Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 6 dicembre 2021, n. 8155
Presidente: Simonetti - Estensore: Ravasio
FATTO
1. Con nota del 9 marzo 2016 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo solo "AGCM") avviava, nei confronti di Goldcar Italy s.r.l. (in prosieguo solo "Goldcar" o "Goldcar Italy") e Goldcar Spain s.l. (in prosieguo "Goldcar Spain"), società che praticano noleggio di autovetture a breve termine, un procedimento volto ad accertare possibili violazioni degli artt. 20, comma 2, 21, 22, 24 e 25 del codice del consumo in relazione a due pratiche commerciali:
(i) la prima riguardante, da una parte, le modalità aggressive con le quali il professionista - dopo aver bloccato un considerevole importo sulla carta di credito del cliente a garanzia di eventuali danni arrecati all'autovettura noleggiata - offriva alcuni prodotti accessori presentati come "assicurativi", in particolare proponendo al consumatore con modalità insistenti e pressanti, al momento del ritiro dell'autovettura (check out) - e senza che gli fosse fornita preventivamente alcuna chiara informativa in merito al perimetro delle coperture assicurative già incluse nel noleggio - la sottoscrizione di una copertura aggiuntiva a pagamento, sia per abbattere l'importo del deposito cauzionale, sia paventando il possibile ingente addebito sulla sua carta di credito per eventuali danni all'auto nel caso in cui non avesse sottoscritto tale copertura; d'altra parte le modalità arbitrarie con le quali il professionista, a fronte della mancata acquisizione di tale copertura aggiuntiva, addebitava al termine del noleggio - sulla base dell'indicazione di criteri generici di quantificazione del danno, presenti nelle Condizioni generali di autonoleggio - importi arbitrari per danni attribuiti al consumatore;
(ii) la seconda riguardante la discrasia tra il prezzo finale corrisposto dal cliente al momento della riconsegna dell'autovettura e quello emerso nell'iter di prenotazione, in ragione dell'applicazione di ulteriori voci di costo in relazione al conteggio del carburante, e specificamente alla c.d. tariffa flex fuel.
2. Nel corso del procedimento le due società presentavano una dichiarazione di impegni, che l'AGCM respingeva con provvedimento del 25 maggio 2016.
3. All'esito dell'istruttoria procedimentale l'AGCM adottava, il 30 novembre 2016, il provvedimento conclusivo, a mezzo del quale, riteneva le due società responsabili di ambedue le pratiche in contestazione e per l'effetto irrogava loro una sanzione di euro 1.700.000,00 per la pratica sub (i) e altra sanzione di euro 300.000,00 per la pratica sub (ii).
4. Con atto del 27 settembre 2017 l'AGCM avviava un procedimento per inottemperanza, avendo ricevuto ulteriori segnalazioni da parte di consumatori e associazioni rappresentative, che denunciavano la reiterazione della pratica di cui sub (i): il procedimento si concludeva con provvedimento del 31 gennaio 2018, a mezzo del quale alle due società veniva irrogata, in via solidale, l'ulteriore sanzione euro 680.000,00.
5. Le società hanno impugnato innanzi al TAR del Lazio sia i provvedimenti sanzionatori, del 30 novembre 2016 e del 31 gennaio 2018, sia il provvedimento del 25 maggio 2016, di respingimento degli impegni.
6. A definizione del giudizio il Tribunale, con sentenza n. 3495 del 3 aprile 2019, oggetto d'appello nel presente giudizio, ha respinto i ricorsi, confermando la legittimità di tutti gli atti impugnati e condannando le società al pagamento delle spese del giudizio.
7. Con il ricorso indicato in epigrafe Goldcar e Glodcar Spain hanno proposto appello insistendo per la riforma della su indicata sentenza e, conseguentemente, per l'annullamento dei provvedimenti impugnati, con le conseguenti statuizioni sulle spese.
8. L'AGCM ha resistito all'appello con memoria di stile.
9. Il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 4 novembre 2021, in occasione della quale è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Sulle violazioni dei termini di avvio e di durata massima del procedimento.
10. Il Collegio procede con la disamina del primo motivo d'appello, articolato in plurimi profili, che ha carattere pregiudiziale, essendo potenzialmente idoneo a determinare, ove accolto, la totale o parziale riforma, senza rinvio, dell'appellata sentenza: con tale censura, infatti, quest'ultima è contestata nella parte in cui ha respinto le censure con cui era stata dedotta violazione dell'art. 2 della l. 241/1990, degli artt. 6 e 7 del regolamento dell'AGCM sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore, dell'art. 14 della l. n. 689/1981 e, infine dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti umani, in relazione ad alcune tardività in cui sarebbe incorsa l'AGCM. In particolare, le indicate violazioni sarebbero state integrate - a dire delle appellanti - dal fatto che l'AGCM ha lasciato trascorrere più di due anni dal ricevimento della prima segnalazione, prima di dare l'avvio del procedimento, con provvedimento del 9 marzo 2016, e dal fatto che complessivamente il procedimento ha avuto una lunghezza superiore a quella prevista dal citato regolamento, essendo stata illegittimamente disposta la proroga del termine, inizialmente fissato, per la conclusione del procedimento.
10.1. Il TAR ha respinto la doglianza osservando: che i termini - di avvio e di conclusione del procedimento - indicati agli artt. 6 e 7 del regolamento sanzionatorio non sono espressamente qualificati come perentori e non prevedono sanzioni per la relativa violazione; che il termine di 210 giorni, di cui all'art. 6 del regolamento citato, viene in considerazione solo quando l'operatore incolpato abbia sede all'estero; che l'art. 5, comma 2, del regolamento fa salva la possibilità, per l'AGCM, di riaprire in ogni momento il procedimento a seguito di approfondimento istruttorio o di acquisizione di nuovi elementi, e che ciò in sostanza sta a significare che il potere sanzionatorio dell'AGCM non si consuma mai, per effetto del mero decorso del tempo; infine ha rilevato che il tempo trascorso prima dell'avvio del procedimento "lungi dal violare gli interessi del professionista si pone, al contrario, quale presidio di garanzia nei suoi confronti a non vedersi perseguito sulla base di un'unica segnalazione".
10.2. A tali rilievi le appellanti replicano osservando che i termini per la contestazione delle violazioni amministrative e per l'adozione del provvedimento conclusivo sono considerati pacificamente perentori, sia per la ragione che si tratta di termini collegati all'esercizio del diritto di difesa, sia perché i procedimenti finalizzati alla irrogazione di sanzioni aventi carattere sostanzialmente penale debbono assicurare agli interessati le medesime garanzie proprie del giusto processo, primo fra tutti il principio di ragionevole durata. Le appellanti rammentano, altresì, che la natura non perentoria dei termini sanzionatori in questione è stata messa in discussione da recenti pronunce, che hanno evidenziato la sostanziale compatibilità sussistente tra i procedimenti sanzionatori che si svolgono innanzi l'AGCM e l'art. 14 della l. 689/1981, ed inoltre le difficoltà cui va incontro l'incolpato, quando deve apprestare la propria difesa a distanza di molto tempo dall'accadimento dei fatti contestati.
