Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 17 dicembre 2021, n. 40543

Presidente: Curzio - Estensore: Crucitti

FATTI DI CAUSA

1. Alberto M. e Giulia Marta L. impugnarono gli avvisi di liquidazione e di irrogazione delle sanzioni, con i quali l'Ufficio finanziario aveva recuperato a tassazione un maggior importo per IVA e interessi, stante le accertate caratteristiche di abitazione di lusso dell'immobile acquistato dai ricorrenti e la non riconoscibilità dell'aliquota agevolata al 4% ex l. n. 549 del 1995.

2. La Commissione tributaria provinciale di Catania rigettò il ricorso e la decisione, appellata dai contribuenti, venne confermata dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia - sezione distaccata di Catania (d'ora, in poi, per brevità, C.T.R.) con la sentenza indicata in epigrafe.

In particolare, la C.T.R. motivò l'infondatezza dell'appello proposto dai coniugi M.-L. argomentando che la notificazione dell'avviso impugnato doveva ritenersi rituale, valida (avendo raggiunto il suo scopo) e tempestiva, e come tale idonea a impedire l'eccepita decadenza dalla potestà impositiva, in quanto perfezionatasi con la consegna dell'atto al messo notificatore.

La C.T.R. riteneva, inoltre, legittima, nel merito, la pretesa impositiva in quanto, a seguito di perizia tecnica, era emerso il carattere di lusso dell'immobile, avendo rilevanza il numero dei vani, la qualità dei pavimenti, l'esistenza di una piscina di rilevante consistenza, la qualità degli infissi interni ed esterni e altro.

3. Avverso questa sentenza Alberto M. e Giulia Marta L. propongono ricorso per ottenerne la cassazione, che affidano a quattro motivi.

L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

4. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 36, secondo comma, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992. Secondo la prospettazione difensiva, i giudici di appello avrebbero dichiarato l'infondatezza dell'impugnazione, limitandosi a una mera adesione alla sentenza di primo grado, senza fare cenno alcuno dei motivi di appello sollevati dalla difesa.

4.1. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'omesso esame circa un fatto della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c. In particolare, i ricorrenti, riportati i motivi di impugnazione svolti con l'appello, in punto di nullità dell'avviso di liquidazione impugnato, di inesistenza della notificazione e di illegittimità nel merito della pretesa tributaria, denunciano l'omesso esame da parte del Giudice di appello di tutte tali rassegnate questioni.

4.2. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 140 c.p.c. e dell'art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986.

I ricorrenti - premesso, in fatto, di avere ricevuto, ex art. 140 c.p.c., un primo avviso il 20 luglio 2009, che li rendeva edotti dell'avvenuto deposito presso la casa comunale di Catania e non di Sant'Agata Li Battiati (dove gli stessi risiedevano), e un secondo avviso (di corretto deposito presso quest'ultima casa comunale) il 21 agosto 2009 - rassegnano l'evidenza dell'errore in cui era incorsa la C.T.R. nel ritenere valida la notificazione degli avvisi, giacché tale notificazione poteva dirsi perfezionata solo con l'invio della raccomandata che aveva comunicato ad essi ricorrenti il deposito presso la corretta casa comunale (del Comune di Sant'Agata Li Battiati), non potendosi riconoscere alcun valore alla precedente comunicazione inviata il 14 luglio 2009. Ne conseguiva che la notificazione degli avvisi di liquidazione si era compiuta solo con l'invio della seconda raccomandata, cioè in data in cui era, ormai, inutilmente decorso il termine di decadenza previsto dall'art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, nel caso in esame scadente il 20 luglio 2009.

4.3. Con il quarto motivo - rubricato: violazione e falsa applicazione dell'art. 1, nota II-bis, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633/1972, del d.m. 2 agosto 1969, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. - i ricorrenti censurano la sentenza della C.T.R. per avere il giudice di appello confermato la legittimità degli avvisi di liquidazione, limitandosi a fare propria la decisione di primo grado, riferendosi ad una perizia tecnica puntuale e dettagliata, senza considerare che da tale relazione peritale, depositata dagli stessi ricorrenti, si evinceva che l'immobile non possedeva i requisiti per essere classificato abitazione di lusso.

5. Il ricorso è stato inizialmente fissato in udienza pubblica innanzi alla Sezione tributaria di questa Corte. In prossimità dell'udienza pubblica, i ricorrenti hanno depositato memoria con la quale, tra l'altro, hanno ribadito l'illegittimità delle sanzioni irrogate, invocando il principio del favor rei già applicato, in fattispecie analoga, da questa Corte con l'ordinanza n. 2414/2019 la quale, richiamando Cass. n. 14964 dell'8 giugno 2018, ribadisce il seguente principio: «In tema d'imposta di registro per l'acquisto della prima casa, l'art. 10, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 23 del 2011, che, nel sostituire l'art. 1, comma 2, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, ha identificato gli immobili non di lusso, cui applicare l'imposta agevolata, in base al classamento catastale e non più alla stregua dei parametri di cui al d.m. 2 agosto 1969, pur non potendo trovare applicazione».

6. Con ordinanza interlocutoria, n. 15545 del 21 luglio 2020, la Sezione tributaria ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite, sul rilevo che, nell'ipotesi in cui dovesse giungersi al convincimento dell'inammissibilità e/o infondatezza dei primi due motivi, il terzo motivo di ricorso (concernente la data di perfezionamento della notifica degli atti impositivi tributari rispetto al termine di decadenza previsto dalle singole leggi di imposta per l'esercizio del potere di accertamento, rettifica e riscossione) involge due questioni:

la prima, su cui è stato registrato un contrasto nella giurisprudenza della Sezione, in ordine all'applicabilità del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione anche agli atti di imposizione tributaria e in relazione agli effetti sostanziali propri di questi;

la seconda relativa all'applicabilità di detto principio quando la notificazione non sia effettuata dall'ufficiale giudiziario, ma dal messo notificatore speciale ex art. 60 d.P.R. n. 600/1973 e art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546/1992.

