitarsi a esercitare il diritto di accesso, cioè a richiederli a chi li detiene materialmente (l'Amministrazione), esattamente come avviene nel caso in cui un documento da produrre in giudizio sia materialmente detenuto da un commercialista o da un legale del ricorrente (circostanza che non fa venir meno la disponibilità giuridica dell'atto in capo al diretto interessato).

Nel solo caso in cui l'accesso sia - legittimamente o meno - negato, il giudice potrà disporre l'acquisizione dell'atto o del documento ai sensi del menzionato art. 63, primo o terzo comma, c.p.a., dovendo, quindi, essere profondamente rimeditato il tralatizio insegnamento secondo cui il processo amministrativo sarebbe governato dal principio dispositivo, temperato, però, dal cosiddetto "metodo acquisitivo".

Tale principio, infatti, fu elaborato in un'epoca in cui il diritto di accesso era limitato ad ipotesi assolutamente marginali e non conosceva l'estesissima latitudine che il legislatore ha inteso oggi assegnargli (basti fare menzione dell'attuale disciplina sull'accesso civico).

Come risulta, invero, dal tenore testuale delle disposizioni contemplate nel codice del processo, il giudizio amministrativo di legittimità, come quello che involge posizioni di diritto soggettivo, sotto tale specifico profilo non differisce nella sostanza dal processo civile ordinario, sicché deve ritenersi che la parte privata - come quella pubblica - sia tenuta a sostenere le proprie domande fornendo al giudice la documentazione indispensabile per poterne apprezzare la consistenza.

Il principio dispositivo, per una scelta legislativa che non spetta al Tribunale sindacare, si fonda, invero, sul principio di diligenza, sicché le parti sono tenute a verificare la completezza ed esaustività delle loro allegazioni e a fornire al giudice adeguati e convincenti elementi di prova, in primo luogo documentali, onde consentirgli di valutare convenientemente la fondatezza delle censure sollevate.

Tale verifica risulta, evidentemente, impossibile nel caso in cui la parte ricorrente non depositi l'atto o gli atti impugnati.

Non vale opporre, ovviamente, che l'art. 45, quarto comma, c.p.a. dispone che "la mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza".

La norma, infatti, disciplina la costituzione in giudizio del ricorrente e si limita a precisare che non è affatto indispensabile produrre l'atto impugnato e i documenti del caso al momento della costituzione, valendo a tal fine l'ordinario termine di quaranta giorni liberi dall'udienza di merito di cui all'art. 73, primo comma, c.p.a.

Neppure vale osservare che l'art. 46, secondo comma, c.p.a. prevede che l'Amministrazione, nel termine di cui al comma precedente, debba produrre, tra l'altro, l'eventuale provvedimento impugnato, perché, a tacer d'altro, la norma si riferisce all'ipotesi in cui l'Amministrazione sia costituita in giudizio, mentre nel caso in esame il Comune di Giarre non si è costituito.

Non può neppure farsi applicazione, infine, del principio di non contestazione (art. 64, secondo comma, c.p.a.), poiché esso si riferisce ai fatti non specificamente contestati dalle parti che si siano costituite.

Ne consegue che il presente ricorso risulta infondato in punto di fatto, non avendo la ricorrente fornito prova di quanto affermato e, segnatamente, della circostanza che gli atti impugnati contengano le statuizioni ritenute dalla stessa illegittime in sede di gravame.

Occorre solo precisare che nessuna influenza può spiegare sulla presente decisione la segnalazione certificata di inizio attività depositata in data 4 ottobre 2021, in quanto, come già è stato indicato, essa si riferisce a non meglio precisati lavori di "ristrutturazione generale e" di "rifacimento solaio", risultando impossibile comprendere a quali opere essa effettivamente riferisca, non essendo state depositate le relative tavole progettuali e l'ulteriore documentazione alla stessa allegata.

Nulla deve disporsi quanto alle spese di lite, poiché l'Amministrazione non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.