11. L'esame della censura deve prendere le mosse dalla preliminare constatazione che questo Consiglio di Stato ha già avuto occasione di interrogarsi sulla perentorietà, o meno, di alcuni termini che regolano l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie di competenza di autorità connotate da alto grado di indipendenza, giungendo alla conclusione che la perentorietà dei termini, ancorché non esplicitamente affermata dalle norme di riferimento, può essere nondimeno affermata in ragione della natura afflittiva dei provvedimenti sanzionatori: trattandosi, cioè, di provvedimenti che sono espressione di potestà sanzionatoria, e non già di amministrazione attiva, il relativo procedimento risulta connotato da caratteri di specialità, rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e deve risultare idoneo ad assicurare il rispetto delle garanzie che devono assistere l'applicazione di misure a carattere afflittivo - id est: le garanzie sancite nella Convenzione europea dei diritti umani, agli artt. 6 (equo processo) e 7 (principio di legalità dei reati e delle pene e divieto di applicazione retroattiva) della Convenzione, nonché nel relativo Protocollo 7, agli artt. 2 (diritto di revisione della condanna) e 4 (divieto del bis in idem) -; per tale ragione - si è osservato - la normativa generale di riferimento, per i procedimenti di che trattasi, non può essere rappresentata dalla legge generale sul procedimento amministrativo, di cui alla l. 241/1990, ma è costituita dalla l. n. 689/1981, che disciplina in via generale l'irrogazione delle sanzioni amministrative, e che infatti, all'art. 14, prevede un termine di 90 giorni, pacificamente ritenuto perentorio, per la contestazione dell'illecito.
11.1. In particolare è stato affermato, con riferimento al termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, che è "proprio la natura del provvedimento sanzionatorio a suggerire la soluzione nel senso della necessaria perentorietà del termine per provvedere, attesa la stretta correlazione sussistente tra il rispetto di quel termine e l'effettività del diritto di difesa, avente come è noto protezione costituzionale (nel combinato disposto degli articoli 24 e 97 Cost.). Non par dubbio, infatti, che consentire l'adozione del provvedimento finale entro il lungo termine prescrizionale (cinque anni, in base all'art. 28 della legge 689/1981), anziché nel rispetto del termine specificamente fissato per l'adozione dell'atto, equivarrebbe ad esporre l'incolpato ad un potere sanzionatorio di fronte al cui tardivo esercizio potrebbe essergli difficoltoso approntare in concreto adeguati strumenti di difesa" (così C.d.S., VI, 29 gennaio 2013, n. 542, seguita da C.d.S., VI, 6 agosto 2013, n. 4113, entrambe in tema di procedimento sanzionatorio di competenza della Banca d'Italia ai sensi dell'art. 145 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e del relativo regolamento adottato il 25 giugno 2008; in riferimento all'art. 8 d.lgs. n. 163 del 2006 e al regolamento sanzioni ANAC: C.d.S., VI, ord. 19 febbraio 2016, n. 544; V, sent. 3 ottobre 2018, n. 5695; per quanto concerne, ancora, il procedimento sanzionatorio di competenza dell'ARERA, C.d.S., VI, 18 gennaio 2021, n. 584), con l'ulteriore precisazione che nel termine relativo alla conclusione del procedimento deve essere computato anche il tempo occorrente/occorso alla comunicazione del provvedimento all'interessato (C.d.S., V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695; 13 dicembre 2019, n. 8481).
11.2. Il principio, peraltro, è stato affermato anche con rifermento al termine di avvio del procedimento sanzionatorio, sempre sul presupposto che viene in considerazione il potere di irrogare un provvedimento avente natura afflittiva e che "l'esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all'inerzia dell'autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti" (cfr. C.d.S., V, 3 maggio 2019, n. 2874; VI, 11 giugno 2019, n. 3919; V, 31 dicembre 2019, n. 8481).
11.3. È stato anche affermato che il regime decadenziale e prescrizionale applicabile ad una sanzione amministrativa può essere desunto esclusivamente dalla legge generale relativa al regime giuridico sostanziale e processuale delle sanzioni amministrative, laddove non esista una deroga proveniente da una norma di pari rango: un diverso termine previsto da un mero regolamento interno deve, invece, ritenersi inidoneo a modificare le disposizioni di cui alla l. 689/1981 (Cass. civ., nn. 4873/2007, 4329/2008, 22199/2010, 9517/2018).
12. Venendo alle sanzioni relative alla violazione di norme previste a tutela del consumatore, va rammentato, prima di tutto, che il potere sanzionatorio dell'AGCM trova fondamento nell'art. 27 del d.lgs. 206/2005, che, al comma 11, prevede che "L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con proprio regolamento, disciplina la procedura istruttoria, in modo da garantire il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione"; la stessa norma, peraltro, al comma 3, stabilisce anche che "L'Autorità può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza. In ogni caso, comunica l'apertura dell'istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione idonea ad identificarlo. L'Autorità può, altresì, richiedere a imprese, enti o persone che ne siano in possesso le informazioni ed i documenti rilevanti al fine dell'accertamento dell'infrazione. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 14, commi 2, 3 e 4, della legge 10 ottobre 1990, n. 28". Per quanto di interesse ai fini della presente decisione, va rilevato che la norma in esame non fissa termini specifici per l'avvio o la conclusione del procedimento sanzionatorio, ma individua il trattamento sanzionatorio, sia con riferimento alle condotte commerciali scorrette, sia con riferimento alle violazioni degli impegni assunti dall'operatore economico. La norma precisa inoltre, al comma 13, che per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni del d.lgs. 206/2005 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli artt. 26, 27, 28 e 29: non v'è, dunque, un richiamo alla necessità di rispettare l'art. 14 della l. 689/1981, che fissa il termine perentorio di 90 giorni per la contestazione dell'illecito, ove questa non possa avvenire immediatamente.
12.1. L'AGCM, con delibera 1° aprile 2015, n. 25411, ha adottato il regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore, che contiene le seguenti previsioni, rilevanti al fine del decidere:
- l'art. 4 indica i requisiti dell'istanza con cui è possibile chiedere l'intervento dell'AGCM per sanzionare violazioni al codice del consumo, e ai commi 4 e 5 prevede che:
"4. Gli elementi di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, nonché i dati identificativi del soggetto denunciante, costituiscono elementi essenziali dell'istanza di intervento, in assenza dei quali il responsabile dell'unità organizzativa competente per materia riscontra la non ricevibilità della stessa, informandone il Collegio, impregiudicata la possibilità per il denunciante di ripresentare l'istanza di intervento in forma completa. Resta ferma in ogni caso la possibilità per l'Autorità di procedere d'ufficio a ulteriori approfondimenti ai fini di un eventuale avvio di istruttoria ai sensi dell'articolo 6.