Con riguardo alla prima questione, il Collegio remittente ha dato atto che la giurisprudenza prevalente e più recente della Sezione tributaria, sulla scia della sentenza delle Sezioni unite 17 maggio 2017, n. 12332 (in tema di notificazione di sanzioni amministrative), afferma che il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione opera anche per la notificazione degli atti impositivi tributari, con ogni conseguenza in tema di tempestività dell'azione di recupero fiscale. Ha, però, evidenziato che tale orientamento si pone in un non dichiarato contrasto con altro insegnamento, pur esso seguito costantemente dalla giurisprudenza della sezione e reso nel solco di Cass., Sez. un., n. 19854/2004, secondo cui «in tema di imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa di efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l'inesistenza dell'atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo obbligo».

Ad avviso del Collegio remittente, l'estensione del principio della scissione, operata dalle Sezioni unite con la sentenza n. 12332 del 2017 citata, necessita di un opportuno approfondimento in quanto la progressiva cesellatura di nuovi spazi di manovra del principio in esame rischierebbe di tradursi in una sua generalizzata estensione, ad eccezione degli atti negoziali recettizi, disciplinati dall'art. 1334 c.c., per cui, pur a fronte della pacifica natura recettizia dell'atto impositivo, resterebbe indefinito il complessivo regime di efficacia dell'atto nella fase precedente alla sua conoscenza da parte del contribuente e si verrebbe a porre la decadenza su piano diverso ed esterno a quello dell'efficacia dell'atto, o quantomeno a ipotizzarne un dispiegamento di effetti a geometria variabile, in ogni caso sottraendo spazi di tutela tradizionalmente riconosciuti al contribuente.

Quanto alla seconda questione si è evidenziato come l'estensione del principio della scissione soggettiva, anche all'ambito tributario, imporrebbe di risolvere l'ulteriore problema della sua applicazione, anche in caso di notifica non eseguita dall'ufficiale giudiziario, ma dal messo speciale autorizzato, ex art. 60, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, che, a prescindere dalla qualifica formale da attribuire allo stesso (ossia dipendente dell'Agenzia delle entrate o mero incaricato), rimane sempre organo ad essa interno, continuando così a scorrere il tempo occorrente per la notificazione sotto il totale controllo della Amministrazione finanziaria.

7. Il Primo Presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite, ai sensi dell'art. 374, secondo comma, c.p.c.

8. Il Pubblico ministero, in prossimità della pubblica udienza, ha depositato requisitoria scritta, concludendo come in epigrafe [i.e. per il rigetto del ricorso - n.d.r.].

9. Secondo il Pubblico ministero la struttura dell'atto impositivo tributario, recettizio, non ai sensi dell'art. 1334 c.c., ma nel senso che la sua conoscenza ne condiziona l'efficacia, non è di ostacolo all'estensione della regola della scissione degli effetti della notifica. L'atto impositivo tributario esiste già dalla sua emissione per cui, secondo il Pubblico ministero, è del tutto ragionevole che la regola della scissione soggettiva, traente fondamento nella tutela del diritto di difesa e nel principio di ragionevolezza, possa estendersi anche a tale tipologia di atti e, in particolare, per l'atto di accertamento tributario assoggettato a termini di decadenza. Come per gli atti processuali, la decadenza sarà impedita se l'atto sia stato emesso e inviato per la notifica entro il termine perentorio previsto dalla legge, senza che rilevi la data effettiva di perfezionamento della notifica, fermo restando che se la notifica non si perfeziona, la richiesta di notifica perde ogni efficacia e la decadenza si sarà verificata.

In ordine alla seconda questione, il Pubblico ministero, ribadita la portata generale assunta dal principio della scissione, ormai normato e "oggettivizzato", rileva che l'esigenza di tutela posta a base del principio sottende una più ampia ratio, che risponde alla stessa logica della decadenza la quale, come sanzione, ha un senso solo se rapportata a un'effettiva inerzia della parte. E, sempre secondo il Pubblico ministero, l'inerzia sussiste in concreto, e merita sanzione, solo se la parte non emetta in tempo l'atto e non ne richieda in tempo la notifica, mentre non è giusto che rilevino i tempi, per loro natura incerti, del perfezionamento notificatorio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La questione che le Sezioni unite di questa Corte sono chiamate a risolvere, involgente l'ambito relativo al perfezionamento della notificazione degli atti tributari impositivi rispetto al termine di decadenza, previsto dalle singole leggi di imposta, per l'esercizio del potere di accertamento e riscossione, è se il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione trovi applicazione anche agli atti di imposizione tributaria e, in caso di soluzione positiva, se tale applicabilità sia possibile anche qualora l'Amministrazione finanziaria si avvalga, per la notificazione, del messo notificatore speciale ex art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 16, comma 4, d.lgs. n. 546 del 1992, anziché dell'ufficiale giudiziario.

2. Il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione è stato introdotto, per gli atti processuali, dalla Corte costituzionale con la sentenza 26 novembre 2002, n. 447, sancito a livello normativo dall'art. 149 c.p.c. (come modificato dall'art. 2 della l. n. 263 del 2005) e riconfermato dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 28 del 4 gennaio 2004 (con la declaratoria di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 148 c.p.c.) e con l'ordinanza n. 97 del 12 marzo 2004.

Con tale ultima pronuncia la Consulta, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 c.p.c. sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., ha statuito che, essendo ormai presente nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio della scissione temporale, tutte le norme in tema di notificazioni di atti processuali devono essere interpretate senza ulteriori interventi del giudice delle leggi, nel senso che la notificazione si perfeziona, nei confronti del notificante, al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.

3. Nella giurisprudenza di legittimità, le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 8830 del 14 aprile 2010, hanno operato, in base ai principi generali in tema di decadenza, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità e affermati dalla Corte costituzionale, con riferimento alla notificazione degli atti processuali, una prima estensione del principio all'impugnazione del licenziamento ai sensi dell'art. 6 della l. n. 604 del 1996, statuendo che la dichiarazione spedita al datore di lavoro con missiva raccomandata a mezzo del servizio postale deve intendersi tempestivamente effettuata allorché la spedizione avvenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento o dei relativi motivi, anche se la dichiarazione medesima sia ricevuta dal datore di lavoro oltre detto termine.

