Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Catania, Sezione II
Sentenza 3 gennaio 2022, n. 6

Presidente: Brugaletta - Estensore: Accolla

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente esponeva di aver ricevuto a partire dall'inizio degli anni 2000 alcuni incarichi da parte dell'Ente Autonomo Regionale Teatro Massimo.

A fine 2016 il loro numero complessivo sarebbe stato di ventidue, di cui otto già giunti a conclusione. I rimanenti erano formalmente pendenti: dieci innanzi a questo TAR, uno innanzi al CGA e l'ultimo innanzi alla Corte d'appello.

Precisava che i tredici giudizi incardinati presso il giudice amministrativo vedevano l'Ente nella posizione di resistente e per essi i ricorrenti - dopo il rigetto delle domande cautelari da loro avanzate, spesso con ordinanze che lasciavano presagire un rigetto del ricorso anche nel merito - non avevano più coltivato le azioni intraprese: la pendenza di tali giudizi doveva dunque considerarsi soltanto formale in attesa della dichiarazione di perenzione.

Precisava che in relazione agli onorari spettanti per tali ricorsi si era pervenuto in data 30 dicembre 2016, previa deliberazione del Sovrintendente dell'Ente, ad una transazione.

Aggiungeva che qualche mese dopo, in data 15 maggio 2017, aveva assunto la carica di componente del Consiglio di amministrazione del medesimo Ente intimato, mantenendola sino al 25 luglio 2018.

Evidenziava che in data 27 dicembre 2019, dopo circa un anno e mezzo dalla scadenza dell'incarico di componente del Consiglio di amministrazione, aveva concluso con l'Ente una seconda transazione per i giudizi che si erano nel frattempo definiti.

Tuttavia, in data 8 febbraio 2021, il Commissario straordinario aveva rilevato che dalla relazione dei Revisori erano emersi "diversi elementi di criticità tra cui, il più importante, quello afferente la sussistenza di elementi di un conflitto di interessi ed incompatibilità, derivante dal precedente svolgimento di attività di componente del Consiglio di Amministrazione", deliberando, con il provvedimento in epigrafe, di autorizzare l'annullamento in autotutela della deliberazione commissariale 132/2019.

Precisava il ricorrente che per le medesime somme oggetto della transazione l'Ente lirico aveva proposto opposizione innanzi al Tribunale ordinario di Catania avverso il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo rilasciato in suo favore, ottenendo la sospensione del titolo monitorio in quanto il Tribunale aveva ritenuto di dovere valutare nel merito "le ricadute sulla transazione posta a base del decreto ingiuntivo dell'annullamento in autotutela della deliberazione commissariale di approvazione/autorizzazione, peraltro impugnata innanzi al Tar".

Deduceva, nei motivi di ricorso, la mancanza del presupposto per l'annullamento d'ufficio della transazione, essendo a suo parere insussistente il conflitto di interessi e l'incompatibilità paventati nella motivazione dello stesso.

Tra l'altro sarebbe mancata la coincidenza degli enti presupposta dalla norma sulle incompatibilità di cui all'art. 9, comma 2, del d.lgs. 39/2013 perché l'"ente che conferisce l'incarico" di componente del Consiglio di amministrazione era stato il Presidente della Regione mentre l'ente da cui l'attività professionale prestata dal ricorrente era stata "retribuita" era l'Ente Teatro Massimo.

Il provvedimento, inoltre, sarebbe stato carente dell'individuazione dello specifico interesse pubblico all'annullamento.

Quanto alla presunta mancanza delle delibere a resistere per tre giudizi, sottolineava che nei rapporti tra Ente e professionista sarebbe stato sufficiente il rilascio della procura per la corretta instaurazione e costituzione del rapporto professionale.

Irrilevante sarebbe stata la mancanza del visto del Consiglio dell'ordine, considerata la conformità di tutte le parcelle alla tariffa professionale vigente e la possibilità di autocertificare la predetta conformità.

Irrilevanti sarebbero state, altresì, le irregolarità riguardanti la data di presentazione di due parcelle, la presunta interruzione di un giudizio, l'asserita difformità del quantum con riguardo ad un incarico e la mancata applicazione del regolamento del 23 ottobre 2017.

In conclusione chiedeva l'annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si costituiva in giudizio l'Amministrazione, sostenendo che l'atto di annullamento impugnato sarebbe stato sorretto da ampia ed esaustiva motivazione idonea a resistere alle censure articolate in ricorso e fondata sui rilievi di regolarità amministrativo-contabile sviluppati dal Collegio dei Revisori dei conti.

Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2020, veniva dato avviso del possibile rilievo di profili di difetto di giurisdizione e quindi il ricorso veniva trattenuto in decisione come da verbale.

Ciò premesso il ricorso deve ritenersi inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

A questo proposito deve premettersi che, per costante orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione si determina in base al criterio del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 3 aprile 2019, n. 2196; C.d.S., Sez. IV, 5 gennaio 2018, n. 63; Cass., Sez. un., 7 marzo 2003, n. 5508; 17 gennaio 2002, n. 489; 23 febbraio 2001, n. 64).

Nel caso di specie vengono in rilievo questioni afferenti alla remunerazione delle prestazioni professionali effettuate dal ricorrente poi definite con un atto di transazione già sottoscritto tra le parti.

La controversia riguarda, quindi, l'esecuzione di un contratto transattivo ed è caratterizzata dall'esistenza tra le parti di un rapporto paritario (incompatibile con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del contraente pubblico), rispetto al quale sono ravvisabili solo posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

A una diversa conclusione non può nemmeno indurre la qualificazione della delibera impugnata in termini di "annullamento in autotutela" della precedente transazione, dovendo essa piuttosto configurarsi quale atto di recesso dalla transazione.

Trova, invero, applicazione nel caso di specie il principio costantemente affermato in giurisprudenza secondo cui rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative a un qualsiasi atto - a prescindere dal nomen utilizzato: annullamento, revoca, ritiro, recesso, dichiarazione di nullità contrattuale - con il quale la stazione appaltante pubblica si ritiri ex post da un contratto già stipulato. Infatti, la sottoscrizione dell'atto negoziale comporta il definitivo passaggio dalla fase pubblicistica (ove l'amministratore conserva poteri autoritativi di intervento in autotutela sugli atti amministrativi prodromici alla stipula) a quella privatistica, durante la quale il potere di autotutela scompare e il ritiro dal contratto si configura, nella sostanza, alla stregua di un recesso privatistico (Cass. civ., Sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23600; 6 settembre 2010, n. 19046; C.d.S., Sez. III, 31 luglio 2018, n. 4729; Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562; 30 luglio 2014, n. 4025; cfr. anche C.d.S., Ad. plen., n. 13/2014).

Va conseguentemente dichiarato il difetto di giurisdizione di questo TAR in favore del Giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, in applicazione dell'art. 11, comma 2, c.p.a.

Considerata la natura rituale della pronuncia, le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione ed indica munita di giurisdizione nella causa l'Autorità giudiziaria ordinaria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.