5. Ad eccezione dei casi di particolare gravità, qualora sussistano fondati motivi tali da ritenere che il messaggio o la pratica commerciale costituisca una pubblicità ingannevole, una pubblicità comparativa illecita o una pratica commerciale scorretta, il responsabile del procedimento, dopo averne informato il Collegio, può invitare il professionista, per iscritto, a rimuovere i profili di possibile ingannevolezza o illiceità di una pubblicità ovvero di possibile scorrettezza di una pratica commerciale (moral suasion)";
- l'art. 5, secondo cui:
"1. La fase pre-istruttoria può essere chiusa per uno dei seguenti motivi:
a) irricevibilità ai sensi dell'articolo 4, comma 4;
b) archiviazione per inapplicabilità della legge per assenza dei presupposti richiesti dal decreto legislativo sulla pubblicità ingannevole o dal codice del consumo;
c) archiviazione per manifesta infondatezza per l'assenza di elementi di fatto idonei a giustificare ulteriori accertamenti;
d) archiviazione ad esito dell'avvenuta rimozione da parte del professionista dei profili di possibile ingannevolezza o illiceità di una pubblicità ovvero di possibile scorrettezza di una pratica commerciale (moral suasion), di cui all'articolo 4, comma 5. Dell'esito di tale intervento, che verrà comunicato al professionista, l'Autorità può dare notizia utilizzando adeguate modalità informative e valutando eventuali esigenze di riservatezza motivatamente rappresentate dal professionista;
e) archiviazione per manifesta inidoneità del messaggio pubblicitario o della pratica a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio al quale è diretta, anche in ragione della dimensione minima della diffusione di un messaggio o della localizzazione circoscritta di una pratica (de minimis);
f) non luogo a provvedere per sporadiche richieste di intervento relative a condotte isolate ovvero non rientranti tra le priorità di intervento dell'Autorità, in ragione degli obiettivi di razionalizzazione, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa. L'Autorità può individuare con apposito atto le priorità di intervento che intende perseguire.
2. Qualora non venga avviato il procedimento nel termine indicato dall'articolo 6, comma 1, la fase pre-istruttoria si intende chiusa con non luogo a provvedere ai sensi della lett. f) del precedente comma. Resta impregiudicata la facoltà dell'Autorità di acquisire successivamente agli atti l'istanza di intervento per procedere d'ufficio ad un approfondimento istruttorio, fondato su elementi sopravvenuti o su una diversa valutazione delle priorità di intervento. A tal fine le Direzioni informano periodicamente il Collegio dei procedimenti definiti ai sensi del presente comma.
3. È facoltà dell'Autorità inviare una comunicazione dell'avvenuta archiviazione o chiusura del procedimento preistruttorio";
- l'art. 6, comma 1:
"1. Il responsabile del procedimento, valutati gli elementi comunque in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza con l'istanza di intervento di cui all'articolo 4, avvia l'istruttoria al fine di verificare l'esistenza di pubblicità ingannevoli o comparative illecite, di cui al decreto legislativo sulla pubblicità ingannevole, ovvero di pratiche commerciali scorrette, di cui al codice del consumo. L'avvio dell'istruttoria è disposto entro il termine di 180 giorni dalla ricezione dell'istanza di intervento e tale termine è interrotto in caso di richiesta di informazioni fino alla ricezione delle stesse";
- l'art. 7, commi 1 e 2:
"1. Il termine per la conclusione del procedimento è di centoventi giorni, decorrenti dalla data di protocollo della comunicazione di avvio e di centocinquanta giorni quando si debbano chiedere pareri ai sensi dell'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo sulla pubblicità ingannevole ovvero in procedimenti di pratiche commerciali scorrette, ai sensi dell'articolo 27, commi 1-bis e 6, del codice del consumo.
2. Nel caso in cui il professionista sia residente, domiciliato o abbia sede all'estero, il termine per la conclusione del procedimento è di centottanta giorni decorrenti dalla data di protocollo della comunicazione di avvio e di duecentodieci giorni quando si debbano chiedere pareri ai sensi dell'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo sulla pubblicità ingannevole ovvero, in procedimenti di pratiche commerciali scorrette, ai sensi dell'articolo 27, commi 1-bis e 6, del codice del consumo".
13. Circa la natura di tali sanzioni, il Collegio intende dare continuità al precedente della Sezione (cfr. sent. n. 7566 del 30 novembre 2020) che con riferimento ad una sanzione consumieristica di natura pecuniaria, di importo inferiore a quello complessivamente erogato con gli atti impugnati nel presente giudizio, ne ha affermato la natura sostanzialmente afflittiva e penale, tenuto conto del bene giuridico, superindividuale, tutelato dalla norma, del grado di severità della sanzione e della sua funzione punitiva e deterrente, criteri che - secondo il noto e risalente insegnamento della Corte EDU a partire dalla sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, §§ 81-83 - soccorrono per stabilire l'eventuale natura afflittiva/penale di una sanzione.
13.1. Premesso e ricordato che i criteri individuati dalla Corte di Strasburgo sono tra loro tendenzialmente alternativi, e che il riscontro cumulativo di essi viene utilizzato, per lo più, per risolvere situazioni di incertezza, va ricordato, con specifico riguardo alle sanzioni pecuniarie, che la Corte di Strasburgo considera la "gravità" della sanzione un indice della natura penale/afflittiva, e considera indici di "gravità" l'importo della sanzione, la menzione o meno di essa nel casellario giudiziale, la convertibilità in pena detentiva in caso di mancato pagamento e, più in generale, il complessivo effetto limitativo spiegato sulla sfera personale del destinatario, anche per quanto concerne le sue potenzialità relazionali, economiche e lavorative e quindi, in ultima analisi, al suo carattere "infamante" (c.d. degree of stigma).
13.2. Altro indice di natura afflittiva/penale della sanzione è desumibile dalla finalità della sanzione, quando si rilevi che tale finalità non sia meramente riparatoria/compensativa, ma sia anche, o solo, repressiva, deterrente o punitiva. Va al riguardo rammentato che con la sentenza Jussile c. Finlandia, 23 novembre 2006, la Corte ha chiarito che l'esigua entità della sanzione in quel caso inflitta (in materia fiscale) non era determinante (nel senso di escluderne la natura penale/afflittiva), a fronte della constatazione che la sanzione non tendeva alla riparazione pecuniaria di un pregiudizio ma era volta essenzialmente a punire, per impedire il ripetersi di comportamenti criminali (cfr. par. 38 della motivazione: «... On peut dès lors en conclure que les majorations infligées étaient fondées sur une norme poursuivant un but à la fois préventif et répressif. Cette considération suffit à elle seule à conférer à l'infraction infligée un caractère pénal...»).
13.3. Va a questo punto ricordato che l'art. 13 della direttiva 2005/29/CE ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali"), stabilisce che "Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive" e che la giurisprudenza, in conformità all'indicato principio, ha riconosciuto che le sanzioni irrogate dall'AGCM in materia di violazione delle norme poste a tutela del consumatore sono deputate a svolgere una necessaria funzione deterrente (cfr. C.G.U.E. 16 aprile 2015, C-388/13; C.d.S., Sez. VI, 17 novembre 2015, n. 5250).
13.4. Infine è utile rammentare che ai sensi delle Linee Guida n. 6 dell'ANAC (paragrafo 2.2.3.1.) i provvedimenti sanzionatori dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette debbono considerarsi, quando dotati di efficacia esecutiva, situazioni rilevanti nelle gare per l'affidamento di appalti pubblici, quali episodi indicativi di mancanza di affidabilità dell'operatore economico, come tali valorizzabili ai fini dell'esclusione di quest'ultimo da una gara.
13.5. Tenuto conto di quanto innanzi rilevato, il Collegio ritiene di poter affermare la natura "afflittiva" - nel senso indicato dalla Corte EDU - delle sanzioni inflitte nel caso di specie, constatando che sussistono plurime circostanze indicative di siffatta natura.