3.1. L'applicabilità del principio è stata, poi, riconosciuta anche ai fini degli effetti sostanziali degli atti processuali, ove non altrimenti producibili, in tema di azione revocatoria ordinaria e relativa interruzione del termine prescrizionale, con la sentenza n. 24822 del 9 dicembre 2015, così massimata «La regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicché, in tal caso, la prescrizione è interrotta dall'atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altra ipotesi tale effetto si produce solo dal momento in cui l'atto perviene all'indirizzo del destinatario».

3.2. Con successiva sentenza, n. 12332 del 19 maggio 2017, le Sezioni unite hanno attuato, in materia di atti amministrativi sanzionatori di natura recettizia (quali quelli previsti dall'art. 195 d.lgs. n. 587 del 1998), un'ulteriore estensione del principio, sancendo che: «Il principio della scissione degli effetti della notificazione tra il notificante ed il destinatario dell'atto trova applicazione anche per gli atti del procedimento amministrativo sanzionatorio - non ostandovi la loro natura recettizia - tutte le volte in cui dalla conoscenza dell'atto stesso decorrano i termini per l'esercizio del diritto di difesa dell'incolpato e, ad un tempo, si verifichi la decadenza dalla facoltà di proseguire nel procedimento sanzionatorio in caso di omessa comunicazione delle condotte censurate entro un certo termine, dovendo bilanciarsi l'interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie "comunicativa" a causa di fatto di terzi che intervengano nella fase di trasmissione del contenuto dell'atto e quello del destinatario a non essere impedito nell'esercizio di propri diritti, compiutamente esercitabili solo a seguito dell'acquisita conoscenza del contenuto dell'atto medesimo».

4. Nella giurisprudenza della Sezione tributaria civile l'applicabilità del principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione agli atti di imposizione tributaria, in conformità e in applicazione espressa del principio statuito dalla citata Cass., Sez. un., n. 12332/2017, è stata affermata con la sentenza n. 9749 del 19 aprile 2018 (resa in materia di notifica, a mezzo posta, di avviso di accertamento, spedito entro il termine di decadenza), seguita da Cass. n. 14580 del 6 giugno 2018 (in fattispecie di notifica di avviso di accertamento notificato al contribuente oltre il termine di decadenza, ma consegnato per la notifica anteriormente), da Cass. 1° febbraio 2019, n. 3091 (in fattispecie relativa alla notificazione di una cartella i cui adempimenti per il notificante erano stati compiuti entro il termine di decadenza), e da Cass. 7 febbraio 2019, n. 3560, Cass. 10 ottobre 2019, n. 33277, e Cass. 28 maggio 2020, n. 10160 le quali tutte hanno fatto applicazione del seguente principio: «L'esercizio del potere impositivo è assoggettato al rispetto di un termine di decadenza, insuscettibile d'interruzione a garanzia del corretto instaurarsi del rapporto giuridico tributario, ai fini del rispetto del quale, a differenza di quanto avviene per il termine di prescrizione, assume rilevanza la data nella quale l'ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell'atto, e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente».

4.1. In realtà, l'applicabilità del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione agli atti impositivi era già stato affermato dalla Sezione tributaria civile, anche anteriormente all'intervento delle Sezioni unite del 2017, sulla scia della sentenza della Corte costituzionale n. 477/2002, sin dalla sentenza n. 1647 del 29 gennaio 2004, così massimata: «Dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 149 c.p.c. e dell'art. 4, terzo comma, della l. 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario - benché emessa in tema di notifica di atti giudiziari, deve trarsi il principio generale (in applicazione del criterio secondo il quale tra varie interpretazioni possibili va preferita quella che esclude dubbi di legittimità costituzionale) per cui anche la notificazione a mezzo posta degli avvisi di accertamento tributari si perfeziona, per l'amministrazione, al momento della spedizione dell'atto notificando e non della ricezione dello stesso da parte del contribuente».

Dopo l'intervento, nello specifico ambito tributario, del legislatore che ha inserito, con l'art. 37, comma 27, lett. f), del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni, nella l. 1° dicembre 2016, n. 225, il sesto comma dell'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi del quale «Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto», alla su indicata pronuncia hanno dato seguito numerose altre, tra cui, solo per citarne alcune, Cass. n. 15298 del 10 giugno 2008; Cass. n. 315 del 12 gennaio 2010; Cass. n. 26053 del 5 dicembre 2011; Cass. n. 11457 del 6 luglio 2012; Cass. n. 22320 del 21 ottobre 2014; Cass. n. 385 del 3 novembre 2017, le quali tutte hanno ribadito che «in tema di avviso di accertamento notificato a mezzo posta, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza che grava sull'Amministrazione finanziaria, occorre avere riguardo alla data di spedizione dell'atto e non a quella della ricezione dello stesso da parte del contribuente, atteso che il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il notificato si applica in tutti i casi in cui debba valutarsi l'osservanza di un termine da parte del notificante e, quindi, anche con riferimento agli atti d'imposizione tributaria».

Ancora, «in considerazione dell'indirizzo costante della Corte secondo il quale, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale nn. 477 del 2002 e 28 del 2004, nell'ordinamento deve ritenersi operante un principio generale in base al quale, quando un atto debba essere notificato entro un determinato termine, la notifica, anche al di fuori dall'ipotesi di esecuzione della stessa a mezzo del servizio postale, si intende comunque perfezionata in momenti diversi per il richiedente e per il destinatario della notifica... (Cass. 2261/2007) e... che tale principio opera anche per la notifica degli atti impositivi come chiarito nelle sentenze n. 1647/2004, n. 15298/2008, n. 315/2010 e, infine, nell'ordinanza 26053/2011», il principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione è stato applicato, non solo alle notifiche effettuate a mezzo posta, ma anche all'ipotesi di avviso di accertamento consegnato per la notifica, entro il termine di decadenza, al messo comunale (così Cass., Sez. 5, n. 18643 del 22 settembre 2015 e, in termini, Cass., [Sez.] 6-5, 26 gennaio 2017, n. 2030).

5. Come si evince dalla superiore rassegna, nella giurisprudenza della Sezione tributaria, in materia, non si rinvengono pronunce di segno contrario a quello che, di contro, appare essere un orientamento pacifico e consolidato, tant'è che la stessa ordinanza di rimessione ipotizza il contrasto, non dichiarato, di tale giurisprudenza con altro diverso principio, anch'esso costantemente e pacificamente applicato dalla Sezione tributaria, sulla scia della sentenza delle Sezioni unite n. 19854/2004, così massimata: «La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell'avviso di accertamento tributario - che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l'amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria - non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l'applicazione, per l'avviso di accertamento, in virtù dell'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l'applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza - previsto dalle singole leggi d'imposta - per l'esercizio del potere di accertamento».

5.1. Seguendo il solco interpretativo tracciato dalle Sezioni unite con detta pronuncia, la giurisprudenza della Sezione tributaria ha, costantemente, affermato e ribadito, sino a oggi, il principio secondo cui «in tema di atti di imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa di efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l'inesistenza dell'atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente, entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio» (v., tra quelle massimate, negli anni, Cass. n. 4760 del 27 febbraio 2009; Cass. n. 654 del 15 gennaio 2014; Cass. n. 8374 [del] 24 aprile 2015; Cass. n. 2203 del 30 gennaio 2018; Cass. n. 21071 del 24 agosto 2018; Cass. n. 5556 del 26 febbraio 2019).

6. Secondo l'ordinanza di remissione, il principio - emergente, oltre che da dette pronunce, anche dall'art. 6, comma 1, della l. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) e dall'art. 21-bis della l. n. 241 del 1990 (sulla trasparenza amministrativa) - per cui l'atto impositivo acquista efficacia, nei confronti del contribuente, con l'ingresso nella sua sfera di conoscenza (o legale conoscibilità), amplifica il dubbio sulla effettiva estensibilità del principio di scissione soggettiva anche agli atti tributari. Resterebbe, infatti, indefinito il complessivo regime di efficacia dell'atto impositivo nella fase precedente alla sua conoscenza da parte del contribuente, per cui opinare che ciò non valga del tutto, almeno riguardo alla decadenza del potere impositivo, per la quale la legge attribuisce all'Amministrazione termini sufficientemente ampi, significherebbe porre la decadenza stessa su un piano diverso ed esterno rispetto a quello dell'efficacia dell'atto, o quantomeno ipotizzarne un dispiegamento di effetti a geometria variabile, in ogni caso sottraendo spazi di tutela tradizionalmente riconosciuti al contribuente. Di qui l'interrogativo se l'intrinseca efficacia dell'avviso emanato e la richiesta di notifica da parte dell'Ufficio integrino l'attività procedimentale necessaria ad evitare la decadenza.

7. Queste Sezioni unite ritengono che i dubbi posti con l'ordinanza interlocutoria possano essere sciolti, in continuità con l'orientamento costantemente seguito dalla Sezione ordinaria, con l'affermazione dell'applicabilità del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione anche agli atti impositivi, a ciò non ostando la loro particolare struttura e natura.

7.1. È pacifico, in giurisprudenza e in dottrina, che l'atto tributario, atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l'Amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria, ha natura sostanziale e non processuale, pur se ad esso, stante l'espresso richiamo contenuto nella disciplina tributaria a istituti appartenenti al diritto processuale, può estendersi, in virtù dell'applicazione all'avviso di accertamento delle norme sulle notificazioni nel processo civile, il regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato (cfr. Cass., Sez. un., n. 19854/2004 cit.).

7.2. Altrettanto pacificamente, nella giurisprudenza di legittimità, sopra specificamente indicata, si riconosce che gli atti amministrativi di imposizione tributaria sono sottoposti a un regime procedimentale che, pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell'atto amministrativo, lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell'atto, dalla fase integrativa della sua efficacia. In particolare, in assenza di una normazione generale sull'atto amministrativo di imposizione tributaria, dall'esame delle principali leggi speciali d'imposta (imposte sui redditi, IVA e imposta di registro) è dato riscontrare (come dettagliatamente esposto in Cass., Sez. 5, n. 4760/2009 cit.) che in esse si segue, in genere, questa sequenza: si regola, anzitutto, la fase istruttoria dell'esercizio del potere di accertamento, si disciplina, poi, il risultato della fase della decisione, cioè l'avviso di accertamento o di liquidazione, di cui si prevede il carattere recettizio, sottoponendolo all'operazione di conoscenza della notificazione, per la quale si fissa un termine di decadenza a carico dell'Ufficio tributario.

Inoltre, secondo il citato orientamento consolidato, che la notificazione non sia un elemento costitutivo dell'atto amministrativo di imposizione tributaria e non contribuisca alla sua perfezione è riconosciuto implicitamente, ma chiaramente, dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, terzo comma, n. 3, ai sensi del quale: "la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo"; dal che si deduce che la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d'imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza.

Questo regime generale, che si desume per induzione dalle varie leggi d'imposta e in via diretta dalla legge sul processo tributario, ha radicato, nella giurisprudenza consolidata di questa Corte, il principio secondo cui la notificazione della decisione tributaria non è un elemento per la sua giuridica esistenza, ma ne rappresenta una mera condizione di efficacia.

7.3. In tale ambito, la notificazione dell'atto tributario, già esistente e perfetto, assolve alla duplice funzione di tutelare le contrapposte esigenze del diritto dello Stato a riscuotere agevolmente quanto necessario per affrontare le spese pubbliche cui tutti concorrono in ragione della propria capacità contributiva ai sensi dell'art. 53 Cost. e del diritto del contribuente a non subire danni ingiusti dagli atti autoritativi dello Stato. La notificazione, funzionale al soddisfacimento dei contrapposti interessi delle parti, rileva in quanto è processo produttivo di conseguenze sul rapporto giuridico fisco-contribuente, perché da un lato assolve al rito della ricettività degli atti amministrativi di accertamento e dall'altro risponde all'esigenza di assicurare il contraddittorio tra le parti.