14. Ne consegue che le previsioni contenute nell'art. 27 del d.lgs. 206/2005, e nel regolamento dell'AGCM, richiamate al precedente paragrafo 12, debbono essere interpretate, ove possibile, in senso tale da assicurare le sopra ricordate garanzie previste dalla Convenzione europea dei diritti umani, e tra esse quella relativa all'"equo processo" (art. 6), che si declina anche nel diritto dell'interessato ad essere informato, a tempo debito, sulla natura e i motivi dell'accusa, al fine di preparare la difesa (Pélissier e Sassi c. France, 25 marzo 1999, § 54 ; Dallos c. Hongrie, 1° marzo 2001, § 47).
14.1. Del resto, anche la perentorietà - riconosciuta dalla costante giurisprudenza - del termine di contestazione dell'illecito amministrativo, previsto dall'art. 14 l. 689/1981, si collega alla circostanza che si tratta di un termine che "ha una funzione di garanzia, essendo destinato a un tempestivo esercizio del diritto di difesa" (cfr. Cass. civ., I, sent. n. 5735 del 23 marzo 2004), e cioè all'esigenza di assicurare al soggetto destinatario della sanzione la possibilità di difendersi efficacemente, tenuto conto del fatto che il trascorrere del tempo, nell'ignoranza dell'esistenza del procedimento, può compromettere la capacità di reperire gli elementi probatori a discolpa.
14.2. Tanto sopra premesso e ricordato il Collegio osserva che:
(i) il termine di 180 giorni fissato dall'art. 6 del regolamento dell'AGCM approvato con delibera 1° aprile 2015, n. 25411, deve considerarsi perentorio per la natura delle sanzioni di che trattasi, e del resto è la norma stessa a prevedere che l'unico caso in cui il termine in questione può di fatto allungarsi consegue alla richiesta di informazioni da parte dell'AGCM, alla quale è collegato espressamente un effetto interruttivo del termine;
(ii) la decorrenza del termine è indicata dal citato art. 6 in modo certo e chiaro (contrariamente a quanto accade per l'art. 14 della l. 689/1981), ovvero dal ricevimento, da parte dell'AGCM, della richiesta di intervento;
(iii) l'omessa comunicazione della contestazione nel termine di che trattasi può correlarsi soltanto alla archiviazione della richiesta di intervento per una delle cause indicate all'art. 5 del regolamento: tali cause, ad eccezione di quella di cui alla lett. a), suppongono che l'AGCM effettui comunque una valutazione della fondatezza della richiesta di intervento, e dall'art. 5, comma 2, del regolamento si evince chiaramente che la predetta valutazione deve essere effettuata nel termine di 180 decorrente dalla richiesta di intervento;
(iv) la circostanza che l'Autorità possa, nonostante l'archiviazione o il non luogo a provvedere, acquisire ulteriori elementi probatori d'ufficio, ai sensi dell'art. 5, comma 2, e dare l'avvio formale all'istruttoria oltre il termine di 180 giorni dal ricevimento della richiesta di intervento - facoltà espressamente riconosciuta dall'art. 6, comma 1 - non consente affatto di inferire il carattere non perentorio del termine di 180 giorni: la norma deve infatti essere letta - sempre per la ragione che l'interpretazione deve essere improntata al rispetto dell'art. 6 della CEDU - nel senso che l'Autorità a quel punto è tenuta a dare evidenza, nella comunicazione di avvio della istruttoria, degli elementi probatori sopravvenuti, mancanti nel primo semestre, che hanno consentito di ritenere fondata la richiesta originaria;
(v) ad ulteriore conferma che l'Autorità è onerata di effettuare immediatamente, al ricevimento di una richiesta di intervento, una seria valutazione sulla fondatezza o meno di una richiesta di intervento, milita pure la considerazione che anche nella fase pre-istruttoria l'Autorità ha il potere di chiedere chiarimenti (art. 4, comma 4; art. 6, comma 1), il potere di invitare il professionista a rimuovere i profili di possibile ingannevolezza o illiceità di una pubblicità ovvero di possibile scorrettezza di una pratica commerciale (moral suasion) (art. 4, comma 5), nonché il potere di valutare la richiesta di intervento al fine di un approfondimento istruttorio d'ufficio (art. 5, comma 2): in particolare, l'attribuzione di tali poteri evidenzia che l'Autorità ha il dovere di valutare attentamente la fondatezza di una richiesta di intervento, non solo a fini istruttori e sanzionatori, ma anche preventivi, ovvero al fine di conseguire l'immediata cessazione di pratiche scorrette di minore gravità;
(vi) non può invece ritenersi consentito all'Autorità di tenere ferma su un tavolo una richiesta di intervento senza valutarne la fondatezza e senza valutare l'opportunità di esercitare uno dei poteri ricordati al precedente paragrafo: a tale proposito va subito evidenziato che la fattispecie di "non luogo a provvedere" prevista all'art. 5, comma 1, lett. f) ("non luogo a provvedere per sporadiche richieste di intervento relative a condotte isolate ovvero non rientranti tra le priorità di intervento dell'Autorità, in ragione degli obiettivi di razionalizzazione, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa. L'Autorità può individuare con apposito atto le priorità di intervento che intende perseguire") non può giustificare l'inerzia dell'Autorità neppure quale modalità di verifica della non sporadicità della richiesta di intervento o della natura non isolata della condotta denunciata, perché, così intesa ed utilizzata, l'inerzia nel valutare una istanza di intervento in effetti realizza un improprio strumento di "provocazione" del professionista che, anziché essere prontamente messo sull'avviso, dall'Autorità, circa la possibile illiceità di una condotta, viene lasciato libero di reiterarla, a tutto danno dei consumatori, al solo scopo di dimostrarne la colpevolezza: da questo punto di vista l'inerzia o la leggerezza nel valutare attentamente le richieste e pratiche apparentemente sporadiche o isolate va contro la ratio delle norme a tutela del consumatore e pone anche ulteriori problemi di compatibilità con la natura penale/afflittiva delle sanzioni in oggetto, tenuto conto del fatto che, in linea di principio, la "provocazione" è vietata dall'art. 6 della CEDU, ed è stata riconosciuta ammissibile, dalla Corte di Strasburgo, solo se utilizzata entro limiti ben definiti, in particolare per perseguire crimini particolarmente gravi e caratterizzati da notevole complessità (Khoudobine c. Russia, 26 ottobre 2006);
(vii) ne consegue che il non luogo a procedere ex art. 5, comma 1, lett. f), del regolamento, che giustifica una comunicazione di avvio dell'istruttoria tardiva a seguito dell'acquisizione di ulteriori elementi probatori, si deve fondare e giustificare sul contenuto intrinseco della richiesta di intervento, che deve essere richiamato anche nella tardiva comunicazione di avvio del procedimento;
(viii) quanto al non luogo a procedere determinato dal fatto che la condotta denunciata non rientra, inizialmente, tra le priorità di intervento dell'Autorità, si deve sottolineare che la pratica, dell'AGCM, di definire delle priorità di intervento e poi di modificarle è idonea a creare confusione tra i professionisti e, quindi, accentua ulteriormente le problematicità legate alla tardiva sanzione di comportamenti inizialmente "tollerati" dall'Autorità, per motivi legati, in definitiva, all'organizzazione interna, e non già alla intrinseca non lesività delle condotte.
14.3. In conclusione il Collegio ritiene che l'esame delle norme del regolamento dell'AGCM, approvato con delibera 1° aprile 2015, n. 25411, interpretate in senso orientato al rispetto dell'art. 6 della CEDU, conduce a ritenere che al ricevimento di una richiesta di intervento l'Autorità è tenuta ad effettuare immediatamente una attenta valutazione, che si estende anche all'opportunità di utilizzare i poteri, sopra visti, attivabili in pre-istruttoria, in particolare la richiesta di chiarimenti e l'invito a rimuovere possibili profili di illiceità di una condotta. Il termine per la comunicazione dell'avvio della istruttoria formale, con la contestazione degli illeciti, è perentorio, e la tardività di tale adempimento deve essere giustificata mediante il richiamo specifico, nella motivazione dell'atto di avvio dell'istruttoria formale, alle circostanze, condizioni e ragioni che hanno inizialmente indotto l'Autorità a ritenere di non dare corso alla richiesta: tanto onde consentire al professionista, ma anche in sede giurisdizionale, un sindacato sulle ragioni per cui l'avvio della istruttoria non è stato dato tempestivamente, ed a maggior ragione quando l'Autorità si sia avvalsa della facoltà - anche questa ampiamente discutibile - di non comunicare al professionista interessato l'archiviazione/non luogo a procedere del procedimento.
15. Il Collegio passa, a questo punto, alla disamina degli atti di causa, con la finalità di accertare se la comunicazione di avvio dell'istruttoria del 9 marzo 2016 debba considerarsi tardiva, ed eventualmente in quali limiti.
15.1. A tale riguardo occorre evidenziare che:
- dal doc. 8 dell'AGCM risulta una segnalazione del 22 ottobre 2014 (doc. 8 dell'AGCM), che ha ad oggetto sia condotte riconducibili alla condotta sub (i) del Provvedimento impugnato (ovvero le modalità aggressive con cui, al momento del ritiro dell'auto, gli addetti al servizio insistevano per la stipula di una polizza di assicurazione aggiuntiva, seguita dall'addebito di una somma a copertura di danni asseritamente cagionati dal consumatore, ma da questi contestati), sia la condotta sub (ii) del Provvedimento (ovvero l'applicazione, al momento della riconsegna della vettura, di ulteriori voci di costi relativi al carburante);
- dal doc. 12 di Goldcar risulta: una segnalazione del 23 gennaio 2015, che denuncia in modo molto puntuale una condotta riconducibile a quella sub (i) del Provvedimento; una segnalazione del 23 febbraio 2015, di una associazione di consumatori, che segnalava un episodio di fine estate 2014, relativa ad un abusivo addebito per danni, ed una ingiustificata richiesta, al momento della consegna dell'auto, di una somma di danaro per il carburante; altra segnalazione del 23 luglio 2015, molto puntuale, nella quale il consumatore denunciava di aver corrisposto in anticipo una somma di 108 euro per il carburante, che poi non gli veniva restituita integralmente, pur avendo riconsegnato l'auto con il pieno di carburante;
- dal doc. 9 dell'AGCM risulta ancora una segnalazione del 28 settembre 2015, per comportamenti aggressivi nel pretendere la stipula di una polizza aggiuntiva, al momento della consegna dell'auto;
- dal doc. 10 dell'AGCM risulta: una segnalazione del 22 novembre 2015, un poco approssimativa, in cui si riferisce di pressioni per far sottoscrivere un polizza aggiuntiva e di un addebito per danni contestati; una segnalazione del 24 novembre 2015, proveniente da una associazione di consumatori, che lamentava più che altro la mancanza di disponibilità a comunicare della Goldcar in relazione all'addebito di danni contestati dai consumatori nonché la circostanza che ai consumatori non veniva rimborsato, al momento della riconsegna dell'auto, il costo di una polizza stipulata a copertura dei costi del carburante, anche se l'auto veniva riconsegnata con il serbatoio pieno; una segnalazione del 22 dicembre 2015 di un consumatore, che lamenta il mancato riconoscimento della polizza danno sottoscritta online, e la richiesta di stipularne una aggiuntiva, oltre alla richiesta di pagamento di ulteriore somma per carburante: in questo caso il consumatore non ha ricevuto danni in quanto ha rifiutato di dare corso al noleggio;
- infine, nel doc. 17 delle appellanti, sono contenute alcune segnalazioni provenienti da clienti che hanno acquistato il servizio tramite broker, delle quali alcune già menzionate, in genere accomunate dal fatto che al momento della consegna dell'auto veniva contestata la validità della polizza sottoscritta online.
15.2. Dall'insieme delle segnalazioni di cui è stata prodotta copia nel primo grado di giudizio emerge che l'Autorità, prima della fine di settembre 2015 (cioè già prima dei 180 giorni precedenti la comunicazione di avvio del procedimento) aveva ricevuto segnalazioni molto puntuali di condotte ascrivibili a quelle contestate al capo (i) del Provvedimento, segnalazioni, cioè, dalle quali si evinceva che al momento della consegna dell'autovettura gli addetti delle società Goldcar facevano pressioni di vario tipo per convincere il cliente a stipulare una polizza, a copertura di eventuali danni, aggiuntiva, procedendo, in difetto, a successivi addebiti per danni, che i consumatori non riconoscevano. La richiesta di intervento del gennaio 2015, in particolare (doc. 12 del fascicolo di primo grado di Goldcar), era molto circostanziata e ben scritta, e in sostanza confermava quanto riferito in maniera più sommaria in altra segnalazione già ricevuta dall'Autorità nell'ottobre 2014.
15.3. Meno precise sono state le segnalazioni trasmesse all'AGCM relativamente alla condotta contestata, nel provvedimento, al capo (ii), nel senso che, in questo caso, i consumatori hanno rappresentato di aver corrisposto in anticipo una somma a copertura del costo del carburante, in contanti o tramite polizza, ma nelle richieste di intervento non si prospetta la mancanza di chiarezza delle tariffe relative al prezzo del carburante, ed in particolare la mancanza di chiarezza della tariffa c.d. tax fluel, e tuttavia è proprio la mancanza di chiarezza di tale tariffa che è stata posta, dall'Autorità, a base della contestazione della condotta, quale pratica commerciale ingannevole (si vedano a tale proposito i parr. 71 e segg. del Provvedimento).
15.4. Si ha, dunque, che mentre il nucleo essenziale della contestazione confluita nel capo (i) del Provvedimento emerge in maniera sufficientemente chiara da segnalazioni ricevute dall'Autorità già a far tempo dal gennaio 2015, lo stesso non può dirsi circa le condotte poste a fondamento della condotta di cui al capo (ii), che in sostanza sanzionano le società appellanti non per l'abusiva trattenuta di somme pagate dal consumatore per costo del carburante, o per la maniera pressante o truffaldina con cui è stato ottenuto dai consumatori il pagamento di tali somme, quanto piuttosto per l'ingannevolezza delle informazioni rese disponibili circa il funzionamento della c.d. tax fluel.
15.5. Nel provvedimento impugnato nulla si dice a giustificazione della decisione dell'Autorità di non avviare l'istruttoria, quantomeno per la condotta di cui al capo (i), entro i sei mesi dalla ricezione della segnalazione del gennaio 2015, e ciò nonostante che in quest'ultima si riferisse che il consumatore era stato richiesto di stipulare una polizza danni aggiuntiva, che al rifiuto egli fosse poi stato obbligato a versare un deposito cauzionale di 1.200,00 euro, oltre a un deposito di 133,00 euro quale cauzione sul costo del carburante, che la verifica dei danni preesistenti era stata alquanto approssimativa e tale da consentire, alla riconsegna dell'auto, di contestare al consumatore danni dal medesimo non cagionati, con conseguente ulteriore addebito di 264,00 euro; il medesimo consumatore, infine, informava l'Autorità di aver reperito, in internet, numerose lamentele a carico di fruitori del servizio di noleggio offerto da Goldcar. L'Autorità, di conseguenza, non poteva ritenere la condotta in questione un fatto isolato, dal momento che nell'ottobre 2014 aveva già ricevuto una analoga, seppure meno circostanziata, denuncia, e che anche la denuncia del 23 gennaio 2015 riferiva di altri utenti che avevano avuto problemi nel noleggio di auto con le società appellanti. In ogni caso non si comprende cosa, nella vicenda narrata nella segnalazione in questione, potesse lasciar credere che si trattasse di un episodio isolato.