7.4. E, in tale ottica, va inquadrata la natura recettiva dell'atto di imposizione tributaria. Esso non è, sicuramente, atto recettizio nei sensi di cui all'art. 1334 c.c., perché tale norma vale, come espressamente riconosciuto dalle Sezioni unite con la sentenza n. 24822/2015 citata, solo per gli atti negoziali, laddove, di contro, l'atto di imposizione tributaria ha indubbia natura di provvedimento amministrativo vincolato con il quale si determina autoritativamente l'obbligazione tributaria. La recettività di tale atto, come sua condizione di efficacia, si pone su un piano diverso (di capacità del provvedimento autoritativo di incidere sul complesso dei diritti del suo destinatario e di attivarne il necessario contraddittorio processuale) rispetto a quello della norma codicistica.

Come efficacemente posto in luce dalla citata Cass. n. 4760/2009, l'atto amministrativo d'imposizione tributaria è una dichiarazione recettizia solitaria che non necessita di per sé della collaborazione cognitiva di altri soggetti per svolgere la sua funzione, ma è solo per la sua forza di limitazione della sfera di un altro soggetto che si vuole che questi sia posto in condizione di conoscibilità e che a tale condizione sia subordinata l'efficacia della dichiarazione. Ne deriva, a differenza della dichiarazione recettizia non solitaria, per la quale la conoscenza del destinatario è condizione necessaria perché la dichiarazione esplichi, non solo i suoi effetti giuridici, ma anche la sua funzione pratica, l'idoneità della decisione amministrativa tributaria a produrre, anche da sola, il risultato effettivo per il quale è stata formulata.

7.5. Alla luce dei superiori, consolidati, principi può, quindi, in sintesi, affermarsi che l'atto tributario, perfetto e valido sin dal momento della sua emissione, esplica i suoi effetti (di incisione sulla sfera giuridica del contribuente e di attivazione del contraddittorio tra questi e l'Amministrazione) con la sua notificazione, che rimane, però, momento susseguente e autonomo, rispetto a quello di giuridica formazione dell'atto, tant'è che eventuali vizi del procedimento notificatorio non incidono sull'esistenza e sulla validità dell'atto stesso.

8. Così delineata la natura dell'atto amministrativo d'imposizione tributaria e del rapporto tra lo stesso e la sua notificazione, non si ravvisa, allora, alcuna ragione per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale consolidato in materia, non apparendo revocabile in dubbio l'applicabilità, anche agli atti impositivi tributari, del principio di scissione degli effetti della notificazione tra il notificante ed il destinatario dell'atto.

8.1. Va, in primo luogo, rammentato che la regola, introdotta dalla Corte costituzionale per gli atti processuali e che ha trovato applicazione normativa nel disposto dell'art. 149 c.p.c., è, ormai, sancita a livello normativo anche per gli atti di imposizione tributaria.

Come già detto, infatti, il legislatore è intervenuto, anche in ambito tributario, introducendo, con l'art. 37, comma 27, lett. f), del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella l. 4 agosto 2006, n. 248, il sesto comma all'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale dispone che: «Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto».

8.2. Con la previsione di tale comma ha trovato legittimazione normativa il diritto vivente (v. Cass. n. 1647/2004 e le conformi sopra citate), già formatosi all'indomani delle sentenze della Corte costituzionale n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004, che individuava nel principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione una regola di carattere generale, applicabile, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata, anche agli atti impositivi, siccome atti di natura amministrativa, non processuale né specificamente funzionale al processo, ma ai quali (Sez. un., n. 19854/2004 cit.) risultano, tuttavia, estensibili principi e regole proprie del diritto processuale, proprio per l'espresso richiamo alle norme sulle notificazioni del processo civile contenuto nel primo comma dell'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ("La notificazione degli avvisi di accertamento e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile...").

La stessa Corte costituzionale, infatti, con la sentenza n. 28 del 2004, ha chiarito come sia decisivo per l'interprete riferirsi al principio della scissione soggettiva anche per le altre norme dettate dal codice di procedura civile in tema di notificazione, sicché ogni qualvolta la legge richiama le norme processualcivilistiche, come nel caso in esame l'art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, il principio deve trovare applicazione.

8.3. Va, peraltro, evidenziato che l'applicazione della regola - ormai riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte come avente portata generale - anche agli atti di imposizione tributaria risponde alle stesse esigenze di tutela poste a fondamento degli interventi della Corte costituzionale ed è rispettosa dei principi dalla stessa fissati, dovendosi, di contro, escludere i dubbi paventati dall'ordinanza di remissione anche, e soprattutto, con particolare riferimento alla decadenza dal potere accertativo.

Il principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione, come sancito dalla Corte costituzionale per gli atti processuali e traslato, al di fuori di tale specifico ambito, dai citati arresti di queste Sezioni unite del 2010, 2015 e 2017, trova il suo fondamento nella tutela del diritto di difesa e nel principio di ragionevolezza. Questi due valori di rilievo costituzionale impongono la conclusione secondo cui l'esercizio del diritto non possa essere pregiudicato senza una valida ragione, nell'ottica di un equo bilanciamento d'interessi tra chi eserciti un diritto e chi ne subisca l'esercizio. In particolare, il principio di ragionevolezza esclude che il lasso temporale tra la richiesta di notifica possa ripercuotersi in danno del notificante, a cui si richiede solo che l'attività a proprio carico sia stata compiuta nel termine di legge. Come esplicitato da Cass., Sez. un., n. 24822 del 2015 «... nel bilanciamento degli interessi tra la perdita definitiva di un diritto per una parte e un lucro indebito per l'altra parte la soluzione più razionale è quella di salvaguardare il diritto di una parte incolpevole ponendo a carico dell'altra parte - parimenti incolpevole - un pati, cioè una situazione di attesa che non pregiudica, comunque, la sua sfera giuridica».