15.6. Né è dato comprendere come l'Autorità abbia trattato la richiesta di intervento del 23 gennaio 2015: non consta, infatti, che essa abbia chiesto chiarimenti o informazioni al professionista, né che l'abbia invitato a cessare la condotta, né, infine, risulta che l'Autorità abbia effettuato un approfondimento istruttorio d'ufficio.
15.7. In definitiva da quanto risulta l'Autorità, ricevute le prime segnalazioni, è rimasta semplicemente inerte. L'avvio del procedimento, del 6 marzo 2016, risulta dunque tardivo relativamente alla condotta di cui al capo (i), e nulla consente di ritenere che il riavvio del procedimento in epoca successiva possa giustificarsi con elementi sopravvenuti alle prime segnalazioni, che in precedenza non fossero conosciuti, o con un mutamento nelle priorità di intervento dell'Autorità.
16. La rilevata tardività dell'avvio del procedimento, con riferimento alla condotta contestata al capo (i), conduce a ritenere "inutilizzabili" quantomeno le segnalazioni pervenute all'AGCM nel periodo antecedente ai sei mesi che hanno preceduto l'avvio del procedimento; conseguentemente, in mancanza di elementi che consentano di stabilire con certezza che il provvedimento impugnato si giustifica e legittima, sia nell'an che nel quantum, anche a prescindere dalle segnalazioni non utilizzabili, il Collegio ritiene di doverlo annullare, limitatamente alla parte in cui irroga alle appellanti una sanzione per la condotta contestata al capo (i). Va poi annullato, per illegittimità derivata, il provvedimento dell'AGCM del 31 gennaio 2018 a mezzo del quale, sul presupposto del provvedimento sanzionatorio del 30 novembre 2016, ed in ragione della reiterazione, nel corso del 2017, della condotta sanzionata al capo (i), le appellanti sono state ulteriormente sanzionate per inottemperanza con l'irrogazione di 680.000,00 euro.
17. A diversa conclusione si deve, invece, giungere relativamente alla condotta contestata al capo (ii) del provvedimento, condotta nella quale assume un rilievo determinante la mancanza di chiarezza nella descrizione della tariffa c.d. tax fluel; rispetto a tali condotte vanno dunque esaminati anche gli ulteriori motivi d'appello, che possono invece essere assorbiti con riferimento alla condotta di cui al capo (i): tra tali motivi anche quello relativo alla tardiva conclusione del procedimento, derivante dall'aver l'AGCM prorogato il termine di conclusione senza una plausibile ragione.
17.1. Il procedimento è stato avviato, come già precisato, il 9 marzo 2016; il 17 marzo 2016 sono stati disposti accertamenti ispettivi; il 7 settembre 2016 AGCM comunicava la proroga del termine di sessanta giorni, rifissandolo al 4 dicembre 2016; il provvedimento finale è stato adottato il 30 novembre 2016 e comunicato il 19 dicembre 2016.
17.2. Le appellanti sostengono che sia stata arbitraria la fissazione del procedimento in 210 giorni, e che altrettanto arbitraria sia stata la proroga di ulteriori 60 giorni. Esse, invece, non lamentano, nell'atto d'appello, la circostanza che il provvedimento conclusivo è stato comunicato solo il 19 dicembre 2016: la violazione del termine di durata massima del procedimento, in relazione a tale ultima circostanza, non è, pertanto, questione devoluta alla cognizione del Collegio, quale giudice d'appello.
17.3. Merita conferma l'appellata sentenza che, sul presupposto che Goldcar Spain è stata - come infra si vedrà - correttamente e legittimamente coinvolta nel procedimento, ha richiamato l'art. 7, comma 2, del regolamento, che appunto fissa in 210 giorni la durata massima del procedimento, quando gli atti debbano essere notificati all'estero e sia necessario acquisire un parere di altra Autorità (nel caso di specie è stato acquisito il parere dell'AGCOM).
17.4. Quanto alla proroga di sessanta giorni, essa è stata motivata dall'esigenza di "esaminare le risultanze in atti ai fini della valutazione della fattispecie oggetto del procedimento in questione".
17.5. Il regolamento, all'art. 7, comma 3, consente proroghe di tale entità per "particolari esigenze istruttorie", ma anche nel caso in cui il professionista presenti degli impegni, ciò che nella fattispecie è avvenuto (richiesta delle appellanti del 3 maggio 2016, e provvedimento di rigetto dell'AGCM del 3 giugno 2016).
17.6. Il Collegio osserva che, essendo la previsione dell'art. 7, comma 3, piuttosto vaga, nel precisare le esigenze istruttorie che giustificano la proroga, appare arduo contestare la decisione dell'Autorità, che sostanzialmente l'ha utilizzata per avere più tempo a disposizione per esaminare gli atti. Del resto va soggiunto che l'istruttoria è stata verosimilmente sospesa nel mese di tempo dedicato alla disamina della dichiarazione di impegni presentata dalle appellanti, e che, soprattutto, nel complesso il procedimento è durato meno di un anno, a decorrere dalla comunicazione di avvio del 9 marzo 2016, e cioè un tempo che non si può a priori definire "irragionevole".
17.7. Il primo motivo d'appello, incentrato sulla violazione di alcuni termini procedimentali, va dunque accolto nei termini sopra indicati, e respinto in relazione alla condotta constata al capo (ii).
Sul legittimo coinvolgimento di Goldcar Spain.
18. Con il secondo motivo d'appello l'appellata sentenza viene contestata anche nella parte in cui ha ritenuto legittima l'inclusione di Goldcar Spain nel procedimento, deducendo pertanto errata valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e diritto in relazione all'art. 3 della l. 689/1981, difetto di motivazione, omessa pronuncia e considerazione in ordine a censure ed elementi decisivi ed essenziali del ricorso di primo grado, difetto di istruttoria e illogicità manifeste.
18.1. L'impugnata sentenza ha ritenuto legittima l'estensione del provvedimento alla consociata spagnola, rilevando che dagli atti del procedimento si evince che proprio la sede spagnola impartisse direttive alla sede italiana, proprio con riferimento alle strategie commerciali, alle modalità di persuasione dei consumatori, agli obiettivi di vendita, alla rendicontazione di risultati: tale circostanza emergeva da documenti reperiti dall'Autorità nel corso di accertamenti ispettivi, provenienti dalla Società spagnola, molti dei quali scritti anche in lingua spagnola. Il TAR ha ritenuto provata, quindi, quella cointeressenza nelle pratiche contestate, da parte della società spagnola, che secondo la giurisprudenza è fonte di responsabilità a titolo di "professionista".