D'altro canto, come già evidenziato da Cass., Sez. un., n. 8830/2010 cit., è affermazione costante nella giurisprudenza di legittimità che le norme che dispongono decadenze debbono essere interpretate in senso favorevole al soggetto onerato e che la disciplina generale dell'istituto non assolve funzioni di tutela del destinatario dell'atto, rinvenendosi nell'ordinamento una regola generale secondo cui l'impedimento della decadenza non richiede la conoscenza dell'atto. Ciò che conta è che l'atto, impeditivo, sia posto in essere tempestivamente e tempestivamente ne sia stata richiesta la notificazione (o attivata la forma di comunicazione), sicché la sanzione della decadenza interverrà solo in caso di inerzia.

8.4. In tale ottica, l'atto amministrativo tributario, con il quale si esercita il potere impositivo, sottoposto, dalle singole leggi di imposta, ad un termine di decadenza, presenta evidenti analogie con l'atto processuale, condividendo con questo l'esercizio di un potere di iniziativa sottoposto a termini di decadenza e la necessità di essere portato a conoscenza del destinatario per essere efficace.

Alla luce di quanto esposto in ordine alla peculiare natura recettizia dell'atto di imposizione tributaria e all'istituto, in genere, della decadenza, appare conforme al principio di ragionevolezza e rispettoso del conseguente bilanciamento degli interessi, come richiesto da Cass., Sez. un., n. 24822 del 2015, ritenere che, così come un atto di impugnazione processuale deve ritenersi tempestivamente notificato, per il notificante, se la richiesta di notifica sia avvenuta nel termine di legge, anche l'atto tributario deve ritenersi rispettoso del termine di decadenza previsto per legge se entro tale termine sia stato emesso e sia stato oggetto di richiesta di notificazione.

Dall'acclarata scissione tra il procedimento di formazione dell'atto, perfetto e valido sin dal momento della sua emissione, e il procedimento di notificazione dello stesso ben può, infatti, farsi conseguire che alcuni effetti propri dell'atto tributario, già presenti al momento della sua emissione, si manifestino sin dall'inizio del procedimento notificatorio che, peraltro, rende palese la permanenza dell'interesse, di carattere pubblico e cogente, dello stesso effetto che si intende perseguire, ovvero il realizzarsi dell'imposizione fiscale e con essa l'impedimento della decadenza da tale potestà impositiva.

Di contro, come chiarito sempre dalla citata Cass., Sez. un., [n.] 24822 del 2015, il pati, di minore intensità, posto a carico del contribuente e consistente in una situazione di attesa che non pregiudica la sua sfera giuridica, troverà soluzione con la conclusione positiva del procedimento notificatorio, fermo restando che se la notifica non si perfeziona, gli effetti anticipatori e provvisori della richiesta di notifica verranno meno e la decadenza si sarà verificata.

8.5. Quanto sin qui esposto vale anche a sgombrare il campo dal contrasto ipotizzato dall'ordinanza remittente tra l'orientamento consolidato della Sezione ordinaria tributaria che, sin dalla pronuncia della Corte costituzionale del 2002, ha ritenuto applicabile il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione anche agli atti tributari con l'altrettanto pacifico orientamento, seguito anch'esso dalla Sezione tributaria, in materia di sanatoria per raggiungimento dello scopo.

Tale ipotizzato contrasto deve, infatti, ritenersi, come rilevato dal P.M., solo apparente perché i due orientamenti segnalati riguardano fattispecie diverse (il primo, della scissione soggettiva degli effetti, quella in cui la notificazione si è perfezionata, e il secondo, dell'applicabilità della sanatoria processuale per raggiungimento dello scopo, quella in cui la notificazione non si sia perfezionata per una sua invalidità).

La scissione soggettiva, infatti, come già detto, non opera se la notificazione non si perfeziona e decadono anche gli effetti provvisori prodotti, mentre, se la notifica si perfeziona gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato l'atto all'ufficiale giudiziario (ovvero all'ufficio postale). In altri termini, tale consegna produce per il notificante effetti immediati e provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se e solo se la notifica viene validamente perfezionata.

In tale ottica, i due principi convivono, in quanto il principio dell'estensione della sanatoria ex art. 156 c.p.c., per raggiungimento dello scopo dell'atto, consente di superare il vizio di notifica dell'atto tributario ai fini dell'instaurazione del contraddittorio su di esso, una volta che sia impugnato, ma non consente di evitare una decadenza maturata prima della conoscenza effettiva da parte del destinatario, perché, in mancanza di valido perfezionamento del procedimento notificatorio, non si può far leva sugli effetti provvisori favorevoli al notificante in virtù del principio di scissione soggettiva degli effetti.

8.6. Egualmente, per le ragioni già svolte in ordine alla particolare natura recettizia dell'atto impositivo, non pare che dall'art. 6 della l. n. 212/2000 e dall'art. 21-bis della l. n. 241 del 1990, invocati dall'ordinanza interlocutoria, possa desumersi che l'effettiva conoscenza e la comunicazione dell'atto che incide negativamente la posizione soggettiva del privato, ivi previste come onere a carico dell'Amministrazione, avvalorino la tesi secondo cui la notificazione è un elemento costitutivo dell'atto impositivo, potendo, viceversa, ritenersi che il dettato legislativo confermi la natura della notificazione/comunicazione come mera condizione integrativa di efficacia dell'atto.

8.7. Infine, neppure dalla legislazione emergenziale (art. 157, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, convertito con modificazione dalla l. 17 luglio 2020, n. 77) citata nell'ordinanza interlocutoria, sembrano trarsi elementi significativi, laddove il legislatore, per determinati atti in scadenza nel periodo emergenziale, facendo salvo il potere impositivo sino al 31 dicembre 2020 e consentendone la notificazione nel successivo anno 2021, ha dato rilievo, ai fini del termine ultimo fissato per la decadenza, alla data di emissione degli atti.

8.8. In definitiva, in considerazione della esplicita normazione del principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione per gli atti tributari contenuta nell'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell'applicabilità dello stesso principio in virtù dell'espresso richiamo, formulato dal citato art. 60, alle norme processuali civili in materia di notificazioni e della indubbia valenza generale della regola, come già evidenziata (alla luce del principio di ragionevolezza e all'esito di un bilanciamento degli interessi coinvolti) da queste Sezioni unite con le pronunce citate del 2010, 2015 e 2017, non si ravvisano ragioni ostative alla conferma dell'orientamento consolidato, in materia, della Sezione ordinaria e, quindi, all'affermazione della piena applicabilità della regola anche agli atti tributari impositivi e di riscossione.

9. Rimane l'esame della seconda questione, rimessa a queste Sezioni unite, concernente l'applicabilità del principio di scissione soggettiva degli effetti notificatori, quando la notificazione non sia effettuata dall'ufficiale giudiziario ma dal messo notificatore speciale ex art. 60, primo comma, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 16, quarto comma, del d.lgs. n. 546/1992.

9.1. Secondo la prospettazione sviluppata nell'ordinanza rimettente, il principio della scissione degli effetti della notificazione, il quale presuppone la terzietà del soggetto notificatore, sarebbe di dubbia applicazione, allorquando la notificazione dell'atto tributario sia effettuata, come previsto dalla normativa speciale di riferimento, da soggetto, quale il messo speciale autorizzato, che, a prescindere dalla qualifica formale attribuibile (dipendente dell'Agenzia delle entrate, o mero incaricato), è, pur sempre, un organo a essa interno, con la conseguenza che, in tale caso, l'Amministrazione dovrà subire i rischi degli eventuali ritardi di tale organo interno, senza potere invocare l'assenza di colpa derivante dagli eventuali ritardi di organi terzi quali sono l'ufficiale giudiziario o quello postale.

In tali ipotesi, non sarebbe ravvisabile quel bilanciamento degli interessi in favore del notificante sancito dalle citate pronunce della Corte costituzionale, con la conseguenza che, in tali casi, solo l'effettiva positiva conclusione del procedimento notificatorio impedirebbe la decadenza dalla potestà impositiva.

9.2. Questa soluzione - fondata sull'indubbia considerazione che il bilanciamento degli interessi in favore del notificante, come si legge nelle citate sentenze della Corte costituzionale (nn. 447 del 2002 e 28 del 2004), nasce dall'esigenza di evitare pregiudizi per attività in parte sottratte ai poteri di impulso del notificante siccome rimesse ad organi terzi - propugnata da parte della dottrina, è stata fatta propria, sia pure per obiter (vertendosi in quelle controversie di notificazioni effettuate direttamente a mezzo posta e non a mezzo messo speciale o autorizzato), dalla Sezione tributaria di questa Corte con le citate ordinanze n. 14580/2018 e n. 10160/2020.

9.3. In senso opposto a tali pronunce si pongono, invece, Cass., Sez. 5, 22 febbraio 2013, n. 4517 e, in continuità di questa, Cass., Sez. 5, 20 marzo 2019, n. 7748, le quali hanno escluso che il messo notificatore autorizzato sia soggetto terzo rispetto all'Amministrazione finanziaria per il solo fatto che da essa dipenda, derivando una diversa conclusione da una impropria sovrapposizione tra rapporto di servizio e attività funzionale.

Si è, infatti, affermato che l'art. 16, comma quarto, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel concedere all'ufficio o all'ente locale la facoltà di provvedere "alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria", equipara la figura del messo notificatore autorizzato a quella del messo comunale, il quale, nello svolgimento dell'incarico di notificazione, svolge una funzione indipendente rispetto a quella dell'amministrazione di appartenenza, restando pertanto ad esso applicabili i principi generali con riferimento al momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario. In particolare, si è ritenuto che non può ricadere sull'Amministrazione finanziaria l'errore di indirizzo compiuto dal messo notificatore autorizzato (Cass. n. 4517 del 22 marzo 2013) e che il messo speciale autorizzato svolge una funzione indipendente rispetto a quella dell'amministrazione di cui è dipendente, sicché restano ad esso applicabili i principi generali con riferimento al momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario (v. Cass. n. 7748 del 10 maggio 2019).

9.4. Le pronunce seguono il solco già da tempo tracciato dalla Sezione tributaria, che -analogamente a quanto statuito da questa Corte (Cass. n. 770 del 19 gennaio 2016; Cass. n. 32255 del 10 dicembre 2019) con riguardo all'avvocato abilitato alla notificazione - ha, da sempre, rilevato che il duplice richiamo (delle disposizioni del codice di procedura civile, per il tramite del richiamo alle disposizioni che, nel processo tributario, si applicano alle notificazioni effettuate a mezzo ufficiale giudiziario) espressamente previsto dal quarto comma del citato art. 16, secondo la lettera del quale la notificazione espletata per il tramite del messo (comunale o autorizzato dall'Ufficio) si effettua con l'osservanza delle disposizioni del comma 2 (secondo le norme degli artt. 137 e ss. del codice di procedura civile), induce a ritenere che il legislatore tributario avesse inteso, in tal modo, significare la scelta della totale equiparazione della posizione funzionale del messo notificatore e di quella dell'ufficiale giudiziario, sicché all'uno non possa che applicarsi la stessa disciplina di azione che si applica anche all'altro (cfr. Cass., Sez. 5, n. 13969 del 12 novembre 2001, per ciò che concerne il rito notificatorio in appello; Cass., Sez. 5, n. 3433 del 13 febbraio 2008, per quanto attiene alla fede privilegiata delle attestazioni inerenti le formalità delle notifiche compiute dal messo notificatore; Cass., Sez. 6-5, n. 6811 del 24 marzo 2011, Cass., Sez. 6-5, [n.] 18385 del 31 luglio 2013, Cass., Sez. 6-5, n. 9319 del 28 aprile 2014, Cass., n. 14273 del 13 luglio 2016, ai fini della regolare proposizione dell'appello dinanzi alle commissioni tributarie regionali).