18.2. Nell'atto d'appello le società sostengono che per il principio di personalità della responsabilità, valevole anche per le sanzioni di che trattasi, la sussistenza di un rapporto di mero controllo societario non è sufficiente a fondare la responsabilità di ambedue le società; nel caso di specie, secondo le appellanti, non sarebbe stata dimostrata una partecipazione attiva di Goldcar Spain, che non ne avrebbe tratto neppure un vantaggio economico.
18.3. Gli argomenti delle appellanti non persuadono. L'AGCM ha prodotto in primo grado una serie di documenti (dal doc. 11 al doc. 24), che testimoniano che Goldcar Italy riceveva dal Goldcar Spain istruzioni relative sia agli obiettivi di vendita da perseguire (tra i quali anche il fatturato relativo alla vendita delle polizze aggiuntive), sia procedure da seguire in particolari situazioni (ad esempio: sostituzione di veicolo danneggiato), sia la maniera di proporre l'assicurazione aggiuntiva e la politica del carburante: in particolare, i docc. 11 e 12 riproducono, in spagnolo, gli "argomenti" da utilizzare per convincere il cliente ad acquistare polizze aggiuntive.
18.4. Dall'esame degli indicati documenti emerge, tra l'altro, che gli uffici di Goldcar Spain erano tenuti al corrente dei reclami che giungevano dai clienti, sia in relazione alla pratica di pretendere ingenti somme a titolo di cauzione da chi non avesse stipulato una polizza danni aggiuntiva, sia in relazione alla politica sul carburante; gli uffici spagnoli, quindi, erano certamente consapevoli dei problemi cui dava luogo la politica che mirava ad aumentare i guadagni del gruppo per mezzo della vendita delle polizze di assicurazione; tutto ciò conferma che la sede spagnola era interessata e coinvolta nelle pratiche commerciali oggetto di contestazione.
Sulle censure che afferiscono al merito delle contestazioni.
19. Al terzo motivo d'appello si contesta l'appellata sentenza per aver ritenuto legittima la qualificazione giuridica data alle condotte sanzionate con il provvedimento impugnato: la censura viene esaminata limitatamente alle considerazioni riguardanti la pratica contestata al capo (ii).
19.1. Il TAR ha accertato che Goldcar offre al cliente due differenti modalità di restituzione dell'autoveicolo riguardo al livello del carburante, ossia la scelta tra la tariffa Full/Full e la tariffa Smart, che include la formula carburante denominata Flex Fuel. Con la prima tariffa il consumatore riceve l'autovettura con il pieno di carburante, impegnandosi a restituirla con il pieno. Nel caso in cui non restituisca l'autovettura con il pieno, al consumatore verranno addebitate sia una penale fissa pari a euro 40, sia il costo del carburante mancante (fino al raggiungimento del pieno). Con la tariffa Smart (e l'associata formula carburante Flex Fuel), il cliente riceve comunque un'auto con il pieno (preventivamente interamente pagato congiuntamente ai costi di gestione relativi al servizio rifornimento, variabili tra i 18 e i 30 euro a seconda della tipologia del veicolo), ma potrà restituire la medesima auto anche senza carburante.
19.2. Tale politica del carburante è stata censurata dall'AGCM perché descritta, sul sito web, con il claim "Flex Fuel. Paga solo il carburante che consumi", che sarebbe idoneo ad indurre il consumatore a credere che gli venga addebitato solo il valore del carburante effettivamente consumato, allorché al consumatore viene addebitato, in anticipo, sia il prezzo del carburante, sia il prezzo, non rimborsabile, relativo al servizio di riempimento del serbatoio: per questa ragione molti utenti si sono visti rimborsare solo una parte di quanto anticipato per il carburante, della qual cosa non arrivavano a comprendere il motivo.
19.3. Ritenendo che il funzionamento della suddetta tariffa fosse spiegato in modo poco chiaro sul sito web, ed in considerazione dell'alta incidenza dei costi del servizio addebitati al consumatore, l'AGCM ha ritenuto integrata una pratica commerciale ingannevole, ed anche aggressiva, posto che il consumatore viene costretto ad anticipare anche il valore del carburante che non consumerà necessariamente, che gli verrà rimborsato solo a fine noleggio e solo mediante accredito su carta di credito.
19.4. Nell'atto di appello le società hanno ribadito: che il quadro informativo offerto sul sito web era completo e dettagliato anche per la tariffa Smart, in particolare per la ragione che nell'art. 7 delle Condizioni generali di contratto si specificava che era esclusa dal rimborso all'utente la compensazione dei costi di gestione logistica; che ulteriori informazioni erano disponibili sul sito www.goldcar.es/it/SDR, al quale il consumatore veniva trasferito non appena avesse cliccato sulla finestra "Flex Fuel. Paga solo il carburante che consumi. Puoi controllare i prezzi su www.goldcar.es/it/SDR"; che passando il cursore sulla predetta finestra appariva immediatamente un altro messaggio che comunicava: "Paghi il combustibile al momento del ritiro. La somma corrispondente al combustibile non consumato ti sarà restituita. Questo servizio prevede un costo di gestione (non rimborsabile). Potete consultare i prezzi in www.goldcar.es/it/sdr"; che il fatto che il prezzo del carburante non utilizzato venisse rimborsato sulla carta di credito non poteva connotare, ex se, la pratica di aggressività, essendo l'informativa completa; che, infine, il numero dei reclami relativi alla tariffa Smart è andato notevolmente diminuendo dal 2014 al 2016, a riprova dell'impegno delle società nel miglioramento del servizio.
19.5. Le appellanti hanno, infine, criticato la sentenza per essersi limitata a riproporre le argomentazioni dell'Autorità e per aver dato rilevanza ad una mail, reperita dall'Autorità, in cui l'autore scrive che "Bisogna cercare di spiegare la politica carburante in maniera migliore", dimostrando con ciò consapevolezza della mancanza di chiarezza della pratica.
19.6. La censura è assolutamente destituita di fondamento, obliterando uno dei principi fondamentali vigenti in materia di pubblicità scorretta, ovvero il principio secondo cui la chiarezza, trasparenza e comprensibilità delle comunicazioni commerciali deve sussistere sin dal "primo contatto" ed al fine di evitare "agganci ingannevoli" (ex multis, C.d.S., 4 luglio 2018, n. 4110; 11 maggio 2017, n. 2178). Invero, "l'obbligo di estrema chiarezza, che viene violato proprio da pratiche ingannevoli o false che in qualsiasi modo, anche nella presentazione complessiva, ingannino o possano indurre in errore il contraente medio, deve essere congruamente assolto dal professionista sin dal primo contatto, attraverso il quale debbono essere messi a disposizione del consumatore gli elementi essenziali per un'immediata percezione della offerta economica pubblicizzata" (C.d.S., Sez. VI, 13 marzo 2021, n. 2083). Inoltre deve ricordarsi che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, C.d.S., 19 settembre 2017, n. 4878) grava sul professionista un obbligo di chiarezza e completezza dei messaggi promozionali al fine di evitare qualsivoglia forma di aggancio scorretta e ingannevole; ciò in quanto l'onere di completezza e chiarezza informativa previsto dalla normativa a tutela dei consumatori richiede che ogni messaggio rappresenti i caratteri essenziali di quanto mira a reclamizzare e sanziona la loro omissione, a fronte della enfatizzazione di taluni elementi, qualora ciò renda non chiaramente percepibile il reale contenuto ed i termini dell'offerta o del prodotto, così inducendo il consumatore, attraverso il falso convincimento del reale contenuto degli stessi, in errore, condizionandolo nell'assunzione di comportamenti economici che altrimenti non avrebbe adottato.