9.5. Fermo restando tale orientamento che, per il corretto riscontro nel dato normativo e nei principi generali regolatori in materia, appare condivisibile, va ancor prima rilevato che, per la soluzione della questione, assume precipuo rilievo l'ulteriore corollario che deriva dalla regola della scissione soggettiva degli effetti della notificazione.

L'esigenza, posta alla base del principio, di evitare pregiudizi per attività in parte sottratte ai poteri di impulso del notificante sottende, infatti, come evidenziato anche dal P.M., una ratio più ampia, ovvero quella di impedire irragionevolmente un effetto di decadenza la quale ha senso, come sanzione, solo se rapportata ad un'effettiva inerzia della parte nel termine fissato per legge e, come chiarito da queste Sezioni unite con la sentenza n. 24288 del 2015, il termine previsto per il notificante per svolgere l'attività posta a suo carico, nella logica del bilanciamento degli interessi, gli deve essere riconosciuto per intero, sino allo scadere, altrimenti dominerebbe la totale incertezza giuridica.

9.6. In tale logica, rimane, allora, ininfluente la natura del soggetto notificatore (terzo o dipendente della parte notificante), essendo rilevante, ai fini dell'impedimento della decadenza, unicamente che la parte gravata svolga le attività poste a suo carico (emissione dell'atto e richiesta per la notificazione) nel termine perentorio di legge, e che, al fine di garantire l'effettività dell'esercizio dei suoi diritti, sia messa in grado di svolgerle sino all'ultimo momento.

Tale soluzione trova conforto nella recente sentenza n. 75/2019, depositata in data 9 aprile 2019, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 16-septies del d.l. n. 179/2012 (conv. in l. n. 221/2012) "nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta".

La Consulta, in espressa applicazione della regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione, ha, infatti, ritenuto non giustificato il differimento nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, perché in tal modo a quest'ultimo verrebbe «impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la difesa senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto del riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta».

A fronte di questa, efficacemente definita dal P.M., "oggettivazione" del principio di scissione degli effetti della notifica, che da regola del caso concreto è divenuto principio generale in materia, escluderne l'operatività alle notificazioni effettuate dall'Amministrazione a mezzo dei messi speciali autorizzati comporterebbe non solo una ingiustificata e irragionevole riduzione del termine per l'esercizio del potere impositivo nei confronti dell'Ente impositore solo perché si sia avvalso, tra le varie tipologie di notificazione possibile, dell'opera di un soggetto che il legislatore ha appositamente previsto per l'esigenza opposta (ovvero assicurare una notificazione dell'atto impositivo la più diretta e, quindi, celere possibile), ma condurrebbe anche a incentivare forme di notificazione, contrarie allo stesso spirito della legge che tali speciali messi notificatori ha previsto, o comportamenti in violazione dello spirito di collaborazione che, pure, deve improntare il destinatario della notificazione.

10. Conclusivamente, va, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:

«In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull'osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l'ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell'atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente».

11. L'applicazione del superiore principio per la soluzione del ricorso in esame presuppone, come già ipotizzato dal Collegio rimettente, la infondatezza e l'inammissibilità dei primi due mezzi di impugnazione, con i quali si è dedotto, rispettivamente e come meglio illustrato sopra, la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 115 c.p.c. (primo motivo), e l'omesso esame circa un fatto decisivo della controversia (il secondo).

11.1. Per il rigetto del primo motivo di ricorso è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, a partire dalla sentenza delle Sezioni unite n. 8053 del 7 aprile 2014, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. In particolare, si ha motivazione apparente allorquando il giudice di merito, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ne omette qualsiasi approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. Inoltre, queste Sezioni unite con la sentenza n. 7074 del 20 marzo 2017, hanno statuito che la sentenza d'appello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente.

Nel caso in esame, nel motivare la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale non si è limitata a un asettico rinvio alla sentenza della Commissione di prima istanza, ma ha affrontato tutte le questioni sottoposte al suo esame, argomentando, sia pure con qualche irrilevante imprecisione, le ragioni di condivisione della decisione del primo giudice.

11.2. Anche il secondo motivo di ricorso non trova accoglimento per la sua inammissibilità. Secondo i principi, a tutt'oggi fermi, statuiti da queste Sezioni unite con la sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014: «l'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)».

Con il mezzo di impugnazione i ricorrenti lamentano l'omesso esame, da parte della Commissione tributaria regionale, non di fatti storici, il cui esame sarebbe stato decisivo per la soluzione della controversia, ma, attraverso la riproduzione dei motivi di appello, di questioni in diritto.

11.3. Il terzo motivo di ricorso, alla luce del principio sopra enunciato, è infondato. È pacifico, in atti, che, nel caso in esame, gli avvisi di liquidazione e irrogazione di sanzione vennero consegnati al messo notificatore sicuramente alla data del 14 luglio 2009 (giorno in cui venne tentata la notificazione presso l'abitazione dei coniugi M.-L.), data questa rispettosa del termine triennale di decadenza fissato per l'imposta in esame dall'art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, risalendo il dies a quo di decorrenza del triennio al 19 luglio 2006, giorno di registrazione dell'atto di acquisto. Né rileva che il primo avviso di deposito, ex art. 140 c.p.c., fosse invalido per non essere stato eseguito il deposito presso la casa comunale del Comune di residenza dei coniugi M.-L., in quanto il procedimento notificatorio è stato riattivato e si è perfezionato con la comunicazione, ricevuta dai contribuenti, di avvenuto deposito presso l'esatta casa comunale.

11.4. L'esame del quarto motivo di ricorso, dell'eventuale applicazione del principio del favor rei, invocato in memoria, e il regolamento delle spese processuali vanno rimessi alla Sezione ordinaria.

P.Q.M.

Rigetta i primi tre motivi di ricorso e rimette per il restante e per il regolamento delle spese processuali alla Quinta Sezione Civile-Tributaria di questa Corte.

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

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