19.7. L'informativa fornita da Goldcar, rinviando ad altro sito e ad altra pagina web, non era dunque corretta, ma, anzi, era tale da indurre il consumatore in errore, complice un claim che enfatizzava l'obbligo di pagare il solo carburante effettivamente consumato, così attirando l'attenzione del consumatore su tale aspetto.
19.8. È irrilevante il rilievo che nel corso degli anni Goldcar ha visto diminuire il numero di reclami sulla tariffa in questione nonché il fatto che essa ha sempre cercato di migliorare il servizio: il testo della mail riportata nella sentenza impugnata ("Bisogna cercare di spiegare la politica carburante in maniera migliore") comunque dimostra che all'interno della società vi era consapevolezza circa i problemi creati dalle tariffe relative al consumo di carburante, e ciò nonostante tale politica è stata mantenuta, senza essere modificata in modo efficace, tanto che ancora nel 2016 erano arrivati oltre un centinaio di reclami.
19.9. Condivisibile, infine, è l'affermazione del TAR, secondo cui, in mancanza di una comunicazione chiara e completa circa la politica del carburante, il fatto che il rimborso del prezzo del carburante non consumato avvenisse solo a fine noleggio, sulla carta di credito, connota la pratica di aggressività, in quanto costringe il consumatore al pagamento di una voce di costo, di importo consistente, della quale non era stato adeguatamente informato.
Sul rigetto degli impegni presentati dalle società.
20. Al quarto motivo d'appello si contesta la sentenza per aver confermato la legittimità della decisione dell'Autorità di rigettare gli impegni presentati nel corso del procedimento con la motivazione che gli impegni prevedevano la somministrazione "di informazioni supplementari che non modificano le pratiche oggetto di contestazione".
20.1. Sul punto la sentenza impugnata afferma: "In punto di fatto, dalla piana lettura del provvedimento di rigetto degli impegni (doc. 3 del fascicolo dell'amministrazione), è agevole rilevare come, sia pure in forma sintetica, l'Autorità si sia soffermata su ciascuna pratica, spiegando perché, per ciascuna di esse, gli impegni proposti fossero inidonei a rimuovere i profili di scorrettezza rilevati. In punto di diritto deve rammentarsi che la valutazione degli impegni ha un carattere ampiamente discrezionale, in quanto impinge nell'autonomia di cui l'Autorità dispone relativamente alla determinazione delle proprie priorità di intervento. Il regolamento sulle procedure istruttorie dell'AGCM consente, infatti, all'Autorità di rigettare l'istanza di assunzione degli impegni in tutti i casi di ritenuta "inidoneità degli impegni a rimuovere i profili contestati nell'avvio dell'istruttoria", rientrando la valutazione tecnico-discrezionale degli impegni presentati nella sfera di esercizio dell'ampio potere che compete all'Autorità (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 8 febbraio 2018, n. 1523)".
20.2. Secondo gli appellanti il primo Giudice non si sarebbe accorto dell'evidente difetto di motivazione del provvedimento di rigetto degli impegni, nonché dell'illogicità del rigetto alla luce di quanto deciso dall'AGCM in casi ben più gravi.
20.3. La censura non merita condivisione. La discrezionalità che connota la decisione dell'AGCM relativa alle dichiarazioni di impegni, ben evidenziata nella appellata sentenza, consente al giudicante di effettuarne solo una valutazione ab exstrinseco, limitata perciò al macroscopico travisamento o alla macroscopica irragionevolezza e irrazionalità, che qui non si apprezza: infatti, relativamente alla pratica in questione, l'AGCM, nel provvedimento di rigetto degli impegni, ha affermato che "l'impegno prospettato appare inadeguato in quanto non è in grado di far emergere con chiarezza, nel corso del processo di prenotazione on-line, i costi di gestione e di logistica associati alle due tariffe di carburante prospettabili al cliente (c.d. full-full e flex-fluel)".
20.4. Tale decisione dell'AGCM appare scevra da vizi logici a fronte del fatto che nella dichiarazione di impegni - relativa alla pratica contestata al capo (ii) - le società non hanno proposto nulla di innovativo, limitandosi a richiamare l'attenzione sul fatto che i costi di gestione associati alle tariffe del carburante erano esplicitati nelle condizioni generali di contratto, accessibili da diversa pagina web: ma tale argomento, per le ragioni già indicate, non risolve affatto i problemi di comunicazione connessi alla pratica in questione, donde la correttezza e sufficienza della motivazione ad[d]otta nel provvedimento dell'AGCM, evidenziata dal primo giudice.
20.5. Quanto all'assunto secondo cui l'AGCM, in differenti ma analoghi casi, avrebbe deciso l'accettazione degli impegni, il Collegio richiama il principio secondo cui il vizio di contraddittorietà tra atti della medesima amministrazione è ravvisabile solo nel caso in cui situazioni assolutamente identiche vengano trattate in modo differente: le appellanti si riferirebbero al caso PS9877 Firefly addebiti finanziari, nonché al caso PS 10620 Maggiore Deposito cauzionale e prodotti accessori, ambedue riguardanti professionisti del settore degli autonoleggi, ai quali sarebbero state contestate pratiche di uguale durata: non è stato dimostrato, tuttavia, che in quei procedimenti gli operatori economici abbiano presentato impegni di contenuto identico a quelli proposti dalle appellanti. Non v'è dunque prova che, non accettando gli impegni presentati da Goldcar, l'AGCM abbia tenuto un comportamento ingiustificatamente diverso rispetto a quello tenuto nei citati procedimenti analoghi.
20.6. La censura va, conclusivamente, respinta.
Sul trattamento sanzionatorio.
21. Con il quinto motivo, sollevato in via subordinata, le appellanti contestano l'entità delle sanzioni irrogate, che non terrebbe conto degli impegni presentati e della concreta volontà delle società di collaborare con l'Autorità, volontà che l'AGCM avrebbe, invece, tenuto in considerazione nel sanzionare casi analoghi: la censura, che viene esaminata limitatamente alla parte che concerne la contestazione di cui al capo (ii) del Provvedimento, deve essere respinta, atteso che - come già visto - nulla di concreto e di innovativo hanno proposto le ricorrenti con riferimento a detta pratica.
22. Il sesto ed il settimo dei motivi d'appello riguardano il provvedimento sanzionatorio del 31 gennaio 2018, con il quale le appellanti sono state sanzionate per aver reiterato la condotta di cui al capo (i) del Provvedimento, nonostante la sanzione nel frattempo irrogata: tale provvedimento, per quanto già specificato al precedente paragrafo 16, viene annullato per un autonomo motivo, dal che consegue l'improcedibilità delle menzionate censure, per sopravvenuto difetto di interesse.
23. Conclusivamente, l'appello va accolto nei sensi e nei limiti indicati al paragrafo 16.
24. Le spese dei due gradi di giudizio possono essere compensate in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e per l'effetto, in parziale riforma dell'appellata sentenza:
- annulla il Provvedimento dell'AGCM n. 26260 del 30 novembre 2016 limitatamente alle statuizioni sub a) e c) del dispositivo, confermandolo nella restante parte;
- annulla il Provvedimento dell'AGCM n. 27021 del 31 gennaio 2018;
- compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.